Civilization VI, la storia dell’umanità arriva su console

Civilization VI è finalmente disponibile su console. La pazienza dei fan è stata ripagata e il risultato è fortunatamente un buon risultato. A tre anni dal lancio su PC, il gestionale/simulativo di Firaxis che permette di plasmare il destino dell’umanità, creando la propria civiltà a suon di guerre, gestione economica e progressi scientifici, potrà essere giocato anche su Xbox One e Ps4. La serie, nata la bellezza di ventotto anni fa dal genio di Sid Meier e dal connubio con MicroProse, non ha praticamente mai abbandonato i giocatori nel corso degli anni pur facendo i conti, man mano che il tempo passava, con qualche inciampo lungo il cammino, afflitto da una sostanziale immobilità evolutiva e da alcuni spin off non proprio memorabili. Ciò nonostante, ogni capitolo del franchise è sempre entrato di diritto nelle collezioni degli appassionati del genere, indipendentemente dalla piattaforma o dal risultato. L’arrivo di Civilization VI sulle piattaforme di gioco dell’attuale generazione segna quindi una graditissima sorpresa per tutti gli “strateghi” che da tanto attendevano questo momento. Proprio come nelle vecchie edizioni, anche in quest’ultimo capitolo della serie i giocatori prenderanno il comando di una civiltà a scelta e potranno deciderne il destino grazie alle scelte fatte, scelte che saranno figlie degli obiettivi che ci si porrà o che il gioco imporrà di raggiungere per proseguire nella storia del popolo selezionato. Sta a chi gioca decidere che tipo di capo supremo essere; si potrà decidere di affidare sempre e comunque la parola alle armi, oppure affrontare i propri avversari sul piano della politica e della diplomazia, del commercio o ancora sulla base di un determinato orientamento religioso. Per riuscire in tutto questo ci si deve muovere su una mappa di gioco basata sulle famose caselle esagonali, costruendo nuovi edifici e pianificando le azioni grazie anche ad una delle novità di questo capitolo: i “distretti specializzati”, che cambiano radicalmente l’approccio allo sviluppo delle nostre città.

Questi nuovi distretti di Civilization VI, sono delle vere e
proprie entità “fisiche” che occupano una casella della mappa entro
il “raggio amministrativo” delle città. Se ne possono trovare una
dozzina, ciascuno con la propria funzione: si parte da quelli delegati allo
sviluppo industriale, culturale e militare a cui si aggiungono quelli
logistici, come il porto, l’aeroporto e lo spazioporto. I distretti
rappresentano la condizione necessaria affinché l’insediamento possa generare
le diverse risorse locali (come cibo e produzione o manodopera) e
“nazionali” (cultura, fede e oro). La presenza dei distretti e la
distribuzione degli edifici diventa complementare all’altra novità presente per
la crescita delle città: l’aumento degli abitanti è legato non solo alla
presenza di surplus nella produzione di cibo, ma anche alla presenza di
sufficienti “spazi abitativi” e “attrattive”. Queste ultime
contribuiscono anche a determinare il punteggio di Felicità, che torna ad
essere diviso per le singole città e non più un parametro collettivo del proprio
impero. In Civilization VI, una fra le più importanti novità è rappresentato
dal così detto sistema civico, ossia l’insieme delle politiche che definiscono
il comportamento di una data civiltà. E’ stata accantonata quindi la vecchia
meccanica delle Politiche Sociali a favore di un sistema basato sullo sblocco
delle “tecnologie civiche” in un albero dedicato, che include unità e
strutture particolari, nuove forme di Governo e “carte Politica” che
possono essere associate. Quest’ultime, divise nei tre periodi storici che
hanno influenzato lo sviluppo civile dell’umanità, vantano ognuna un bonus
particolare e un numero di slot per “carte Politica”, a sua volta
distribuito fra le quattro categorie Militare, Diplomatica, Economica e Jolly,
quest’ultima capace di accogliere qualsiasi tipo di carta. Ovviamente i Governi
totalitari come Monarchia e Fascismo includono una maggior parte di slot
Militari, mentre la Democrazia si basa maggiormente su sviluppo economico e
diplomazia.  Anche i Grandi Personaggi
storici hanno subito una modifica sostanziale, sia per quanto concerne il modo
in cui ottenerli, sia in merito alla loro implementazione. Ogni Grande
Personaggio è dotato di abilità particolari, come bonus passivi solo per
determinati tipi di unità, abilità speciali impiegabili una sola volta durante
il gioco ed, infine, “Ispirazioni” per determinate ricerche
tecnologiche. Rispetto alla precedente edizione, la ricerca scientifica è forse
l’aspetto che ha subito meno modifiche. La presenza del consueto albero
ramificato rappresenta un elemento di continuità, e l’unica aggiunta è
rappresentata dalla meccanica dell’Ispirazione che consente di garantire una
velocità extra per portare a determinate ricerche. E’ stata, invece, modificata
la gestione delle singole Unità: è tornata infatti la possibilità di impilare
le unità combattenti, sia terrestri che marittime, ma solo per elementi dello
stesso tipo ed in numero massimo di tre con una potenza bellica che non
corrisponde alla sommatoria dei singoli punteggi. Inoltre, alle armate è
possibile unire le unità di supporto e quelle “civili”, che includono
lavoratori, coloni, predicatori vari e i Grandi Personaggi. Per quanto riguarda
la Diplomazia: Civilization VI propone un sistema d’interazione che fa fare un
salto nel passato. E’ stata scartata l’opzione di vittoria diplomatica, e tutto
il meccanismo diplomatico si basa sul rapporto tra i Leader che, se controllati
dall’IA, seguono un percorso preimpostato su comportamenti che vanno ad
influenzare lo stile delle loro Civiltà.

Insieme a quanto detto, esiste un secondo programma casuale
e nascosto che va scoperto dal giocatore gestendo e migliorando i rapporti con
i Leader, attraverso i metodi ben conosciuti (invio di delegati e mercanti,
scambi commerciali, trattati di apertura dei confini e collaborazioni
commerciali e, ovviamente, inviando spie). Civilization VI, nonostante possa
apparire come un episodio intuitivo sotto il profilo della razionalizzazione
dell’esperienza ludica, rimane pur sempre un gioco di strategia complesso e
raffinato, quindi in quanto tale, estremamente lento, complesso e di non
semplice assimilazione. Ci vuole tempo e costanza per metabolizzare e imparare
a gestire la mole di informazioni a cui è necessario prestare attenzione, dalle
peculiarità di ogni civiltà, passando per eventi ambientali che rischiano di
sconquassare i propri possedimenti, sino alle nobili arti della diplomazia e
del buon governo. Una volta superato lo scoglio iniziale, giocare a
Civilization VI diviene parecchio assuefacente e l’esperienza di gioco è in
grado di regalare un’esperienza di gioco single player praticamente infinita. Sempre
parlando di longevità, se ci si vuole cimentare anche nel multiplayer, il
titolo è in grado di occupare veramente moltissimo tempo. Ci teniamo a
ricordare che la versione console di Civilization VI giunge arricchita delle
due espansioni “Gathering Storm”, la quale include il Congresso Mondiale e i
disastri ambientali e “Rise and Fall”. Quest’ultima introduce Età, lealtà, i
governatori e le cosiddette Emergenze. In tutto sono sedici le nuove civiltà e
diciotto i leader contenuti nelle due espansioni uscite sino a questo momento.
Un bel po’ di contenuti a cui i giocatori possono aggiungere, tramite
l’acquisto, anche il “Khmer and Indonesia Scenario Pack” e il
“Nubia Scenario Pack”. Insomma, di sicuro la varietà non manca. Bellissimo
l’accompagnamento musicale di Civilization VI, con una colonna sonora
“dinamica” e perfettamente allineata con l’andamento di gioco. I temi delle 19
civiltà giocabili sono divisi in quattro melodie di crescente complessità, che
contraddistinguono il progresso del popolo da un’era all’altra. Le poche note
dei tempi antichi, suonate con strumenti rudimentali, evolvono con il passare
delle epoche in canzoni moderne, fino a diventare vere e proprie opere
orchestrali e la presenza della maestosa “Sogno di Volare”, fa da degno sfondo
ad un’opera videoludica già di per sé estremamente ambiziosa. Graficamente Civilization
VI resta la stessa splendida creatura che tre anni fa ha debuttato su PC,
grazie sicuramente a un motore grafico ben realizzato. Nessun rallentamento
riscontrato nella versione per Xbox da noi provata e ogni caricamento, al netto
della porzione di mappa esplorata su schermo, e quindi di tutte le unità
visibili in movimento, non ha rallentato nemmeno per un secondo. Tirando le
somme, se si è alla ricerca di un videogioco strategico/gestionale dalle
potenzialità enormi, complesso e che sia in grado di garantire migliaia di ore
di gioco, Civilization VI rappresenta senza ombra di dubbio quello che più
desiderate. Del resto stiamo parlando di uno dei brand che ha fatto la storia
di questo genere, quindi scegliendolo avrete la garanzia di avere tra le mani
un titolo con tutte le carte in regola per regalarvi ore e ore di grande
divertimento e soddisfazione.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 9

Gameplay: 9

Longevità: 9,5

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise




Nokia lancia la sua prima smart Tv UHD

Dopo una trentina d’anni, sugli scaffali sta per tornare un
televisore a marchio Nokia. A portarcelo è la società indiana di e-commerce
Flipkart, che si è aggiudicata la licenza per poter apporre l’iconico brand
finlandese su una smart tv. Nokia Smart TV è un televisore interessante, dotato
di specifiche di un certo livello. Il dispositivo dispone di un pannello LED
IPS da 55 pollici con risoluzione 4K e supporto HDR10. Buono anche l’angolo di
visione che raggiunge i 178 gradi. Le altre specifiche parlano di un contrasto
di 1200: 1, certificazione Dolby Vision, Intelligent Dimming e luminosità di
400 nit. In termini di design, la TV ha un design minimalista con cornici molto
ridotte. Ha un supporto a piedistallo nella parte inferiore che gli conferisce
un aspetto moderno. Di serie anche un supporto per la parete nel caso fosse
necessario utilizzarlo. Gli speaker da 24 Watt sul televisore Nokia sono stati
ottimizzati da JBL per offrire un’alta qualità audio. Speaker che dispongono
anche dei supporti Dolby Audio e DTS Surround. Nokia Smart TV si appoggia alla
piattaforma Android TV 9.0 ed include il supporto all’Assistente Google. Oltre
all’accesso al Play Store, dispone dei servizi di streaming Prime Video,
Netflix, YouTube e Hotstar. Supporta nativamente anche Chromecast. Le vendite
inizieranno il 10 dicembre ma solo in India, dove la smart tv costerà 42mila
rupie, più di 500 euro. Flipkart, che sulla sua piattaforma di e-commerce conta
200 milioni di clienti registrati, ha affermato di avere in programma il lancio
di altri televisori Nokia in futuro. La prima smart tv a marchio Nokia arriva a
trent’anni di distanza dai vecchi televisori a tubo catodico che l’azienda
scandinava lanciò sul mercato negli anni Ottanta. Dal 2017 il noto brand è
stato riportato anche sul prodotto più celebre di Nokia, i telefoni, dalla
compagnia Hmd Global, che ha acquisito per dieci anni i diritti per l’uso del
marchio sugli smartphone.

F.P.L.




Bee Simulator, un videogame educativo per i più piccoli

Bee Simulator non è il classico videogame “alla moda”, non è
né uno sparatutto, né un gdr, quantomeno un gioco di sport. Bee Simulator fa vivere
ai giocatori (su pc, Xbox One, Ps4 e Switch) la giornata tipo di un’ape
attraverso un’avventura che strizza l’occhio chiaramente verso un pubblico
molto più giovane. Ma partiamo dal principio per capire un po’ di più che cosa
ha da offrire questo curioso titolo. Una volta lanciato il gioco, si assisterà
alla nascita della propria ape, alla quale si potrà dare il nome che si
desidera. Dopo un breve tutorial il piccolo insetto assumerà presto le
sembianze di un eroe, un’apetta dal quale dipende il futuro della Terra.
Progredendo nell’avventura, che non va oltre le tre ore, ci sarà la possibilità
di comprendere quali sono le attività di un’ape durante la giornata: si
inizierà col raccogliere il polline dai vari fiori, poi gradualmente si potrà
scoprire anche che esistono diversi tipi di fiori dai quali poter recuperare
ciò di cui l’alveare ha bisogno, sfruttando l’apposita vista da ape, fino
all’incontro con la regina. L’idea alla base della produzione è assai lodevole,
far comprendere ai più giovani quale sia la reale importanza delle api
all’interno del nostro ecosistema mettendo al contempo a nudo le dure
condizioni in cui queste piccole ma preziosissime creaturine sono oramai
costrette a vivere.

 In Bee Simulator pericoli
e insidie naturali o generate dall’uomo si annideranno in ogni angolo e sarà compito
dei giocatori completare i vari incarichi che verranno assegnati per assicurarsi
un prosperoso futuro della colonia. In sostanza ci si troverà a completare diverse
missioni che porteranno i giocatori a muoversi in piccole mappe aperte da poter
esplorare liberamente. Si finirà così a dover raccogliere polline da
trasportare all’alveare, vivere “emozionanti” inseguimenti cercando di
raggiungere una qualche ape amica all’interno di circuiti prestabiliti o,
ancora, affrontare pericolosi nemici in battaglie basate sul premere i giusti
tasti nel momento esatto. Nonostante Bee Simulator sia un videogame destinato
ai più giovani, si basa su un gameplay estremamente macchinoso e legnoso che
rende anche semplici spostamenti assai frustranti, soprattutto nelle aree più
anguste. Curiosamente, Bee Simulator si è però rivelato particolarmente
variegato in termini di personalizzazione della piccola protagonista volante,
con colorazioni, abiti e cappelli che sembrano presi da un buffo cartoon. In
ogni attività che si può svolgere in Bee Simulator, l’obbligo della raccolta
del polline è d’obbligo. Esso si raccoglie in un piccolo “serbatoio” (indicato
sullo schermo) che una volta riempito bisognerà andare a svuotare tutto presso
l’alveare. Così facendo si potranno ottenere in cambio dei punti conoscenza. Altro
indicatore presente nel contesto ludico è il “razzo”, ossia una sorta di turbo
che permette di velocizzare il volo, e quindi di arrivare prima a destinazione
o di essere sfruttato durante gli inseguimenti. Per arricchire ancora di più il
gameplay, però, Bee Simulator ha pensato anche di inserire delle meccaniche
action, con dei combattimenti contro alcuni “nemici”, come ad esempio le vespe.
Con la telecamera che si posizionerà a tre quarti dei due sfidanti, come già
accennato, il giocatore dovrà rispettare il timing di pressione dei tasti
indicati nella parte bassa dello schermo, dando vita quasi a un gioco ritmico.
Nulla di complicato o di elaborato, ma in ogni caso per un bambino rappresenta
senz’altro una bella sfida.

Bee Simulator è un titolo che però nel suo open world offre
diverse cose da fare, ma purtroppo il contesto non è reso particolarmente bene.
Ad esempio, l’indifferenza totale del resto del mondo alla presenza dell’ape è
disarmante. Gli umani non reagiscono come dovrebbero alla presenza della
protagonista, nemmeno se vengono punti. Stesse reazioni di indifferenza
avvengono con gli altri animali, che si attiveranno solo se devono assegnare
una missione secondaria. In un ecosistema così completo e complesso sarebbe
stato interessante aggiungere qualche interazione con l’ambiente, invece di
limitarsi al polline, ai fiori e al poggiarsi sugli alimenti zuccherati
disseminati dalle varie persone per poter potenziare il turbo. Di rimando,
però, è sorprendente il lavoro svolto dal punto di vista del doppiaggio: il
titolo è completamente in italiano, con dei dialoghi molto semplici e con
un’interpretazione calorosa, avvolgente e che sembra fatta appositamente per un
pubblico molto giovane. Bee Simulator in questo si rivela un’esperienza che per
i più piccoli diventa quasi affascinante, grazie alle numerose voci a
disposizione dei vari animali. Allo stesso modo tutto l’ambiente realizzato
intorno all’ape è gradevole, con dei dettagli non di altissimo pregio, ma che
comunque lasciano intendere un impegno di fondo da premiare almeno nelle
intenzioni. Lo stesso sistema di volo è ben riprodotto, salvo per qualche
difficoltà negli spazi angusti dove non sarà facilissimo districarsi tra
telecamera e movimento. Fortunatamente sbattere contro le pareti o gli oggetti
non porterà nessun “malus” dal punto di vista del gameplay, quindi sbagliare
non comporterà conseguenze fatali per la piccola protagonista. Tirando le
somme, se volete far capire ai vostri bambini l’importanza del ruolo delle api
nel mondo e lo volete fare con un prodotto educativo-interattivo, questo Bee
Simulator è un’ottima scelta. Ricordate però, l’eccessiva semplicità e la breve
durata dell’avventura sono elementi di cui bisogna tenere conto.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 7

Sonoro: 7,5

Gameplay: 6,5

Longevità: 5

VOTO FINALE: 6,5

Francesco Pellegrino Lise




Terminator Resistance, in guerra contro Skynet

Terminator Resistance è uno shooter single player in prima
persona sviluppato da Teyon per Pc, Xbox One e Ps4. I diritti del gioco si
basano esclusivamente sui primi due capitoli cinematografici della serie,
proprio per tale motivo, almeno da un punto di vista “potenziale”, il titolo è
tra le opere meglio riuscite nel proporre cosa è accaduto dopo il famoso Giorno
del Giudizio. Il protagonista dell’avventura si chiama Jacob Rivers, un soldato
della divisione Resistance Pacific. Nonostante Jacob sia solo un modesto
soldato semplice, scoprirà presto di essere stato preso di mira specificamente
da SKYNET, l’intelligenza artificiale nel pieno del suo programma di sterminio
della razza umana. La trama di Terminator Resistance riesce a farsi
discretamente apprezzare con molte soluzioni tipicamente cinematografiche anche
per quanto riguarda il level design che invece in molti altri punti però
risulta davvero essere poco curato per un titolo di attuale generazione. Ma andiamo
ad esaminare la trama più da vicino. Come dicevamo: il mondo è finito, è stato
tutto inutile, le testate nucleari hanno devastato le grandi metropoli
riducendo la terra in un ammasso di rovine e di deserti desolati. Il povero
John Connor, Sarah Connor e tutti coloro che si sono succeduti dopo questi iconici
personaggi, non sono riusciti ad evitare la guerra tra uomini e macchine
ribelli e i pochi sopravvissuti sono costretti a nascondersi per evitare lo
sterminio totale. Anche in Terminator Resistance gli umani sono raggruppati in
piccoli nuclei di resistenza e portano avanti una guerra che è ambientata
esattamente trent’anni dopo Terminator 2: Il giorno del giudizio. Skynet sembra
ormai avere il dominio assoluto, ma i leader della resistenza non si arrendono,
e nelle loro fila abbiamo anche il protagonista Jacob Rivers. Proprio come in
un film di Hollywood, Rivers è la recluta di turno che segue il gruppo della
resistenza con un destino speciale tutto da scrivere. A rendere ancora più
misterioso il cammino dell’eroe c’è poi l’Estraneo, un uomo misterioso che guiderà
i giocaotori nella battaglia, rivelandosi uno scrigno di sapere su tutto ciò
che riguarda la guerra scatenata dalle macchine. Nel corso della storia, viene
data la possibilità di compiere delle scelte, che si limitano ad essere piccoli
bivi narrativi che non fanno altro che sbloccare alcune scene extra, ma che
fondamentalmente non cambiano l’evoluzione della storia. Uno degli aspetti
implementati e coinvolti da queste scelte sono i rapporti con i vari protagonisti
della storia e la conquista o meno della loro fiducia. Il grado di fiducia
crescerà grazie al compimento di una serie di missioni secondarie, quasi tutte
esonerate da specifici combattimenti, se non quelli emergenti con i vari ragni
robot, o HK volanti o di terra, e volte alla ricerca di rifornimento,
medicinali o informazioni sensibili.

A livello di gameplay Terminator: Resistance si presenta
come uno sparatutto in prima persona senza tanti fronzoli, ma le dinamiche
messe in opera dal team Teyon, lo fanno assomigliare per certi versi a un
action-stealth dalle dinamiche piuttosto scarne. Nonostante la guerra scatenata
da Skynet e lo scenario apocalittico costellato di macerie, infatti, sono rare
le scene particolarmente concitate degli scontri a fuoco. Soprattutto nelle
fasi iniziali, dove non avendo la disponibilità di armi sofisticate per
abbattere i robot, bisogna cercare di farsi notare il meno possibile. Per fare
ciò basterà nascondersi dietro i rottami delle autovetture, dietro dei muri,
insomma mettersi al riparo dietro a qualsiasi elemento presente nello scenario
per non farsi scoprire dai robot. Ovviamente, laddove si preferisca affrontare
le macchine in scontri diretti, è sempre possibile imbracciare il fucile e
sparare, ma optare per questo tipo di approccio risulta sempre essere
pericoloso e, a parere nostro, meno divertente. In Terminator Resistance
purtroppo è presente un gameplay davvero scarsamente calibrato in termini di
sfida: si passa da un approccio stealth praticamente obbligato delle prime tre
ore di gioco, a uno sparatutto quasi di natura arcade dove chi gioca è
praticamente invincibile grazie alla dotazione del fucile al plasma.
L’intelligenza artificiale dei Terminator, inoltre, non fa altro che rendere
tutto più facile, poiché oltre a non individuare il protagonista nelle
immediate vicinanze quando si nasconde, la loro offensiva è piuttosto bassa e
inconsistente rispetto a quella di Rivers. Tutto questo è molto divertente
all’inizio, ma andando avanti nella storia il livello di sfida è davvero molto
basso e purtroppo il titolo si riduce a un’avventura semplice e dalle dinamiche
piuttosto elementari. A rendere le cose ancora meno interessanti in questo Terminator
Resistance ci pensa lo schema ridondante delle missioni, che mette in scena un
percorso da seguire attraverso gli indicatori da raggiungere ingaggiando le
macchine che ostacolano il cammino dell’eroe. Le aree da esplorare sono anche
piuttosto limitate a dispetto dello scenario proposto in modo illusorio e
fortemente limitato da rottami che mascherano barriere invisibili e in
definitiva percorsi predeterminati. Il gioco prova a introdurre alcune
meccaniche vincenti come il crafting con i tessuti, le armi e i pezzi di
memoria di Skynet che si possono trovare nel corso dell’avventura. Questi
comp0onenti permettono di aumentare il livello di Jacob e aumentare anche le
capacità di scassinamento delle porte o di hacking dei dispositivi. Per quanto
riguarda il potenziamento delle armi, Rivers è protagonista di un ulteriore
minigioco, dove dovrà far combaciare una serie di chip per implementare la
potenza di fuoco o la precisione. Si tratta di espedienti sicuramente non
originali, ma che almeno riescono a donare un pizzico di varietà all’eccessiva
linearità delle missioni.

A livello grafico Terminator Resistance offre un comparto sicuramente
gradevole, ma comunque sotto la media, con scenari ben realizzati, ma con pochi
elementi e spesso troppo ripetuti. Inoltre, i modelli utilizzati sembrano
rifarsi almeno alla scorsa generazione, troppo scarni di particolari e
piuttosto rigidi nei movimenti. Inoltre i colpi sparati che non si capisce bene
dove vadano a segno e una scarsa varietà dei nemici, rendono l’esperienza di
gioco davvero poco soddisfacente. Dal punto di vista sonoro fortunatamente le
cose sono decisamente migliori grazie a un buon doppiaggio in italiano ed
effetti sonori per gli spari e le esplosioni di buon livello, ma a rendere il
comparto audio davvero notevole ci pensano i motivi musicali, che offrono alcuni
rimandi al tema originale del film. Tirando le somme, questo Terminator
Resistance si presenta come un titolo che può essere apprezzato solo dai veri
fan di Terminator o dai giocatori più giovani. Diciamo questo in quanto l’estrema
facilità di gioco, la povertà di dettagli e particolari, l’IS dei nemici veramente
ridicola e un gameplay davvero troppo elementare potrebbero far storcere il
naso a chi si aspetta qualcosa davvero in grado di stupire. A nostro avviso il
lavoro del team Teyon non rende giustizia al potenziale che il brand racchiude.
Tutto (musiche a parte) poteva esser fatto meglio, ma purtroppo il risultato
finale è un titolo poco coinvolgente e che sembra sviluppato in tutta fretta. Il
nostro consiglio? Se proprio volete acquistarlo provatelo o almeno
documentatevi su YouTube.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 6

Sonoro: 8,5

Gameplay: 6

Longevità: 6

VOTO FINALE: 6,5

Francesco Pellegrino Lise




WhatsApp, una funzione nascosta svela con chi si parla di più

Volete sapere con chi chiacchierate di più su WhatsApp? Bene,
per chi non lo sapesse, l’app della popolarissima piattaforma di instant
messaging ha una funzione nascosta per mostrarlo, con tanto di dettagli
relativi all’esatto numero di messaggi scambiati con uno specifico contatto. La
funzionalità è molto semplice da trovare, ma non è ancora molto utilizzata in
quanto è ben nascosta nelle impostazioni dell’applicazione. Per visualizzarla è
necessario accedervi e selezionare la voce “Utilizzo dati e archivio”. Da lì,
scegliendo l’ultima opzione della lista, vale a dire “Utilizzo archivio”, si
aprirà una schermata contenente tutte le conversazioni dell’utente su WhatsApp
ordinate dall’alto verso il basso in base allo spazio da esse occupato. Se si
seleziona una specifica chat si potranno poi visualizzare tutti i dettagli
dell’interazione. Con ciò si intende il numero totale di messaggi scambiati
divisi in testi, gif, foto, video, registrazioni audio, sticker e documenti.
Per ogni categoria viene poi fornita anche l’esatta porzione di memoria che
occupa. Quest’ultima feature è molto utile in quanto grazie ad essa è possibile
gestire al meglio l’applicazione per eliminare tutti quei contenuti troppo
pesanti che occupano la memoria del dispositivo mobile. Va sottolineato inoltre
che il fatto che una chat di WhatsApp occupi tanto spazio non vuole
necessariamente dire che è quella con cui si hanno più interazioni. Se infatti
i media inviati sono foto e video, la pesantezza aumenta. Potrebbe dunque
accadere che una chat in cui si mandano molti messaggi di testo risulti in una
posizione più bassa nella classifica perché questi occupano meno spazio. Per lo
stesso motivo le conversazioni di gruppo peseranno di più perché contengono
messaggi inviati da più utenti. In ogni caso, da oggi grazie a questa
particolare funzione, gestire WhatsApp sarà sicuramente molto più semplice, ma
soprattutto riuscire ad avere la memoria di archiviazione del proprio
telefonino occupata in maniera non eccessiva è finalmente un sogno facilmente
realizzabile.

F.P.L.




Just Dance 2020, ballare non è mai stato così divertente

Just Dance 2020 (disponibile su PlayStation 4, Nintendo Switch, Wii, Xbox One, Google Stadia) è il decimo capitolo del franchise di Ubisoft, il cui primo capitolo debuttò nell’ormai lontano 2009. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, anche se a conti fatti negli ultimi cinque anni la produzione si è mostrata estremamente conservativa, e la software house sembra essere particolarmente restia nell’introduzione di novità sostanziali. In questa recensione cercheremo di capire sia come è strutturato Just Dance 2020, sia quanto c’è di nuovo nell’offerta principale per aiutarvi nella fatidica scelta se acquistarlo o meno. Una volta avviato il titolo, i fan della serie si troveranno subito a loro agio in quanto il menù iniziale è identico in tutto e per tutto a quello dello scorso capitolo: titoli di apertura, logo, si ricorda al giocatore che per i propri figli c’è Just Dance Kids con nuove proposte ecc… Fortunatamente però Just Dance 2020 individuerà i dati di salvataggio di Just Dance 2019 già presenti sulla console, dando così il bentornato ai players di vecchia data e portando con sé una minima parte dei contenuti già sbloccati a livello estetico. Il livello del giocatore ricomincia invece da 1, per non rovinare il sistema di progressione. Anche a livello di giocabilità Just Dance 2020 non offre sorprese, infatti avviando la riproduzione dei primi brani presenti, risulta evidente come il titolo non abbia modificato, neppure parzialmente, il solito gameplay. Al giocatore tocca quindi nuovamente mettersi a ballare imitando il più fedelmente possibile i buffi personaggi e manichini in movimento sullo sfondo, accumulando punti su punti e riempiendo così la barra sul lato sinistro dello schermo.

È possibile ottenere da una a cinque stelle, e in casi di
notevole bravura anche la dicitura Superstar, con il massimo dei punti
consentito. Ogni punteggio viene registrato in locale sulla console, così che
tra diversi profili di diversi giocatori si possa mantenere costante una sana
competizione. Insomma, la filosofia adottata da Ubisoft sembra proprio essere
quella della “squadra che vince non si cambia”. 
Purtroppo il rischio che si corre optando per una scelta simile è che i
giocatori si trovino fra le mani un gioco troppo simile al passato e non siano
spinti all’acquisto. Certo, parliamo sempre di un prodotto destinato a un
pubblico di nicchia o a chi vuole utilizzare il titolo per animare una festa,
ma in ogni caso, a nostro avviso, un prodotto fotocopia (dal punto di vista del
gameplay) non è proprio il massimo. Per chi non lo sapesse, ci teniamo a
sottolineare che per giocare a Just Dance 2020 si possono utilizzare ancora una
volta più sistemi di controllo: i Joy-Con della vostra console Nintendo, oppure
scaricare l’App per dispositivi mobile Android e iOS. La Switch resta
probabilmente la piattaforma perfetta per questo tipo di esperienza, sia per la
responsività e l’accuratezza nella registrazione del movimento dei Joy-Con, sia
perché giocare con uno smartphone come controller dopo aver scaricato l’app, non
risulta particolarmente eccitante. Davvero poco da segnalare per quanto
riguarda il comparto grafico e tecnico di Just Dance 2020, anche in questo caso
sostanzialmente immutato rispetto a Just Dance 2019. Abbiamo notato tuttavia
una maggiore cura per i fondali e nei dettagli delle coreografie: osservando
attentamente gli sfondi, questi ultimi appaiono più nitidi e definitivi, e
generalmente soddisfano in modo maggiore il colpo d’occhio. Ma è davvero
l’unica annotazione degna di nota che sia possibile fornire.

 Ovviamente la cosa
che cambia in Just Dance 2020 sono le canzoni offerte nel pacchetto. La
tracklist a disposizione è infatti notevole e piuttosto coraggiosa per varietà:
magari qualcuna delle tipiche “top 40” statunitensi è stata sacrificata, ma a
guadagnarne è la multi-culturalità dell’offerta: molti sono i pezzi che vengono
dagli altri continenti come Africa e Asia. Ovviamente non manca il Sud America
con numerose versioni di balli latini. Ogni brano gode di una personalità tutta
sua grazie alle coreografie studiate per ciascuno di esso, molto colorate e ben
studiate sia nei costumi che negli sfondi: viene voglia di guardarli anche
quando ormai si è sudati marci dopo essersi scatenati con cinque o sei canzoni.
L’acquisto di Just Dance 2020 fornisce per un mese l’abbonamento Unlimited che,
oltre alle 43 canzoni base, offre più di cinquecento altri brani tutti da
ballare da soli o in compagnia. Tirando le somme, grazie alla sua immediatezza
e alla grande carica di divertimento, Just Dance 2020 non aspetta altro che la
serata giusta con degli amici che hanno voglia di divertirsi. Pezzi divertenti,
coreografie coloratissime e sorprendenti, e fino a 6 giocatori in contemporanea
sono ingredienti che farebbero esplodere qualsiasi festa. Anche in singolo il
titolo di Ubisoft riesce a divertire, unico rischio, ed è bene che lo si
sappia, è che essendo un titolo dalla natura particolare, il gioco venga scelto
raramente o solo in determinate occasioni. Quindi alla luce di quanto detto, se
siete delle persone dall’anima festaiola o amanti del ballo, Just Dance 2020 fa
al caso vostro. In caso contrario però, se state cercando un party game dove
non sia necessario “sudare” o affaticarsi il nostro consiglio è quello di
guardare altrove.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 7

Sonoro: 8

Gameplay: 8

Longevità: 6,5

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise




Meetic: a Roma ci si conosce a ritmo di salsa

“Vuoi ballare con me?” Questo invito con il gesto iconico di
porgere la mano per procedere insieme verso il centro della pista da ballo è
una scena che accompagna da sempre il nostro immaginario romantico. La danza,
ballare insieme alla persona che si sta corteggiando è un ottimo modo di
rompere il ghiaccio che aumenta l’intimità, la confidenza e crea un momento di
condivisione speciale, allegro e sensuale allo stesso tempo.

Secondo una ricerca condotta da Kantar TS il 52% dei single
europei sono soliti cercare una persona speciale online tramite servizi di
dating, mentre il 25% preferisce incontrare un possibile partner nei club,
magari sfruttando proprio il dancefloor. Ed è con questa premessa che Meetic,
il servizio di incontri più affidabile in Italia, ha voluto favorire sia quei
single che amano uscire per una serata danzereccia, sia quelli più avvezzi ai
sistemi di dating online, proponendo un simpatico evento che si svolgerà
proprio in un club per imparare a ballare una delle discipline più sensuali di
sempre: la salsa.

Appuntamento per tutti gli aspiranti ballerini sabato 23
novembre per una super festa a ritmo latino presso la discoteca Dancing
Zanussi, il tempio della salsa nel cuore di Roma organizzata in partnership con
il Barrio della Salsa. L’evento è stato pensato non solo per chi ama questo
tipo di musica, ma soprattutto per avvicinare i partecipanti alle movenze più
calienti e dare a tutti l’opportunità di conoscere tante persone nuove in un
contesto unico e divertente.

La serata avrà inizio intorno alle 21:00 e, ad aprire letteralmente le danze, sarà una ballerina professionista, maestra di salsa, che guiderà gli ospiti insegnando i passi base e aiutandoli a prendere confidenza con questa disciplina. Sarà l’occasione ideale per scegliere il proprio partner con cui danzare tutta la notte. Dopo la lezione, infatti, ci si rilasserà di fronte a un ottimo drink così da prendere fiato e scambiare qualche chiacchiera con i propri compagni di ballo. Per tornare poi a scatenarsi in pista per tutto il resto della serata, ripassando insieme quanto appreso durante la lezione. Un ottimo modo per conoscersi, fare amicizia e chissà che, tra un passo e l’altro, oltre a pestarsi i piedi, possa nascere qualcosa di più! L’evento è gratuito, ma su prenotazione. Per partecipare basterà compilare il form a questo link e preparare il proprio outfit più colorato per farsi notare sulla pista da ballo.

Ed è così che Meetic coccola i suoi carissimi single,
rimanendo al loro fianco non solo online, ma anche nella vita reale:
l’obiettivo, in fondo, è dare inizio a qualcosa di vero. Non è un caso se, ad
oggi, gli eventi targati Meetic hanno superato di gran lunga quota 600, con un
totale di almeno 18mila single coinvolti in tutta la Penisola. Appassionanti
viaggi, ottime cene e aperitivi di ogni tipo, corsi di cucina e show cooking,
eventi culturali, mostre, film, quiz game e spettacoli di cabaret, sono
tantissime le occasioni che permettono agli utenti della community di
incontrare persone nuove in un’atmosfera unica che valorizza le passioni
individuali.

F.P.L.




Plants Vs. Zombies torna con La battaglia di Neighborville

Plants Vs. Zombies la Battaglia di Neighborville è il nuovo
videogame della serie di PopCap ed Electronic Arts già disponibile per
Playstation 4, Xbox One e PC. Per chi non lo sapesse, vogliamo ricordare che sono
passati ben dieci anni dall’uscita di Piante contro Zombi, peculiare “tower
defence game” che, prima su PC e successivamente su piattaforme mobile e
console, ha saputo guadagnarsi una fetta considerevole di appassionati.
L’aspetto strategico nei tower defence è sicuramente di prim’ordine e Piante vs
Zombie ha saputo coniugare a dovere l’aspetto “tattico” con l’immediatezza di
gameplay, rendendo di fatto il gioco godibile sia dai grandi che dai piccini.
La “genialata” dei PopCap Games di contrapporre due fazioni così diverse e
assurde, ovvero le piante e gli zombie mangia cervelli, si è dimostrata la
chiave vincente che ha portato questo brand al successo. Il team di Seattle,
tuttavia, cinque anni fa decise di affiancare alla serie principale,
esclusivamente tower defence, uno spin-off multiplayer, che avrebbe sempre
visto contrapposte le due assurde fazioni, ma riproponendo lo scontro con un
gameplay tipico degli sparatutto in terza persona. Plants vs. Zombies: Garden
Warfare è stato infatti il primo “esperimento” di PopCap Games, in congiunta
con Electronic Arts, capace di rivelarsi un successo sia di critica che di
pubblico.

L’immediatezza di gameplay, unita ad uno stile grafico unico
e cartoonesco, spinsero il team a riproporre un sequel l’anno successivo. A
circa tre anni di distanza dall’uscita di Plants vs. Zombies: Garden Warfare 2,
ecco arrivare Plants Vs. Zombies Battle for Neighborville, sequel spirituale
dei due precedenti spin-off, carico di novità in termini di modalità e
meccaniche di gioco, ma sempre ricchissimo di spunti intelligenti ed esilaranti.
Esaminando più da vicino il titolo possiamo dire che, questo terzo capitolo
della serie in versione shooter riparte dalle ottime basi gettate da Garden
Warfare 2 e prende tutto quello che c’era di buono per elevarlo alla massima
potenza. Inoltre, sono riscontrabili alcuni graditi miglioramenti che
sicuramente dipendono da un’attenta osservazione dei “rivali” nell’ambito degli
shooter online. Ad esempio, la presenza di variazioni delle classi è totalmente
scomparsa, rispetto alle precedenti iterazioni, lasciando spazio ad alcuni
personaggi base, più alcuni unici da aggiungere al roster principale, portando
il numero di personaggi giocabili a un totale di venti. Tra le novità, in
termini di pg giocabili, per le piante sono presenti la ghianda, mentre per gli
zombi un “pilota” spaziale in un minuscolo UFO circolare. Entrambi abbastanza
agili sul campo, sono dotati di una potenza di fuoco sostenuta, bilanciata però
da una difesa piuttosto fragile, anche se forniti di un’abilità unica in grado
di ribaltare le sorti dello scontro: la ghianda, ad esempio, potrà trasformarsi
in una quercia, mentre lo zombie spaziale potrà trasformarsi in una fortezza
galleggiante, lenta ma devastante. Le cose diventano più interessanti quando ci
sono più cadetti o ghiande in una squadra, perché più giocatori possono saltare
su una controparte più grande, con tutti i vantaggi e le complicazioni del
caso. Non è una novità per il genere di appartenenza, ma una grande novità per
la serie di PopCap Games, capace di rendere gli scontri multiplayer ancor più
variegati e divertenti rispetto al passato. Sul fronte meccaniche, ogni eroe di
Plants Vs. Zombies Battle for Neighborville possiede un’arma da fuoco e un set
di abilità unico. Di grande pregio, inoltre, la cura per i dettagli riservata
ai diversi personaggi che compongono i due roster. Tale attenzione per i
dettagli e la caratterizzazione dei singoli personaggi saranno sicuramente
apprezzate dai giocatori. La quantità di nuovi contenuti da cui si viene
accolti nel nuovo mondo hub è davvero sorprendente, l’opening del gioco è
semplice ma efficace e la struttura di gioco a dir poco entusiasmante. Una
volta lanciato il titolo ci si troverà subito catapultati in un mondo vivo,
denso di attività e ricco di cose da fare. Nella modalità single player ad
esempio sarà necessario correre, intraprendere missioni più facili, cercare
tesori, sconfiggere nemici e molto altro ancora. Ovviamente, questo da solo non
offre un motivo sufficiente per acquistare il gioco (è richiesta una
connessione a Internet), ma siamo rimasti molto soddisfatti dall’aggiunta della
modalità single player, soprattutto vista la varietà che offre al gioco. Altra
modalità presente in game è Garden/Graveyard Ops, che è fondamentalmente una
modalità orda in cui bisogna affrontare nemici sempre più difficili
all’avanzare dell’esperienza. Poiché le classi del gioco sono diverse e
variegate, si può facilmente cambiare le sorti in battaglia semplicemente
cambiando personaggio, quindi è importante non focalizzarsi su un solo tipo di “soldato”
ma sfruttare quello con le abilità più adatte al tipo di cosa che si vuole fare.
Abbiamo anche apprezzato molto la modalità Arena Battaglia, che mette in
competizione squadre di quattro persone in cui ogni giocatore che ha una sola
vita, uno contro l’altro. Questa nuova modalità di Plants Vs. Zombies Battle
for Neighborville ha aggiunto rapidamente un po’ di frenesia all’esperienza ed
è stata più intensa di quanto pensassimo fosse possibile da un gioco su piante
e zombi. Torna anche Turf War, modalità che consente di collaborare con altri
giocatori per raggiungere obiettivi specifici comuni. Questa modalità di gioco
è divertente, ma dal momento che non c’è molta strategia in gioco quando si è
accoppiati con giocatori casuali che sembrano pensare che ogni modalità sia un
deathmatch, purtroppo essa non raggiunge mai il suo pieno potenziale.

Oltre alle modalità sopra citate, è ovviamente presente il
classico Deathmatch, che è sempre divertente. Decidere se giocare al nuovo
Night Cap (un ninja furtivo di funghi), al brutale Kernel Corn o al classico
Peashooter ha un impatto importante su ciò che accadrà nel gioco e ci sono
anche obiettivi che incoraggiano a cambiare costantemente personaggio, per
spingere il giocatore a provare la varietà che il gioco ha da offrire. Proprio
come nelle precedenti iterazioni della serie, Plants vs.Zombies, questo nuovo Battle
for Neighborville si concentra principalmente sullo sbloccare oggetti cosmetici
come cappelli divertenti, pantofole consumate, combinazioni di colori e molto
altro. Ogni attività presente in game, che sia legata ad attività della storia
o partite competitive online, ricompenseranno i giocatori con delle monete,
spendibili nell’apposita slot machine presente nell’hub centrale, dove si verrà
premiati con componentistica estetiche in maniera randomica, come ad esempio
costumi ed emote per il proprio personaggio. Per quanto riguarda la nostra
prova, su Xbox OneX, ci sentiamo di elogiare il lavoro svolto dagli
sviluppatori per quanto concerne la cura del comparto audiovisivo. Battle for
Neighborville gode di una serie di effetti grafici ancor più avanzati rispetto
al passato, grazie all’utilizzo dell’ottimo Frostbite Engine di Electronic Arts,
in grado di riempire lo schermo di coloratissime esplosioni. La cura dei
dettagli e della composizione delle texture è quella di sempre, ma la varietà è
nettamente aumentata, anche all’interno della medesima mappa. Discreto il
comparto sonoro che, propone musiche divertenti, versi “gutturali” e rumori,
rimanendo però ancora distaccato da un doppiaggio classico e legato ai canonici
sottotitoli in italiano. Parlando di lati negativi, purtroppo c’è da dire che nel
corso della nostra prova purtroppo abbiamo riscontrato una presenza
fastidiosissima di freeze del gioco che ci ha costretto a riiniziare attività
più e più volte rendendo l’esperienza complessiva piuttosto frustrante. Speriamo
che gli sviluppatori riescano a risolvere questo problema in tempi brevi con
una patch ad hoc. Tirando le somme, con Plants vs. Zombies: Battle for
Neighborville annoiarsi è davvero impossibile in quanto è uno shooter online
immediato e divertente, caratterizzato da toni leggeri e da un comparto tecnico
colorato e convincente. La possibilità di affrontare le modalità cooperative e
competitive in compagnia di amici, grazie all’utilizzo dello split screen, è un
valore aggiunto in questa nuova produzione targata PopCap Games. Problemi,
annosi, di bilanciamento a parte che ci auguriamo vengano risolti con i
prossimi aggiornamenti, ci sentiamo di consigliare il titolo a tutte le persone
che cercano uno shooter leggero, intuitivo, originale e senza troppi fronzoli.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8

Gameplay: 8

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise




WhatsApp, un file Mp4 mette a rischio la sicurezza

Utenti di WhatsApp attenzione, un file Mp4 può mettere a
rischio la sicurezza della popolare applicazione di instant messagging e
consentire a malintenzionati di prendere il controllo del dispositivo. L’allarme
è stato lanciato dalla stessa società di proprietà di Mark Zuckerberg che conta
oltre 1 miliardo e mezzo di utenti attivi ogni mese. Viene consigliato agli
utenti di aggiornare l’app all’ultima versione in cui è stata inserita una
correzione di sicurezza. Secondo il sito GbHackers, al momento non ci sono prove
concrete del fatto che questa vulnerabilità sia stata sfruttata, ma in ogni
caso è bene proteggere il proprio WhatsApp eseguendo l’update. A fine ottobre
l’applicazione ha fatto causa alla società israeliana Nso, accusandola di
essere responsabile di attacchi mirati a circa 1.400 suoi utenti, utilizzando
uno spyware, cioè un software spia. Il problema è stato classificato come
“critico”. Un attacco di questo tipo avrebbe permesso all’hacker di
scaricare e installare sui dispositivi violati un malware, un software maligno,
oltre a rendere accessibili e trasferibili i dati sensibili contenuti nello
stesso. E tutto questo a insaputa dell’utente. Facebook ha dichiarato di aver
preso in carico il problema, etichettando la vulnerabilità come “CVE-2019-11931”.
“WhatsApp lavora costantemente per migliorare la sicurezza del servizio.
Rendiamo pubblici i potenziali problemi che abbiamo, risolvendoli con le
migliori pratiche del settore. In questo caso, non vi è motivo di credere che
gli utenti siano stati colpiti”, ha spiegato un portavoce della società. Sempre
secondo il sito GbHackers, le versioni interessate da questo problema sono,
nello specifico, quelle precedenti alla 2.19.274 su Android e alla 2.19.104 per
quanto concerne Whatsapp Business, alla 2.19.100 su iOS e alla 2.19.100 per
Business, e pari o inferiori alla 2.18.368 su Windows Phone. Per mettersi al
sicuro gli utenti devono mantenere l’applicazione aggiornata e non aprire file
o filmati, in particolare quelli con estensione MP4, provenienti da fonti non
conosciute. Eseguire costantemente gli update, ricordiamo, è l’unico modo di
mantenere le applicazioni al cento per cento sicure e non incappare in alcun
tipo di problemi. Non ignorate mai gli aggiornamenti.

F.P.L.




Planescape Torment e Icewind Dale sbarcano su Xbox One, Ps4 e Switch

Planescape Torment e Icewind Dale arrivano su Xbox One, Ps4 e Nintendo Switch. Dopo la recente uscita di Baldurs Gate 1 e 2 (qui la nostra recensione), anche questi titoli vedono nuova vita sulle console di attuale generazione e sono pronti a farsi conoscere dalle nuove generazioni di gamers, ma anche a fare la gioia di chi li ha giocati nello scorso millennio. Planescape Torment e Icewind Dale rappresentano due modi diversi, quasi opposti di vedere i giochi di ruolo. Torment è un rpg a tutto tondo dove la storia la fa da padrone pur con una certa dose di libertà. Una sceneggiatura degna di un ottimo film, personaggi caratterizzati e ben definiti, e una serie di sidequest splendide ne fanno un gioco di ruolo una spanna sopra ai Baldur’s Gate. Icewind Dale invece, propone un’avventura lineare, in certi versi simile ad una sessione cartacea vera e propria di Dungeon’s and dragons, con missioni a “moduli” e un party tutto da costruire, dove la storia è sì importante, ma di contorno rispetto a strategia e combattimento. Ma andiamo ad esaminare i tioli: Icewind Dale si propone come una sorta di Baldur’s Gate più concentrato sul sistema di combattimento. Certo, una storia è sempre presente, e al giocatore è richiesto di affrontarla dalla propria prospettiva: il che significa che risolvere determinate situazioni in un modo o nell’altro spetta alla sensibilità del giocatore, con tutte le conseguenze del caso. Per tutto il resto, Icewind Dale è molto simile a Baldur’s Gate, ossia è un classico gioco di ruolo con visuale isometrica, con sistema di combattimento in “tempo reale” con la possibilità di poter usare una pausa tattica per poter gestire al meglio le azioni dei membri del party del giocatore. Il party, infatti, è una delle prime differenze rispetto a Baldur’s Gate che saltano all’occhio. Mentre in BG il giocatore deve costruire il suo party mentre avanza nell’avventura selezionando i compagni man mano che si avanza, in Icewind Dale si comincia immediatamente con un party formato di tutto punto. Questo potrebbe allungare decisamente i tempi della creazione dei personaggi, ma per fortuna, il gioco mette a disposizione un party di base creato precedentemente, facendo così risparmiare tempo al giocatore. Inutile dire che l’editor di creazione è sempre lo stesso ed offre, come al solito, un’elevatissima mole elevata di opzioni di personalizzazione della propria squadra. D’altronde, si parla sempre di una campagna di D&D, e Icewind Dale riesce a catturare lo spirito pienamente, regalando centinaia di ore di gioco. Parlando di Planescape Torment, invece, possiamo dire che il titolo riprende le meccaniche dei giochi D&D precedenti e le rielabora per presentare un tipo di esperienza unica nel mondo dei giochi di ruolo. Infatti, a differenza degli altri titoli di cui abbiamo parlato, Torment è quello che presenta il livello di scrittura più alto, con uno stile che non disdegna anche picchi di black humor.

Il giocatore veste i panni del Nameless One, e le
informazioni che il giocatore ha su di lui sono uguali a quelle che il
personaggio stesso è a conoscenza: ovvero, niente. Tutto quello che si sa è che
il protagonista è stato portato in un obitorio perché si credeva fosse morto,
solo che all’improvviso si alza e cammina. Uno scheletro fluttuante si avvicina
e interagisce con il protagonista, e decide di accompagnarlo per scoprire cosa
gli è successo. Infatti, il personaggio principale soffre di un’amnesia che non
gli consente di ricordare assolutamente nulla degli eventi che lo hanno portato
a finire in un obitorio. Starà al giocatore guidarlo alla ricerca della verità,
in un mondo incredibilmente complesso e tutto da scoprire. Come già detto,
Planescape Torment ha un accento decisamente maggiore sulla storia e su come il
giocatore la può navigare ed influenzare. I testi a schermo sono tantissimi,
scritti in maniera davvero squisita. Nonostante la storia abbia una trama
assolutamente straordinaria però resta comunque un gioco con vent’anni alle sue
spalle. Infatti, chi sta dinanzi lo schermo non sa mai bene quello che deve
fare, dove deve andare, e soprattutto come farlo. Tutto ciò è lasciato al
giocatore stesso da scoprire; questo perché Torment richiede un’immedesimazione
molto elevata, richiede di tuffarsi nel mondo di gioco con grande attenzione e
concentrazione, senza lasciarsi sfuggire dettagli e cercando di non tralasciare
nulla. Se si è in grado di superare gli ostacoli iniziali dovuti all’età di
questo titolo, ci si ritroverà davanti uno degli esempi più sopraffini di
narrativa videoludica e credeteci, vivere un’esperienza del genere è davvero
fantastico. Adesso che abbiamo fatto un veloce excursus su ciò che i due titoli
hanno da offrire, andiamo ad analizzare il comportamento di Icewind Dale e Planescape
Torment su console. Come per Baldur’s Gate, il lato puramente estetico non
rappresenta un problema, e anche lo zoom che va a “distorcere” le texture, è
parte integrante di un compromesso impossibile da risolvere. Non è possibile, a
meno di non ricreare completamente la grafica partendo da texture ad alta
definizione, ma è una discussione prettamente accademica in quanto questo tipo
di lavoro richiederebbe una mole di risorse tale da scoraggiare qualsivoglia
progetto. E forse, soprattutto per i puristi, non sarebbe nemmeno corretto.
Infatti, questi giochi vanno goduti per ciò che offrono in termini di storia e
gameplay, non certo per l’aspetto estetico. Dal punto di vista tecnico,
esattamente come con la collection di Baldur’s Gate, anche qui Skybound Games e
Beamdog hanno fatto un lavoro molto ben riuscito. Il sistema di controlli funziona
alla perfezione: anche se stiamo anni luce dalla precisione che tastiera e
mouse, per cui questi giochi erano originariamente pensati, la mappatura dei pulsanti
però è decisamente convincente. Certo, c’è bisogno di un primo periodo di
apprendimento; ma dopo un po’, navigare il mondo di gioco e fra le varie
finestre dei menu diventerà facile come bere un bicchiere d’acqua, specialmente
per chi è abituato ad avere a che fare con i giochi di ruolo. Tirando le somme,
possiamo dire che con Planescae Torment e Icewind Dale su console, i giocatori
si trovano in mano due rpg indimenticabili. Strategia e personalizzazione ai
massimi livelli faranno la gioia degli appassionati di D&D, mentre le ambientazioni
da brividi, soprattutto quelle di Planescape Torment sono quanto di meglio si
possa trovare in circolazione. Certo, ve lo ripetiamo, questi titoli sono adatti
a utenti esperti, ma se si ha pazienza e costanza, anche un giocatore di primo
pelo può imparare e apprezzare la maestosità di queste vere e proprie opere
videoludiche.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 9

Gameplay: 9,5

Longevità: 9,5

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise




Call of Duty Modern Warfare, il reboot che rilancia la saga

Call of Duty Modern Warfare è un reboot della saga che ha
rivoluzionato il concetto di sparatutto in prima persona ed è disponibile su
Pc, Xbox One e Ps4. Per anni gli appassionati di questo genere, dopo una prima
trilogia indimenticabile e diversi titoli futuristici che non hanno avuto lo
stesso impatto della serie MW originale, hanno desiderato un ritorno alle
origini, e quest’anno Activision e Infinity Ward hanno deciso di accontentare i
fan. Il nuovo capitolo di Call of Duty, infatti, non è altro che una rilettura
del titolo uscito nel 2007 che utilizza alcuni fra i personaggi iconici del
brand e apre la strada verso un futuro che sembra essere pronto a riscrivere
una delle storie più amate dal popolo dei gamers. Call of Duty Modern Warfare
ripropone i tre pilastri storici del brand, ossia: la Campagna single player,
una corposa componente multiplayer, vero fulcro del gioco per milioni di
appassionati, e una componente cooperativa basata su orde di nemici IA con le
Operazioni Speciali. Prima analizzare queste modalità, è però doveroso parlare
di un’altra novità: dopo anni e anni di riciclo e ritocchi del motore originale
della serie, lo studio stavolta ha introdotto un engine grafico completamente
nuovo, pensato per gli hardware di prossima generazione che anche sulle console
di attuale generazione si difende davvero bene con modelli estremamente curati,
animazioni fluidissime ed effetti speciali hollywoodiani che rendono tantissime
parti della campagna realistiche quasi quanto un film di guerra.

Come già detto, per quanto riguarda la storia in singolo, Infinity
Ward ha deciso di tornare ai suoi titoli più famosi, con un vero e proprio
reboot che riprende personaggi e tematiche dei vecchi titoli, inserendoli in un
nuovo contesto. La campagna, come detto dallo stesso studio di sviluppo, vuole
essere uno spaccato sulla guerra moderna. Nel 2007 Call of Duty 4: Modern
Warfare aveva lo stesso obiettivo, ma era figlio di un’altra epoca; 12 anni fa,
erano ancora forti tematiche come la guerra in medio-oriente, una guerra
diversa da quelle del passato, ma in cui ancora si potevano vedere eserciti,
regolari e non, scontrarsi tra loro. Dodici anni sono passati e con essi è
cambiato, almeno per il team di Infinity Ward, il significato di “guerra
moderna”. Per questo Call of Duty: Modern Warfare non presenta battaglie tra
eserciti di soldati, ma una guerra più subdola, che entra nelle vite di tutti i
giorni. Per far comprendere pienamente i toni di questo gioco e che cosa si intende
per “guerra moderna” ci basterà descrivere brevemente una missione: in una di
quelle iniziali, infatti, il giocatore si trova a Picadilly, una delle strade
più famose di Londra. La vita scorre come da norma per la metropolitana: folle
di persone che sciamano lungo i marciapiedi, le strade bloccate dal traffico,
le luci elettriche che illuminano la serata. Il giocatore, però, nei panni di
un agente delle forze speciali, stiamo cercando di fermare una cellula
terroristica che, a bordo di un veicolo, si lancia tra la folla e facendosi
esplodere. La battaglia comincia così, tra le strade di Londra, in mezzo ai
civili, in mezzo alle grida disperate. Le tematiche toccate dal gioco sono
forti e riguardano argomenti davvero contemporanei, che non sono affatto
semplici da trattare. Fortunatamente, Call of Duty: Modern Warfare riesce anche
a evitare un approccio eccessivamente apodittico all’argomento. Se in molte
missioni ci si trova nei panni di soldati occidentali, in altre si vestono i
panni dei ribelli dell’Urzikstan, che hanno intenti simili alle cellule
terroristiche di Al-Qatala, vale a dire la liberazione del loro Paese. In
particolare, ci sono missioni ambientate nell’infanzia della comandante dei
ribelli, Farah, che mostrano la violenza che è stata usata contro il suo popolo
e che portano a capire tanto i suoi motivi quanto quelli delle cellule
terroristiche, di cui Farah e i suoi ribelli non condividono i metodi. In
questa situazione è difficile fare una divisione netta tra buoni e cattivi. Ci
sono personaggi ambigui tra le forze occidentali, ma ve ne sono anche negli
altri gruppi. Infiltrarsi nei covi dei terroristi significa infiltrarsi in case
di persone che non sono dei veri soldati, persone che hanno una famiglia,
mogli, mariti e figli. Sono queste missioni, più di altre, che generano una
sensazione contrastante, gettando veri dubbi su quale sia la cosa giusta da
fare in queste situazioni. La campagna di Call of Duty Modern Warfare ha una
tenuta narrativa che la serie non vedeva dai tempi di Black Ops 2, e che
sicuramente rientra tra le migliori offerte dalla serie fino ad ora. Questo,
grazie anche ad un cast di personaggi che rimane impresso, anche dopo
l’avventura. Le storie dei quattro protagonisti sono ben delineate e, alla fine
della campagna, è chiaro che i loro volti sono destinati a tornare presto, ma saranno
accompagnati da alcune vecchie conoscenze. Chi vivrà vedrà. Volendo essere
puntigliosi e trovare un difetto per questa modalità, possiamo dire che la
durata della campagna è piuttosto breve, intorno alle sei/7 ore, e ad essere
penalizzata è la parte finale. Il ritmo narrativo subisce infatti un’improvvisa
accelerata verso la fine, che stona con il resto della storia. La sensazione
che si ha una volta portata a termine la storia è infatti quella che manchi
qualcosa per completare il tutto.

Lo step successivo alla Campagna in singolo è quello della
modalità cooperativa Operazioni Speciali, che è possibile affrontare in locale
(fino a 2 giocatori) e online (fino a 4 persone). Tale tipologia di gioco
permette ai giocatori di affrontare missioni top secret ad alto tasso di
adrenalina contro orde di soldati IA sempre più equipaggiati e letali. A
differenza della storia proposta da Call of Duty Modern Warfare, però, questa
modalità sembra realizzata in maniera piuttosto frettolosa, con poca cura per i
dettagli ed asset che sembrano quasi nati per altri utilizzi. Una volta
lanciata una delle missioni disponibili, ci si trova infatti in una gigantesca
mappa con strade, edifici e punti di interesse basati su mappe storiche della
saga, divisa in aree accessibili a seconda delle operazioni, che sembra
palesemente creata per una qualche modalità Battle Royale non ancora rilasciata
(ma si mormora che arriverà ad inizio 2020). Qui le missioni presentano
obiettivi piuttosto semplici come l’uccisione di determinati nemici o la
conquista di alcune aree, il tutto mentre si affrontano orde di soldati IA
sempre più forti, che vanno dai soldati semplici fino ai temibili Juggernaut o
altri che utilizzano carri armati ed elicotteri, fino a completare gli
obiettivi per poi essere estratti da un elicottero per terminare la missione. Il
tutto sembra molto bello se non che, ad oggi, raggiungere questo obiettivo è
praticamente impossibile: infatti i nemici respawnano di continuo anche a pochi
metri dai giocatori o addirittura alle loro spalle, e grazie al time-to-kill
bassissimo che accompagna ogni modalità del gioco, restare in piedi è un’impresa
disperata vista anche la scarsità delle coperture in giro per la mappa. L’unica
strategia che funziona al momento, ma solo in alcune aree, sembra essere quella
di nascondere un giocatore in un punto irraggiungibile all’IA, perché se
qualcuno resta in vita anche i compagni morti possono rientrare dopo circa un
minuto di attesa. Insomma, le operazioni speciali di Call of Duty Modern
Warfare a nostro avviso rappresentano una modalità sfruttata male e che al
momento offre pochi motivi per essere giocata. Tale tipologia di gioco necessiterà
di diversi aggiornamenti per diventare degna di attenzione o quanto meno al
pari di quelle viste nel 2009 con CoD MW2. Peccato davvero.

Differentemente dalle operazioni speciali, le modalità online di Call of Duty Modern Warfare raggiungono in pieno l’obiettivo: una partita tira l’altra ed è un piacere ritornare nelle mappe per un altro scontro. C’è da dire che fortunatamente quest’anno il multiplayer ha subito più di una rivoluzione soprattutto per quel che riguarda le modalità di gioco, che guardano sia a giochi di guerra su grande scala come Battlefield che a titoli che prediligono le lotte due contro due. Ovviamente è presente anche il multiplayer “classico”, dove due squadre di 5 o 6 giocatori si affrontano in mappe medio-piccole nelle classiche modalità che ormai famose della saga come il Deathmatch a Squadre, Cerca e Distruggi ma anche lo spassoso Attacco Hacker che ricalca le regole del CeD tranne che per il fatto che i compagni possono essere rianimati, creando così dinamiche di ingaggio molto più variegate con un 1v4 che può tranquillamente diventare 4v2 se il giocatore rimasto è bravo ad aggirare i nemici. On Call of Duty Modern Warfare anche le meccaniche di gioco hanno subito alcuni cambiamenti: velocità di movimento ridotta, tempi di mira allungati, possibilità di agganciarsi alle coperture per sbirciare più al sicuro e ottenere una mira più precisa a discapito della mobilità, mappe con tanta verticalità e dove lo scavalcamento degli ostacoli risulta molto più immediato rispetto a prima hanno portato a un approccio più cauto e meno da “Rambo”. Da tutto questo e da livelli di salute molto più bassi rispetto ai classici CoD ne deriva uno stile di gioco più fluido ma anche più lento e ragionato, amplificato dall’impressionante volume sonoro dei passi che rivelano rapidamente la posizione ai nemici circostanti e dal ritorno delle letali mine claymore. Ovviamente in Call of Duty Modern Warfare c’è anche la possibilità di personalizzare le proprie classi. Via il sistema Pick 10, si torna al sistema inventato nel 2007 da Infinity Ward stessa nel primo Modern Warfare, dove ogni slot ha un utilizzo specifico e vanno occupato per forza partendo dall’arma principale fino ad arrivare alle granate e ai perk. Tra questi si sottolinea la presenza di ritorni eccellenti come Fantasma, che nasconde i giocatori ai radar degli aerei spia, o un perk inedito che ricarica automaticamente ogni 30 secondi granate, claymore, flashbang o qualunque altro equipaggiamento in possesso del giocatore. La chicca del multiplayer di Call of Duty Modern Warfare però è l’Armeria, luogo dove è possibile creare migliaia di combinazioni letali per personalizzare al meglio qualunque arma, cambiandone anche drasticamente l’utilizzo. Insomma, in questo nuovo capitolo della serie sparatutto più famosa del mondo i contenuti non mancano di certo e non resta altro che vedere come se la caverà poi Infinity Ward con il supporto post-lancio. Al momento non ci sono neanche microtransazioni (con gli sviluppatori che hanno dichiarato di rilasciare tutte le mappe gratuitamente e di non introdurre meccaniche loot-box), mentre diverse novità come il cross-play tra tutti i sistemi e il supporto mouse e tastiera sono già delle novità più che benvenute. Presente ovviamente anche la localizzazione completa in italiano del titolo che rende l’avventura ancora più bella da vivere e totalmente immersiva.

Come già accennato, grazie al nuovo motore grafico Call of Duty: Modern Warfare porta la serie Activision verso nuovi standard qualitativi. Chiaramente ciò va a incidere sulle prestazioni del gioco in termini di frame rate e se vi state domandando su quale piattaforma gira meglio il titolo? Bene ecco il mostro responso riguardo la campagna: la maggiore risoluzione utilizzata da Infinity Ward su Xbox One X rende questa versione del gioco non sempre stabile e talvolta soggetta a cali anche abbastanza vistosi, cosa che di contro non accade su PS4 Pro dove la console Sony offre più stabilità a scapito di una qualità grafica leggermente inferiore. Per quanto concerne invece i modelli base, PS4 e Xbox One, la situazione appare decisamente più problematica dove il target dei 60 fps spesso e volentieri non viene raggiunto. Ovviamente, quest’utima analisi di Call of Duty Modern Warfare è mirata a evidenziare aspetti assolutamente non percettibili da occhi inesperti. Il titolo offre un’ottima esperienza su entrambe le console e ovviamente anche su Pc. Quindi, alla luce di quanto detto, se siete alla ricerca di uno sparatutto in prima persona che ricordi i CoD di fine decennio scorso, il nuovo prodotto di Activision e Infinity Ward sarà una vera e propria gioia. Con questo reboot della saga il brand sembra finalmente aver trovato la via d’uscita dal tunnel di buio e monotonia in cui era finita negli ultimi anni. Quindi, tirando le somme, siamo assolutamente certi che la riedizione del grande classico del 2007 sarà decisamente un prodotto apprezzato dalle nuove generazioni di gamers, ma anche da chi 12 anni fa giocava al titolo originale.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Gameplay: 9

Sonoro: 9

Longevità: 9,5

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise