Quake II Remastered, il capolavoro del 1997 torna in vita

Quake II torna in versione rimasterizzata per tutti i fan di vecchia data e per le nuove generazioni di giocatori. Il lavoro svolto dal team di sviluppo però è davvero così ben fatto che il titolo dovrebbe finire nei manuali destinati agli sviluppatori di tutto il mondo, per far vedere come andrebbe fatta una remastered. Il concetto su cui si è basato lo studio di sviluppo, del resto, è tanto semplice quanto efficace. Mantenere intatto il videogioco originale e al tempo stesso, aggiornare, ampliare, estendere. Questa nova versione di Quake II però accontenta tutti in quanto i più nostalgici e chi è in cerca dell’esperienza originale possono rigiocarsi il videogioco con lo stesso aspetto estetico che aveva nel 1997, anno della sua release originaria. Volendo, inoltre, è anche possibile attivare un filtro che simula l’effetto degli schermi dei vecchi CRT, così da restituire interamente il feeling visivo di una volta. Per chi invece cerca un approccio più moderno, Nightdive Studios si è ovviamente spesa per migliorare il comparto grafico del gioco. Selezionando la giusta voce nell’apposito menù, si assiste al globale rimaneggiamento dell’estetica di Quake II. Certo, non non bisogna aspettarsi un restyling totale, in quanto l’originale è ancora lì, ben visibile. Non si tratta di un remake, del resto. Eppure, le migliorie sono molteplici e tutte graditissime. Anti-aliasing, profondità di campo, ombre dinamiche, effettistica globalmente migliorata, texture ripulite, modelli poligonali rivisti, 120fps e 4K su PlayStation 5, Xbox Series e PC. Il gioco, insomma, pur non nascondendo la sua età, si presenta in forma smagliante s monitor e televisori di ultima generazione. Anche su Nintendo Switch, dove frame rate e risoluzione sono ovviamente inferiori, Quake II non sfigura affatto, con il vantaggio tutt’altro che secondario di potersi portare in giro il capolavoro senza tempo di id Software.

Anche per quanto riguarda il lato contenuti questa edizione rimasterizzata di Quake II è assolutamente promossa a pieni voti, infatti a rendere ancora più invitante il titolo è la presenza di “Call of the Machine”, un’espansione del tutto inedita e realizzata appositamente per l’occasione. Inoltre, gli appassionati della saga potranno rigiocare con Quake II 64, versione completamente differente da quella pubblicata su PC, pensata appositamente ed esclusivamente per il vecchio Nintendo 64. Oggi, come allora del resto, di tutto il pacchetto questa è senza dubbio l’offerta più debole. Schiacciato da un’orizzontalità dovuta alla difficoltà dovute all’utilizzo del pad, invece che di mouse e tastiera, il level design pecca anche di un’ostentata linearità, oltre che di una semplicità marcatissima già per l’epoca. Molto meglio la versione che tutti conoscono di Quake II, ancora perfettamente in grado di tenere i giocatori incollati allo schermo. Certo, chi è cresciuto a pane e FPS moderni come Halo e Call of Duty potranno sorridere teneramente della basilarità del level design e dell’artigianalità del gunplay. Eppure, tra una sparatoria e l’altra, anche i giocatori più pretenziosi si ritroveranno a passare molte ore di divertimento “old style”. Il merito va ricercato in una serie di elementi ancora in grado di far splendere questo gioco di luce propria: la varietà dei nemici da affrontare, tanto per cominciare, l’ampiezza dell’armamento utilizzabile, lo squisito feedback ad ogni colpo esploso, il ritmo incalzante dell’avventura, l’immaginario scaturito dalla lotta interplanetaria che gli umani decidono di spostare sul mondo natale degli alieni ostili che minacciano la sopravvivenza della nostra specie e molto altro ancora. Ovviamente il level design nonostante sia stato realizzato nel lontano 1997 è ancora in grado di sorprendere grazie ad ampie aree da esplorare a caccia di collezionabili o strade secondarie con cui ingaggiare il nemico.

Oltre al gioco base in questa Quake II remastered non mancano anche le due espansioni classiche, ovvero “The Reckoning” e “Ground Zero”, anch’esse giocabili nelle loro versioni originali, cioè senza upgrade grafici di sorta. A rendere ancora più invitante questa remastered del titolo, venduta tra l’altro a meno di dieci euro e inclusa nell’Xbox Game Pass, è come già detto la presenza di “Call of the Machine”, ulteriore espansione inedita e realizzata per l’occasione. Con i suoi 28 livelli questa nuova avventura è in grado di aggiungere un’ulteriore mezza dozzina di ore di intrattenimento almeno, che si sommano alle quasi venti degli altri contenuti, compresa la versione del gioco per Nintendo 64. Come se non bastasse, nella Quake II remastered torna il multiplayer, anche in locale con il caro e vecchio split-screen a quattro giocatori. Tra deathmatch e cattura la bandiera, anche in quest’ambito non mancano certo dei contenuti con cui intrattenersi. A ben vedere, tuttavia, questo è certamente l’aspetto del gioco che è più invecchiato e che potrebbe faticare ad entrare nel cuore dei giocatori. Se il single player conserva un fascino tutto suo, ovviamente a patto di apprezzare il gusto retrò di questo sparatutto in prima persona, sfidando altri giocatori online la macchinosità del sistema di controllo e la sostanziale linearità delle arene di scontro potrebbero annoiare i giocatori più giovani. Tuttavia, per qualche breve massacro con gli amici di un tempo, la remastered di Quake II è in grado di intrattenere più che a dovere. Tirando le somme quindi, questa nuova edizione del capolavoro del 1997 è una vera e propria lettera d’amore per tutti gli appassionati di vecchia data, ma è anche un bellissimo titolo da gustare per chi si avvicina per la prima volta a questa perla tirata a lucido 26 anni dopo dal lancio originale. Credeteci, lasciarsela sfuggire sarebbe davvero un peccato.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 9

Gameplay: 8,5

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




WhatsApp dice sì all’invio di foto e video in HD

WhatsApp è pronto ad abbracciare le fotografie e i video in alta risoluzione. Meta ha infatti lanciato un nuovo aggiornamento per la sua piattaforma di instant Messagging, che sarà disponibile nelle prossime settimane, con cui viene introdotta la condivisione delle foto in hd. “Per i momenti più speciali che vuoi condividere con gli amici e la famiglia in ogni singolo particolare, avrai ora la possibilità di condividere le foto in alta definizione, sempre con la protezione della crittografia end-to-end di WhatsApp”, ha scritto su Facebook Mark Zuckerberg, al centro della diatriba, per ora solo verbale, con il patron di X, Elon Musk, e il presunto scontro benefico tra i due, pre-annunciato sul web e che sembra non si farà più. Dopo l’aggiornamento, su WhatsApp la modalità di condivisione delle foto rimarrà quella standard per impostazione predefinita, con l’opportunità per gli utenti di passare alla qualità hd, ossia alta. Come ha sottolineato Zuckerberg, l’opzione per condividere le foto in hd verrà rilasciata in tutto il mondo nelle prossime settimane e sarà presto estesa anche ai video. La novità aveva fatto la sua comparsa in una versione beta di WhatsApp a fine giugno su piattaforma Android. Come scrive “The Verge”, su connessioni lente, i destinatari potranno scegliere di mantenere la qualità standard per la condivisione delle foto, ritardando l’inevitabile necessità di liberare spazio nella memoria del telefono dopo aver ricevuto troppe immagini sia nelle chat individuali che di gruppo. Alla luce di quanto detto quindi nel futuro di WhatsApp sarà finalmente possibile condividere i propri momenti felici con amici e parenti senza dover più rinunciare alla bellezza degli scatti originali.

F.P.L.




Exoprimal, lo shooter sci-fi con i dinosauri targato Capcom

Exoprimal, il nuovo sparatutto sci-fi di Capcom per Pc, Xbox (anche su Gamepass Ultimate) e PlayStation, mette insieme due ingredienti principali molto amati per rendere il suo nuovo titolo un prodotto vincente. Questi sono Esoscheletri potenziati e dinosauri. A questo è stato aggiunto un pizzico di Pvp, una buona dose di Pve e una trama interessante quanto basta per tenere i giocatori incollati fino alla fine del gioco. Morale della favola? Exoprimal è un gioco assolutamente divertente che accontenta tutti. Ma andiamo a scoprire più nel dettaglio che cosa ha da offrire: Exoprimal è ambientato in un futuro alternativo e più precisamente nel 2040 e nel 2043. Il mondo sembra essere messo sotto scacco dall’improvvisa comparsa dei dinosauri, proprio quegli animali preistorici che tutti ritenevano estinti da milioni di anni ma che sembrano essere ritornati più forti di prima. Ovviamente la vita sulla terra è stata completamente messa a soqquadro e la sopravvivenza stessa della razza umana è in forte dubbio. Fortunatamente una multinazionale, la Aibius, ha sviluppato una nuova tecnologia che potrebbe salvare il genere umano: degli speciali esoscheletri chiamati exocorazze in grado di potenziare enormemente i comuni soldati e metterli in condizione di affrontare gli enormi bestioni e quindi di garantire una speranza di sopravvivenza all’intera razza umana. Se già questo potrebbe essere sufficiente per comporre un background interessante sappiate che in Exoprimal c’è di molto di più visto che, praticamente all’inizio dell’avventura si verrà a contatto con mondi paralleli, intelligenze artificiali dagli scopi poco chiari e molto altro. Non vogliamo svelare nient’altro però e vogliamo lasciare i lettori al piacere della scoperta proprio perchè, sotto il profilo narrativo, il nuovo titolo di Capcom ha da offrire davvero moltissimo. Ulteriore caratteristica che rende il videogioco assolutamente godibile è che Exoprimal è localizzato in italiano per quanto riguarda i sottotitoli e a metà per quanto riguarda il doppiaggio in quanto i protagonisti parlano in inglese mentre la sola voce dell’IA, Leviathan, è in italiano. In fase di prova abbiamo poi molto apprezzato il modo in cui la trama progredisce nel gioco visto che, missione cooperativa dopo missione cooperativa si avrà il modo di conoscere le evoluzioni della storia di Exoprimal. Meno felice è invece la scelta di mettere in scena un protagonista senza voce che perde sicuramente di carisma e crea situazioni surreali dove tutti intorno a lui parlano e lui non dice una parola ma si limita a far gesti e a mutare espressioni facciali. Una volta avviato, il gioco inizia con un mix abbastanza lungo di filmati e tutorial e una volta sorpassata questa fase scaraventa i giocatori direttamente sul campo di battaglia. Prima di combattere però nell’hub (oltre che potenziare la propria exocorazza, selezionare le armi, l’estetica e altro ancora) sarà possibile scegliere se affrontare la battaglia in versione Pve, PvP o in modalità del tutto casuale che garantisce però una percentuale in più di esperienza maturata a fine match.

Exoprimal però non è un titolo che procede normalmente, ma anzi, per capire bene quel che accade sarà necessario superare qualche battaglia. Il titolo infatti, si presenta come un action game cooperativo e nello stesso tempo competitivo a squadre che prende diverse meccaniche di diversi generi e le mixa in un’unica soluzione esplosiva. Quindi, prima di procedere all’acquisto è bene tener presente che se si sta cercando un titolo da giocare in single player Exoprimal non fa per voi, in quanto anche per avanzare nella trama principale è necessario combattere con o contro o entrambi con avversari in carne e ossa. Il concetto di single player nell’ultimo prodotto del colosso nipponico non è minimamente contemplato. In buona sostanza nel gioco si prende parte a battaglie simulate che vedranno il giocatore e i suoi alleati affrontare una squadra avversaria e/o orde di dinosauri, il tutto per permettere a Leviathan di raccogliere nuovi dati e potenziare le exocorazze (con un sistema di crescita ed evoluzione del personaggio abbastanza classico). Exoprimal però prende le meccaniche di gioco dagli Hero Shooter (in stile Overwatch o Paladins per intenderci) infatti ogni personaggio che compone il team è dotato di una exotuta con poteri diversi e saranno proprio tali skills a modificare l’esito delle varie battaglie. Purtroppo, conviene dirlo subito, al momento il numero di modalità presenti nel gioco è tutto fuorchè esaltante, ma nel futuro prossimo è già presente una modalità end game che viene annunciata una volta finita la campagna. Inoltre visto che il titolo prevede dei season pass, c’è da aspettarsi che nel futuro arriveranno molte altre novità. Pad alla mano Exoprimal si dimostra essere un videogioco divertente e immediato, e dopo aver seguito con attenzione il tutorial iniziale anche il giocatore meno esperto riesce a sentirsi a proprio agio e sarà in grado di muoversi rapidamente con la exotuta castigando lucertoloni a suon di esplosioni. Certo, essendo il titolo uno sparatutto cooperativo è fondamentale trovare anche giocatori in linea con le proprie aspettative, abbiamo notato come la composizione della squadra e l’affiatamento del team sia davvero un elemento fondamentale per divertirsi seriamente. Infatti, se si ha la possibilità di giocare con degli amici online è sempre meglio scegliere tale opzione in quanto una squadra senza un guaritore o un tank ha meno possibilità di vittoria rispetto a un team bilanciato e coeso. Se dobbiamo trovare un difetto al tutto è da ricercarsi nella ripetitività del gameplay loop che, passato l’entusiasmo iniziale e l’interesse per l’avanzamento della trama, rischia di diventare davvero problematico: la presenza di altre modalità di gioco avrebbe sicuramente favorito la nuova IP di Capcom. Non resta infatti altro che vedere che cosa avrà da offrire il titolo nei prossimi mesi per capire se la casa nipponica ha saputo mantenere una fanbase solida o meno.

Parlando ancora di gameplay In Exoprimal ci sono un totale di 3 classi: Assalto (DPS), Colosso (Tank) e Supporto (Healer). Al momento sono presenti solo 10 exocorazze, tutte diverse tra loro, ognuna con i propri poteri peculiari. Sicuramente verranno aggiunte ulteriori exocorazze in futuro, anche se dobbiamo segnalarvi che 3 di quelle presenti si sbloccano solamente aumentando il livello giocatore oppure comprando la Deluxe Edition. Queste 3 exotute sono: Nimbus (si sblocca al livello 20), Muramase (che si sblocca al livello 30) e Vigilant (al livello 40). Le tute da combattimento sono ben curate nel minimo dettaglio ed è possibile personalizzarle con skin, sia per la corazza che per le armi, oltre ad aggiungere accessori e adesivi. Le skin sono tutte a pagamento, utilizzando i BikCoin valuta che si ottiene giocando, o tramite le loot box che si sbloccano avanzando di livello. Vi è anche la possibilità di migliorare la exotuta, aumentandone il livello. Si possono aggiungere dei moduli che possono incrementare i danni o le cure, oppure abbassare il cooldown delle mosse speciali o abilità. Ogni exotuta ha abilità differenti e di conseguenza moduli diversi, con la possibilità anche di intercambiare le tute in partita, rendendo gli scontri dinamici. Una meccanica molto interessante è quella del “Dominatore”, ovvero la possibilità di prendere il controllo di un dinosauro – casuale tra quelli presenti nel gioco, ma comunque di grandi dimensioni – e invadere la partita della squadra avversaria, rallentando il completamento dei loro obiettivi e avere più possibilità di vittoria. Come dicevamo prima, le modalità principali in Exoprimal si dividono in PVE e PVP, dove l’unica differenza tra le due sta nella missione finale dove le due squadre si scontrano. Una volta iniziata la partita, si è costretti a completare degli obiettivi il più velocemente possibile per guadagnare secondi preziosi sull’avversario. La squadra nemica si farà viva solamente nella fase finale della missioni. Per il resto del tempo, le due squadre completeranno gli obiettivi senza mai incrociarsi, come se fossero su due piani temporali differenti per intenderci. Purtroppo arriviamo alla pecca principale di Exoprimal, la monotonia nelle situazioni. Ai giocatori verrà richiesto di uccidere un numero di dinosauri il più velocemente possibile – prima dell’altra squadra – per poi passare all’obiettivo successivo che, molto spesso, è lo stesso di prima, solo con nemici differenti. Le partite si svolgono tutte nello stesso modo, con mappe differenti talvolta, ma con gli stessi obiettivi. La ripetitività nello svolgere sempre le stesse azioni si fa sentire a partire dalla terza partita di fila. Una partita dura in media 10-15 minuti, dove uccidiamo dinosauri a più non posso. Divertente le prime partite, per poi diventare quasi stucchevole. Ovviamente le boss fight hanno delle missioni a se, ma comunque restano davvero poche rispetto al numero di scontri necessari per concludere l’avventura. La missione finale è sicuramente la parte più divertente del gioco, in particolare quella PVP dove le due squadre si scontrano in mezzo ai dinosauri. Tra le missioni finali sono presenti dei grandi classici del genere, come conquistare gli obiettivi, spostare il carico oppure utilizzare un martello da caricare per poi distruggere un nucleo.

Per quanto riguarda la trama e l’atmosfera il lavoro svolto dagli sviluppatori di Capcom è stato anche stavolta ottimo in quanto hanno saputo creare un mondo di gioco interessante, caotico ma al contempo credibile, profondo e ricco di mistero. A prima vista eravamo rimasti un po’ scettici riguardo ai vari personaggi che rappresentavano un po’ i classici clichè del mondo ludico e cinematografico ma, missione dopo missione, il contesto del mondo di gioco viene a galla ed Exoprimal si dimostra davvero originale e interessante. Il nostro consiglio? Giocate le prime cinque o sei missioni, lasciatevi trasportare dagli eventi di gioco e vedrete: non riuscirete più a staccarvi dallo schermo. A livello grafico Exoprimal offre un dettaglio visivo sufficiente, ma non certo da far gridare al miracolo. Continuiamo però ad essere sorpresi per come il titolo riesca a gestire una simile mole di elementi a schermo senza quasi mai vacillare. Si tratta – almeno su Xbox Series X, la versione da noi testata – di un risultato notevole anche considerando il modo in cui si muovono i singoli nemici, ben animati e con reazioni credibili ai colpi subiti, che siano essi i proiettili di un fucile d’assalto o i possenti pugni di un tank. Deludente è invece l’interazione con gli scenari, con alberi e veicoli che dopo aver subito danni si spostano di qualche centimetro e scompaiono lentamente nel nulla. Sempre a proposito delle mappe, abbiamo riscontrato una scarsa originalità delle stesse. Soprattutto le arene ambientate in città hanno un’estetica molto simile tra loro e sono poche le eccezioni che conducono i giocatori in grotte naturali o antiche rovine, probabilmente i luoghi più gradevoli da ammirare e in cui darsi battaglia. Abbiamo invece apprezzato tutto quel che riguarda il design delle armature, belle da vedere sia nelle loro versioni originali che in quelle alternative, visto che vi sono skin che stravolgono totalmente l’aspetto della Exotuta. Tirando le somme, Exoprimal si è dimostrato essere un gioco che diverte, con una trama originale e che ha molto da offrire. Unica pecca, almeno al momento, è la possibilità che la risicata offerta di modalità di gioco possa annoiare i giocatori più esigenti. In ogni caso l’ultimo nato in casa Capcom è un videogioco che merita di essere goduto sia da soli che con gli amici e che è in grado di offrire ore e ore di gran divertimento.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8

Gameplay: 9

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise




TikTok Music sfida i colossi dello streaming musicale

TikTok Music espande il suo servizio di streaming musicale in altri Paesi a sole due settimane dal debutto. Australia, Messico e Singapore si aggiungono a Brasile e Indonesia. TikTok Music permette agli utenti di accedere ad una vasta libreria di brani disponibili online e ascoltarli in streaming o scaricarli sul proprio dispositivo. Per l’occasione, il social di proprietà ByteDance ha ottenuto in licenza i cataloghi delle maggiori case discografiche al mondo, tra cui Universal Music Group, Warner Music Group e Sony Music. Per ora, il servizio è in beta chiusa, ossia disponibile solo su invito per una ristretta cerchia di utenti. Una questione, come spiega il sito Techcruch, non solo tecnica ma anche di business. TikTok vuole capire se l’offerta può funzionare, visto che richiede il pagamento di un abbonamento, proprio come le alternative musicali concorrenti, da Spotify ad Apple Music. I prezzi vanno dagli 8,16 dollari equivalenti in Australia ai 6,86 dollari in Messico e 7,48 dollari a Singapore. “TikTok Music è un nuovo tipo di servizio che combina il potere della scoperta musicale su TikTok con lo streaming – spiega l’azienda a Techcrunch – alla base c”è l’offerta di milioni di brani di migliaia di artisti. Ora stiamo testando la versione beta di TikTok Music in Australia, Messico e Singapore e avremo altre notizie da condividere sul lancio di Music nei prossimi mesi”. Oltre ad ascoltare le versioni complete dei brani preferiti, TikTok Music integra anche una sezione dove scoprire consigli personalizzati, creare playlist collaborative con gli amici e ricercare canzoni partendo dal testo ma anche facendo ascoltare all’app uno spezzone audio proveniente dall’esterno, come avviene per Shazam. Riuscirà TikTok Musica a prendere piede e a diventare una spina nel fianco per i colossi del settore? Lo scopriremo solamente nei prossimi mesi.

F.P.L.




Call of Duty MWII, la quarta stagione è in nome di “The Boys”

Nel pieno della quarta stagione Call of Duty MWII, Warzone 2 e Dmz si arricchiscono con una pioggia di novità, fra cui la più importante è la partnership con la nota serie televisiva “The Boys”. A differenza di quanto si pensasse in precedenza non sono arrivati solamente i bundle operatori di Patriota, Starlight e Black Noir, ma tutta una serie di interessantissime novità. In maniera molto simile a quanto accade in Fortnite Capitolo 4, il gioco ha accolto svariati contenuti legati alla serie trasmessa su Amazon Prime, infatti, oltre ad alcune modifiche che sono state apportate alle mappe di Warzone, è anche possibile reperire in giro le valigette della Vought, grazie alle quali si otterranno poteri temporanei simili a quelli dei supereroi: occhi laser con cui incenerire i nemici, scarica di elettricità con cui storidirli, teletrasporto per scappare dalle situazioni più critiche e il super balzo con cui sorprendere gli avversari che si nascondono sui tetti in agguato piombando dall’alto e schiacciandoli all’atterraggio.

Non mancano poi le classiche sfide a tempo per le armi con le quali si potranno sbloccare due mimetiche gratis ispirate alla serie televisiva. Con l’arrivo di questa patch di mezza stagione è arrivata anche la possibilità di giocare la battle royale classica a Vondel, mappa in cui è stato implementato anche un nuovo Gulag. Sono stati aggiunti inoltre l’evento pubblico Scansione, in cui sarà necessario restare immobili sdraiati o andare sott’acqua per evitare di essere evidenziati sulla mappa, la modalità occupazione ispirata a Postazione dove vari quartetti avranno il compito di conquistare e mantenere il controllo di zone della mappa piuttosto che di restare l’ultima squadra in gioco. E, solo a Vondel, il potenziamento da campo D.R.P. (drone di rischieramento portatile che una volta equipaggiato consente il respawn automatico se si viene uccisi. I giocatori di Call of Duty Modern Warfare 2 possono invece giocare nella nuova mappa multiplayer 6 contro 6 chiamata Vondel Waterfront e cimentarsi nell’episodio finale dell’Incursione Atomgrad che vedrà finalmente i giocatori cimentarsi in prove sempre più ardue per riuscire a completare l’incarico e salvare il mondo da un nuovo conflitto. A prescindere dal gioco sarà infine possibile sbloccare il nuovo MX Guardian, un fucile a canna liscia che spara colpi a ripetizione con una discreta gittata. Insomma, anche questa volta Activision ha saputo rendere interessante la mid season riempiendo di novità il suo sparatutto.

Francesco Pellegrino Lise




Llama 2 la nuova frontiera del modello linguistico basato sull’IA

Llama si evolve ed è pronto a mettersi al servizio delle persone. Al via una partnership tra Meta e Microsoft per Llama 2, una nuova generazione del modello linguistico già lanciato dall’azienda di Mark Zuckerberg e basato sull’intelligenza artificiale. Il proprietario di Facebook, Whatsapp, Instagram e ora anche Threads entra, così, sempre di più nell’agone dell’IA già presidiato da ChatGpt e Bard di Google. Llama 2 è un modello aperto (open source) e disponibile gratuitamente sia per la ricerca sia per uso commerciale. “E’ stato pre-addestrato su un volume di dati del 40% superiore rispetto a Llama 1 e sono stati apportati miglioramenti alla sua architettura – scrive Zuckerberg in un post ufficiale -. Per i modelli perfezionati, abbiamo raccolto più di 1 milione di annotazioni umane e abbiamo applicato il perfezionamento supervisionato e l’apprendimento rinforzato con il feedback umano, con risultati eccellenti in termini di sicurezza e qualità”.”Llama 2 è progettato per consentire a sviluppatori e organizzazioni di creare strumenti ed esperienze basati sull’intelligenza artificiale – scrive Microsoft sul suo blog – Meta e Microsoft condividono l’impegno a democratizzare l’IA e i suoi vantaggi e siamo entusiasti che Meta stia adottando un approccio aperto con Llama 2″. “Quando i software sono aperti – aggiunge Zuckerberg – più persone possono studiarli per identificare e risolvere potenziali problemi. In generale, credo che se l’ecosistema online fosse più aperto si otterrebbero maggiori progressi e questo è il motivo per cui stiamo rendendo Llama 2 open source”. Llama 2 è raggiungibile dal sito apposito tramite Microsoft Azure e Windows, Amazon Web Services e Hugging Face.

F.P.L.




Diablo IV, tradizione e novità nel gdr più ricco e grande della saga targata Blizzard

Diablo IV è finalmente realtà e tutti i fan potranno giocarlo da Pc, Xbox series X/S e Playstation 5. Per chi non lo sapesse il titolo è un videogame di ruolo e d’azione sviluppato e pubblicato da Blizzard Entertainment, ed è il quarto capitolo principale della serie Diablo, un brand che è ormai uno dei caposaldi del genere dal lontano 1996. Una volta avviato il gioco e scelto la propria classe di appartenenza fra quelle disponibili (Mago, Negromante, Tagliagole, Barbaro e Druido) e aver creato il proprio alter ego virtuale si viene catapultati all’inizio della storia. Gli occhi dei fan di vecchia data noteranno subito che Diablo IV vuole rappresentare una specie di ritorno alle origini, a partire dalla direzione artistica che si allontana da quanto visto in Diablo III per riproporre uno stile grafico dalle tinte gotiche, più cupo e decadente, che vuole evocare le atmosfere già conosciute nei primi due capitoli della saga. Da questo punto di vista il lavoro di Blizzard non può che dirsi riuscito e fin da subito la sensazione è quasi quella di essere nella stessa Sanctuarium vista durante i viaggi a Tristram, Lut Gholein o Kurast, solo con un comparto grafico decisamente più al passo coi tempi e più che in grado di dar vita a paesaggi e scenari suggestivi da produzione tripla-A. L’influenza di Diablo II si fa notare anche nel gameplay, in particolare nella presenza di diversi alberi di abilità tra cui scegliere e con cui sbloccare nuovi poteri o potenziarli secondo le preferenze di chi gioca, e anche in un ritmo un po’ più lento rispetto a quello molto frenetico dell’immediato predecessore, col nostro protagonista che ci mette un po’ di tempo in più nel portare a segno i suoi attacchi. Tuttavia, non sarebbe corretto dire che l’ultima fatica di Blizzard si rifaccia in tutto e per tutto al secondo capitolo della saga, ma anzi in diversi aspetti si può notare pure una certa vicinanza con Diablo III, cosa che rende questo nuovo gioco un po’ una sorta di sintesi fra il secondo e terzo capitolo. Per esempio, non si può scegliere come distribuire i punti nei quattro attributi del protagonista (forza, destrezza, intelligenza e volontà), che invece crescono in autonomia a ogni nuovo livello guadagnato in base alla classe scelta, proprio come avveniva in Diablo III. Anche lo schema dei comandi strizza piuttosto chiaramente l’occhio al terzo episodio della serie, con la possibilità di “equipaggiare” sei abilità primarie in modo da essere utilizzate rapidamente premendo i pulsanti frontali e i dorsali del controller. Un altro punto di contatto fra il terzo e il quarto capitolo ha a che vedere con la presenza di una risorsa specifica per ogni classe, che viene usata per attivare molte delle abilità o magie più potenti del personaggio e il cui funzionamento varia (almeno in parte) in base alla classe di riferimento: per esempio, il mana dell’incantatore parte dal suo livello massimo e viene consumato quando usa alcune magie, mentre si rigenera rapidamente quando non ne lancia; al contrario la furia del barbaro parte da 0 all’inizio di una battaglia e viene generata con ogni attacco semplice effettuato, a quel punto può essere consumata per utilizzare i suoi poteri più avanzati, ma se si sta lontani dalla battaglia troppo a lungo la furia accumulata fino a quel momento deperisce velocemente. A livello d’interfaccia, la bolla rossa nella parte in basso a sinistra dello schermo rappresenta la salute del personaggio ed è uguale per tutti, mentre quella alla sua destra è la risorsa di cui parlavamo prima con cui attivare poteri e abilità, che cambia di classe in classe.

Altro aspetto molto importante è rappresentato dal loot e i numerosissimi oggetti con cui si può equipaggiare il proprio eroe per renderlo ancora più potente. Anche per quanto riguarda questo aspetto la lancetta pende verso quanto visto in Diablo III piuttosto che verso il secondo capitolo: gli oggetti che si possono accumulare sono di diverse qualità, a partire da quelli comuni (i meno potenti), per passare poi a quelli magici, rari, leggendari, sacri e infine gli “unici”, con ogni successivo “livello” che aggiunge nuovi bonus e miglioramenti, per quanto sia comunque possibile trovare un oggetto raro più potente di uno leggendario, o perlomeno più utile per la build che si ha in mente. Inoltre, è possibile potenziare il proprio equipaggiamento presso un fabbro e in base alla rarità dell’oggetto è possibile sbloccare ulteriori possibilità di potenziamento: una spada rara per esempio può essere potenziata fino a tre volte rispetto al suo valore di partenza, mentre una spada leggendaria può essere potenziata quattro volte. Stessa sorte tocca agli amuleti e agli anelli che però vanno potenziati dal gioielliere. Proprio come accadeva in Diablo III, è possibile anche cambiare l’aspetto del proprio equipaggiamento, quindi se si è trovato un oggetto molto potente ma con un’estetica non proprio bella, si può modificarla così che sia più vicina ai gusti di chi gioca. Allo stesso modo è possibile anche cambiare le proprietà di un’arma o armatura o amuleto (ad esempio mettiamo che non sia utile avere un bonus di 10 ai danni da ghiaccio ma si preferisce qualcos’altro), sostituendole con qualcosa di nuovo oppure anche scambiando tra loro i bonus di due oggetti in proprio possesso. Tutte queste azioni non sono gratis ma hanno un costo in valuta (rigorosamente in-game) e in alcuni componenti più o meno rari, che è necessario consumare ogni volta che si desidera cambiare l’aspetto o le proprietà del proprio equipaggiamento. Accumulare armi, corazze, elmi, guanti, anelli e amuleti rari, leggendari, sacri o addirittura unici all’inizio è molto difficile, ma proseguendo con la crescita del personaggio e aumentando la difficoltà del mondo di gioco diventa più semplice. Il problema però non sarà tanto trovare oggetti, quanto trovare quelli giusti o quasi per la propria build. Ci si troverà spessissimo ad avere l’inventario pieno di armature inutili da distruggere o vendere in cambio di materiali o soldi. Il modo migliore per trovare il pezzo tanto agognato che completerebbe alla perfezione la build che si ha in mente resta comunque quello di riaffrontare qualche boss o dungeon (magari in modalità incubo) e sperare nella fortuna. Prima di proseguire oltre, ci teniamo a sottolineare la natura più cupa del titolo, infatti non è un caso che una delle prime cinematiche veda un sacerdote brutalmente ucciso dai suoi fedeli, corrotti dall’influenza tentatrice di Lilith, la principale antagonista di Diablo IV. Più che un filmato introduttivo, si tratta di una dichiarazione di intenti. Dall’abbondanza di sangue, allo sguardo invasato degli astanti, all’iconografia turpe e blasfema di dungeon e mostri, tutto sembra tornato al 1996. La creatura di Blizzard non si risparmierà e, durante il corso dell’avventura, mostrerà senza troppi problemi scene truculente degne del più crudo dei film splatter. La palette cromatica spenta e torbida contribuisce a trasmettere un senso di abbandono e ci aiuta a entrare subito in sintonia con il mondo di gioco, una Sanctuarium esausta e martoriata dagli scontri, in cui ogni speranza sembra perduta. Procedendo nel viaggio, poi, si nota fin dalle prime battute che la caratterizzazione dei personaggi ha compiuto passi da gigante rispetto al capitolo precedente. Ad esempio, Lorath Nahr assume tutt’altro spessore rispetto al ruolo marginale che ha avuto in precedenza. Appesantito dagli anni di guerre perenni e ritiratosi in solitudine, avrà per il protagonista un’importanza simile a quella del compianto Deckard Cain, ispirando l’eroe e guidandolo nelle sue peregrinazioni. Lilith, vera protagonista di questo quarto capitolo, è ovviamente il fiore all’occhiello della produzione. Crudele, sadica ma terribilmente affascinante, si contrappone in maniera netta ai Primi Maligni dei precedenti episodi. Nella Sanctuarium di Diablo 4 i confini tra bene e male si assottigliano e spesso si confondono. In una terra in cui gli Angeli sembrano vanagloriosi, dispotici e distaccati dalla realtà, l’evolversi della trama lascia al giocatore più domande che risposte. Il conflitto tra Lilith, Inarius e i demoni dell’inferno porterà spesso a domandarsi chi sia davvero l’antagonista del racconto e chi, invece, potrà tornare utile agli scopi dell’eroe. Più che liberare il mondo dall’oppressione di un grande nemico, spesso si tratterà di scegliere il male minore, stringendo alleanze temporanee con improbabili compagni. Un intreccio narrativo così strutturato risulta inevitabilmente più interessante rispetto alla marcata contrapposizione tra il cast di eroi e Diablo visto nelle scorse iterazioni. Al netto di alcuni piccoli inciampi nelle fasi finali dell’avventura, la campagna principale risulta godibile e avvincente al punto giusto, nonostante una durata molto superiore a quella degli altri titoli della serie, ovviamente a patto di fare tutto quello che la mappa offre.

Tornando a parlare del il gameplay di Diablo IV, possiamo dire che l’ultima produzione Blizzard riesce a essere sia immediata che gratificante, dando vita a scontri intensi e soddisfacenti, che rimangono tali anche dopo che si sono spese diverse dozzine di ore a sterminare demoni e mostri a Sanctuarium. Inoltre, la software house si è premurata pure di rendere l’azione più viscerale che in passato, prestando una maggiore attenzione soprattutto alla mobilità e al controllo del campo di battaglia, con numerosi nemici che possono effettuare alcuni attacchi ad area che richiedono al giocatore di posizionarsi nel modo corretto e spostarsi per evitare il pericolo, se necessario, anche facendo uso della nuova schivata rapida, che permette di effettuare uno scatto in una direzione a scelta per coprire qualche metro in un istante. Queste modifiche rendono ogni combattimento un po’ più movimentato che in passato e gli scontri sono ulteriormente rafforzati dalla grande varietà del bestiario che tra non-morti, animali e mostri, spiriti inquieti o maligni, banditi e demoni di ogni tipo sa sempre come tenerci impegnati. I cambiamenti appena descritti però si fanno notare soprattutto negli scontri contro i boss, che spesso infatti fanno ampio uso di attacchi ad area, si muovono o si teletrasportano in giro per l’arena, evocano servitori pronti ad aiutarli, piazzano trappole sul terreno o sparano dardi e proiettili magici che dobbiamo schivare, costringendo quindi il giocatore a muoversi continuamente e a fare attenzione a ogni mossa e soprattutto a posizionare il personaggio nel modo corretto, se non si vuole fare una brutta fine e trovarsi di fronte alla schermata del game over almeno. Game over che è solo un piccolo ostacolo sul cammino di chi gioca perché è possibile semplicemente rigenerarsi e ripartire da un vicino checkpoint, trovandosi in men che non si dica a riaffrontare i mostri che lo avevano sconfitto; l’unico malus legato alla morte è che l’equipaggiamento verrà danneggiato del 10 per cento e se non si riparta potrà anche rompersi, qualora si muoia 10 volte senza far riparare le armi da un fabbro. Ovviamente più i danni sono gravi, più sarà alto il costo di riparazione. Al di là degli aspetti più “meccanici” legati ai combattimenti, come da tradizione sono le build a ricoprire un ruolo fondamentale e a determinare buona parte del successo nell’avventura, soprattutto ai livelli di difficoltà più alti o quando si ha intenzione di superare sfide più complicate. Proprio da questo punto di vista c’è un ampio ventaglio di opzioni tra cui scegliere, che non solo possono cambiare il modo di affrontare la partita se si sta giocando con una tagliagole o un druido, ma che permettono pure di dar vita a personaggi differenti anche quando appartengono alla stessa classe: un incantatore può specializzarsi maggiormente su magie di fuoco, di ghiaccio o elettriche, oppure mischiare tra loro gli elementi, può puntare di più sugli attacchi ad area per sistemare rapidamente ampi gruppi di nemici o preferire uno stile più difensivo e munirsi di una corazza supplementare; il negromante può servirsi di numerosi servitori non-morti che lo aiutino in battaglia e magari lasciar fare a loro il lavoro sporco godendosi lo spettacolo da una posizione privilegiata, o rinunciare alla possibilità di evocarli per potenziare le proprie abilità, può anche far esplodere ogni cadavere fresco per generare ingenti danni ad area o lanciare lance necrotiche contro una fila di avversari, rinchiuderli in prigioni d’ossa e così via. Abbiamo avuto modo di passare diverse ore con ognuna delle classi disponibili, testando così i differenti stili di gioco e le possibilità messi a disposizione dalla software house californiana. Giocare nei panni di un barbaro piuttosto che di un druido o di un tagliagole vuol dire avere strumenti differenti con cui affrontare le numerose orde di nemici che sbarrano il cammino e quindi significa affrontare la partita in modo diverso, cosa che permette a Diablo IV di poter vantare una certa rigiocabilità. Il bilanciamento non è perfetto, ma tutto sommato non è nemmeno troppo importante che lo sia, quanto piuttosto che ogni classe offra opzioni interessanti e la possibilità di procedere senza troppi intralci. Parlando ancora delle classi, possiamo dire che siamo soddisfatti dalle opzioni presentate da Blizzard perché, come già detto, le cinque classi fra cui scegliere sono diverse fra loro, offrono più possibilità di sviluppo e in generale sono divertenti da condurre nel campo di battaglia.

In Diablo IV il mondo di gioco è un vasto open world che contiene diverse regioni di Sanctuarium e che si può esplorare liberamente, a piedi o a cavallo (anche se il cavallo verrà sbloccato solo dopo metà della campagna e inizialmente bisognerà esplorare a piedi). La natura open world del titolo fa si che si trovino le località disposte allo stesso modo, mentre la generazione procedurale viene riservata ai dungeon. Quindi riaffrontare lo stesso dungeon più volte, garantisce forme differenti della mappa e disposizioni diverse dei nemici. Il mondo di gioco è grande e denso di contenuti, con più di cento missioni secondarie da svolgere, oltre una dozzina di roccaforti da conquistare, più di cento dungeon da esplorare, a cui si aggiungono pure vari eventi pubblici casuali in cui è possibile imbattersi nel corso dei viaggi. Ci sono pure alcuni collezionabili, come alcuni altari di Lilith da scoprire che forniscono alcuni piccoli bonus alle statistiche dei propri personaggi, insomma è chiaro che Blizzard non abbia voluto lesinare sulla quantità e fornire ai giocatori una marea di attività con cui dilettarsi. L’open world ideato dagli sviluppatori americani per Diablo IV non è dunque particolarmente innovativo ma anzi si appoggia su una formula piuttosto tradizionale, tuttavia esplorare Sanctuarium resta un’attività piacevole e spesso abbastanza gratificante perché di solito c’è qualche scoperta interessante che ricompensa gli sforzi di chi gioca: una nuova cittadina o villaggio in cui sbloccare un crocevia e conoscere personaggi pronti ad affidare ogni sorta di missioni, forzieri e tesori nascosti, roccaforti da conquistare, biomi differenti popolati da diversi tipi di creature, ma anche la sola bellezza dei paesaggi realizzati dagli sviluppatori può essere uno stimolo sufficiente per partire all’esplorazione. In gioco poi sono presenti due aree dedicate al PVP dove lo scopo del gioco è quello di uccidere i mostri per guadagnare una valuta unica che va estratta per essere utilizzata. Il problema però è che quando si estrae, nel lasso di tempo necessario all’estrazione, si viene segnalati sulla mappa e chiunque potrà venire a reclamare i crediti del giocatore uccidendolo. Tale modalità di gioco purtroppo al momento risulta essere un po’frustrante in quanto chi è al livello più alto quasi sempre uccide e deruba chi è di livello più basso. Proprio per tale ragione vi consigliamo di entrare nelle zone PVP solo se si è alti di livello e ben buildati. Chiusa la parentesi campagna, il giocatore può continuare a esplorare Sanctuarium e perseguire le attività presenti fin dall’inizio: le missioni secondarie, le spedizioni e le cantine, gli eventi pubblici, la ricerca delle effigi di Lilith e così via. Completando la prima spedizione principale, tuttavia, si sblocca un altro livello di difficoltà del mondo – che potenzia i nemici ma migliora anche i bottini – e si apre un ventaglio di attività che permette di continuare a crescere il personaggio specialmente dopo il livello 50, quando diventa disponibile la scacchiera delle Eccellenze: in questa schermata si possono definire meglio le build, scegliendo vari bonus e i Glifi che conferiscono nuove caratteristiche e variabili alle combinazioni di abilità. I Glifi si potenziano completando con successo le Spedizioni da Incubo: quest’ultime si svolgono nelle Spedizioni che già conosciamo, ma che dopo aver utilizzato l’apposito Sigillo dell’incubo diventano più difficile con l’aggiunta di vari modificatori. I Sigilli dell’Incubo sbloccano Spedizioni sempre più difficili o complesse, scagliando sul giocatore orde di nemici, soprattutto di rango élite, che possono far cadere i bottini con una frequenza maggiore. Lo scopo dell’endgame, in fondo, è solo quello: potenziare il proprio personaggio ricorrendo a bottini sempre migliori. La grande varietà di parametri associati casualmente ai bottini induce a una ricerca continua degli oggetti migliori o delle percentuali più alte, e le nuove funzionalità di Diablo 4, che includono la possibilità di estrarre e imprimere i poteri leggendari sugli oggetti comuni fin dall’inizio, offrono al giocatore un’enorme libertà di scelta.

Alle Spedizioni da Incubo si aggiungono altri contenuti concepiti solo per l’endgame. Sbloccato l’Albero dei Sussurri, la mappa di Sanctuarium si riempie di obiettivi che ricompensano in Tetri Favori e ogni dieci favori accumulati si può scegliere un forziere pieno di bottini casuali. I Campi dell’odio e le Maree infernali sono, invece, eventi a tempo in cui i nemici lasciano cadere delle valute con cui è possibile aprire forzieri speciali: i Campi dell’Odio sono, tuttavia, le uniche zone di Sanctuarium in cui i giocatori possono sottrarsi a vicenda la valuta raccolta, mentre le Maree infernali compaiono casualmente in luoghi diversi della mappa e ci fanno combattere orde su orde di nemici. Infine, i boss mondiali compaiono in specifiche zone di Sanctuarium a intervalli di tempo e sono i contenuti più difficili, poiché servono più giocatori per sconfiggerli, ma potenzialmente anche i più remunerativi. La varietà di contenuti, insomma, non manca, e raggiunto un certo livello e superata la seconda Spedizione principale, si sblocca un ulteriore livello del mondo in cui si trovano i bottini migliori in assoluto. Il progressivo svelarsi di contenuti e livelli di difficoltà aiuta a trattenere l’interesse del giocatore, che si sente stimolato a ripetere le attività summenzionate in cerca di migliorie per l’equipaggiamento, mentre allo stesso tempo accumula i punti esperienza per sbloccare nuove eccellenze nella scacchiera: non sono soluzioni particolarmente innovative e originali, ma funzionano e impegnano il giocatore senza annoiarlo. Insomma, come avrete già potuto capire se avete avuto la pazienza di leggere fino a qui, Diablo IV è un gioco enorme che anche solo dal punto di vista quantitativo offre un ammontare di contenuti e attività da svolgere di molto superiori a ciò che si può trovare nella stragrande maggioranza degli altri giochi. E per quanto siano presenti alcuni difetti più o meno fastidiosi, anche sotto il profilo qualitativo il titolo si attesta senz’altro su buonissimi livelli e quello creato da Blizzard è un gioco di ruolo d’azione divertente e ben congegnato, che può accogliere tra le sue fila sia i giocatori alle prime esperienze col genere sia i veterani che hanno speso un’infinità di ore sui predecessori. Certo, non siamo di fronte al gioco più coraggioso o innovativo che si sia mai visto, ma alla fine in un Diablo la cosa più importante è che il gameplay sia capace di divertire e in quest’ottica Diablo IV ha certamente raggiunto l’obiettivo. Aspettiamo con ansia adesso le future espansioni e le “stagioni” con tanto di pass di cui Blizzard ha già dato l’annuncio ai giocatori prima del lancio. Tirando le somme, possiamo dire che è davvero valso la pena attendere l’uscita di Diablo IV. Blizzard è riuscita a portare sugli schermi un gioco di ruolo d’azione appagante e divertente, oltre che pieno di contenuti e con una narrazione più articolata e interessante rispetto al passato. Non mancano alcuni difetti, tra cui un design dei dungeon un po’ troppo ripetitivo, ma anche se non ci si trova di fronte al gioco perfetto, comunque il lavoro svolto da Blizzard unisce quantità e qualità in un mix che difficilmente può lasciare indifferenti sia i neofiti che gli amanti della serie. A nostro avviso questo è un videogame che merita e deve essere giocato. Lasciarselo sfuggire sarebbe un errore in quanto ci troviamo dinanzi a uno di quei titoli che sono destinati a lasciare il segno e ad essere giocati per migliaia di ore.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Sonoro: 9,5

Gameplay: 9,5

Longevità: 9,5

VOTO FINALE: 9,5

Francesco Pellegrino Lise




Instagram, arrivano i Canali Broadcast

Instagram lancia in tutto il mondo i Canali Broadcast. La novità è stata introdotta dopo che Meta li ha già portati sulla sua piattaforma di instant messagging WhatsApp. “Offrono ad un maggior numero di creatori di contenuti la possibilità di interagire con i propri follower in modo più approfondito su argomenti e contenuti specifici”, spiega la società. “Sin dalla prima fase di test negli Stati Uniti a febbraio sono diventati un nuovo modo per i creator di condividere e creare contenuti che coinvolgano direttamente i loro follower – aggiunge – Molti creator di rilievo hanno utilizzato i canali per condividere retroscena, chiedere feedback nei sondaggi, o pubblicare aggiornamenti quotidiani”. Con l’arrivo su Instagram dei Canali Broadcast a livello globale, saranno disponibili anche nuove funzionalità che i creatori di contenuti potranno utilizzare per interagire con i fan in modo più dinamico e diretto. Tra questi saranno disponibili nuovi strumenti per aiutarli a gestire e promuovere i loro canali broadcast, ad esempio impostare una data e un’ora di scadenza del canale e di condividere un link o un’anteprima nelle Storie. Inoltre, aggiunge Instagram, “speriamo di poter rendere presto disponibile la possibilità per i creator di usare domande per raccogliere feedback e risposte da parte dei follower e la possibilità di aggiungere un moderatore che collabori alla gestione di membri, messaggi e contenuti”. Nei giorni scorsi è circolata anche l’indiscrezione che Instagram sta lavorando all’introduzione di un un chatbot basato sull’intelligenza artificiale che potrà rispondere alle domande degli utenti. Non resta altro che aspettare e scoprire tutte le novità che la società si Mark Zuckerberg ha in progetto per i suoi utenti.

F.P.L.




Street Fighter 6, il ritorno del mito

Street Fighter 6 è il gioco che i fan della serie hanno sempre desiderato, un sorprendente ritorno pensato per cancellare tutti gli errori del predecessore e per alzare l’asticella qualitativa oltre ogni limite. E, come se non bastasse, è anche uno dei pochissimi picchiaduro in grado di adattarsi sia a chi desidera una profondità mostruosa che a coloro che vogliono semplicemente approcciarsi al mondo delle botte digitali, oltre ad offrire a entrambe queste tipologie di giocatore tutti gli strumenti necessari per godersi al meglio l’esperienza. Ma andiamo a scoprire il perché: la novità che salta subito all’occhio è la nuova e corposa campagna per giocatore singolo, il World Tour, finalmente degna di tale nome! Una volta lanciata tale modalità, ci si trova infatti ad affrontare numerose missioni, fra combattimenti e attività secondarie in un mondo open-world, molto simile per impostazione alla serie Yakuza. Attraverso un versatile editor si può liberamente personalizzare esteticamente il proprio personaggio, per poi gettarsi nella mischia scegliendo il proprio stile di combattimento attraverso uno dei maestri, da scegliere fra tutto il cast del gioco, così da poterne imparare il repertorio d’attacco. Inoltre, potenziando il legame con i vari lottatori, si può svilupparne la lore e la storia che fa da sfondo ad ogni combattente. Grazie alla valuta ricevuta dagli scontri e dalle attività secondarie è possibile potenziarsi ed acquistare ogni sorta di elemento estetico per il proprio alter ego virtuale. La modalità World Tour è anche un bel modo per presentare le peculiarità dei 18 combattenti offerti, per abituare i giocatori ai loro punti di forza e di debolezza, nel tempo, invece che tutti in una volta; rendendo il processo di scelta di un combattente su cui concentrarsi per i combattimenti online molto più ponderato per i neofiti. A presentare le ulteriori modalità di gioco, ci pensa il suo stiloso menù principale, suddiviso in tre aree. Al centro c’è il Battle Hub, il cuore online del gioco, dove si può partecipare agli incontri contro avversari online e scalare le classifiche migliorando continuamente e anche giocare ad alcuni classici arcade fra cui i mitici Street Fighter 2 e Final Fight (direttamente dagli anni 90). Sulla destra, il Fighting Ground consente di organizzare i combattimenti in singolo, in stile arcade, oltre ad una “storia” con le tradizionali illustrazioni e vignette ad incollare il tutto; dove troveremo anche modificatori e regole speciali a dare varietà e pacchetti di addestramento disponibili da esaminare, insieme a dei tutorial finalmente molto pratici ed esaustivi.

Ma dove questo Street Fighter 6 colpisce veramente forte è ancora una volta attraverso il suo solido ed innovativo gameplay. Il team ha deciso di giocarsi il tutto per tutto, con ottime intuizioni, che apportano modifiche importanti: ogni mossa ed animazione ha subìto un intervento chirurgico importante. In primo luogo c’è il nuovo sistema Drive, che aggiunge una nuova barra che si può utilizzare per gli attacchi potenti in qualsiasi momento. Il punto di svolta è che i round iniziano con questa barra piena, quindi si parte immediatamente con opzioni di danno ad alto rischio. Utilizzare gli attacchi speciali immediatamente può però rivelarsi un errore, ma crea senza dubbio una bellissima varietà tattica. A fronte di una lievissima diminuzione della velocità di gioco rispetto al precedente capitolo, è presente un’aumentata ed incoraggiata aggressività, che ha reso possibile turni molto più rapidi e fatali, e proprio questo aspetto si collega alla seconda innovazione: uno schema di controllo completamente nuovo che si affianca a quello classico. Chiamato “Moderno” nelle impostazioni, il nuovo sistema di comandi dà la possibilità di lanciare automaticamente attacchi speciali con un singolo pulsante invece delle classiche combinazioni a più tasti. Questo tornerà molto utile ai nuovi arrivati e a chi vuole fare pratica, rendendo la barriera all’entrata del sistema di combattimento molto più labile, fino a quando non si è abbastanza pratici da impostare il sistema pro. Naturalmente, per coloro che non lo desiderano, ci sono le classiche opzioni di controllo e, quando si è spettatori, è anche possibile vedere un elenco di input dal vivo per darsi un’idea migliore di ciò che le persone stanno effettivamente facendo: un aiuto visivo che può essere un un po’ confusionario, all’inizio. Il risultato finale di queste modifiche e aggiunte è un sistema di combattimento che sembra immediatamente familiare a chiunque abbia giocato a Street Fighter V, con modifiche sufficienti per rendere le cose fresche ed estremamente appaganti.

Una volta finito di giocare in singolo e completati i vari tutorial, caldamente consigliati per padroneggiare le tecniche dei personaggi, andare online nel Battle Hub offre un modo davvero innovativo di approcciare il matchmaking, replicando lo stile di un vero arcade. In questo hub online, si controlla lo stesso avatar del World Tour, che può essere sempre personalizzato pesantemente, correndo in una sala giochi piena di negozi di cosmetici incentrati su una serie di cabinati di gioco. Basta avvicinarsi ad uno dei cabinati con un posto vuoto di fronte, per dare il via ad una partita, o sedersi da solo per invitare gli sfidanti, o ancora, semplicemente assistere ad una partita in corso proprio come accadeva nelle sale giochi. Tecnicamente parlando il gioco risente forse troppo della sua natura cross-gen, ossia del dover girare anche su PS4 e Xbox One oltre che su PS5, Xbox Series X/S e PC. Intendiamoci, non si può certo dire che Street Fighter 6 sia brutto a vedersi, ma sicuramente non si nota nessun salto rilevante rispetto a quanto già visto in Street Fighter V. In particolare, poi, la possibilità ormai standard di poter scegliere tra una modalità Grafica (4K a 30fps) e Prestazioni (2K a 6fps) non ha praticamente senso, visto che in un gioco del genere rinunciare alla fluidità del 60fps è davvero da folli. In ogni caso la resa tecnica si attesta su livelli altissimi per il genere, quindi gli amanti della grafica possono star tranquilli. Unica nota stonata, a nostro avviso, è la presenza di un battle pass. Questo non va certo a sminuire la massa di contenuti che Street Fighter 6 offre al lancio, ma siamo sempre infastiditi dall’esistenza di sistemi di monetizzazione in giochi a prezzo pieno, specialmente quando si considera che, in quanto picchiaduro, Street Fighter 6 offrirà molti personaggi extra sotto forma di DLC. Per carità, il sospetto è che si tratti solo del modo con cui gli sviluppatori introdurranno costumi speciali oltre a quelli già presenti nel gioco, e non abbiamo la minima intenzione di penalizzare tutto il ben di dio offerto per la sua semplice esistenza. Ma in ogni caso, a nostro avviso, questo aspetto potrebbe infastidire gli appassionati della serie. Tirando le somme, possiamo dire che l’ultima incarnazione del picchiaduro di casa Capcom è davvero un titolo che si farà ricordare. Tante novità, una rosa di lottatori che mischia volti storici a new entry, nuovo schema comandi, opzioni in game e un online coinvolgente. Che chiedere di più? Che si giochi da Pc, Xbox o PlayStation, non giocare a Street Fighter 6 potrebbe essere un vero peccato. Non fatevelo sfuggire.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Sonoro: 8,5

Gameplay: 9

Longevità: 9

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise




LEGO 2K Drive: corse folli, mattoncini e divertimento assicurato

Lego 2K Drive è un gioco di corse basato su Lego e sviluppato per la prima volta da Visual Concepts e pubblicato da 2K. Il titolo è stato rilasciato il 19 maggio 2023 per Nintendo Switch, PlayStation 4, PlayStation 5, Windows, Xbox One e Xbox Series X/S. Prima di entrare nel vivo della recensione ci teniamo a dire che è fruibile in un eccellente italiano scritto e parlato, con scelte di traduzione particolarmente indovinate. Valga per tutti l’esempio del nome del mondo di gioco – Mattonia – il quale rende perfettamente non solo la natura a base di mattoncini dell’open world, ma anche il “fattore follia” che anima l’intera produzione. LEGO 2K Drive può vantare inoltre una trama, altro punto a favore della produzione. Certo, ovviamente si potranno selezionare altre modalità più immediate, come i giri su pista senza soluzione di continuità, le coppe, e tutto quanto un normalissimo gioco di corse potrebbe proporre. Ma gli sviluppatori hanno visibilmente insistito sulla narrazione principale, che riunisce tutti questi elementi all’interno di una progressione sensata e stimolante. La modalità Storia mette i giocatori nei plasticosi panni di un’anonima Matricola appena arrivata a Mattonia, un mondo dove tutto ruota intorno alle corse. Si viene quindi presi sotto l’ala protettrice di Clutch Fulminton, una vecchia leggenda delle corse che riconosce subito il talento del protagonista offrendogli la sua guida e i suoi preziosi consigli per vincere il torneo Astrocoppa, la principale competizione cittadina. Per potersi qualificare tuttavia sarà necessario prima esplorare le quattro regioni principali di Mattonia sconfiggendo i piloti locali e guadagnando le loro preziose bandiere a scacchi. Una trama semplice e lineare, ma condita come sempre da un umorismo tipico dei giochi LEGO e da personaggi sopra le righe. La vera protagonista della produzione però è la stessa Mattonia, che con i suoi quattro biomi offre un vero e proprio parco giochi dove sbizzarrirsi a bordo del proprio bolide. Gli scenari variano da classiche praterie verdeggianti a brulli deserti, fino ad arrivare a zone oscure dove è perennemente notte e abituano creature come vampiri e scheletri. Le macro aree sono piuttosto estese e ricche di attività a cui dedicarsi oltre alle corse, come prove a tempo, partite di golf e missioni di ricerca, fino ad arrivare a quelle più particolari come sventare un’invasione di alieni investendoli a suon di derapate o salvare quanti più cittadini possibili da una mandria di clown robotici. Insomma a livello di varietà LEGO2K Drive non ha nulla da invidiare rispetto gli esponenti più blasonati del mondo delle corse.

LEGO 2K Drive viene presentato come un’esperienza open world in piena regola, ma la questione è più delicata. Non bisogna infatti pensare ai mondi aperti interminabili dei titoli action, perché l’estensione di quello in questione è molto buona, ma non sorprendente. Si tratta in realtà di una vasta mappa che racchiude al suo interno, come già detto, quattro diverse aree tematiche, ognuna contraddistinta da un bioma specifico: ma non sarà possibile viaggiare dall’una all’altra in qualsiasi momento, andranno sbloccare progressivamente come veri e propri livelli; inoltre, anche all’interno delle singole mappe, si sarà sempre in qualche modo legati a un’esplorazione la cui libertà è stata dettata dall’alto dall’idea degli sviluppatori. Il tutto ha senso e funziona, con qualche riserva. La prima è questa: LEGO 2K Drive vorrebbe proporre libertà assoluta ai nuovi arrivati, ma in realtà si resa vincolati a una serie di attività secondarie particolarmente tediose. Il sistema di progressione è legato al livello del giocatore: non si può, ad esempio, accedere alle gare di livello 4 senza prima aver raggiunto quello specifico livello. E per raggiungerlo bisognerà giocare a oltranza, completando incarichi secondari, i quali sono legati molto raramente alle corse vere e proprie. Alcune missioni secondarie richiedono di completare imprese improbabili – divertenti, per carità, ma più vicine alla citata “follia LEGO” che alla formula di un gioco di corse. Riportare all’ovile dei maialini blu non è neanche la richiesta più strana che possa capitare: ad esempio durante la nostra prova ci è capitato di dover condurre un uovo gigante dentro una padella altrettanto enormne, e lì sono stati dolori perché nessuno dei due oggetti aveva intenzione di collaborare. In LEGO 2K Drive ovviamente non ci si limita a esplorare e a completare missioni secondarie fuori di testa, anche se questi aspetti costituiscono una parte cospicua dell’intera esperienza. Ciò che conta, alla fin fine, sono le corse su strada e fuori strada. L’idea di alternare tre diverse tipologie di veicoli che si modificano all’istante in base al suolo è stata brillante: si passa da una macchina hamburger (asfalto) a un quad (sterrato) e infine a una barca a motore (in acqua), senza soluzione di continuità. Il sistema di guida, invece, avrebbe potuto essere migliorato in quanto mantiene una chiara ispirazione arcade, e propone tutte le possibilità di un qualsivoglia Mario Kart, ma senza la stessa precisione. Le derapate permettono di accumulare il turbo, ma utilizzarlo significa anche perdere il controllo del veicolo, i potenziamenti su pista poi portano al caos totale, tra ragnatele che bloccano nemici, razzi autoguidati e scudi energetici. Vincere non è impossibile, anzi; ma molto spesso il tutto è legato più al caso che alla bravura. Gli amanti delle costruzioni in sé impazziranno di gioia nello scoprire come ogni singolo veicolo di LEGO 2K Drive possa essere assemblato da zero, con tanto di istruzioni a schermo, recandosi nel proprio garage. Certo, il sistema non è pratico come nella realtà, ma funziona; inoltre il titolo presenta davvero tantissimi modellini che possono poi essere equipaggiati e utilizzati sia nell’esplorazione dell’open world che su pista. Noi ci siamo divertiti con il veicolo hamburger, ma di possibilità ce ne sono innumerevoli sin da subito. Al di là della confusione generale, è comunque opportuno tenere conto dei parametri dei singoli mezzi: alcuni sono più pesanti, altri più facilmente manovrabili, e via dicendo; non sono davvero aspetti che facciano la differenza, non nella modalità storia almeno, ma è comunque opportuno sapere che esistono e che soprattutto possono avere un certo peso.

Per quanto riguarda la guida vera e propria, una volta scelti i veicoli, le gare si svolgono nel più classico degli schemi per questo genere, ovvero con piste ricche di curve a gomito che mettono a dura prova l’abilità nel derapare e power-up di vario tipo come missili a ricerca, mine, ragnatele per ostacolare gli avversari o teletrasporti per tornare in testa dalle ultime posizioni. Andando a sbattere o subendo troppi colpi inoltre sarà facile vedere il proprio veicolo perdere pezzi (letteralmente) fino ad esplodere del tutto, ma distruggendo gli scenari o gli avversari si possono recuperare i mattoncini per curarsi e al tempo stesso caricare la barra del turbo, indispensabile per riuscire a trionfare. L’intera avventura può essere affrontata insieme ad un amico in split screen sia locale che online, e fino a 6 giocatori possono sfidarsi in gare multiplayer decisamente adrenaliniche. Dal punto di vista tecnico LEGO 2K Drive si presenta su Xbox Series X (versione testata) con una risoluzione a 4K e 60 fps piuttosto stabili, anche se con leggeri cali in situazioni caotiche con diverse esplosioni e pezzi che volano. Il colpo d’occhio generale è ottimo, e il mondo coloratissimo rende alla perfezione l’atmosfera giocosa dei titoli LEGO. Tirando le somme, la produzione di Visual Concepts è un titolo colorato, divertente e leggero, nonché una piacevole sorpresa. Non è un gioco perfetto o con grandi pretese competitive, ma permette di passare diverse ore in spensieratezza esplorando Mattonia e le sue numerose attività, godendosi qualche adrenalinica gara all’ultimo sorpasso o rilassandosi con il garage dove creare i veicoli più assurdi. La presenza del multigiocatore in locale e online poi dona al titolo una marcia in più. Il nostro consiglio? Provatelo e vivetelo non come una simulazione di guida, ma come un’occasione per divertirsi nel modo più assurdo che si possa immaginare.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8,5

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




Meta lancerà in autunno Quest 3, il nuovo visore a realtà mista

Quest 3 è il visore a realtà mista (aumentata e virtuale) di nuova generazione che Meta, l’azienda di Mark Zuckeberg, renderà disponibile in autunno.

L’annuncio sui profili social del fondatore di Facebook, arriva qualche giorno prima della conferenza degli sviluppatori di Apple, il 5 giugno, in cui molto probabilmente l’azienda di Cupertino mostrerà la sua idea di visore. “Meta Quest 3 è il primo visore per la realtà mista a colori ad alta risoluzione, 40% più sottile e più confortevole, display e risoluzione migliori – scrive Zuckerberg – Ha un chipset Qualcomm di nuova generazione con prestazioni grafiche raddoppiate e le nostre cuffie più potenti di sempre.

E’ in arrivo quest’autunno”. Il prezzo del dispositivo si aggirerà intorno ai 500 dollari, mentre quello di Apple è previsto abbia un prezzo più alto. “Quest 3 – aggiunge il Ceo di Meta – sarà il modo migliore per sperimentare la realtà mista e virtuale in un dispositivo autonomo. Sarà compatibile con l’intera libreria di Quest 2 con altri titoli in arrivo. Maggiori dettagli alla nostra conferenza Connect il 27 settembre”. La società, intanto, dal 4 giugno abbassa i prezzi dei visori già in commercio Quest 2 e Quest Pro e con il prossimo aggiornamento software rinnova l’unità di elaborazione grafica e l’unità centrale di elaborazione promettendo un aumento delle prestazioni e della velocità su app e giochi. Insomma, dopo questo annuncio, la guerra ad Apple per il mercato del mondo dei visori a realtà mista entra nel vivo. Solo gli utenti sapranno far capire quale dei due device sarà più apprezzato. Non resta che aspettare e capire soprattutto quanto sarà rivoluzionario questo dispositivo.

F.P.L.