Ghostrunner 2, rapido, letale e spietato

Ghostrunner 2 è il sequel dell’omonimo titolo disponibile per Pc, Xbox e PlayStation. Questo nuovo capitolo ha inizio un anno dopo la conclusione del gioco originale, anche se è tranquillamente godibile a sé stante. Nel caso in cui non si abbia avuto la possibilità di giocare il primo Ghostrunner, basta sapere che, in seguito ad un devastante cataclisma, la Terra è divenuta un luogo inospitale, e gli ultimi uomini si sono rifugiati nella Dharma Tower, una struttura megalitica verticale nella quale si è scatenata una lotta tra l’Architetto, creatore della torre, e la Keymaster, sua ex alleata che lo ha tradito. In questa situazione a dir poco caotica un ruolo fondamentale è stato giocato da Jack, un uomo dotato di potenziamenti cybernetici noto come Ghostrunner che l’Architetto ha usato per sconfiggere la Keymaster, ma finendo egli stesso vittima della propria ambizione. Ad un anno da questi eventi, le cose sono cambiate alla Dharma Tower: se è vero che la popolazione è ora finalmente libera dall’oppressione, senza la guida dell’Architetto o della Keymaster si sono venute a formare delle bande di criminali e violente sette religiose che rendono un inferno la vita dei cittadini. Per fronteggiare questi problemi si forma quindi il Consiglio dell’Interfaccia, ossia un gruppo di persone determinate a portare l’ordine nella torre una volta e per tutte. Ghostrunner 2 ha inizio proprio con l’incontro di Jack con i membri del Consiglio, tra i quali c’è la sua vecchia alleata Zoe, i quali gli chiedono di indagare ed affrontare le nuove minacce che minano il futuro della Dharma Tower. Il susseguirsi degli eventi porterà i giocatori a scoprire dei nuovi pericolosissimi nemici, e soprattutto li condurrà all’esterno della torre, nel mondo ormai caduto in disgrazia che si rivelerà non essere poi così deserto come si pensava. Il tutto condito da frequenti capatine nel Cybervuoto, il cyberspazio che Jack aveva distrutto alla fine del precedente capitolo quando ha attaccato l’Architetto, ma che fa il suo ritorno grazie ad una folle setta religiosa che, neanche a dirlo, bisognerà eliminare a tutti i costi. Detto ciò, parlando di gameplay possiamo dire che Ghostrunner 2 impegna i giocatori con una rivisitazione delle meccaniche del primo gioco, con l’aggiunta di tante nuove dinamiche. Alla base di tutto c’è un parkour-action game in prima persona, dove, nei panni del cyber-ninja Jack ci si deve muovere in un mondo ricco di piattaforme fisse o mobili sulle quali saltare, muri sui quali correre, punti d’aggancio su cui fissare il rampino, trampolini che lanciano in aria, rotaie da grindare e altro ancora, questo sia in sezioni esclusivamente platform che in arene con molti tipi di nemici diversi. Insomma, il mood del gioco è “rimanere sempre in movimento e in vita superando ostacoli e uccidendo i nemici”. I livelli con i nemici sono disegnati infatti in modo che, restando fermi, si è esposti sia ad attacchi in corpo a corpo che da lontano, quindi il modo migliore per avere la meglio è tenersi sempre in movimento saltando, scivolando e correndo sulle pareti, facendo fuori gli avversari uno alla volta finché il livello non è completamente ripulito. C’è da dire però che questa non è affatto un’impresa facile, infatti il gioco è categorizzabile fra quei titoli che, a causa di una difficoltà molto elevata, richiedono molti, anzi moltissimi tentativi per riuscire e il miglioramento costante delle abilità del giocatore per poter proseguire. Basti dire che la morte arriva con un solo colpo ricevuto, di qualsiasi tipo esso sia: basta subire un attacco in corpo a corpo o ricevere un proiettile, e si ricomincia lo scontro tutto dall’inizio. E’ per questo che ci si deve sempre tenere in movimento, per evitare i colpi nemici mentre piano piano se ne sfoltiscono le fila. Per raggiungere tale scopo il gioco mette a disposizione diversi strumenti: i più importanti sono la parata e lo scatto, che permettono di bloccare ed evadere i colpi nemici. La katana e gli shuriken invece consentono di eliminare gli antagonisti dalla corta e media distanza. Anche i nemici (boss esclusi) muoiono con un singolo colpo, quindi di fatto il gioco sta tutto nel cercare di raggiungerli e farli fuori prima che loro lo facciano con Jack. E credeteci, riuscire a portare a termine l’avventura richiede una grandissima dose di pazienza e di calma.

Gli strumenti sopracitati che accompagnano il protagonista lungo tutto il corso di Ghostrunner 2 diventano molto più potenti man mano che si sblocccano nuove abilità, ottenute sotto forma di chip di potenziamento che possono essere installate sulla “scheda madre”. Eliminando i nemici, infatti, si ottengono crediti spendibili in apposite postazioni per l’acquisto dei chip, che possono poi essere installati in quantità limitata (anche questa aumentabile trovando appositi “chip di memoria”) per dotare Jack di nuove abilità come: la possibilità di respingere al mittente i colpi nemici con una parata perfetta, l’immunità ai colpi mentre si scatta o anche una comodissima funzione d’invisibilità, ovviamente dalla durata ridotta, che permette di avere un attimo di respiro mentre si raggiunge un nemico particolarmente difficile da abbattere. Un’altra funzione molto utile è poi lo “scatto sensoriale”: invece di premere il pulsante dorsale destro per scattare, se lo si tiene premuto si può rallentare per pochi secondi il tempo, e se lo si fa mentre si è in aria ci si può anche spostare leggermente a destra o sinistra, consentendo al ninja di togliersi dalla linea di tiro dei nemici per poi raggiungerli e farli fuori con uno scatto fulmineo. Man mano che si prosegue l’avventura, poi, vengono introdotti continuamente nuovi elementi, sia sotto forma di sfide di platforming – come ad esempio griglie elettrificate che si possono disattivare con gli shuriken mentre si sta grindando su una rotaia verso di esse oppure degli elementi del Cybervuoto ai quali è possibile cambiare stato per renderli solidi o intangibili mentre si corre a tutta velocità nei livelli – sia come nemici, che dai primi semplici archetipi si modellano verso forme sempre più letali che sparano raggi laser non bloccabili, che sono dotati di scudi oppure grandi mech che lanciano onde di plasma. Questo fa sì che per ogni sezione, sia questa di puro platforming o di combattimento, sia necessario studiare bene a fondo la strategia da adottare per uscirne vivi, e saranno spesso necessarie numerose morti prima di aver capito bene come fare ed aver padroneggiato il livello. L’intenso prova-muori-ritenta è un elemento alla base del design stesso di Ghostrunner 2, quindi è necessario aspettarsi di provare e riprovare più e più volte molte sezioni. Insomma, Ghostrunner 2 non è un titolo per chi non ha pazoenza o si arrende subito, ma anzi è un modo per mettersi alla prova e mantenere i nervi ben saldi nelle situazioni più critiche. Quanto detto fino a ora, però, rappresenta solo il cuore del gioco, le novità più importanti infatti vengono fuori solo a metà della storia, più o meno dalla decima ora di gioco in poi. Infatti, dopo aver svolto un’importante boss fight, ci si troverà a bordo di una velocissima moto, proiettati verso il mondo all’esterno della Dharma Tower. La moto introduce alcune meccaniche di gameplay completamente nuove, facendo sfrecciare il protagonista per le strade di una wasteland quasi del tutto spopolata e costringendo i giocatori a compiere numerosi salti e cambi di strada per evitare burroni e gruppi di auto abbandonate, senza considerare tunnel e strutture in cui le sfide di “guida acrobatica” diventeranno ancor più impegnative e complesse. La moto dispone anche di un mitragliatore montato sul lunotto, quindi in alcuni momenti sarà possibile spazzare via i gruppi di nemici che sbarrano la strada. Di tanto in tanto, bisogna scendere dalla motocicletta in quanto alcuni cancelli chiusi sbarrano il passaggio ed è necessario liberare l’area dai nemici in sezioni di combattimento analoghe a quelle nella torre, aprire il cancello per poi proseguire nella storia. Non contenti, nelle ore finali del gioco gli sviluppatori di One More Level hanno introdotto un’ulteriore meccanica di gioco, la tuta alare, che permette al protagonista di sfrecciare tra piattaforme lontane, magari mentre sotto di esso gruppi di nemici attendono il suo arrivo. La continua introduzione di nuove meccaniche come queste contribuisce a rendere il gioco sempre molto vario e mai stancante, fino all’epilogo della storia che arriva oltre le 20 ore di gioco. Un bel passo in avanti se si considera che il primo Ghostrunner durava circa 8 ore e ci si muoveva solo a piedi.

Di grande pregio anche gli scontri coi boss, decisamente più coreografici, impegnativi e coinvolgenti rispetto a quelli visti nel capostipite della saga. I nemici principali difatti vantano moveset più articolati, che bisogna comprendere e studiare per avere la meglio. Si passa da duelli all’arma bianca contro avversari umanoidi a titaniche battaglie contro avversari di proporzioni colossali in alcuni dei momenti più incisivi della campagna: un passo avanti sostanziale rispetto a quanto visto nella precedente iterazione. Al fianco dell’avventura principale, infine, troviamo la modalità Roguerunner.exe che, come il nome suggerisce, è un’interpretazione in salsa roguelite dell’impianto ludico classico di Ghostrunner. In buona sostanza si tratta di una serie di stanze di difficoltà variabile e generate proceduralmente che sarà necessario completare per sbloccare nuovi potenziamenti utili a proseguire nella scalata. Non è nulla di particolarmente rivoluzionario ma è di certo un’altra aggiunta gradita. Ghostrunner 2 sfoggia una presentazione visiva di tutto rispetto. I modelli poligonali dei nemici, dei protagonisti e delle ambientazioni appaiono sufficientemente curati, le texture sono di buona fattura e anche le animazioni risultano convincenti. La direzione artistica, dal canto suo, propone una visione a base di neon e colori sgargianti di un universo cyberpunk oscuro e distorto, un contrasto che funziona e contribuisce a creare un’eccellente atmosfera. L’Unreal Engine 4, inoltre, riesce a gestire correttamente il carico di lavoro e i ritmi fulminei che caratterizzano il titolo, assicurando un’esperienza molto fluida e scorrevole, elemento vitale per un prodotto di questo genere. Eccellente anche il comparto sonoro, con una selezione musicale composta da brani synthwave e un ottimo doppiaggio in inglese. Tirando le somme, questo Ghostrunner 2 è un gioco che dà estrema soddisfazione, ma, come già detto, metterà a dura prova i nervi dei giocatori, anche dei più skillati. L’avventura di Jack stavolta è davvero bella difficile e prima di vedere la parola fine bisognerà impegnarsi al mille per mille. Ma alla fine che soddisfazione! Eh già perche quest’avventura è uno di quei giochi che una volta finito ti lascia qualcosa dentro.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Sonoro: 9

Gameplay:9

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise




Lantern, il progetto dei colossi hitech per difendere i minori online

Lantern prende vita per difendere i più piccoli online e si pone come luce e faro di speranza contro i lati più oscuri del web. Il nuovo progetto promosso dai colossi tecnologici tra cui Meta e Google è nato per combattere lo sfruttamento e gli abusi sessuali sui minori online mettendo in atto pratiche comuni di prevenzione e monitoraggio delle attività social. L’insieme delle aziende partecipanti a Lantern, che vede anche la piattaforma di streaming videoludico Discord, si chiama Tech Coalition. Nella pratica, Lantern funge da database centrale da cui le organizzazioni possono prendere dati e incrociarli, così da capire se ci sono collegamenti tra nomi utente, email, parole chiave e altre attività, riconducibili a minacce per i più piccoli. Le procedure preventive, sebbene non dimostrino un abuso in atto, possono aiutare indagini ulteriori, con la possibilità di chiudere un account o segnalarlo alle autorità. “Gli adescatori non limitano i loro tentativi a singole piattaforme. Per questo, l’industria tecnologica deve lavorare congiuntamente per fermare le molestie”, afferma Meta in una nota. Lantern verrà utilizzato da Meta, Google, Discord, Mega, Quora, Roblox, Snap e Twitch ma non è esclusa un’estensione ulteriore. Durante la fase di test del progetto, ad esempio, la piattaforma Mega ha condiviso su Lantern alcuni indirizzi web che aveva precedentemente rimosso per violazione delle proprie policy di sicurezza dei minori. Meta ha quindi usato l’informazione per scoprire attività correlate agli indirizzi internet che hanno portato alla chiusura di oltre 10.000 account su Facebook e Instagram. Numeri importanti, cifre che sono un importante segnale per tutte le famiglie che vogliono proteggere i propri figli sui social.

F.P.L.




Metal Gear Solid Master Collection: Vol. 1, le origini del mito non muoiono mai

Metal Gear Solid: Master Collection Vol. 1è realtà. Si avete capito bene, il bundle delle meraviglie non è un sogno, è qui ed è pronto per essere giocato su Pc, Xbox, Switch e PlayStation. A oltre otto anni dall’uscita dell’ultimo capitolo canonico della serie, la saga che ha consacrato Hideo Kojima tra i game designer più noti del mondo dei videogames torna con una riedizione che ne celebra i 35 anni riportando su console di nuova generazione i primi cinque capitoli canonici e numerosissimi extra. Metal Gear Solid: Master Collection Vol.1 raccoglie così i primi tre capitoli principali della saga, ma anche i primi due Metal Gear nella versione originale per MSX, oltre ai bonus delle versioni Integral, Substance e Subsistence, persino nelle loro varianti regionali. Un pacchetto che punta tutto sulla fedeltà e sulla nostalgia, concedendo ai fan di vecchia data di rigiocare gli inizi della saga e a chi se li è persi di recuperarli in un unico magnifico bundle. Un’operazione conveniente insomma da parte di Konami anche in vista del futuro remake di Metal Gear Solid 3. Ci teniamo a sottolineare che i due Metal Gear per MSX, pubblicati rispettivamente nel 1987 e nel 1990 sono un valore aggiunto per chi ha vissuto quegli anni magici e si tratta, in questo caso, di puro retrogaming. Due chicche che attireranno l’attenzione solo dei veri nostalgici, dei completisti, di chi intende approfondire la propria conoscenza con la saga. Il cuore pulsante del gioco ovviamente sono la presenza di Metal Gear Solid, Metal Gear Solid 2 Sons of Liberty e Metal Gear 3 Snake Eater. Ovviamente l’originale Metal Gear Solid si pone come il titolo più rappresentativo di questa Master Collection, nel senso che evidenzia tanto il potenziale quanto i chiarissimi limiti del lavoro svolto da Konami. Il gioco appare infatti così com’era nel 1998, a una risoluzione improponibile su di uno schermo 4K e con due ampie cornici laterali legate alla mancanza dei 16:9. Dal menu principale è possibile selezionare la versione con cui ci si vuole cimentare, originale o Integral, nonché accedere alle espansioni Special Missions / VR Missions, che includono una serie di sfide extra rispetto alla campagna. Quest’ultima vede Solid Snake infiltrarsi nell’isola di Shadow Moses, in Alaska, per impedire a FOXHOUND di utilizzare il potente Metal Gear Rex e lanciare un attacco nucleare contro gli Stati Uniti. Per chi ha provato l’esperienza di Metal Gear Solid ai tempi dell’uscita su PlayStation, vestire nuovamente i panni di Snake si rivela senz’altro un’esperienza curiosa ed emozionante, al punto che la mancanza di ottimizzazioni e migliorie passa quasi in secondo piano, e per assurdo tutti quei pixel giganteschi e quei modelli spigolosi finiscono per assumere un valore nostalgico. Del resto sul fronte della direzione il gioco ha ancora molto da dire, e quel doppiaggio in italiano così traballante ma nel contempo che dona quel qualcosa in più a tutta l’avventura resta comunque un pezzo di storia. Allo stesso tempo, il gameplay stealth immaginato da Kojima per questo primo episodio tridimensionale sente inevitabilmente il peso degli anni, risultando ruvido e legnoso soprattutto durante i combattimenti, nonché viziato da quei limiti legati alla gestione della visuale che costituiscono in pratica un marchio di fabbrica per la serie, un meccanismo fondamentale e irrinunciabile. In ogni caso, come già detto, Metal Gear Solid è e rimane il titolo più desiderato, amato e voluto dai fan.

Il secondo capitolo presente nella Master Collection Vol. 1 è quello della versione HD firmata da Bluepoint Games nel 2011. Metal Gear Solid 2 offre un’avventura incredibilmente più avanzata di quella precedente, e da ogni punto di vista possibile. Per dar corpo a un racconto decisamente attuale e pensato per riflettere sui rischi dell’informazione liquida, Kojima non ha esitato a ingannare ripetutamente i giocatori con tante bugie, a cominciare da quella legata al vero protagonista. Una volta concluso “Tanker”, il prologo di Sons of Liberty, gli utenti restavano infatti di stucco quando abbandonavano i panni di Snake per vestire quelli di Raiden, un giovane sconosciuto impegnato in una missione sin troppo simile a quella di Shadow Moses per non destare sospetti. La trama ha i suoi eccessi ma è avvincente e si sviluppa sia tramite le conversazioni al codec, sia attraverso cutscene dall’ottimo taglio registico. Le espressioni facciali non riescono a nascondere l’appartenenza alla prima era PS2: ci pensano le grandi interpretazioni degli attori a mantenere alto l’interesse nei confronti dei personaggi. Gli addetti ai lavori non hanno purtroppo sistemato le imprecisioni e i refusi della traduzione in italiano e questa ci sembra francamente un’occasione sprecata. Ancora una volta insomma sono i meriti dell’opera originale a far risplendere questa versione in 1080p. Ben più agile e responsivo rispetto allo “spigoluto” Snake sulla prima PlayStation, Raiden può nuotare, appendersi alle ringhiere, scavalcare ostacoli ed eseguire rapide schivate, come pure affidarsi a una visuale in soggettiva per sparare ai nemici con precisione. A questo proposito, i soldati reagiscono con coerenza ai danni subiti e sanno anche difendersi con un’efficacia degna di produzioni moderne. Cambi di coperture, assalti coordinati e fughe dal protagonista per chiamare gli alleati: questi sono solo alcuni esempi dei comportamenti di quella che resta un’IA davvero convincente, capace di far vivere attimi di panico quando – nelle fasi di allerta – ci si nasconde in un armadietto sperando che gli assalitori corazzati tornino da dove sono venuti. Insomma, il salto do qualità estetico è notevole, le sorprese ci sono e sicuramente chi non lo ha mai giocato avrà di che divertirsi.

Anche nel caso di Metal Gear Solid 3: Snake Eater ci si trova dinanzi alla remaster del 2011 firmata Bluepoint Games, caratterizzata da una discreta resa su Xbox Series X grazie ai 1080p a 60 fps, sebbene lo stile grafico e l’effettistica tipici di tante produzioni giapponesi dell’epoca risultino invecchiati male. Narrativamente questo episodio è il prequel da cui ha origine la saga che si sviluppa poi con Peace Walker e Metal Gear Solid V: The Phantom Pain; non a caso è ambientato negli anni ’60, durante la Guerra Fredda, e ci mette al comando di Naked Snake durante una delicata missione di salvataggio che si trasforma ben presto in qualcosa di decisamente più complicato. Come avvenuto per Sons of Liberty, il gameplay tradizionale della serie compie dei passi in avanti, vengono introdotti alcuni elementi survival e il sistema di combattimento si apre a tante nuove possibilità, specie restando nell’ambito dell’azione stealth, con Snake che può farsi scudo dei nemici, interrogarli per carpire informazioni importanti e sfruttare elementi dello scenario a proprio vantaggio. Tanto in termini di meccaniche quanto in termini di direzione, narrazione e resa visiva, Snake Eater si pone inevitabilmente come il contenuto più attuale della Master Collection e, pur restando piuttosto spigoloso in diversi frangenti, è ancora in grado di trasmettere grandi emozioni durante le sue sequenze più significative e importanti, come il celeberrimo confronto finale. Tirando le somme: alla domanda vale la pena acquistare Metal Gear Solid: Master Collection Vol. 1? A livello contenutistico, l’operazione è clamorosamente fondamentale per chi ha intenzione di farsi una cultura in ambito videoludico, oltre ovviamente a parlare a quel pubblico sempre folto di persone che hanno nostalgia del periodo a cavallo tra la fine delgi anni ‘90 e i primi del 2000. Bisogna dire che molti giocatori si aspettavano qualcosa di più da questa riedizione, e diciamo che a conti fatti Konami ha fatto davvero il minimo indispensabile: è stata probabilmente presa una copia della HD Collection del 2007, è stata copiata su un disco e da lì replicato per rifornire i negozi. Zero, niente di più di questo, e dire che bastava poco per rendere una cosa gia bella di suo davvero splendida. Va però anche segnalato un elemento da non dimenticare: le intenzioni di Konami sono sempre state sincere, e nessuno, durante la promozione marketing, ha mai parlato di particolari migliorie o stravolgimenti. Se si sperava in una remastered corposa graficamente e tecnicamente, la Master Collection non la è. Non ha mai voluto esserlo. Lo dice il nome stesso: Collection, non Remastered. Quindi prima si entra in questa ottica, prima si capirà che l’intento di Konami era solo quello di preservare questi grandi titoli che tanto hanno dato all’industria videoludica. A nostro parere, sia che si giochi da Pc, che da Xbox, da PlayStation o da Switch, è quello che questa Collection vada assolutamente acquistata e giocata come si deve.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 9

Gameplay: 8,5

Longevità: 9

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




Just Dance 2024, il videogame di Ubisoft è ancora una volta l’anima della festa

Just Dance 2024 è l’ultimo capitolo del videogame da ballo più famoso di sempre per pc e consoles targato Ubisoft. Negli ultimi anni il brand ha dato prova di evidenti capacità di trasformazione e innovazione. Pian piano il celebre party game pensato per scatenarsi a passo di danza ha perso sempre più la fisionomia di titolo a sé stante, con determinate canzoni da riprodurre a oltranza e oggetti personalizzabili da sbloccare, per diventare una grande piattaforma multimediale, quasi un servizio in abbonamento vero e proprio. Just Dance 2024 ne è la riprova, un prodotto ormai fruibile completamente online e legato all’account Ubisoft. Tali novità si sono consolidate in modo evidente a partire da Just Dance 2023. Il nuovo capitolo, del quale stiamo per parlarvi, in effetti, non cambia sostanzialmente la filosofia di fondo, riproducendo anzi in modo pressoché identico interfaccia, menù e possibilità di quello del 2023. Le novità principali da analizzare riguardano, se mai, una modalità di fruizione che ormai molto difficilmente verrà rivista dai produttori, e che ha i suoi pregi e i suoi difetti, oltre alla cura nelle coreografie. Come già accennato qualche riga fa, Just Dance 2024 scende in campo riproponendo tutto quello che già aveva convinto di Just Dance 2023, aggiornandosi solo dove necessario: ovvero nel numero dei brani proposti, con 40 canzoni inedite con coreografie e balletti mai visti e con una serie di sbloccabili, oggetti personalizzabili e missioni quotidiane che incentivano l’accesso costante al titolo. Come sempre, è difficile pronunciarsi sui gusti della musica presente in game, ma i quaranta brani selezionati da Ubisoft spaziano tra una moltitudine di generi musicali, artisti e funzionalità. E’ ovvio che il servizio Just Dance + risulta essere necessario per godere pienamente di tutte le possibilità offerte dal gioco, missioni stagionali incluse. Quindi è bene tenere a mente che se si ci si vuole divertire in maniera costante e non solo saltuaria, l’acquisto della versione base del software non basta più, ma si rende necessario l’abbonamento, mensile o annuale, al servizio. Ormai i fruitori di Just Dance 2024 si dividono praticamente in due categorie: quelli ancora legati alla visione “passata” della serie, i quali corrono subito a controllare i brani inediti della versione in questione; e coloro che invece, considerando il videogioco un vero e proprio servizio in abbonamento, sfruttando le possibilità offerte dal “pacchetto completo” di Just Dance +, con oltre 200 brani disponibili e aggiornati di mese in mese. Una vera gioia per tutti i giocatori che amano il ballo.

Just Dance 2024 riesce anche questa volta nella sua missione principale, ovvero trascinare tutti al centro della sala e farli ballare per più tempo possibile, ma abbiamo notato una cura altalenante nella produzione nel suo complesso. Coreografie, filmati, istruttori e quant’altro sono sicuramente migliorati negli ultimi due anni, e il livello di dettaglio e lo stile artistico si mantengono all’altezza di Just Dance 2023. Per questa nuova edizione del titolo Ubisoft ha ben pensato di migliorare la qualità di quanto si vede a schermo durante l’esecuzione del brano. Infatti guardare la tv adesso è molto piacevole per chi resta seduto sul divano a godersi lo spettacolo o ad aspettare il proprio turno. Lo stile cartoon, nonostante gli aggiornamenti recenti, la fa ancora da padrone, benché non si adatti perfettamente a tutti i quaranta brani proposti allo stesso modo. Ciò che di Just Dance 2024 ci è piaciuto meno è proprio la struttura, legata sia alla progressione che all’utilizzo dei menù principali. Innanzi tutto, le anteprime di brani dove sono finite? E le ricompense al termine di ogni partita, da sbloccare con la macchina gacha? I livelli dei giocatori hanno imposto una progressione dall’alto perfetta per il lungo periodo, ma priva di quell’effetto sorpresa che magari i più apprezzavano fino a qualche tempo fa. Fortunatamente però coreografie e personaggi di Just Dance 2024 si mantengono sul buon livello visto nel capitolo precedente. Tirando le somme, questo nuovo esponente della serie riesce a far ballare grandi e piccoli, ha una grafica in stile cartone animato irriverente e può sciogliere anche le più imbarazzanti riunioni familiari o feste tra amici. La progressione per chi ama giocarci spesso è piacevolmente lineare anche se, dobbiamo dirlo, l’obbligatorietà dell’essere sempre online può dare fastidio. Inutile dire che se siete amanti del ballo e dei party game, l’ultima edizione di Just Dance non può di certo mancare.

Di seguito la lista completa dei brani presenti nell’edizone base:

“A Night in the Château de Versailles”

“A Queda” di Gloria Groove

“After Party” di Banx & Ranx (con Zach Zoya)

“Butter” dei BTS

“Calm Down” di Rema

“Canned Heat” di Jamiroquai

“Can’t Tame Her” di Zara Larsson

“Chaise Longue” di Wet Leg

“Cradles” di Sub Urban

“Cure for Me” di Aurora

“Despechá” di Rosalía

“Don’t Cha” di The Pussycat Dolls (con Busta Rhymes)

“Flowers” di Miley Cyrus

“Gimme More” di Britney Spears

“How You Like That” di Blackpink

“I Am My Own Muse” di Fall Out Boy

“I Wanna Dance with Somebody (Who Loves Me)” di Whitney Houston

“I’m Good (Blue)” di David Guetta e Bebe Rexha

“I’m Not Here to Make Friends” di Sam Smith

“It’s the Most Wonderful Time of the Year” di Andy Williams

“Kill Bill” di SZA

“Makeba” di Jain

“My Name Is” di D Billions

“Never Be Like You” di Flume ( con Kai)

“Otonablue” di Atarashii Gakko!

“Rapper’s Delight” di Groove Century

“Sail” di Awolnation

“Say My Name” di Ateez

“Shine a Little Love” di The Sunlight Shakers

“Stronger (What Doesn’t Kill You)” di Kelly Clarkson

“Survivor” di Destiny’s Child

“Swan Lake (Remix)” di Pyotr Ilyich Tchaikovsky

“Tití Me Preguntó” di Bad Bunny

“Treasure” di Bruno Mars

“Vampire” di Olivia Rodrigo

“Wasabi” di Little Mix

“Whitney” di Rêve

“Woof” di Sofi Tukker (con Kah-Lo)

“You Should See Me in a Crown” di Billie Eilish

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 9

Gameplay: 8

Longecità: 7

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise




Imac e MacBook, i nuovi computer di Apple che montano il chip M3

iMac e MacBook sono stati svelati da Apple all’evento Scary Fast. I nuovi computer sono dotati tutti di processori M3, si tratta dei primi chip per personal computer realizzati con la tecnologia a 3 nanometri, che permette di racchiudere un maggior numero di transistor in meno spazio, migliorando velocità ed efficienza. I chip si dividono in tre versioni: M3, M3 Pro e M3 Max, che secondo Cupertino “oltre a offrire una CPU più veloce ed efficiente”, ottimizzano anche la quantità di memoria utilizzata dal dispositivo durante le attività, a vantaggio dell’autonomia e del risparmio energetico. L’M3 Max, il più potente, arriva ad un massimo di 92 miliardi di transistor.

L’iMac da 24 pollici, insieme al nuovo chip, presenta un display Retina 4,5K, con oltre 1 miliardo di colori, supporto per Wi-Fi 6E e una webcam 1080p. Può arrivare a 24 GB di memoria unificata ed è disponibile in sette colori: verde, giallo, arancione, rosa, viola, blu e argento. Ci sono anche accessori in tinta, dotati del “vecchio” connettore Lightning e non della Usb-C. L’iMac da 24 pollici parte da 1.629 euro, con disponibilità dal 7 novembre. L’iMac non è l’unico dispositivo a ricevere un aggiornamento basato su M3. Apple ha annunciato una nuova coppia di modelli MacBook Pro da 14 e 16 pollici con chip M3 Pro e M3 Max. Tutti sono dotati di display Mini Led, fotocamera 1080p, sistema audio a sei altoparlanti, da 22 ore di durata della batteria e fino a 128 GB di memoria Ram. La novità è la finitura nero siderale di M3 Pro e M3 Max, con un nuovo rivestimento che dovrebbe aiutare a ridurre le impronte digitali. Il MacBook Pro da 14 pollici con chip M3 Pro parte da 2.599 euro che diventano 3.099 euro per la variante M3 Max con schermo da 16 pollici. Saranno disponibili dal 7 novembre. Oltre ai modelli MacBook Pro dotati di M3 Pro e M3 Max, Apple punta anche alla fascia meno onerosa del mercato, con un MacBook Pro da 14 pollici dotato di chip M3 e prezzo da 2.049 euro. Il dispositivo sostituisce il MacBook Pro da 13 pollici con un chip M2 rilasciato da Apple lo scorso anno e offre prestazioni fino al 60% più veloci. Con questo modello, Apple saluta il design della Touch Bar, la barra superiore interattiva, che lascia di nuovo il passo ai soli pulsanti fisici.

F.P.L.




LinkedIn, arriva l’assistente IA per trovare lavoro

LinkedIn punta ancora di più sull’IA e la mette in campo per aiutare le persone a trovare un posto di lavoro ideale in base alle competenze. Il social di proprietà Microsoft, proprio grazie ai recenti investimenti del colosso americano su OpenAI, sta introducendo periodicamente funzionalità basate sull’intelligenza artificiale. L’ultima permette di beneficiare di un chatbot in qualità di assistente alla ricerca di un lavoro. L’IA aiuterà i candidati a trovare il posto migliore per le loro competenze, fornendo suggerimenti su come ottimizzare il proprio profilo e apparire più “attraenti” ai responsabili delle risorse umane. La nuova funzionalità arriva in giorni in cui Microsoft ha annunciato il raggiungimento di 1 miliardo di iscritti a LinkedIn. All’inizio di quest’anno, la piattaforma ha introdotto la possibilità di utilizzare l’intelligenza artificiale generativa per scrivere descrizioni della propria biografia e messaggi di accompagnamento all’invio del curriculum, sotto forma di lettera di presentazione. Tutte opzioni disponibili per chi ha un abbonamento a LinkedIn Premium. Visto il ricco database informativo del social network, i suggerimenti che l’IA può fornire sono personalizzati e più precisi rispetto a quelli che potrebbe fornire un altro assistente artificiale, usato su un browser invece che su una piattaforma specifica. “Ciò è reso possibile dall’intelligenza artificiale generativa, ma anche dai set di dati che riuniscono tutto questo” ha detto a Engadget Rohan Rajiv, product manager di LinkedIn. “Sono il tuo profilo e le tue connessioni tutto ciò che essenzialmente può aiutarti a portare avanti la tua ricerca di lavoro”. La funzionalità verrà lanciata in versione beta per un gruppo limitato di abbonati ma la società ha segnalato che intende rendere l’intelligenza artificiale una parte centrale del suo servizio in futuro. Riuscirà l’Intelligenza Artificiale a diventare il partner ideale per la ricerca di un lavoro stabile e più affine alle competenze di chi lo cerca? Lo scopriremo nei prossimi mesi.

F.P.L.




Sword Art Online Last Recollection, l’atto finale della saga arriva su Pc e Console

Sword Art Online Last Recollection è la fine di un lungo viaggio durato ben 10 anni. Con questo ultimo titolo infatti si giunge alla fine del “Gamerverse” che Bandai Namco ha creato specificamente per SAO, uno degli anime di maggior successo degli ultimi anni. Il titolo rappresenta infatti la fine del viaggio di Kirito e compagni in questa linea temporale parallela rispetto alla serie originale. Confezionato ancora una volta dal team di Aquria, che in passato avevano sviluppato anche Hollow Fragment, Hollow Realization e Alicization Lycoris (qui la nostra recensione), Sword Art Online: Last Recollection è approdato lo scorso 6 ottobre su Xbox One, Xbox Series X/S, PlayStation 4, PS5 e PC per raccontare una versione inedita della già anticipata guerra tra il regno umano e il territorio oscuro di Underworld. La storia di questo nuovo capitolo della saga riprende esattamente da dove si era concluso l’ultimo DLC di Sword Art Online: Alycization Lycoris, il precedente capitolo della saga uscito nel 2020. Dopo la sconfitta di Quinella, le tensioni tra il Regno degli Umani e il Territorio Oscuro dell’Underworld è al massimo, con entrambi gli schieramenti pronti per l’imminente conflitto finale. Il Cancello Est, ormai prossimo al crollo, sembra essere il punto ideale per l’inizio della guerra, così Kirito e l’armata umana si accampano nelle vicinanze preparandosi a difendere il regno, quando accade l’inaspettato. Una Cavaliera Oscura arriva stremata all’accampamento precipitando dal cielo per portare un importante messaggio: alcuni dei Dieci Lord che comandano il Territorio Oscuro sarebbero propensi alla pace per evitare una battaglia che distruggerebbe entrambi i popoli. La messaggera si presenta come Dorothy Isaiah Elisheva, e nonostante una certa diffidenza iniziale Kirito accetta di accompagnarla nel cuore del Territorio Oscuro per incontrare i Dieci Lord e negoziare la tanto agognata pace. Naturalmente il viaggio si prospetta ricco di insidie, sia per la massiccia presenza di mostri che infestano il Territorio Oscuro sia perché non tutti sono favorevoli alla tregua, e convincere i Lord più estremisti non è certo un compito facile. A questo si aggiunge anche il traumatico passato di Dorothy che fin da subito appare come un personaggio misterioso, ma che sotto la sua maschera di apparente sicurezza e freddezza nasconde un carattere gentile e fragile. Nonostante sia una Cavaliera Oscura risulta un’emarginata anche tra i suoi stessi compagni che si rivolgono a lei con disprezzo chiamandola “Figlia del Peccato”, e la sua stessa esistenza rappresenta una minaccia per l’intero Underworld… e non solo. Nonostante la maggior parte della storia sia ambientata nel mondo virtuale, non va infatti dimenticato che Sword Art Online ha anche una trama nel mondo reale, e le vicende si intrecciano più volte con ripercussioni su entrambi i mondi. Sword Art Online: Last Recollection permette di giocare con quasi tutti i personaggi visti nel corso dei precedenti sette capitoli. Come sempre il party permette di schierare in campo un massimo di quattro personaggi, e ad eccezione di Kirito i restanti tre membri possono essere scelti a piacere tra decine di personaggi che sono apparsi nel corso delle varie saghe, dai più famosi come Alice, Leafa, Sinon, Bercouli e Asuna fino a quelli minori. Ogni personaggio ha un suo set di mosse, un’arma in cui è specializzato e ricopre un ruolo fra i tre disponibili (Attaccante, Difensivo o Supporto), sempre con l’eccezione di Kirito che invece può abbandonare le sue iconiche doppie spade e impugnare qualsiasi tipo di arma e ricoprire qualsiasi ruolo si desideri.

Alla luce di quanto detto quindi possiamo dire che Sword Art Online: Last Recollection lascia una buona libertà nella costruzione del party e nella gestione degli scontri, che si basano infatti più sulla strategia e il tempismo piuttosto che sull’esecuzione di complesse combo di tasti. Nonostante l’anima da action-RPG, infatti, il titolo riprende la base dell’ultimo capitolo, apportando tuttavia diverse modifiche per rendere il gameplay più semplice ma non per questo meno stratificato. Ad una prima occhiata il sistema di combattimento sembra banale, e basta premere ripetutamente il tasto di attacco per vedere Kirito esibirsi in una raffica di colpi estremamente coreografici in grado di risolvere buona parte degli scontri con nemici normali. Negli scontri più impegnativi vengono in soccorso le Arti Sacre, mosse speciali eseguibili con il dorsale destro e assegnabili ai quattro pulsanti principali e frecce direzionali, per un totale di 8 tecniche tra cui scegliere. Ognuna ha un diverso costo che consuma l’apposita barra, e possono essere attacchi offensivi o di potenziamento. Ci sono quindi da tenere in considerazione diversi fattori durante uno scontro col nemico, ma se si vuole ottenere il massimo dai propri eroi in battaglia è necessario tenere d’occhio la gestione dell’indicatore Alleati e le Arti Tattiche. Nonostante il focus sia naturalmente su Kirito, Sword Art Online: Last Recollection permette comunque di prendere il controllo in qualsiasi momento di un altro membro del party, magari per eseguire una magia di cura o continuare una combo iniziata da un altro personaggio del team. Tale sistema è un procedimento poco comodo e spesso complesso da eseguire nella frenesia della battaglia, ma grazie alle Arti Tattiche si possono decidere dei comandi preimpostati da far eseguire automaticamente ai compagni soddisfacendo alcune condizioni, come ad esempio curare sotto una certa percentuale di vita o eseguire una specifica serie di attacchi dopo un attacco particolare. Ci si può anche “complimentare” con i compagni dopo che hanno eseguito gli ordini, per aumentare l’indicatore “Alleati”, fondamentale sia per impartire ulteriori comandi manualmente, sia per scatenare devastanti attacchi di gruppo una volta portato al massimo. Le meccaniche di Sword Art Online: Last Recollection però non finiscono qui, infatti sono anche presenti gli Sfondamenti con cui rompere la difesa nemica lasciando l’avversario inerme per alcuni secondi e debole alle Arti Finali, potenti tecniche in grado di ribaltare una battaglia. Il sistema di combattimento è davvero molto complesso e profondo per la quantità di opzioni che mette a disposizione, ma per fortuna nel corso dell’avventura si possono trovare delle statue che spiegano nel dettaglio ogni meccanica con tanto di tutorial dedicati per metterle in pratica. Tenendo fede alla parola “Online” nel titolo, a partire dal terzo capitolo della storia si sblocca poi la funzione multigiocatore con cui affrontare le varie missioni in compagnia di altri quattro utenti, ma il gioco è assolutamente completabile anche in solitaria. Quindi sia che si decida di affrontare il gioco in solitaria che in compagnia, questo Sword Art Online: Last Recollection è in grado di tenere incollati allo schermo per diverse decine d’ore.

Graficamente parlando, questo nuovo titolo dedicato all’universo di SAO si presenta pressoché invariato rispetto ad Alicization Lycoris, dal quale ha riciclato animazioni, modelli poligonali, brani, effetti sonori e quant’altro. Se già il suo predecessore appariva quindi datato, l’ultimo tie-in del Gameverse di SAO è fuori tempo massimo, almeno dal punto di vista artistico. Rispetto a Lycoris, però, Sword Art Online: Last Recollection vanta un comparto tecnico dignitoso, con tempi di caricamento rapidissimi e un frame rate stabile, che solo di rado e in presenza di nemici particolarmente voluminosi presta il fianco a qualche oscillazione. Al netto di un effetto pop-in degli elementi dello scenario, che speriamo venga risolto attraverso i prossimi update, si direbbe che il sodalizio nipponico abbia imparato la lezione e fatto tesoro dei feedback negativi ricevuti dopo lo scorso capitolo. Il discorso non si applica purtroppo alla localizzazione dei testi in italiano, purtroppo molto imprecisa e affetta dalle numerose problematiche già riscontrate nelle altre iterazioni del Gameverse. A una traduzione troppo letterale vanno sommati parecchi casi in cui i sostantivi al plurale diventano improvvisamente al singolare, battute che alterano il sesso dei personaggi, e persino degli errori banali che denotano un lavoro di localizzazione poco curato. Peccato perché il titolo in sé è veramente un esponente validissimo della saga. Tirando le somme, Sword Art Online: Last Recollection possiamo dire che punta tutto sulla trama. Ci si trova infatti al culmine delle avventure di Kirito e per tutta la durata la tensione è sempre alta, con continui colpi di scena e situazioni che emozioneranno chi ha seguito le vicende fin dall’inizio. Gli sviluppatori hanno inoltre fatto un ottimo lavoro nell’approfondire la geografia del Territorio Oscuro, le varie razze che lo popolano e caratterizzare meglio i Dieci Lord, tutti elementi che anche nell’opera originale non erano stati trattati in maniera così dettagliata. Se Sword Art Online: Last Recollection rappresenta una degna conclusione, il merito va anche alla presenza di praticamente tutti i personaggi che abbiamo imparato a conoscere nel corso di questi 10 anni. Si tratta di puro fanservice, ma la possibilità di rivedere tanti volti noti e di scegliere tra decine di personaggi è decisamente una scelta vincente. Alla luce di quanto detto il comparto grafico un pochino datato e i sottotitoli non perfetti passano in secondo piano facendo si che il titolo sia un buon prodotto da acquistare e spolpare fino all’osso. Il rovescio della medaglia è che chi non conosce il mondo di Sword Art Online difficilmente può “affezionarsi” con i personaggi e apprezzare pienamente le vicende, rendendolo quindi un titolo consigliabile esclusivamente agli appassionati dell’opera di Reki Kawahara.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 7

Sonoro:7

Gameplay: 8

Longevità: 8

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise




Apple Watch ancora più smart con il “double tap”

Apple Watch diventa sempre più incredibile e dopo l’annuncio di settembre, il colosso di Cupertino ha reso disponibile sui Watch Series 9 e Apple Watch Ultra 2 una funzionalità chiave del sistema operativo watchOS 10. Si tratta di Double Tap, che permette di controllare l’orologio senza dover toccare il display ma con gesti delle dita e del polso. Pensata per migliorare l’accessibilità degli utenti che hanno difficoltà con il movimento delle mani sull’orologio, Double Tap può rappresentare un vantaggio anche per gli altri, soprattutto quando non si hanno le mani del tutto libere per entrare in un menu dell’Apple Watch o semplicemente rispondere ad una telefonata. Una delle operazioni possibili con il “doppio tocco” è, ad esempio, la possibilità di mettere in pausa il player musicale avvicinando due volte il pollice e l’indice della mano dove si indossa lo smartwatch. Si può usare Double Tap anche per richiamare la schermata con i widget, i blocchi riassuntivi, di Apple Watch, ed eseguire operazioni come posticipare le sveglie, avviare o arrestare i timer. Double Tap è un ampliamento delle funzionalità Assistive Touch presenti sugli orologi della Mela morsicata già dal 2021. Può essere abilitata nelle impostazioni del dispositivo, anche tramite l’iPhone connesso, una volta aggiornato al sistema operativo watchOs 10.1, per adesso solo su Apple Watch Series 9 e Watch Ultra 2.

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Hot Wheels Unleashed 2 Turbocharged, il ritorno delle auto giocattolo

Hot Wheels Unleashed 2: Turbocharged è il degno sequel che riprende tutti gli aspetti positivi del primo capitolo (qui la nostra recensione) e li porta a un livello superiore per offrire un’esperienza di gioco ancora più ampia e decisa su Pc e console. Oltre a presentare una incredibile varietà di mezzi composta da oltre 130 automobili diverse, Turbocharged introduce un totalmente nuovo sistema di abilità che consente ai giocatori di personalizzare i propri bolidi, l’equipaggiamento e le modifiche tecniche per adattarle al proprio stile e alle esigenze individuali. Nel primo gioco, infatti, non veniva incoraggiato l’uso dei diversi mezzi, essendo possibile utilizzare solo uno o due veicoli per l’intera esperienza. Ora, con una scelta molto più ampia di veicoli diversi (tra cui auto con licenza da Fast and Furious, Ritorno al Futuro e Supercar), questo problema è stato risolto. Ci sono anche tre categorie inedite, ovvero moto, quad e monster truck, anche se poco interessanti perché le differenze con i veicoli classici sono davvero impercettibili. La varietà di scelta di cui parliamo si riscontra proprio in game, in quanto, sono presenti eventi che richiedono che la vettura corrisponda a determinati classi e livelli per poter competere. Le classi sono predefinite e si differenziano in resistenza, fuoristrada, bilanciato, derapante, veloce e razzo. I livelli, tuttavia, cambiano quando si utilizzano i punti abilità per migliorare i veicoli, passando da Standard a Potenziato a Ultimate. In ogni caso ognuno di essi sblocca ulteriori perk da equipaggiare sul mezzo. Grazie ad essi ad esempio è possibile regolare l’accelerazione e la velocità massima, la maneggevolezza o l’immunità agli ostacoli. Questo aspetto introdotto con Hot Wheels Unleashed 2: Turbocharged si traduce anche con la possibilità di ottenere duplicati dei veicoli, ognuno con statistiche leggermente diverse per soddisfare i requisiti di partecipazione agli eventi. Naturalmente, il gioco riporta una delle migliori caratteristiche dell’originale, ovvero l’Editor delle Livree. I giocatori possono infatti anche adesso personalizzare completamente e creare l’estetica per la propria auto da zero. In Hot Wheels Unleashed 2 Turbocharged le mappe di gioco sono altamente versatili quindi è necessario che i giocatori cambino le loro vetture e le adattino alle diverse possibilità che si vengono a creare. La campagna, che prende il nome di Hot Wheels Creature Rampage, si dipana lungo una serie di gare che hanno lo scopo di eliminare pericolose creature. Ogni momento fondamentale della storia viene accompagnato da sequenze in stile fumetto, doppiate interamente in italiano, in cui una coppia di personaggi mette in scena dei brevi sketch che introducono le evoluzioni della storia.

I personaggi principali sono un ragazzo e una ragazza, un robot aiutante e uno scienziato che ha inventato un dispositivo di miniaturizzazione che permette ai due di guidare le auto giocattolo e farli gareggiare nelle meravigliose piste Hot Wheels. In alcune di queste ci saranno anche delle sorti di boss fight in cui bisogna centrare determinati oggetti con l’auto per infliggere danni al nemico da sconfiggere. Ritorna in grande spolvero anche il multiplayer a schermo diviso e la modalità multigiocatore online, con la possibilità di giocare anche con quasi tutte le modalità principali della campagna. Tra queste sono state introdotte le gare a eliminazione, dove non bisogna mai stare nelle ultime posizioni per sopravvivere, oppure quelle a tappe in cui bisogna individuare e raggiungere di volta in volta dei checkpoint. Una volta portata a termine la campagna della durata di circa 12-15 ore, verranno sbloccate diverse nuove gare con obiettivi più complessi che invoglieranno a giocare per ancora molto tempo. Sebbene il multiplayer sia ancora di buon livello come nel primo capitolo, possiamo serenamente affermare che il cuore pulsante di Hot Wheels Unleashed 2 Turbocharged secondo noi resta comunque la modalità giocatore singolo con una varietà incredibile di tracciati, eventi e una complessità che non segue un climax ben definito. Questo anche grazie a una IA ben studiata che segue perfettamente la difficoltà impostata dal giocatore e dà sempre filo da torcere a quest’ultimo con scelte logiche davvero ben ponderate.

A livello di gameplay Turbocharged modifica anche i suoi componenti principali e le meccaniche di gioco con l’aggiunta di un salto, un doppio salto e una scivolata laterale, cambiando drasticamente le dinamiche delle corse. I salti vengono principalmente utilizzati per evitare ostacoli come buche nella pista, muri e anelli di fuoco. Possono anche essere usati in modo strategico per accedere a percorsi nascosti, ottenendo un vantaggio sugli avversari tagliando grosse parti di tracciato. La scivolata laterale serve poi a superare gli avversari spingendoli fuori pista, facendoli sbandare, perdere un checkpoint o addirittura buttandoli fuori dalla competizione nelle gare a eliminazione diretta. Questi nuovi elementi portano un ulteriore livello di competizione che mancava nel primo capitolo. Un’altra miglioria rispetto a quanto visto in passato riguarda i nuovi terreni e gli ostacoli. Il titolo precedente soffriva del fatto che i tracciati a disposizione erano troppo simili fra loro, con la pista di plastica arancione presente in ogni mappa. Adesso è tutto molto più vario, con erba, cemento e sabbia che compongono piccole parti di ciascuna pista, obbligando il giocatore a rimanere in allerta poiché la maneggevolezza del veicolo è fortemente influenzata durante il passaggio tra i vari terreni. Gli ostacoli contribuiscono anche a rendere le piste di Hot Wheels Unleashed 2 Turbocharged più uniche, con una maggiore attenzione agli elementi creati da creature o presenti di default nel circuito. Sarete, per esempio, costretti a evitare il fuoco del drago, i morsi dello squalo, i pugni dei gorilla o le tele di ragno durante le gare. In più sono state aggiunte alcune abilità speciali che consentono di avere alcune immunità agli ostacoli quindi anche in questo caso spicca la componente gestionale e strategica del titolo. Nonostante poi i livelli in gioco siano divertenti e creativi, vi è l’infinità possibilità di costruire le proprie piste e condividerle con altri giocatori che rappresenta un’altra grossa fetta del divertimento proposto da questo nuovo Hot Wheels Unleashed 2: Turbocharged.

La vasta, ma semplice nei meccanismi, personalizzazione dell’Editor di Piste farà sì che i giocatori trascorrano ore ed ore per creare i tracciati migliori, folli e difficili possibili. Dal punto di vista tecnico il gioco si presenta in forma e offre il giusto omaggio alle celebri macchinine colorate, senza tuttavia distanziarsi troppo dal precedente capitolo ma migliorandone al contempo alcuni aspetti, in particolare per quanto riguarda resa della velocità: motion blur e framerate elevato (con poche incertezze) contribuiscono infatti a enfatizzare il senso di accelerazione. I compromessi visivi, si pensi all’effettistica, non mancano, ma vengono in parte celati dal fatto che l’esperienza sia basata su un mondo di giocattoli. Le superfici delle autovetture e dei tracciati ci hanno convinto pienamente: colori e livree dei bolidi rispecchiano quelli delle controparti reali e anche l’aspetto dei vari materiali, dalla plastica al metallo opaco o satinato, ci è parso valido. In particolare, le celebri piste arancioni sono una perfetta imitazione di quelle disponibili nei negozi, aiutate dal buon sistema di illuminazione che completa il quadro massimizzando il colpo d’occhio generale. Tirando le somme, se vi piacciono i giochi di corsa in stile arcade e cercate qualcosa di diverso dalla simulazione con auto vere, questo Hot Wheels Unleashed 2 Turbocharged è un validissimo titolo.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8

Gameplay: 8,5

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8

Francesco pellegrino Lise




Assassin’s Creed Mirage, Ubisoft torna alle origini con un gioco dall’effetto nostalgia

Assassin’s Creed Mirage è il nuovo titolo della serie videoludica di Ubisoft per Pc, Xbox e PlayStation. Questa volta la software House Francese mette il giocatore nei panni di Basim Ibn Ishaq, un volto già noto a chi ha già giocato a Valhalla. Le avventure del protagonista infatti sono ambientate vent’anni dopo le vicende narrate nell’episodio ambientato nell’epoca dei vichinghi. Il titolo, c’è da dire prima di passare all’analisi vera e propria, non gode di una longevità paragonabile ai primi episodi in quanto da principio era stato pensato come espansione di Valhalla. Divenuto in seguito il capitolo che oggi andiamo a recensire, Assassin’s Creed Mirage rappresenta un vero e proprio flashback per gli amanti della saga in quanto abbandona lo stile open world di Origins, Odissey e Valhalla, per abbracciare una giocabilità più simile a quanto visto fino ad Assassin’s Creed Syndacate. Evitando spoiler a coloro i quali non hanno ancora vissuto la lunga epopea di Eivor in prima persona, possiamo dire che Mirage funge da classica storia di origine per un personaggio che i giocatori hanno già conosciuto nel pieno della sua maturità, quando già rivestiva un ruolo prominente all’interno dell’organizzazione degli Occulti, precursori degli Assassini. L’incipit di Assassin’S Creed Mirage, invece, lo vede giovane e scapestrato, sbruffone dal cuore tenero, a barcamenarsi tra piccoli furti, raggiri e lavoretti di giornata tra i vicoli polverosi di un sobborgo di Baghdad nel IX secolo. Invaghitosi della nomea di rivoluzionari e dell’aura di mistero che circonda gli Occulti, il giovane protagonista decide così di sfruttare la prima occasione che gli si presenta per farsi notare da questi ultimi. Purtroppo per lui, e nonostante i consigli contrari della sua compagna d’infanzia, la sua decisione si rivela a dir poco avventata, e porta a conseguenze terribili per tutte le persone che gravitano attorno a Basim, l’unico che riesce a fuggire lasciandosi dietro morte e distruzione. Spogliato dei suoi pochi averi, privato degli unici amici che gli rimanevano e di un rifugio dove nascondersi, Basim si arruola nella confraternita degli Occulti, sotto la tutela della sua ombrosa mentore Roshan, per mettere fine al dominio di una misteriosa setta che influenza tantissimi ambiti della vita economica, sociale e religiosa del califfato abbaside, uno dei regni più lunghi e prosperosi della millenaria storia del Medio Oriente. Nonostante la storia rappresenti, sotto multi punti di vista, una versione riveduta e corretta di quella che Ubisoft ha già narrato diverse volte durante i quindici anni di vita del franchise Assassin’s Creed, il fascino dell’ambientazione, delle motivazioni dei personaggi, del culto degli Occulti sono innegabili, e rimangono costanti per tutta la durata della campagna, con qualche frangente di stanca nella fase centrale, dopo un incipit scoppiettante ed un finale davvero niente male. A rendere la narrazione più fluida del solito ci sono tempistiche narrative assai più concentrate rispetto agli ultimi episodi del franchise, dove il plot veniva diluito su decine e decine di ore e finiva per annacquarsi, ed uno stile più diretto e conciso, senza troppi fronzoli e senza divagazioni eccessive. La durata stessa della campagna, completabile in una ventina di ore circa, al netto della discreta quantità di contenuti opzionali, favorisce la focalizzazione del giocatore su storia e personaggi assai più delle immense uscite precedenti, e il risultato finale è che, nonostante la generale mancanza di originalità, le avventure di Basim riescono a catturare l’interesse del giocatore. Non che in questo Assassin’s Creed Mirage tutto sia perfetto, beninteso: manca un antagonista capace di attirare l’attenzione, e molti dei bersagli del protagonista si riveleranno cattivi per il puro gusto di esserlo, ma la scrittura generale è apprezzabile e la grande attenzione riposta nei dettagli, dalla lingua parlata dagli NPC per strada ai riferimenti alla storia reale della regione, aiutano a calarsi nelle vicende controbilanciando la sensazione di già visto causata dal comparto tecnico di cui parleremo qualche riga più giù.

Nel ricercare le proprie origini a seguito della svolta ruolistica che ha caratterizzato i precedenti tre capitoli della serie, Assassin’s Creed Mirage non poteva che ricalcare le orme del primo capitolo, capace di gettare le basi di un franchise che, negli anni, ha portato i “seguaci del credo” a viaggiare tra le epoche storiche di maggiore rilievo. L’assassinio di bersagli di alto rango torna così a essere il cuore pulsante dell’esperienza di gioco, facendo avvicinare la serie al capostipite del 2007 di cui Mirage rappresenta una naturale evoluzione, sebbene in questo lungo lasso di tempo la proprietà intellettuale dell’azienda abbia scelto di allontanarsi sempre più dalle idee di gameplay del primo episodio. Per quello che concerne il gameplay a emergere in maniera più lampante sono i momenti investigativi che si ricollegano alla struttura delle missioni, organizzate per spingere Basim a svolgere tutta una serie di incarichi al fine di raccogliere informazioni e svelare l’identità dei membri dell’Ordine degli Antichi, anche mediante alcune eliminazioni secondarie e quest mediamente variegate. Nel tempo necessario per completare l’avventura abbiamo preso parte a pedinamenti, assassinii furtivi, borseggi e indagini portate avanti origliando conversazioni o leggendo documenti sparsi in giro. Azioni del genere si calano bene in un gioco che predilige sempre e comunque la furtività, al di là di una manciata di situazioni in cui si è chiamati inesorabilmente a sguainare la spada contro gruppi di mercenari piuttosto agguerriti. Forse avrebbe giovato di più una maggiore varietà generale in termini di missioni, poiché a lungo andare il senso di noia può sopraffare il giocatore, soprattutto quando si è chiamati a dover ripetere più e più volte azioni come la lettura di documenti contenenti informazioni rilevanti o l’appropriarsi indebitamente di un determinato oggetto. La musica non cambia più di tanto avviando uno dei contratti disponibili nei covi degli Occulti, visto che si parla di compiti secondari che vanno dall’eliminazione di un bersaglio al dover scortare un personaggio in una zona sicura, anche se i requisiti opzionali di ciascuna missione aggiungono un pizzico di brio e offrono delle ricompense aggiuntive evitando, ad esempio, di spargere del sangue o di farsi avvistare da un nemico. La natura investigativa delle quest principali offre degli aspetti positivi, specie quando si tratta di far assaggiare la propria lama agli affiliati di spicco dell’Ordine, in virtù di molteplici e variabili approcci da intraprendere per portare a termine l’assassinio. Assassin’s Creed Mirage offre la possibilità di scegliere almeno un paio di soluzioni differenti per infiltrarsi in palazzi ben sorvegliati e per sbarazzarsi del bersaglio designato, scoraggiando un assalto diretto per la netta inferiorità numerica con cui fare i conti qualora si decida di mandare a carte quarantotto la furtività. L’uso della forza è comunque contemplato, ovviamente, a patto di essere pronti a correre tutti i rischi del caso, ma vi assicuriamo che risulta molto più semplice e gratificante corrompere mercanti per trovare dei punti di infiltrazione in strutture all’apparenza impenetrabili, usare travestimenti per passare inosservati oppure ingaggiare dei mercenari per generare quel marasma ideale a sgattaiolare all’interno di aree interdette al pubblico.

Assassin’s Creed Mirage, insomma, è un’avventura che rimbalza continuamente tra azioni furtive e fughe tra gli stretti vicoli della “Città della pace”, dove la verticalità degli scenari si sposa perfettamente con il funambolismo di Basim, che non ha assolutamente nulla da invidiare ad altri protagonisti famosi della serie del calibro di Altair, Arno ed Ezio. Proprio in correlazione ai capitoli passati, il parkour non ha subito rivoluzioni ma si è arricchito di qualche mossa scriptata qua e là capace di regalare momenti di grande atletismo, sebbene in alcuni casi i comandi non siano sempre reattivi e puntuali. Darsi alla macchia saltando da un tetto all’altro, nascondersi in un cumulo di paglia o mimetizzarsi tra la gente sono invece parte del repertorio classico del franchise, tirato a lucido per l’occasione e supportato da un sistema di notorietà che prova a rendere più interessante la solita routine. Le azioni illecite del personaggio principale infatti faranno progressivamente salire la sua notorietà, suddivisa in tre livelli che ne indicano il grado di “infamia”, con Basim che potrà essere riconosciuto dagli abitanti e segnalato alle autorità con maggiore frequenza, trovandosi di fatto ad affrontare un maggior numero di vedette appostate sui tetti o a vedersela con una sorta di cacciatore di taglie incredibilmente impegnativo da mandare al tappeto. Per ridurre il grado di notorietà è necessario strappare i poster segnaletici affissi sui muri, oppure corrompere un araldo per ripristinare la propria fedina penale e ritrovare il piacere di muoversi tra la folla senza dover più scappare quando ci si imbatte in una pattuglia. L’amalgama tra nuove e vecchie dinamiche di gioco è dunque promossa, anche per quel che riguarda l’abilità di Basim di borseggiare i passanti per rubare gioielli da rivendere, manufatti o speciali monete da utilizzare come merce di scambio per assoldare un musicista per distrarre i nemici, oppure per abbassare i prezzi degli oggetti venduti da mercanti. La storia del personaggio principale, che ricordiamo essere stato uno scaltro ladruncolo di strada, trova così spazio in un minigame che richiede di premere un tasto nel momento giusto. Oltre alla lama celata che garantisce un’eliminazione furtiva di un nemico ignaro della presenza di Basim, quest’ultimo può contare su alcuni “gadget” extra, come coltelli da lancio per colpire dalla distanza, petardi per distrarre gli avversari, granate fumogene per svanire in una fitta coltre colorata e dardi soporiferi per mettere K.O. le guardie per pochi secondi. La presenza di strumenti simili va inquadrata nell’ottica di situazioni che richiedono spesso un’attenta pianificazione, da attuare attraverso una ricognizione aerea da parte dell’aquila Enkidu o sfruttando l’abilità del protagonista “Occhio di falco” per evidenziare le minacce o gli obiettivi di missione. Essere furtivi infatti eviterà tante rogne con i mercenari che si aggirano per le strade di Baghdad. Quando però l’approccio stealth fallisce o lo scontro si rivela inevitabile poiché previsto da una missione, entra in gioco un sistema di combattimento che si basa su di una sorta di “stamina” che regola le schivate e gli attacchi leggeri e pesanti, battagliare contro sfilze di mercenari inscenando il solito balletto di affondi, parate e scatti laterali, alla lunga, non offre le medesime soddisfazioni di un’incursione silenziosa portata a termine senza lasciare tracce come un vero assassino dovrebbe fare.

A livello prettamente estetico una delle critiche più diffuse che hanno accompagnato in questi mesi l’avvicinamento ad Assassin’s Creed Mirage è legata al comparto grafico, definito addirittura vecchio e non all’altezza di quanto visto in Assassin’s Creed Valhalla. La verità sta come sempre nel mezzo, perché sebbene il gioco faccia fatica a mettere in scena la stessa maturità tecnica che invece è stata raggiunta da altre esperienze open world, la Baghdad del IX secolo riesce a rapire con quel suo fascino da “Le mille e una notte” e un level design mai così attinente a un gameplay che sposa in pieno la verticalità degli scenari. Il lavoro svolto da Ubisoft Bordeaux va ben oltre la sufficienza e nel complesso il colpo d’occhio c’è tutto, soprattutto per i meriti dell’urbanistica dell’antica città mediorientale. Anzi, durante la nostra prova non abbiamo riscontrato nemmeno tutti quei bug che di solito infestano le versioni finali e persistono anche nei mesi successivi alla pubblicazione. Osservando il titolo con attenzione, non abbiamo notato grossi miglioramenti rispetto all’epopea vichinga, ellenica ed egizia. Ci riferiamo in particolare alla modalità grafica “Qualità”, che nel rinunciare ai 60 fps non ci ha regalato una resa visiva di notevole impatto come ai tempi di Assassin’s Creed Origins. Anche per quel che riguarda la modellazione dei volti e il livello di dettagli relativi agli elementi scenici la sensazione che si ha è quella di esclamare “bello si, ma si poteva fare di più”. In maniera quasi paradossale, invece, la modalità che privilegia il frame-rate mi ha restituito un quadro tecnico generale più coerente. Insomma, tirando le somme, questo nuovo Assassin’s Mirage si propone come un titolo che vuole riabbracciare le dinamiche divertenti di un tempo, concentra la trama in un lasso di tempo meno lungo e gode di un’ambientazione a nostro avviso “magica”. Poteva essere fatto di più sicuramente, ma nel complesso l’avventura proposta da Ubisoft è in grado di divertire come sempre. Se si è appassionati della saga, ma soprattutto delle avventure dei protagonisti più “vecchietti” del franchise allora questo Mirage non bisogna lasciarlo perdere. Sarà come vivere un meraviglioso flashback.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8

Longevità: 7,5

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise




Microsoft acquisisce Activision Blizzard, la manovra da 69 miliardi di dollari è realtà

Microsoft ha comprato Activision Blizzard e questa volta l’acquisizione dal valore di ben 69 miliardi di dollari si può davvero considerare ufficiale e definitiva. Diciamo questo perché la manovra è avvenuta solamente dopo la lunga querelle tra il colosso di Redmond e l’autorità antitrust britannica che aveva bloccato l’affare lo scorso aprile. La chiave di volta è stata naturalmente l’accordo per consentire la giusta competizione nell’ambito del cloud gaming, aprendo i contenuti prodotti da Activision a sistemi non Windows, scongiurando così un monopolio Microsoft nella distribuzione di titoli molto popolari come Warcraft, Diablo, Overwatch, Call of Duty, Guitar Hero e Candy Crush.

Microsoft aveva annunciato l’intenzione di acquistare Activision Blizzard per la cifra record di 68,7 miliardi di dollari addirittura a gennaio 2022, per diventare la terza società di gaming più grande al mondo dietro a Tencent e Sony. Tuttavia, l’affare aveva riscontrato l’ostruzione delle autorità antitrust americane e britanniche, che temevano che la posizione di Microsoft nel settore ne avrebbe alterato gli equilibri a scapito dei consumatori. Il 26 aprile la Competition and Markets Authority (Cma) – il dipartimento del governo del Regno Unito responsabile della concorrenza – aveva quindi bloccato ufficialmente l’accordo, costringendo Microsoft a scendere a compromessi e ad accelerare i tempi per evitare anche la pesante penale di 3 miliardi di dollari in caso di non chiusura dell’acquisizione. Per ottenere il via libera dalla Cma, Microsoft ha quindi acconsentito a trasferire i diritti dei giochi attuali e futuri in cloud e fuori dallo spazio economico europeo nelle mani dei francesi di Ubisoft, per una somma non comunicata. Così facendo, si è concretizzata la possibilità di concedere la licenza dei contenuti Activision Blizzard anche a fornitori di cloud gaming con sistemi non Windows, garantendo la concorrenza. “Come un unico team impareremo, innoveremo e continueremo a mantenere la nostra promessa di portare la gioia e la comunità del gioco a più persone”, ha commentato l’amministratore delegato di Microsoft Gaming Phil Spencer.

F.P.L.