Vinitaly: al Casale del Giglio la medaglia Cangrande

Redazione

Medaglia Cangrande ad Antonio Santarelli di Casale del Giglio. Durante la giornata di inaugurazione del Vinitaly 2017, il festival dei Vini e distillati che si tiene a Verona ogni anno, è stato consegnato il prestigioso riconoscimento all’azienda agricola che si trova in località Le Ferriere, nel Comune di Aprilia, provincia di Latina. Promuovere e valorizzare la cultura vitivinicola attraverso la propria attività professionale o imprenditoriale. Per questo motivo, l’Ente Veronafiere ha consegnato questa onorificenza, seguendo le indicazioni degli assessorati regionali all’Agricoltura. “È il simbolo della viticoltura eroica”, ha dichiarato Carlo Hausmann, assessore all’Agricoltura, Caccia e Pesca, parlando di Antonio Santarelli di Casale del Giglio. Nell’isola di Ponza, infatti, ha riscoperto il vitigno autoctono a bacca bianca della Biancolella, originario di Ischia, valorizzandone la tipicità e incentivando il rispetto delle tradizioni e dell’ecosistema. Lavoro costante di sperimentazione e ricerca, da cui proviene vino Biancolella di Casale del Giglio. Questo è il grande merito dell’azienda che ha ottenuto risultati eccellenti.




Vinitaly, Lazio: Casale del Giglio conquista la medaglia Cangrande

 

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APRILIA (LT) – Medaglia Cangrande ad Antonio Santarelli di Casale del Giglio. Durante la giornata di inaugurazione del Vinitaly 2017, il festival dei Vini e distillati che si tiene a Verona ogni anno, è stato consegnato il prestigioso riconoscimento all’azienda agricola che si trova in località Le Ferriere, nel Comune di Aprilia, provincia di Latina. Promuovere e valorizzare la cultura vitivinicola attraverso la propria attività professionale o imprenditoriale. Per questo motivo, l’Ente Veronafiere ha consegnato questa onorificenza, seguendo le indicazioni degli assessorati regionali all’Agricoltura. “È il simbolo della viticoltura eroica”, ha dichiarato Carlo Hausmann, assessore all’Agricoltura, Caccia e Pesca, parlando di Antonio Santarelli di Casale del Giglio. Nell’isola di Ponza, infatti, ha riscoperto il vitigno autoctono a bacca bianca della Biancolella, originario di Ischia, valorizzandone la tipicità e incentivando il rispetto delle tradizioni e dell’ecosistema. Lavoro costante di sperimentazione e ricerca, da cui proviene vino Biancolella di Casale del Giglio. Questo è il grande merito dell’azienda che ha ottenuto risultati eccellenti.




Vinitaly 2017: il Lazio presente con eccellenze e bellezze del territorio

 

Redazione

 

Mancano pochi giorni alla 51ª edizione di Vinitaly a Verona , il più importante salone internazionale dedicato al mondo del vino e dei distillati in programma dal 9 al 12 aprile 2017. Con 130mila mila visitatori attesi e più di 4.100 espositori concentrati in quattro giorni di manifestazione, a cui si aggiungono i 300 di Sol&Agrifood e i 200 di Enolitech. Per questa edizione la Regione partecipa con un padiglione che è un vero e proprio viaggio alla scoperta del Lazio, attraverso le sue eccellenze vitivinicole. Non solo, quindi, la promozione dei vini, ma anche la promozione delle bellezze del nostro territorio e di tutto ciò che può offrire. Con Arsial, Agrocamera, le strade e i consorzi del vino, unioncamere Lazio, camera di commercio di Frosinone, Latina, Rieti, Roma e Viterbo e, naturalmente i produttori, in un padiglione esclusivo di 1.800 metri quadrati.
 
I risultati del lavoro di questi anni per potenziare la filiera: cresce la partecipazione dei produttori del Lazio al Vinitaly nel 2013 i produttori erano 51, nel 2017 siamo arrivati a 65, segno che aumenta la fiducia e la voglia di partecipazione, ma anche la qualità dei prodotti. Crescono le esportazioni. Gli ultimi dati confermano un trend di aumento dell’export, in particolare verso i paesi extra-Ue. Cresce la riconoscibilità del Lazio. In campo vitivinicolo, il Lazio non aveva un’identità regionale. avevamo alcuni prodotti di punta, ma mancava una reputazione regionale, ora facilmente riconoscibile. Iniziative su turismo ed enogastronomia dedicate alle zone colpite dal sisma. Una grande occasione internazionale per dire a tutti che c’è un futuro in questa parte bellissima del Lazio e che, anche grazie al turismo e alle sue eccellenze enogastronomiche, è possibile ridargli vita.
 
Il meglio dell’offerta turistica del Lazio come le Strade dei Vini e dell’Olio e i Borghi del Lazio, su cui è stato appena presentato un bando da bando da 1,6 milioni di euro rivolto ai comuni della regioni. “Porteremo gli studenti e le studentesse degli istituti alberghieri di Frascati e di Amatrice – ha detto il presidente Nicola Zingaretti – affinché ci sia una comunità che guarda al mondo. Vinitaly è forse uno degli appuntamenti più importanti al mondo, porteremo i nostri prodotti, vino e olio, ma soprattutto l'economia della bellezza, fatta di paesaggi che si vedranno nei monitor, il buon cibo che si potrà degustare e il vino che ovviamente sarà al centro di tutte le giornate”.
 
“Assistiamo a nuovi progetti di prodotto – ha dichiarato Carlo Hausmann, assessore all’Agricoltura, a un forte recupero dei vini autoctoni. Tutto questo sforzo, unito a una forte competenza enologica, sta producendo dei vini che saranno veramente il futuro della nostra enologia. Bisogna andare nel padiglione del Lazio per assaggiare cose nuove che saranno veramente straordinarie”. Infine, ha aggiunto Antonio Rosati, presidente di Arsial – “Il nostro assillo è creare lavoro, creare ricchezza. Abbiamo intrapreso da tempo un lungo viaggio per fare uscire la nostra società, la nostra economia dalla paura. Il nostro sforzo – ha concluso – è creare le condizioni di ricchezza e lavoro soprattutto per i giovani”. 



Regione Lazio, cessione quote Centro Agroalimentare Roma: è scontro con i vertici della società

 
Redazione
 
La Regione Lazio si accinge a cedere le proprie quote del Centro agroalimentare Roma (Car), una delle più importanti strutture europee per la commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli e ittici. I vertici della società sono andati alla Pisana a esprimere in audizione la propria contrarietà alla decisione di dismettere le quote della Regione Lazio, attraverso una procedura ad evidenza pubblica varata dalla Giunta regionale.
 
Il presidente del Car, Valter Giammaria, e il direttore generale, Car Fabio Massimo Pallottini, sono stati ascoltati i dalla quarta commissione, Bilancio, presieduta da Simone Lupi (Pd), e dall’ottava, Attività produttive, presieduta da Daniele Fichera (Psi per Zingaretti). “Siamo venuti a conoscenza della cessione delle quote della Regione Lazio da un bando, perché nessuno ce lo ha comunicato”, ha esordito Giammaria. “Neppure la Camera di commercio è stata informata – ha proseguito Giammaria che peraltro è membro della Giunta camerale di Roma, ente proprietario (attraverso la Holding Camera Srl) di un terzo del pacchetto azionario della Società Centro Agroalimentare Roma CAR S.c.p.A (il 90% del capitale è pubblico) – In altre città italiane e europee l’attività svolta da questi centri è considerata strategica. Il Car è un riferimento per gli operatori, soprattutto in questo momento di crisi. L’andamento economico è positivo. Allora, vorremmo sapere perché a Roma l’attività svolta dal Car non dovrebbe essere considerata strategica. Al di là della legge nazionale – ha concluso Giammaria – che però altrove non viene applicata con la stessa solerzia, perché la Regione vuole dismettere le proprie quote?”.
 
“L’impressione è che l’importanza e il peso del Car sull’economia del Lazio sia stata sottovalutata – ha dichiarato Pallottini – Il Car è la più grande struttura italiana sia come fatturato che come giro d’affari. I circa 400 operatori all’interno del Car generano un volume d’affari pari a due miliardi di euro e danno lavoro a 3500 lavoratori. Il fatturato della società è di diciotto milioni di euro”. Pallottini ha ricordato l’importante ruolo del Car nella formazione trasparente dei prezzi, attraverso l’incontro tra offerta e domanda da parte degli intermediari, nel controllo sulla legalità, in un settore come l’agroalimentare sempre a rischio di infiltrazioni mafiose, e in materia sanitaria, attraverso l’analisi e il controllo dei prodotti all’interno della struttura.
Nel corso dell’audizione sono intervenuti alcuni consiglieri regionali. La consigliera Valentina Corrado (M5s) si domanda come mai la Regione Lazio abbia avviato speditamente la dismissione delle proprie quote nel Car, non avendo mai avuto nulla da eccepire, in qualità di socio, sulla gestione.
 
“Perché per il Mof (il centro agroalimentare di Fondi), dove la partecipazione regionale è maggiore, si è in una fase di stallo?”, ha concluso Corrado. Dal canto suo, Pietro Sbardella (Gruppo Misto) si domanda perché la questione della cessione non sia stata portata all’attenzione del Consiglio regionale. Più tranchant è Giancarlo Righini (FdI): “Abbiamo sempre contestato lo strumento del decreto in materia di dismissioni. E’ una modalità inaccettabile”. Per Fichera invece “è evidente che il settore è al centro delle strategie regionali, ma allora la domanda è la seguente: quale idea ha l’esecutivo di questa Regione del presidio che deve mantenere una volta che le quote del Car saranno in mano ad altri soggetti? Quale forma è stata immaginata?”.
L’assessore al Bilancio, Alessandra Sartore, accompagnata dall’assessore allo Sviluppo economico, Guido Fabiani, ha dichiarato di non poter rispondere entrando nel merito delle scelte, in quanto è in corso l’asta (scade il 3 maggio), per l’aggiudicazione della quota di proprietà della Regione Lazio. Sartore ha spiegato che la procedura si sta svolgendo in forza dalla normativa nazionale in materia di razionalizzazione delle partecipazioni pubbliche, peraltro in evoluzione, che obbliga la Regione a dismettere le quote di minoranza, salvo determinate fattispecie.



Autonomi solo a 40 anni, in uno studio l'allarme sui ventenni di domani

 

Allarme giovani: secondo uno studio della fondazione Bruno Visentini presentato alla Luiss, un ventenne nel 2020 impiegherà 18 anni per rendersi autonomo, nel 2030 avrà bisogno addirittura 28 anni, diventando dunque 'grande' a 50 anni. Ma non solo. Secondo lo studio l'Italia si trova al penultimo posto in Europa per equità intergenerazionale: l'indice europeo di equità tra le generazioni per il Belpaese si attesta infatti a circa 130, peggio di noi solo la Grecia con oltre 150 contro una media europea appena sopra i 100. Aumenta inoltre il peso del costo dei Neet sull'economia. Secondo uno studio della fondazione Bruno Visentini, l'incidenza sull'economia dei giovani che non studiano, né lavorano, né sono impiegati in forme di apprendistato professionale è salito a 32,65 miliardi, contro i 23,8 miliardi del 2008, ma meno dei 34,6 miliardi del 2014. Tra le proposte lanciate nel rapporto, una rimodulazione dell'imposizione fiscale "con funzione redistributiva", oltre alla necessità di un patto tra generazioni per evitare il "rischio di una deriva" dei Millennials. Inoltre si suggerisce "un contributo solidaristico da parte della generazione più matura che gode di pensioni più generose". Si ipotizza dunque il coinvolgimento "per tre anni" in un patto generazione "di circa 2 milioni di cittadini pensionati sottoscrittori posizionati nella parte apicale delle fasce pensionistiche con un intervento rigorosamente progressivo rispetto sia alla capacità contributiva, sia ai contributi versati".




Regione Lazio: approvata la legge per promuovere gli ecomusei

 

Redazione

Via libera a maggioranza, dal Consiglio regionale del Lazio, alla proposta di legge per “Riconoscimento e valorizzazione degli ecomusei regionali” presentata dai consiglieri Enrico Maria Forte (Pd) e Rosa Giancola (Mdp). Trenta i voti a favore, un voto contrario, nove gli astenuti. Con questa normativa la Regione intende promuovere, riconoscere e disciplinare gli ecomusei regionali, con lo scopo – in particolare – di favorire la cultura della conservazione del paesaggio, valorizzare il patrimonio ambientale e culturale e promuovere la conservazione e la trasmissione della memoria storica. La legge è finanziata da uno stanziamento complessivo di 550 mila euro per il triennio 2017-2019, dei quali 250 mila per la parte corrente e 300 mila in conto capitale.
 
L’oggetto della nuova legge sono gli ecomusei, definiti allo stesso tempo “luoghi fisici” e “spazi mentali di una comunità”, spazi aperti e di condivisione che riuniscono paesaggio e storia. Insomma, da quanto si ricava dalla relazione di accompagnamento, una sorta di “musei dell’identità” per la promozione sul territorio di iniziative che possano sostenere anche l’economia locale, l’enogastronomia tipica, il turismo, l’artigianato, i mercati locali. Tra le esperienze già attive nel Lazio, la relazione alla proposta (che risale al 2013) ne ha ricordati quattro: quello del litorale di Ostia (1981), dell’Agro pontino (2004), del Lazio virgiliano (2008) e della Teverina (2009). La legge regionale sugli ecomusei si ispira alla Convenzione europea del paesaggio adottata dal Consiglio d’Europa nel luglio 2000. Sulla base delle disposizioni regionali approvate oggi potranno ottenere il riconoscimento gli ecomusei gestiti da enti locali, anche se in forma associata, associazioni e fondazioni culturali e ambientaliste. Altri soggetti ammessi: organismi senza scopo di lucro con le stesse finalità che si propone la legge e gli enti di gestione delle aree naturali protette regionali nel cui territorio ricade l’ecomuseo.
 
I criteri e i requisiti necessari per il riconoscimento degli ecomusei saranno definiti da un regolamento di Giunta, dopo di che gli ecomusei già attivi avranno un anno di tempo per adeguarsi ad esso. Gli ecomusei “riconosciuti” potranno utilizzare il marchio regionale e godere dei contributi regionali. Criteri e modalità per accedervi saranno fissati annualmente dalla Giunta. Prevista l’istituzione di un comitato tecnico-scientifico.Nel corso delle tre sedute sulla proposta di legge in materia di ecomusei (la prima tenutasi l’8 marzo scorso), sono stati approvati numerosi emendamenti al testo originario. Le modifiche che il Consiglio ha accolto sono state proposte dal presidente della commissione Cultura, Cristian Carrara (Pd), Fabrizio Santori e Giancarlo Righini (FdI), da Marta Bonafoni e Daniela Bianchi (Mdp), da Eugenio Patanè (Pd), da Forza Italia e dal Movimento cinque stelle.
 
Approvato infine dall’Aula un ordine del giorno, promosso da Righini e Santori, che ha impegnato il presidente della Giunta regionale affinché, nell’attuazione della legge, gli ecomusei siano valorizzati anche per “mettere a sistema i servizi e gli istituti culturali e le aree protette naturali presenti nel territorio di riferimento”. Nell’atto di indirizzo si chiede che gli ecomusei siano utilizzati per “valorizzare le altre strutture museali in un’ottica interdisciplinare” e possano contribuire “fattivamente all’attuazione della Convenzione europea del paesaggio”. Inoltre si sollecita il coinvolgimento dei rappresentanti di ecomusei, enti locali, associazioni e istituzioni nonché, nella stesura del regolamento di Giunta, quello delle amministrazioni locali.



Regione Lazio, beni confiscati alla mafia: approvato il regolamento per l'assegnazione

 

Approvato oggi, in occasione della Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, il nuovo regolamento regionale per l'affidamento e l'utilizzo sociale dei beni sequestrati o confiscati alla criminalità organizzata. Si tratta di un atto che si inserisce nel percorso di forte impegno politico e amministrativo intrapreso dalla Regione Lazio per rendere più veloce ed efficace la restituzione alle comunità e ai territori dei beni frutto di attività criminali e mafiose.
Entro poche settimane un bando destinato a Comuni e associazioni. Il bando, da 750mila euro, prevede la ristrutturazione dei beni e un bando per l'assegnazione di dieci tra appartamenti e terreni sequestrati o confiscati e ora a disposizione della Regione Lazio. "Il primo passo è riconoscere e denunciare la presenza delle mafie nel nostro territorio, per poi sovvertirne la logica di sopraffazione e di dominio sociale ed economico –parole di Rita Visini, Assessore Politiche sociali, Sport e Sicurezza, che ha aggiunto: penso a quanto abbiamo messo in campo per restituire al bene comune quegli spazi e quelle attività economiche che la criminalità usava per rafforzare il proprio potere, e penso anche alle nostre politiche di contrasto all'usura, il bancomat delle mafie, grazie alla legge regionale 14/2015 e ai fondi stanziati dalla Regione per il sostegno alle vittime del sovraindebitamento".




Tagli per 1 miliardo e 2mila esuberi: ecco il piano Alitalia

 

Red. Cronaca

 

Tagli sui costi per un miliardo e aumento dei ricavi pari al 30% entro la fine del 2019. E, questione ancora in bilico, il rischio esuberi: circa 2mila. Sono questi gli interventi previsti dal nuovo piano industriale 2017/2021 approvato ieri dal cda di Alitalia arrivato oggi sul tavolo del governo.Il business plan predisposto dall'amministratore delegato Cramer Ball e passato al vaglio dell'advisor indipendente Roland Berger tenta di riportare all'utile la Compagnia entro la fine del 2019. Per questo motivo tra le misure annunciate vi sono un aumento dei ricavi pari al 30%, dagli attuali 2,9 miliardi a 3,7, entro la fine del 2019 e, sempre alla scadenza dei tre anni, la riduzione dei costi – operativi e del lavoro – per 1 miliardo di euro. Il piano di rilancio economico della compagnia di bandiera, che ha archiviato il 2016 in profondo rosso (si parla di perdite di gestione vicine ai 600 milioni), si fonda su quattro 'pilastri' principali: rivisitazione del modello di business; riduzione dei costi e incremento della produttività; ottimizzazione del network di collegamenti e delle partnership; nuove iniziative commerciali attraverso soluzioni tecnologiche già disponibili. Questione ancora irrisolta invece è quella degli esuberi di personale che potrebbero salire a 2mila unità e che servirebbero a ridurre le spese relative al costo del lavoro. Un tema che verrà discusso a breve con le organizzazioni sindacali durante l'incontro per illustrare i dettagli del piano, le misure relative al personale e trovare un accordo sul nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro.




Regione Lazio, illustrati i programmi anticorruzione

 

"Abbiamo messo tanta carne al fuoco, sperando che non bruci. Una cosa è certa: questo fuoco non si spegnerà". Così Pompeo Savarino, direttore della struttura regionale per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità, ascoltato oggi in audizione dalla commissione consiliare speciale su infiltrazioni mafiose e criminalità organizzata. Savarino è approdato in Regione nel maggio 2016 dopo aver ricoperto per otto anni il ruolo di segretario generale al comune di Anzio. A febbraio ha approvato il nuovo piano anticorruzione regionale, sui cui contenuti ha incentrato il suo intervento alla Pisana.
 
Tre le direttrici lungo le quali ha mosso i primi passi dal suo insediamento. "In primo luogo ho voluto fortemente rilanciare lo strumento del whistleblowing (segnalazione illeciti), finora sottoutilizzato dai dipendenti pubblici regionali, per metterlo a disposizione anche di cittadini e imprese che si interfaccino con la Regione Lazio, allargando così il raggio d'azione". Savarino si è quindi soffermato sugli adempimenti relativi alle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (Ipab) presenti sul territorio regionale: "Ho trovato la massima disponibilità e collaborazione per mettere su una piccola squadra in grado, in pochi mesi, di colmare il grande vuoto di informazioni sul patrimonio disponibile e sulla natura giuridica di ciascun Ipab: oggi perlomeno siamo in grado di comprendere l'entità di ciò di cui stiamo parlando, ferme restando alcune criticità come l'assenza di revisori dei conti in alcuni istituti e, più in generale, una gestione troppo disomogenea da istituto a istituto".
 
Secondo Savarino, è auspicabile una semplificazione del quadro delle Ipab, anche mediante fusioni e privatizzazioni. Il direttore ha annunciato inoltre che la sua struttura analizza oramai in maniera analitica e non più a campione tutte le dichiarazioni e le autocertificazioni relative a inconferibilità e incompatibilità degli incarichi attribuiti dalle Ipab. Il terzo filone affrontato da Savarino ha riguardato i bandi, in via di definizione, riguardanti l'assegnazione di strutture confiscate alla malavita organizzata. "I criteri per dare in gestione la villa confiscata simbolo dei Casamonica, ad esempio, sono all'ordine del giorno della prossima giunta regionale e in settimana contiamo già di approvare il relativo bando, al quale spero davvero partecipino tante realtà della società civile".
 
Tra i consiglieri presenti, Marta Bonafoni (Mdp), ha richiamato, su quest'ultimo argomento, una precedente audizione con il presidente dell’Osservatorio tecnico-scientifico per la sicurezza e la legalità del Lazio, Giampiero Cioffredi, chiedendo maggiori informazioni sulla tempistica di tutti i futuri bandi che abbiano per oggetto la riutilizzazione  a scopo sociale e la ristrutturazione delle numerose strutture sottratte alla criminalità organizzata nel Lazio. Gian Paolo Manzella (Pd) si è invece soffermato sulla necessità di rotazione dei dirigenti per limitare casi di accumulo di informazioni e potere in singoli elementi della pubblica amministrazione per tempi prolungati. Il presidente Favara ha quindi suggerito meccanismi premiali per i funzionari che nel proprio curriculum vantino responsabilità di gestione e organizzazione di strutture diverse dello stesso ente. Gianluca Perilli (M5s) ha infine preteso rassicurazioni sulla effettiva terzietà della struttura diretta da Savarino rispetto a chi, di volta in volta, viene eletto alla guida della Regione Lazio. Rassicurazioni prontamente fornite da Savarino, che ha spiegato come l'Anticorruzione regionale sia attualmente slegata da vertici politici e amministrativi dell'ente che è tenuto a controllare ed eventualmente sanzionare.



Ciampino, aeroporto: verso un tavolo permanente su inquinamento

 

Rumori assordanti, atterraggi e decolli a ridosso di centri densamente abitati, rotte che sovrastano beni culturali e paesaggistici di valore storico e naturalistico. In commissione Ambiente torna di attualità il confronto tra istituzioni e comitati civici sul futuro dell'aeroporto "Pastine" di Ciampino. Il secondo scalo romano è stato più volte al centro di un dibattito in seno all'organismo presieduto da Enrico Panunzi sull'inquinamento acustico e sull'assenza di infrastrutture adeguate per supportare un volume di attività che è andato crescendo con l'affermarsi delle compagnie aeree low cost. Attualmente è in corso presso il ministero dell’Ambiente la conferenza dei servizi per l’applicazione della normativa vigente in materia di impatto ambientale.
All'audizione odierna, presenti l'assessore regionale all'Ambiente Mauro Buschini e il sindaco di Ciampino Giovanni Terzulli. A dialogare con loro il comitato per la riduzione dell'impatto ambientale dell'aeroporto di Ciampino (Criaac) e quello di quartiere denominato "Santa Maria delle Mole".
 
L'incontro è stato richiesto dal consigliere Simone Lupi (Pd), allo scopo di sensibilizzare la giunta sul tema. "La reiterata richiesta di riduzione dei voli da parte della Regione purtroppo non ha ancora determinato un sensibile miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini di Ciampino, Marino e di alcune zone di Roma", ha spiegato, proponendo l'istituzione di un tavolo interistituzionale per affrontare in modo più efficace la problematica.
Secondo il portavoce Criaac, Roberto Barcaroli "il Pastine di Ciampino è fuorilegge dal 2002, quando il nuovo piano industriale ha determinato un graduale aumento dei passeggeri, fino a superare la soglia dei cinque milioni, senza badare alle ricadute sul territorio e ignorando le leggi sull'impatto ambientale. Le centraline Arpa del resto hanno ampiamente dimostrato l'inquinamento acustico determinato dai voli". Barcaroli ha inoltre contestato i dati forniti dalla società Aeroporti di Roma (Adr) rispetto alla diminuzione della rumorosità, mettendo in dubbio i criteri utilizzati per misurarla.
 
Luca Perrone, il rappresentante del comitato di quartiere "Santa Maria delle Mole” ha riepilogato tutti i recenti pronunciamenti istituzionali che hanno evidenziato tutte le criticità dello scalo. "Adesso è la politica che deve assumersi le proprie responsabilità e prendere una decisione netta e inequivocabile in sede di conferenza di servizi, istituto che vedrà protagonista la Regione Lazio". Il sindaco Terzulli, mostrando apprezzamento per il lavoro di ricerca e di denuncia portato avanti dai comitati, ha evidenziato le lacune procedurali che finora hanno impedito una decisa riduzione dell'inquinamento aeroportuale. "Troppi silenzi, troppi ritardi e sullo sfondo resta sempre l'incognita della realizzazione della quarta pista dello scalo di Fiumicino, l'unico intervento concreto che potrebbe determinare una sensibile diminuzione dei voli su Ciampino", ha aggiunto.
L'amministrazione ha quindi contestato le misure imposte al Comune per ridurre l'inquinamento ambientale da veicoli, mediante blocchi e targhe alterne, in assenza di dati certi sui gas nocivi rilasciati dagli aeromobili e dai roghi provenienti dagli accampamenti abusivi sorti attorno al Pastine.
 
L'assessore Buschini ha annunciato l’invio di una nota per chiedere aggiornamenti e spiegazioni sullo stallo dei lavori della conferenza di servizi sul nuovo piano di sviluppo. “Il nostro obiettivo – ha aggiunto – è creare un tavolo permanente sul tema dell’inquinamento e intendiamo utilizzare maggiormente i rilevamenti e le previsioni quotidiane dell’agenzia regionale Arpa sulla qualità dell'aria per favorire ordinanze quanto più puntuali e limitate nel tempo che non penalizzino più di tanto la cittadinanza di queste aree già particolarmente gravate dal punto di vista ambientale”. Dai banchi dell'opposizione, Sbardella (Gruppo Misto) ha evidenziato il mancato invito all'indirizzo del sindaco di Marino e il ruolo “potenzialmente ambiguo” della Regione all'interno di Adr. David Porrello, del Movimento 5 stelle, ha apprezzato l'impegno assunto da Buschini, ma ha manifestato l'esigenza di un nuovo piano di sviluppo aeroportuale del Lazio in grado di recepire i cambiamenti economici, urbanistici, sociali e ambientali intervenuti negli ultimi decenni. Per Adriano Palozzi (Pdl-FI) “la soluzione è a portata di mano, a patto di voler davvero risolvere il problema da un punto di vista politico”.



Lazio, rifiuti: un ambito unico per la gestione regionale

 

Redazione

 

Istituire un ambito unico (Ato) a livello laziale per la gestione dei rifiuti, suddiviso in distretti, al posto dei cinque Ato provinciali previsti dalla legge regionale del 1998. Rendere noto l’assetto societario – con nomi di proprietari, amministratori e quote detenute da altre società – di chi intende realizzare impianti di smaltimento, di recupero e discariche. È quanto prevedono due proposte di legge presentate ieri mattina in commissione Ambiente del Consiglio regionale.
 
La prima, di iniziativa della Giunta, è stata illustrata dall’assessore regionale ad Ambiente e Rifiuti Mauro Buschini, mentre la seconda è stata esposta dal proponente, Francesco Storace (Mns). La commissione, presieduta da Enrico Panunzi, ha votato a maggioranza di procedere alla formulazione di un testo unificato delle due proposte (n. 369 quella di Giunta e n. 59 quella di Storace) che entrambe intendono a modificare la legge regionale n. 27 del 9 luglio 1998 “Disciplina regionale della gestione dei rifiuti”. Contrari all’unificazione i due consiglieri M5s Silvia Blasi e Devid Porrello.
 
L’intenzione di dar vita a un ambito unico regionale era stata già anticipata da Buschini nei mesi scorsi in occasione delle sedute sulle linee guida del nuovo piano rifiuti. Ora la proposta ha preso corpo in un testo di tre tabella. “L’attuale delimitazione degli Ato non è funzionale alla gestione dei rifiuti nella Regione Lazio e alle esigenze delle Province, dei Comuni e dei cittadini”, si legge nella relazione di accompagnamento alla proposta. L’Ato unico, benché di livello regionale, prevede comunque la partecipazione, attraverso una Consulta dei comuni laziali i cui rappresentanti saranno eletti – come ha anticipato oggi Buschini – sulla base dei distretti nei quali verrà ripartito l’ambito regionale. Distretti entro il cui perimetro si dovrà realizzare, nelle intenzioni della legge, la chiusura del ciclo integrato dei rifiuti urbani.
 
“Si eviterà la libera circolazione dei rifiuti nel territorio regionale”, ha tenuto a sottolineare Buschini, riferendosi proprio all’articolazione distrettuale che punta a creare, in pratica, dei sub-ambiti autosufficienti. La chiusura del ciclo infatti – secondo la relazione al testo – “comprende l’organizzazione dei servizi di raccolta e l’individuazione dei siti e degli impianti per il loro trattamento, recupero e smaltimento al fine di compiere l’autosufficienza nel perimetro di ciascun distretto”. Eventuali “interdipendenze” o sussidiarietà che dovessero rendersi necessarie dovranno essere esaminate e valutate in sede distrettuale e quindi di Ato regionale. Buschini ha anche parlato della possibilità di costituire dentro l’ambito bacini per la raccolta così da consentire ai comuni di svolgere servizi insieme. Quando si parla di “chiusura del ciclo”, sempre secondo Buschini, non significa che ogni distretto dovrà avere – insieme agli altri impianti – anche un termovalorizzatore, poiché per questo genere di impianti le leggi vigenti prevedono un ambito unico nazionale.
 
La seconda proposta di modifica della legge regionale sulla gestione dei rifiuti del 1998 è stata presentata da Storace “contro le situazioni di monopolio”. La proposta è nata in occasione della vicenda sul sito di Falcognana. In materia di iter per l’autorizzazione di impianti di smaltimento, recupero o discariche la proposta di legge – destinata a confluire in un testo unificato con la precedente, come deciso dalla commissione – propone di inserire nei progetti presentati ogni utile informazione che consenta di conoscere il nome dei proprietari, degli amministratori o delle società che detengono quote azionarie, con il divieto di valutare soggetti che operano per interposta persona o società fiduciarie.