MAFIA CAPITALE: LA RELAZIONE DI ALFANO RINVIATA A DOPO LE VACANZE

di M. L. S.


Roma – Scivola al 27 agosto la consegna della relazione su Mafia capitale siglata da Angelino Alfano. Lo ha annunciato il premier Renzi al margine della riunione a Palazzo Chigi di giovedì, l'ultima prima dello stop estivo, rimandando di fatto a settembre, o quasi, la sentenza il numero 1 del Viminale. Una notizia che spiazza, date la reattività assicurata da Alfano, e che soprattutto alimenta la tensione tra i corridoi di Palazzo Senatorio, dove la sedia di Ignazio Marino continua a dondolare.

Rimandato a settembre, o quasi. Sembrava tutto pronto giovedì, dalla circostanza al proclamo di Angelino Alfano. “Io sono pronto a relazionare oggi in Consiglio dei ministri”, aveva detto la testa di serie del Viminale prima di ritrattare, aggiungendo che:”La decisione di procedere e del come procedere è del Consiglio dei ministri, quindi oggi pomeriggio decideremo insieme sul da farsi. Io sono tecnicamente pronto”. La giornata, poi, era avanzata tesa verso la soluzione del “Rebus capitolino”, finchè, nel tardo pomeriggio è arrivata la sterzata perentoria di Matteo Renzi:”Ne discuteremo il 27 agosto”. Anche se il dossier redatto dal Prefetto Franco Gabrielli aveva raggiunto le mani del ministro dell'Interno solo l'otto luglio, e lo stesso avrebbe avuto a disposizione un tempo fino a 90 giorni per esprimersi, è giusto ricordare come avesse scongiurato da subito l'intero utilizzo del periodo, puntando da giorni alla prima settimana del mese corrente. Quella che appare come una scelta condivisa dell'asse Renzi-Alfano, utile ad un ulteriore approfondimento in materia di infiltrazioni mafiose, secondo fonti ufficiose sarebbe da accostare solo ed esclusivamente al volere del premier. Una “manovra salva estate”, dunque, che rimanda il potenziale problema al ritorno dalle vacanze.

Cdm dedicato a Roma. Il Cdm del 27 agosto, però, non racchiuderà solo la decisione che potrebbe portare, forse, allo scioglimento della giunta capitolina per Mafia: in quella stessa sede, infatti, sarà aperto un vero e proprio focus sulle questioni dell'Urbe. In quell'incontro, il Consiglio dei ministri approverà: “Una serie di pacchetti”, ha spiegato Matteo Renzi. In particolare quello sul “commissario per il debito” e quello relativo al “decreto sul Giubileo”, oltre ad una serie di iniziative richieste dal Comune.




MAFIA CAPITALE, BUZZI VUOTA IL SACCO: DALLA REGIONE AL CAMPIDOGLIO, DA MARINO A ZINGARETTI.

di Matteo La Stella
Roma
– Non si ferma l'inchiesta che dallo scorso dicembre sta mietendo vittime all'interno dei palazzi del potere capitolino.

La prima stoccata al “Mondo di mezzo” era stata affondata sulle note cantate da Roberto Grilli, lo skipper della coca che aveva iniziato a collaborare con la procura di Roma. Le indicazioni fornite da quest'ultimo avevano instradato il lavoro dei Ros e dei magistrati, capace di accendere i riflettori sull'esercito in forza al business della politica. Uno stop ad alta tensione, poi, aveva preceduto la stoccata al così detto “Mondo disopra”, quello dei politici corrotti, degli appalti mai appaltati e dei favori dietro compenso. Uno spaccato sorto nel mare della politica, solcato poi dal peschereccio della giustizia che aveva iniziato ad issare a bordo i pesci grossi, politici ben informati sull'ingranaggio del malaffare; fonti da cui attingere informazioni per continuare ad alimentare le indagini. Tanta carne al fuoco che, però, brucia solo in parte poichè le parole di alcuni "signori" chiamati in causa nell'inchiesta, lasciano il tempo che trovano.

Negli ultimi mesi, ad ogni modo, i procuratori romani sono stati impegnati fuori sede, a Cagliari per l'esattezza, nel carcere di Badu'e Carros dove da dicembre scorso è rinchiuso l'ex ras delle coperative, Salvatore Buzzi, desideroso di offrire collaborazione alla giustizia. Tanto impaziente da sollecitare più volte l'interrogatorio per cambiare le sue sorti difronte all'Autorità Giudiziaria, da mattatore ad agnello del sistema. L'interrogatorio arriva nelle giornate del 23 e 24 giugno, quando Buzzi, issato sul ponte dell'imbarcazione fregiata sullo scafo dal nome “Giustizia”, si gonfia come un pesce palla, pronto a puntellare chiunque con i suoi spilli dolorosi. Durante l'interrogatorio, tenuto dal Procuratore aggiunto Michele Prestipino insieme al sostituto Paolo Ielo, l'imprenditore ammette tutto ciò che lo incastra nelle intercettazioni. In seconda battuta, poi, racconta episodi vissuti in prima persona, conditi spesso e volentieri da deduzioni e voci di terzi raccolte qua e là, scrivendo, da grande conoscitore, l'ultimo capitolo emerso fin'ora, di un libro a cui mancano ancora quintali di pagine. Buzzi, quindi, imbraccia una mitraglietta carica di verità potenziali, ed apre il fuco in direzione del Campidoglio e della Regione Lazio, ricostruendo gran parte del mondo in cui ha vissuto, convinto che il fine giustifica i mezzi, e che quindi :” Per un fine nobile- fosse giusto utilizzare- mezzi, diciamo, ignobili”.

Appalti senza bando in Campidoglio. Durante il colloquio con i procuratori, il ras delle cooperative punta l'arma sul Campidoglio. Apre il fuoco a più riprese, centrando anche quella che definisce l'”invadenza della politica”. Cita il sindaco Ignazio Marino, da lui definito “marziano”, per un appalto da 78 milioni gestito senza bando di gara. Qui, secondo l'indagato, entrerebbe in scena l'”invadenza della politica”, subentrata insieme al sindaco-chirurgo, poiché, spiega:”Con il cambio di giunta che c'è tra Alemanno e Marino, c'abbiamo che la politica… gli assessori contano di meno, si interessano di meno dei processi amministrativi, e quindi prevalgono i dirigenti”. Il primo cittadino, dunque, secondo Buzzi:”Ha fatto gestire un appalto da 78 milioni di euro. Una cosa scandalosa” commenta. La bozza di progetto, stando sempre alle parole di Buzzi, riguarderebbe uno Sprar (Sistema protezione richiedenti asilo e rifugiati). In mancanza di posti per i rifugiati, ne sarebbero stati messi al bando 18mila con offerta al ribbasso.

Zingaretti e il palazzo della Provincia.
Il signore della coop “29 giugno” ricarica la mitraglietta, gira il tronco e cattura nel mirino gli affari di Via della Pisana. Buzzi, in questo caso, filtra le parole di un altra testa mozzata nell'ambito dell'inchiesta su Mafia Capitale: Luca Odevaine, ex capo di gabinetto di Veltroni, già in carcere da tempo,  “Dopo che è andato via Veltroni, Odevaine è rimasto disoccupato, e Zingaretti lo ha nominato capo della Polizia provinciale”, spiega Buzzi. “ È lui-continua- che mi ha detto dell'operazione Parnasi, del palazzo della Provincia. Insomma Odevaine mi ha detto di Zingaretti. E mi ha raccontato 'sta cosa, che praticamente li le operazioni sporche le facevano Cionci, Cavicchia e Venafro. E a questo proposito mi ha detto dell'acquisto della sede della provincia”. Ielo allora ribatte:” Quindi sapeva che erano operazioni sporche”. “Si- risponde Buzzi- operazioni poco trasparenti”. Successivamente Buzzi spiega quelle che secondo lui sarebbero state le modalità per l'acquisizione del palazzo della Provincia, dettate dall'amico Odevaine, con cui dice di avere rapporti stretti dal 2011-2012. Odevaine:”mi racconta che la sede della provincia è stata comprata dal costruttore Parnasi, con contratto di acquisto, pre- contratto di acquisto… praticamente prima ancora di costruì l'immobile io già l'avevo venduto a lei -specifica Salvatore Buzzi, prima di commentare- pure io sarei capace a costruì così”. Il sostituto procuratore Paolo Ielo, allora, incalza chiedendo al re delle cooperative di farsi capire meglio. L'indagato, quindi, inizia ad entrare ancor più nel merito:” Ha visto i grattacieli che stanno all'Eur, Euroma…? Uno di quei due là è diventato la sede della Provincia, quando già si sapeva che la Provincia sarebbe stata soppressa. Quindi viene bandita la gara, Parnasi la vince.” Senza quell'operazione, aggiunge, il costruttore sarebbe andato fallito. In seguito, Buzzi, lascia trasparire altre indiscrezioni confidategli da Odevaine, riguardanti i guadagni della “cricca”. “Mi disse Odevaine” Che pensi che 'sta operazione l'hanno fatta gratis lì? I soldi che ci hanno fatto Cavicchia e compagnia ci possono andare avanti per generazioni.” Mi dice anche chi ha preso i soldi: Cavicchia, Cionci, Venafro e Zingaretti, Cionci per Zingaretti ovviamente”. Il sostituto procuratore, allora chiede se i personaggi tirati in ballo avessero preso tangenti, e soprattutto in che modo. Per tutta risposta, Buzzi conclude: “Lui racconta questi episodi, che poi alcune volte so' veri, alcune volte non so' veri”.

Assunzioni di favore.
Dai racconti di Salvatore Buzzi, però, emerge altro. La testa di serie di Via della Pisana, oltre ad aver percepito il denaro per la vendita del Palazzo della Provincia tramite l'imprenditore Cionci, avrebbe anche favorito l'assunzione,sempre secondo l'indagato, dell'ex cognato al Cns. Passaggio per cui, Zingaretti, avrebbe fatto affidamento su Pino Cinquanta, ex dirigente della cooperativa coinvolta nell'inchiesta di Napoli per i ponti aperti tra la società Cpl Concordia ed il clan dei Casalesi. Insomma, per Salvatore Buzzi:”Praticamente loro c'avevano questo rapporto storico con il presidente della Regione- si riferisce ad Odevaine e Cinquanta- che era il presidente della Provincia, insomma con Zingaretti. E questo rapporto storico…nell'assunzione dell’ex cognato, perché gli avevano assunto anche il cognato che lavorava nel Cns, che aveva avuto un'esperienza… gli avevano messo addirittura una piccola impresa, l'impresa era fallita, loro avevano preso ed avevano assunto 'sto ragazzo, non mi riesco a ricordare…cognato di Zingaretti…perché gli aveva chiesto Zingaretti questa cortesia, quindi era un rapporto che io sapevo molto forte. Cioè praticamente dottore, se no non ci capiamo, noi nasciamo come componente del Partito democratico, la componente di Marroni, D'Alema…qui stiamo in un'altra componente, stiamo nella componente Bettini-Zingaretti, sono come se fossero due partiti diversi”. Il Portavoce di Nicola Zingaretti, Andrea Cappelli, smentisce categoricamente la tesi sostenuta da Buzzi: ”Zingaretti non ha un cognato, con Cinquanta non parla da 10-15 anni e non ha mai chiesto assunzioni per nessuno”. Intanto, il numero uno della regione Lazio risponde con violenza alle accuse, e lo fa dal consiglio regionale:” Mai presi soldi per la vicenda del nuovo palazzo della Provincia… Ora chi è accusato dal carcere accusa. Io credo che l'accusato abbia il diritto di mentire sulle proprie responsabilità, ma non di calunniare terzi. Il signor Buzzi- rincara la dose Zingaretti- vuole passare è per una persona vessata dalla politica, vuole sottrarsi dall'accusa di associazione mafiosa. Ora risponderà di tutto ciò difronte alla giustizia- tuona Zingaretti- ho conferito mandato ai miei legali di querelarlo”. 




ROMA, ATAC: CONFERMATO LO SCIOPERO DEL 7 AGOSTO

di M.L.S.

Roma – Tra corse annullate e disagi a iosa, la faida all'interno di Atac non si cheta. Nell'incontro volto a scongiurare lo sciopero di venerdì 7 agosto, nessun intesa tra la municipalizzata, il sindacato Usb e la prefettura, tutti a bordo di un convoglio che viaggia dritto verso l'ennesima giornata nera per pendolari straziati e turisti. I dipendenti, già precettati da Franco Gabrielli lo scorso 27 luglio, continueranno dunque a “bloccare” a suon di rimostranze la nuova strada scelta per l'azienda dei trasporti capitolina, fatta di: accordi sindacali “storici” troncati, produttività legata al salario e di un nuovo orario di lavoro legato al badge elettronico. “Nessuna apertura di fronte alle nostre istanze per cui confermiamo lo sciopero”, ha graffiato Fabiola Bravi dell'Usb, lo stesso movimento sindacale che ha inviato una lettera ai parlamentari per rivendicare il diritto allo sciopero dei lavoratori. 

Venerdì nero. Lo sciopero della durata di 4 ore avrà inizio alle 8 e 30 di venerdì. Potenzialmente interessate le linee di autobus, filobus, tram e metropolitana, oltre alle ferrovie Roma-Lido, Roma-Nord e Termini-Centocelle. Sulle linee del metrò, in caso di stop, i tempi per la riattivazione del servizio potranno raggiungere anche i 90 minuti, mentre, in caso di adesione allo sciopero da parte del personale addetto al controllo, gli ascensori e le scale mobili delle stazioni sub-urbane sarebbero inutilizzabili.

L'ultima parola, ora, spetta al prefetto di Roma Gabrielli che, ancora una volta,  potrebbe ricorrere alla precettazione.




ROMA: ORA MARINO LANCIA L'ALLARME IMMIGRATI. QUANDO SI DICE GIOCARE D'ANTICIPO…

di Matteo La Stella

Roma – Come un neonato che scopre il mondo dall'alto del suo seggiolone, anche il sindaco Ignazio Marino inizia a fare i conti con la realtà che lo circonda: quella dell'Urbe. Durante l'audizione della Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema di accoglienza, identificazione e trattamento dei migranti andata in scena martedì mattina, il sindaco-chirurgo ha infatti preso coscienza dell'emergenza che affligge una città povera di risorse in materia, dedicando un suo intervento all'argomento. Lancia l'allarme il pargolo di palazzo Senatorio, ormai non più neonato, che dall'inizio della sua carica sembra aver brancolato nel buio, quasi fosse bendato, incapace di reagire ma soprattutto di captare le esigenze della capitale lanciata alla deriva. Durante il suo mandato l'albero del Campidoglio si è spezzato più volte, ha perso rami secchi durante la tempesta, mentre i più fragili si allontanavano per colpa dalla sua leadership dormiente.

Dopo un biennio, però, la sveglia del sindaco inizia a suonare e, tra rimpasti e potenziamenti, la sua giunta riprende forma, sospinta dalla corrente Pd che gli regala l'ennesima iniezione di fiducia. Ora la benda sembra cadere, donando nuovamente la vista ad Ignazio Marino che scopre l'Urbe per la prima volta. A due anni dall'inizio della carica-soprammobile, il primo cittadino inizia a vedere la situazione che alberga in città, nulla di nuovo per chi vi ha passeggiato almeno una volta negli ultimi anni.

“Meglio tardi che mai – verrebbe da esclamare – il sindaco ha finalmente gli occhi per guardare". Ma ogni angolo di Roma grida vendetta, inascoltata da troppo tempo. Non è un videogioco, e anche lo fosse Ignazio Marino avrebbe già perso tutte le sue “vite da sindaco”. Riprovare non basta, la capitale ha bisogno di certezze e capi saldi, e gli atteggiamenti del suo numero 1, frutto del “doping Pd”,  non fanno che annichilire ancora di più la sua persona, che agisce di polso solo a pochi centimetri dal baratro, prima di tornare all'inconsistenza che ha sempre contraddistinto il suo operato.

 

Marino e la scoperta dell'emergenza immigrazione. Ignazio Marino, neo-vedente, si affaccia alla questione migranti sottolineando come Roma non sia in grado di accogliere migranti per la carenza di strutture e di denaro. Davanti alla Commissione Parlamentare d'inchiesta presieduta da Gennaro Migliore, il sindaco-medico ammette:”Sì, è vero che a Roma c'è un sovraffollamento ed è così condivisa da me questa opinione che alcune settimane fa, partecipando a una riunione convocata dal ministro dell'Interno, ho sottolineato come Roma, che è la seconda città di accoglienza per le persone che arrivano sulle nostre coste, non possa accogliere il 18-20% delle persone che arrivano nel nostro Paese: non abbiamo le strutture né le risorse economiche per farlo". Alla luce di questo, il sindaco ha poi continuato dipingendo la partita dell'immigrazione come:”Una sfida straordinaria del nostro secolo” anche se, subito dopo, si è detto preoccupato per il possibile propagarsi delle malattie. ”Sono molto preoccupato per gli aspetti igienico-sanitari e per questo ho sollevato il problema in più occasioni per i miei timori perchè molti migranti giungono da territori dove ci sono ceppi di tubercolosi resistenti a molti antibiotici. Una preoccupazione-ha continuato il sindaco “premuroso”- importante sia per queste persone e anche per la diffusione delle malattie infettive a cui il nostro sistema immunitario non è più preparato nel nostro Paese. I ministri dell'Interno e della Salute mi hanno rassicurato dicendomi che ci sono 5 livelli di controlli, una risposta molto rassicurante”. 

 

La Danese punta a chiudere il centro Baobab. Sullo stesso fronte si è mosso l'assessore alle politiche sociali di Roma Capitale, Francesca Danese, che durante l'audizione di martedì mattina ha parlato di sigilli per un centro d'accoglienza:”Il Baobab era una struttura che faceva parte dell'accoglienza cittadina. Il centro è stato attivo fino ad aprile poi abbiamo chiuso tutte le partite, anche economiche, quindi non abbiamo più pagato affitto perchè in una parte della struttura c'erano dei rilievi igienico-sanitari. Il proprietario vorrebbe continuare il percorso per conto proprio ma noi puntiamo a chiudere la struttura per quanto concerne il nostro intervento in termini di ulteriori risorse”. L'assessore, inoltre, punta a portare in Campidoglio una nuova delibera che consentirà alle associazioni di riprendere in mano la gestione delle sedicenti residenze:”Si tratta un accordo – incalza l'assessore – siglato tra Questura, Prefettura e i dipartimenti Anagrafe e Politiche sociali  ma con un impegno in più che garantisca che le persone a cui vanno date queste residenze poi effettivamente siano seguite e conosciute, e dovranno certificare più volte durante l'anno che frequentano l'associazione di riferimento. Questo ci permetterà, ad esempio, anche di dare il buono casa e l'assistenza sanitaria a tutte quelle persone che hanno lo status di rifugiato e che hanno un permesso di soggiorno scaduto, andando così a migliorare il processo d'integrazione. C'è stato un tavolo in Prefettura, ora la delibera è pronta e sarà un provvedimento che farà ulteriore chiarezza”. Che dire: sembra proprio l'ennesima manovra insolvente.




MAFIA CAPITALE, ROSY BINDI: NO SCIOGLIMENTO COMUNE, SERVE TERZA VIA

di M.L.S.

Roma – Sulla scorta di Mafia Capitale, arriva dal presidente della commissione parlamentare Antimafia Rosy Bindi un "vademecum" utile a risollevare le sorti del Comune capitolino, già fortemente compromesso . L'ex vicepresidente della Camera dei deputati ha dispensato soluzioni nel corso delle comunicazioni con la Comissione sul caso di Mafia Capitale che, negli ultimi mesi, ha fatto tremare anche il cortile all'interno del Campidoglio provocando la mutilazione della giunta in carica. 

Le comunicazioni. Quella che appare davanti agli occhi di Rosy Bindi è :”Una situazione gravissima se un Comune grande come quello di Roma si mostra fragile e indifeso di fronte a una piccola mafia, un sodalizio criminale che ha occupato spazi rilevanti, condizionando pesantemente l'azione politica e amministrativa”. A tal proposito, secondo la testa di serie della commissione Antimafia:”Servono strumenti straordinari che il governo dovrebbe adottare, come un decreto legge che traendo spunto dalla situazione romana, introduca strumenti ad hoc per affrontare le difficoltà di Comuni molto grandi non da sciogliere o infiltrati solo in parte”. Nello specifico:” Una terza via tra scioglimento e non scioglimento, una sorta di tutoraggio e di assistenza dello Stato all'ente locale senza che questo debba essere sciolto e commissariato. Serve una fase di accompagnamento temporaneo – ha sottolineato Rosy Bindi- per il ripristino dell'amministrazione e della legalità che non privi un Comune della guida politica ma lo rafforzi”. 




ROMA: ECCO IL MONOPOLIO DEL MERCATO ORTOFRUTTICOLO DA PARTE DEI CLAN

di M.L.S.


Roma – Dalle prime luci dell'alba di lunedì 200 uomini sono in azione nell'ambito di una maxi operazione, tra Lazio, Campania e Sicilia, volta a sconfiggere il monopolio dei mercati ortofrutticoli dal centro al mezzogiorno, custodito gelosamente tra le braccia dei boss. Tra perquisizioni e sequestri preventivi per un totale di 100 milioni di euro, la Dia capitolina, supportata dalle forze locali di Napoli, Salerno, Palermo, Caltanissetta, Catania e Bologna ha infatti eseguito 20 misure di custodia cautelare in ottemperanza delle direttive emesse dal Tribunale partenopeo su richiesta della Direzione distrettuale antimafia napoletana. Agli arrestati vengono contestati i reati di associazione mafiosa, illecita concorrenza con minacce e violenze, estorsione ed altro.

Il meccanismo. Sulla scorta di operazioni pregresse avallate dalla medesima Dda, l'indagine che ha preceduto l'operazione denominata “Gea” ha consentito di appurare come i clan dei Casalesi e dei Mallardo, insieme a quelli appartenenti alla Mafia catanese avessero il controllo completo dell'approvvigionamento di prodotti ortofrutticoli e del loro trasporto dal centro alla punta dello stivale. Nello specifico le organizzazioni criminali agivano per imporre ai commercianti i canali da adoperare, riconducibili a società gestite dagli stessi sodalizi. Gli esercenti, una volta entrati nel meccanismo, erano condannati al pagamento di una “tassa” che i criminali si assicuravano al termine di ogni transazione, utilizzando metodi estorsivi.

Sequestri. Disposta anche la confisca preventiva nei confronti dei 40 indagati, delle società di trasporto, dei mezzi e degli immobili ad essi riconducibili, per un valore totale di 100 milioni di euro.

Dalla Coldiretti. Secondo Coldiretti il mercato dell'ortofrutta nostrano è sottopagato agli agricoltore, dato che il guadagno molto spesso non arriva a coprire neanche le i costi di produzione. Viceversa il prezzo dei prodotti, dal campo alla tavola, sale vertiginosamente fino a toccare il più 300%, anche per colpa della gestione monopolistica dei mercati che opera la malavita organizzata. “Il business delle agromafie – precisa la Coldiretti – genera un volume di affari di 15,4 miliardi nel 2014 secondo il rapporto Coldiretti/Eurispes. I punti più sensibili per le infiltrazioni malavitose sono costituiti dai servizi di trasporto su gomma dell'ortofrutta da e per i mercati; dalle imprese dell'indotto (estorsioni indirette quali ad esempio l'imposizione di cassette per imballaggio); dalla falsificazione delle tracce di provenienza dell'ortofrutta (come la falsificazione di etichettature: così, prodotti del Nord-Africa vengono spacciati per comunitari); dal livello anomalo di lievitazione dei prezzi per effetto di intermediazioni svolte dai commissionari mediante forme miste di produzione, stoccaggio e commercializzazione”




ROMA: SI IMPICCA IN CARCERE IL PRESUNTO ASSASSINO DEL GIOIELLIERE DI PRATI

di M.L.S.
Roma
– Si sarebbe impiccato domenica sera in una cella del carcere di Regina Coeli, Ludovico Caiazza, il presunto assassino del gioielliere trovato ucciso lo scorso 15 luglio nel suo esercizio commerciale in Via dei Gracchi 155, nel quartiere Prati di Roma.

L'allarme. Il 32enne Ludovico Caiazza, arrestato nella giornata di sabato 18 luglio per l'assassinio di Giancarlo Nocchia e per la successiva rapina nella gioielleria di cui l'uomo era titolare, era stato trasferito nel pomeriggio di domenica nell'ala di grande sorveglianza del carcere di Regina Coeli, in una cella da solo poiché:”Aveva precedenti per violenza sessuale e aveva una situazione personale di forte disagio. Per questo, per tutelarlo, non era stato messo a contatto con altri detenuti”, ha spiegato Santi Consolo, il capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria che ha aperto un'indagine interna sul suicidio potenziale. Dopo il trasferimento, un colloquio durato oltre un'ora con il suo avvocato ed il confronto con una psicologa del penitenziario che avrebbe riscontrato:” Un forte stato di agitazione”. Poi la scoperta, intorno alle 22 e 45 di domenica sera gli agenti della Polizia penitenziaria trovano Ludovico Caiazza in fin di vita, impiccato con un pezzo di lenzuolo annodato alla grata della sua camera di reclusione. Repentina l'allerta al servizio ambulanze del 118 che però, raggiunto il carcere, può solo constatarne il decesso.

Le indagini. Oltre all'indagine interna alla struttura circondariale, sul caso di suicidio indaga anche la Procura di Roma. Per ora il procedimento è fermo a “modello 45”, cioè senza indagati ed ipotesi di reato alcuna. Caiazza lunedì mattina avrebbe dovuto prendere parte all'interrogatorio di garanzia per l'omicidio-rapina in Via dei Gracchi. 

Matteo Salvini in merito alla notizia ha dichiarato: "Una morte è sempre una brutta notizia, certo. Ma in questo caso, devo dire che non sono troppo dispiaciuto".




ROMA: ARRESTATO PRESUNTO ASSASSINO DEL GIOIELLIERE DI PRATI

di M.L.S.
Roma
– Arriva con un tweet del ministro dell' Interno, Angelino Alfano, la notizia della cattura da parte dei Carabinieri del nucleo investigativo di Roma del presunto assassino di Giancarlo Nocchia, esercente 70enne il cui corpo esanime è stato rinvenuto nel pomeriggio di martedì all'interno della sua gioielleria di Via dei Gracchi 155 al termine di una rapina. L'aguzzino potenziale è stato bloccato a bordo di un convoglio all'altezza di Latina

Il presunto assassino. “I Carabinieri di Roma hanno fermato a Latina un pregiudicato 32enne sospettato di essere l'autore dell'omicidio del gioielliere di Prati”, queste le parole utilizzate dal capo del Viminale nel primo “cinguettio informativo” di giornata. Proprio secondo la ricostruzione del Comando provinciale dell'Arma, il presunto assassino originario di Napoli è stato bloccato a bordo di un treno all'altezza di Latina. Con lui, una borsa contenente una pistola e dei gioielli, possibile provento del colpo nel quartiere Romano di Prati. Il presunto aguzzino, tratto in arresto è stato poi traslato dai militari nella Caserma del nucleo investigativo di Via In Selci, mentre Angelino Alfano ha nuovamente cinguettato soddisfatto:” L'uomo aveva con se una pistola ed alcuni gioielli su cui sono in corso verifiche. Stato più forte. Ottimo lavoro dei Carabinieri”.

Ricostruzione del “colpo mortale”. L'assassino, parrucca ed occhiali scuri, era entrato tra le 16 e 30 e le 17 e 30 all'interno della gioielleria di Giancarlo Nocchia, fingendosi un cliente. Secondo i risultati dell'autopsia il 70enne sarebbe morto proprio per il colpo alla testa infertogli dopo una colluttazione in cui il gioielliere avrebbe tentato di difendersi. L'autopsia condotta al Policlinico Gemelli, infatti, avrebbe evidenziato anche ferite da taglio ad una gamba e da difesa alle braccia, segno di una potenziale reazione alla rapina, sedata poi con un colpo assestatogli al capo dall'assassino.




ROMA: PROTESTANO GLI ADDETTI ALLA MANUTENZIONE DELLA METRO. SABELLA SI SENTE MALE E INTERVIENE MARINO

di M.L.S.
Roma
– Nel pomeriggio di venerdì, una delegazione di dipendenti del Caf italia, l'azienda che ormai da anni si occupa della manutenzione sulla linea Roma-Lido e sulle arterie A e B della metropolitana, è salita in Piazza del Campidoglio per farsi ascoltare, guidata dal presidente di Fiom Maurizio Landini. La posta in gioco è il taglio di 40 posti di lavoro, scaturito dalla decisione di Atac di rimettere in gara il servizio al ribasso. Così, arrivata davanti a palazzo senatorio, la delegazione capitanata dal numero 1 della sigla sindacale ha incontrato i rappresentanti dell'assemblea capitolina e l'assessore alla Legalità Sabella, che però durante l'incontro ha accusato un malore. Le prime attenzioni sanitarie al magistrato sono state date dal chirurgo della capitale, Ignazio Marino, utile all'esistenza del prossimo, forse, per la prima volta dall'inizio del suo mandato.

La denuncia della Fiom. I passi falsi di Atac che hanno portato all'incontro non proprio tranquillo di venerdì pomeriggio sono stati denunciati da Francesca Re David, segretario generale della Fiom Cgil di Roma e Lazio che ha sottolineato:“Quaranta dipendenti rischiano di perdere il posto di lavoro perchè Atac ha deciso di rimettere in gara, ovviamente al massimo ribasso, quest'attività non prevedendo nessuna salvaguardia dei posti lavori”. "Chiediamo- ha continuato il segretario generale – da tempo al Campidoglio un tavolo per salvaguardare questi lavoratori o internalizzandoli in Atac o prevedendo una nuova gara con la salvaguardia dei lavoratori. Se c'è un cambio appalto chi si prende i lavoro deve prendersi anche i lavoratori: il Campidoglio e Atac non ci hanno mai risposto e nessuno ci ha mai incontrato, nè Atac nè il Comune”, ha tuonato Re David prima di evidenziare” Che oggi è la prima volta che siamo qua”.

La scalata al Campidoglio, Landini in testa. Tutti verso il Campidoglio, una delegazione di lavoratori ha marciato verso il palazzo per partecipare alla riunione con l'assessore alla Legalità e i rappresentanti dell'Assemblea. La partecipazione Fiom-Cgil, secondo Landini:”È legata al fatto che stiamo parlando di 40 posti di lavoro, di persone che da anni fanno questo lavoro e hanno una competenza riconosciuta e dimostrata, ma è evidente che quello che sta succedendo qui anche in Campidoglio è semplicemente uno dei tanti problemi che si sta ponendo ormai in senso generale nel Paese. Questa questione del sistema di appalti e del cambio di appalto sta diventando non più sostenibile, perchè da un lato serve semplicemente per abbassare dei costi e in molti casi per evitare di applicare i contratti o per assumere persone a condizioni peggiori, quindi c'è un abbassamento dei diritti e tante volte un aggiramento delle leggi, dall'altra parte come è noto il sistema degli appalti, in Italia e non solo a Roma, molto spesso è diventato uno dei veicoli che ha permesso alla malavita organizzata di controllare parte integrante delle attività economiche”. Landini ha poi messo un punto, fotografando le tematiche da spalmare sul tavolo dell'Assemblea. Venerdì:" Finalmente incontriamo i capigruppo e l'assessore Sabella, in questo modo vogliamo sottolineare un tema, insisto, che non è solo salvare 40 posti di lavoro, ma rendere evidente il lavoro delle persone, quello che tiene in piedi i servizi e questa città”.

Riunione spezzata dal malore di Sabella. Nel vivo della riunione, Alfonso Sabella si è però accasciato, preda di un calo di pressione. A quel punto, le attenzioni del sindaco-sanitario Ignazio Marino sono state catturate dal malore del magistrato. Il primo cittadino, stranamente sospinto dal senso del dovere è immediatamente intervenuto. Dalla misurazione della pressione al conteggio dei battiti, il sindaco ha sfoderato l'abc della medicina prima dell'intervento del pronto soccorso interno di Palazzo Senatorio. L'assessore alla legalità è stato così successivamente trasportato al Policlinico Umberto Primo, dove i medici hanno escluso l'ipotesi di infarto ma hanno constatato la necessità di impiantare nel magistrato un pace maker, sulla scorta di una coronarografia. La riunione è stata così annullata ed il sindacato è stato riconvocato per la giornata di mercoledì prossimo da Anna Maria Cesaretti, presidente della commissione Mobilità. Ignazio Marino, invece, se avesse in animo di aiutare la capitale come ha fatto oggi con l'assessore alla Legalità, dovrebbe ricominciare a vestire il camice bianco, solo quello, lasciando stare la politica capitolina. Un intervento troppo grande, quello da operare su Roma, per cui è necessario l'intervento di uno specialista, certamente non in medicina. 




ROMA: TRASPORTI ANCORA IN TILT. ATAC TRA SCIOPERI BIANCHI E LA VOGLIA DI CAMBIARE REGISTRO

di Matteo La Stella


Roma – Continuano inalterati i disagi che nella prima decade e mezzo del mese di luglio hanno imperversato sulle linee della metropolitana capitolina, condannando i malcapitati pendolari ad un inizio luglio fatto di bagni di sudore, ire e bocconi amari da ingoiare alla vista degli schermi che indicano i tempi di attesa posti sulle banchine. I problemi, causati per lo più dallo sciopero bianco dei conducenti, hanno dato vita alla collera dei pendolari bombardati da attese interminabili e, oltretutto, ad un guizzo punitore di Atac, già in subbuglio per le tante lacune amministrative, che nella giornata di martedì ha tagliato le teste, si fa per dire, di 4 macchinisti dissidenti, dopo averne denunciati altri 10 nei giorni passati per interruzione di pubblico servizio. Una discesa libera quella dell'azienda per i trasporti che continua a puntare verso lo strapiombo mettendo il piede fuori solo per accentuare la spinta verso il collasso, invece di intentare un cambio di rotta al quale potrebbe essere costretta il 22 luglio prossimo.

I disagi. Quello di mercoledì è solo l'ultimo episodio in ordine cronologico di quello che è lecito definire un servizio di “immobilità”: consueti ritardi per le linee A e B della metropolitana, frequenza ridotta ad una corsa ogni 30 minuti sulla linea Roma-Lido con bus sostitutivi tra Porta San Paolo e Lido Centro ed un'unica fermata attiva tra i due poli, Acilia. Sulla Roma-Viterbo, invece, 30 corse sbarrate per la gioia di tutti i fruitori. Ma il servizio-disservizio colpisce già da tempo: ritardi eclatanti il 13 luglio su entrambe le linee sotterranee della metropolitana, o l'11 luglio, quando sulla linea B della metro capitolina i convogli passavano con cadenza di 30 minuti, e poi il 9 luglio e via dicendo. Un'odissea per i pendolari, che se fossero provvisti di bussola e mappa impiegherebbero meno tempo a solcare i tunnel che si sparpagliano qualche metro sotto l'urbe con i loro piedi. Ma i mezzi pubblici dovrebbero essere un servizio di diritto, calpestato da chi questo servizio non lo offre affatto, ma se lo fa pagare profumatamente.

Conducenti in sciopero bianco. Il rallenty del metrò romano, secondo l'inchiesta interna condotta da Atac, sarebbe dettato dalla nuova tendenza dei macchinisti a dichiarare inagibili i treni ad inizio corsa, nel bel mezzo delle manovre di prova. I convogli depennati per malfunzionamento sarebbero triplicati rispetto al giugno scorso ed addirittura quadruplicati se si accosta l'odierna situazione a quella del luglio 2014. Per gli 007 aziendali si tratta di una misura tutt'altro che casuale. L'ammutinamento sarebbe approntato dai macchinisti perchè sottoposti al controllo elettronico della presenza in servizio, obbligo entrato in vigore nella giornata del 1° luglio scorso. Inutili gli accordi dell'azienda con le sigle sindacali di Cgil, Cisl e Uil, lo sciopero bianco continua, e allora la chitarra scordata della municipalizzata, che naviga in acque torbide dopo l'approvazione di bilancio rinviata per buchi grandi come palle di cannone, suona l'ultima canzone tagliente. Tagliare i rami secchi, queste le parole che accompagnano la canzone della strumento sgangherato di Atac. Un atto intimidatorio che arriva sulla scia dell'avvio, negli ultimi giorni, di 10 provvedimenti disciplinari nei confronti di altrettanti conducenti, accusati di interruzione di pubblico servizio in questo inizio luglio di caos. Bravata che potrebbe costare il licenziamento ai macchinisti sovversivi.

I 4 licenziati. Per i 4 rami, dipendenti del settore metro-ferri, troncati dalla motosega Atac è stato applicato l'articolo 46 del Decreto sui trasporti del 1931. Sospensione dal servizio e dalla retribuzione, in poche parole il licenziamento. Lavoratori modello? No, tutt'altro. Nei loro curriculum richiami disciplinari sull'onda delle motivazioni più disparate: dagli abusi della legge 104, alla violazione dei permessi per malattia ai comportamenti scorretti in servizio. Per uno dei licenziati, sindacalista e conducente, il taglio sarebbe stato anche dettato dal rifiuto di timbrare il cartellino elettronico all'inizio e alla fine del turno, come previsto in prima battuta dalla riforma del contratto decentrato voluta dai vertici Atac. Sempre la stessa riforma, ad un altro punto vede lo stop dal primo agosto dei salari accessori, fino ad ora distribuiti a iosa e che invece saranno dislocati tra i più produttivi, oltre all'aumento delle ore di guida dei conducenti, che dovranno passare dalle 736 ore medie annue alle 950, per allineare Roma con lo standard nazionale delle grandi città come Milano.

La triste condizione di Atac. Una voragine da 141 milioni di deficit registrata nel 2014, oltre ai 58 milioni di passivo generati dagli indici di redditività e produttività nel primo quadrimestre del 2015. Le acque torbide che imprigionano la municipalizzata, costretta già a rimandare l'approvazione del bilancio 2014, tracciano le linee di un'azienda che non può stare a galla. La data della svolta, però, è quella del 22 luglio, quando l'assemblea dei soci approverà il bilancio della municipalizzata. A quel punto l'amministratore delegato Danilo Broggi potrà considerare la sua missione compiuta: evitato il crack dell'azienda, la palla potrebbe passare tra i piedi del nuovo direttore generale, Francesco Micheli, che in carica da due mesi detiene già una forte approvazione da parte del Campidoglio, e che di conseguenza potrebbe ricoprire più vesti ai piani alti di Atac. Ancora nessuna notizia ufficiale, ma se Broggi lasciasse la vetta tutti i poteri in mano all'attuale ad verrebbero delegati a Micheli, già responsabile delle aree gestionali e di business dell'azienda, ed unica figura apicale che negli ultimi giorni si sia scagliata contro lo sciopero bianco dei macchinisti. Nel caso in cui Micheli salisse sul trono si lavorerebbe per accelerare il piano industriale del quadriennio, per tagliare i dirigenti e per passare il personale dagli uffici al servizio su strada. 




ROMA: UCCISO GIOIELLIERE DURANTE UNA RAPINA

di M.L.S.


Roma – Nel pomeriggio di martedì, un gioielliere 70enne è stato trovato morto all'interno del suo esercizio in Via dei Gracchi 155, nel qurtiere Prati di Roma. Ad accorgersi del corpo esanime nella gioielleria, un altro commerciante, affacciatosi alla vetrina della gioielleria intorno alle ore 17 e 30, non avendo da tempo notizie dell'amico commerciante che di consueto gli faceva compagnia sulla porta del negozio. 

L'allarme. Alla vista del corpo riverso in terra all'interno del negozio di gioielli, il vicino di saracinesca ha lanciato l'allarme al 112. All'arrivo, i Carabinieri hanno solo potuto constatare il decesso dell'uomo, perito molto probabilmente per la profonda ferita alla testa. Il negozio, totalmente in disordine farebbe pensare ad una rapina, anche perchè in base alle informazioni raccolte mancherebbero all'appello diversi gioielli, sia dai cassetti che dalla vetrina.

Le indagini. Sull'omicidio di Giancarlo Nocchia indagano i Carabinieri della Compagnia di Roma San Pietro e quelli del Nucleo Investigativo In Selci. I miliari hanno acquisito le immagini della videosorveglianza così da cercare traccia dei malviventi nelle registrazioni video. Intanto i testimoni ed i vicini raccontano di non aver udito spari, mentre la famiglia aiuta le indagini nelle prime ricostruzioni, sottolineando come l'uomo avrebbe riaperto il negozio tra le 16 e le 16 e 15, permettendo di collocare l'omicidio nello spazio temporale che intercorre tra le 16 e 30 e le 17 e 30. Per le strade di Roma è dunque caccia agli assassini.