Zoom è l’app più scaricata ad aprile

Nuovo record per Zoom, la videochat divenuta popolarissima in seguito all’epidemia di coronavirus. Secondo gli analisti di Sensor Tower, ad aprile è stata la app più scaricata – esclusi i videogiochi – a livello mondiale, superando il social TikTok. I download di Zoom dai negozi App Store per iPhone e iPad e Google Play per dispositivi Android hanno sfiorato i 131 milioni, 60 volte di più rispetto all’aprile 2019. Il 18,2% del download complessivi è avvenuto in India, il 14,3% in Usa. Questa prima posizione occupata è sicuramente il dato più eclatante, visto che l’app che permette conferenze multiple in videochiamata è letteralmente esplosa con il periodo della quarantena imposta dall’emergenza sanitaria attuale. La cinese TikTok si piazza così al secondo posto con 107 milioni di download (2,5 volte di più di un anno fa), di cui il 22% in India e il 9,4% in Usa. Il dato però è presumibilmente sottostimato perché non include i download effettuati da negozi per Android diversi dal Google Play, che in Cina non è disponibile. Facebook, WhatsApp, Instagram resistono tra le top app e, sempre per quanto riguarda il medesimo periodo di tempo preso in esame dalle statistiche, si attestano rispettivamente alla terza, quarta e quinta posizione globale. Messenger è sesto. Al settimo posto si trova Aarogya Setu, la app indiana per tracciare i contagi di Coronavirus che il governo di Nuova Delhi ha reso obbligatoria per buona parte della popolazione. Ottava e decima sono rispettivamente Google Meet e Microsoft Teams, cioè le app per videoconferenze dei due colossi hi-tech, mentre completa la top ten, al nono posto, Netflix. Insomma, al tempo del Covid 19, cambiano le tendenze e, vuoi per esigenze lavorative, vuoi per via del dover stare a casa, Zoom è salita di diritto sul podio.

F.P.L.




Bleeding Edge, un “Hero Arena” con stile da vendere in esclusiva per Pc e Xbox One

Con Bleeding Edge i ragazzi di Ninja Theory provano ad allontanarsi dal seminato, percorrendo la strada del brawler multiplayer online. Microsoft, essendo il gioco in esclusiva su Xbox One e Pc, ci ha gentilmente fornito un codice per testare il videogame e nelle prossime righe vi esporremo la nostra analisi. Ma che cos’è questo Bleeding Edge? Il titolo non è assolutamente un FPS. Non è un battle arena, ma nemmeno un MOBA in terza persona. La produzione può essere definita come un “hero arena” in cui il combattimento a muso duro diventa l’unico vero protagonista sul palcoscenico. Scontri quattro contro quattro, due modalità di gioco, tre classi e undici eroi: sono questi gli ingredienti alla base di Bleeding Edge, ingredienti che lo rendono un uragano di azione al cardiopalma fatto di rapide partite dalle quali diventa sempre più difficile staccarsi. Fra combo di fendenti rigorosamente in corpo a corpo, schivate, parry e contrattacchi fulminei, l’unico momento per riprender fiato è il breve intervallo di tempo che separa la morte dal respawn, mentre ciascuna sconfitta, per quanto amara, insegna nuove importanti lezioni. Ma cosa rende questo titolo così diverso dai generi sopra citati? Bleeding Edge è diverso da tutti grazie alla diversificazione delle meccaniche di gioco: come già accennato, gli eroi sono suddivisi in tre categorie, offensivi, tank e supporto, ognuno dei quali con quattro abilità utilizzabili (3 più la classica ultimate che si attiva a tempo), la schivata e la possibilità di sfruttare un hoverboard per muoversi più velocemente per la mappa. Altra novità è caratterizzata dallo stile del combattimento vero e proprio. Si gioca 4vs4, attualmente in due modalità, Dominio e Celle Energetiche. Nel primo caso bisogna conquistare delle zone di controllo a tempo e ottenere più punti degli avversari, ovviamente anche le uccisioni accumulano punti. Nella seconda modalità, invece, basterà raccogliere le celle energetiche sparse per la mappa e consegnarle in specifici luoghi, facendo attenzione a non venire uccisi per non perdere le stesse celle ottenute.

Ma come si gioca? Ogni eroe presente nell’Officina mette sul piatto una combo base che può essere una scarica di pugni, un turbine di lame o una sventagliata di pallottole, assieme a tre immancabili abilità con tempi di “cooldown”, attacchi da sfruttare con parsimonia per sterminare gli avversari più duri. Prendiamo per esempio il ninja Daemon: oltre a disporre della fidata nodachi con cui affettare le sue prede, può scattare rapidamente per chiudere il gap, lanciare manciate di shuriken dalla distanza e, addirittura, diventare completamente invisibile per svariati secondi. Giocando solamente in 4vs4 è chiaro che bisogna necessariamente ragionare su come suddividersi. Giocare di squadra è fondamentale e pretendere di vincere con tre o quattro personaggi offensivi senza un curatore equivale ad andare incontro a morte certa, così come sperare di giocarsela per conto proprio. Il team deve quindi collaborare, muoversi in sintonia e comunicare. In breve in Bleeding Edge non si vince se non si gioca insieme e se non si scelgono personaggi in grado di lavorare in maniera sinergica. Le pure meccaniche di combattimento sono molto divertimenti e soddisfacenti, anche se abbiamo constatato qualche piccolo problema di bilanciamento con alcuni eroi e abilità, dovute anche a una nuova caratteristica, le mod. Ogni personaggio può infatti disporre di tre slot mod da inserire, queste possono essere “fabbricate” con gli appositi punti e permettono di dare dei vantaggi sul danno, la vitalità o su alcune abilità. Anche se è molto probabile che uscirà una build meta per ognuno, è comunque positivo che ci sia la possibilità di cambiare lo stile di combattimento. In ogni caso, la sostanza non manca, e il potenziale per crescere e fare bene in prospettiva sembrerebbe esserci tutto. Il problema sta tuttavia nella forma con cui Bleeding Edge si è presentato sul mercato: con appena due modalità, undici eroi e soltanto cinque mappe disponibili, la quantità di contenuti al lancio appare oggettivamente risicata. Allo stato attuale, Bleeding Edge sembra essere una scommessa affascinante, ma forse anche un filo azzardata da parte di Ninja Theory. Ancora una volta agli sviluppatori inglesi non sono mancati né il coraggio né tantomeno l’apprezzabile voglia di uscire fuori dagli schemi, osando proporre qualcosa di sorprendentemente lontano dai loro canoni: il risultato è uno strano picchiaduro online a squadre con sfumature da MOBA, che se da un lato si distingue per il carattere piacevolmente sopra le righe e per un’appagante profondità di gameplay, dall’altro denota manifesti limiti di contenuti e una certa immaturità nello sviluppo.

 Ad ogni modo il potenziale a Bleeding Edge non sembra di certo mancare, e anzi si intravedono comunque le basi per qualcosa di incoraggiante: resta da vedere quale sarà il supporto al titolo nel medio/lungo periodo, l’unico fattore effettivamente in grado di trasformare quella che oggi è una promessa con tanta personalità in un’esclusiva davvero degna di nota. A livello stilistico Bleeding Edge è invece assolutamente insuperabile, potrebbe essere definito a tutti gli effetti un videogioco punk: sono punk i personaggi, come il musicista metal Nidhoggr, che si fa largo menando fendenti di chitarra elettrica, o l’assassino messicano El Bastardo, che si getta nella mischia accompagnato dal baffo a manubrio e da un paio di machete. È punk l’ambientazione, un mondo in cui innesti cibernetici e skateboard volanti hanno raggiunto il mass-market, dando vita allo spietato Fight Club di Bleeding Edge. È punk anche il gameplay, che rifugge gli schemi più affermati per tentare un percorso ancora inesplorato. Insomma Bleeding Edge è un gioco che trasuda Punk e “tamarraggine” da tutti i pixel. Tirando le somme, l’ultima fatica di Ninja Theory è un’opera stilisticamente inattaccabile, un concentrato di intrattenimento da cui diventa difficile staccarsi, ma purtroppo è un prodotto che se non verrà supportato a dovere, potrebbe rischiare di essere sopraffatto da altri titoli simili. In ogni caso, se si ha voglia di provare qualcosa di nuovo, decisamente folle e che possa essere giocato specialmente in gruppo, Bleeding Edge è un prodotto che non va assolutamente lasciato scappare.

GIUDIZIO GLOBALE

Grafica: 8,5

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




Facebook, Zuckerberg ferma gli eventi “fisici” fino a metà 2021

Facebook cancella fino a giugno 2021 tutti gli eventi “fisici” programmati che prevedono la presenza in uno stesso luogo di più di 50 persone. Lo ha scritto il Ceo del popolare social network Mark Zuckerberg in un post in cui ha spiegato anche che il social sta “rallentando” i piani di ritorno dei dipendenti negli uffici, “per dare priorità all’aiutare il resto della nostra comunità e l’economia locale”. Tra gli eventi sospesi, ha reso noto Facebook, ci sono anche gli appuntamenti locali che erano stati programmati in sostituzione della F8, la conferenza degli sviluppatori della compagnia, già annullata nelle scorse settimane. Altri eventi in calendario si svolgeranno online. La mossa segue quella di Microsoft, che ha reso online tutti i suoi eventi fino a luglio 2021. Sul telelavoro, partendo dal presupposto che la maggior parte dei dipendenti di Facebok può lavorare da casa molto più facilmente rispetto ad altre persone, Zuckerberg ha detto che i suoi impiegati useranno lo smart working “almeno fino alla fine di maggio”. Chi avrà necessità di farlo, ad esempio per accudire i figli, potrà lavorare da casa per tutta l’estate. A entrare prima in ufficio – ha aggiunto – potrebbero essere alcuni ingegneri e i dipendenti che si occupano di esaminare i contenuti pubblicati sul social per contrastare il terrorismo e prevenire suicidi o autolesionismo, per i quali il telelavoro è più complicato. Giugno 2021 è una data molto lontana ma la scelta forte di Facebook potrebbe fare da apripista a ulteriori aziende. Un incoraggiamento quindi a lavorare da casa e ad evitare assembramenti che possano mettere a rischio la salute di tutti. Probabilmente gli eventi tech dal vivo diminuiranno drasticamente anche nel periodo “post-coronavirus” favorendo l’e-Commerce, gli eventi in live streaming e le presentazioni virtuali.

F.P.L.




Yu-Gi-Oh! Legacy of the Duelist: Link Evolution è su Pc e console

Yu-Gi-Oh! Legacy of the Duelist: Link Evolution è senza ombra di dubbio il videogame della saga in assoluto più completo, con la possibilità, all’interno della sua compagna principale, di ripercorrere gli eventi di tutte e sei le serie (Yu-Gi-Oh!, GX, 5D’s, ZEXAL, ARC-V e VRAINS) contando su tutte le rispettive regole, carte da gioco e, dunque, su un database impressionante di circa diecimila card giocabili. Disponibile già su Switch (è stata un’esclusiva temporale ndr.) e finalmente adesso anche su PS4, Xbox One e PC, Yu-Gi-Oh! Legacy of the Duelist: Link Evolution mette a disposizione quindi un numero incredibile di ore di gioco per tutti gli appassionati del brand che si vogliono godere in maniera assolutamente completa le mille sfaccettature del famoso card game. A livello di gameplay, l’esperienza di gioco si rivela essere assolutamente profonda e immersiva, il titolo infatti offre una campagna che funge da fulcro della produzione. Questa si compone di un quantitativo notevole di duelli che non soltanto permettono di rivivere alcune delle sfide più significative dei vari archi narrativi, ma sono anche essenziali per sbloccare nuove carte e per accumulare moneta di gioco. Tale valuta è spendibile in un apposito negozio, tramite il quale potrete acquistare le buste di carte suddivise per ciascun eroe, ed iniziare a dare sfogo alla compulsione da collezionismo e fantasia nell’ideare vari tipi di deck. Come se il piatto non fosse già piuttosto ricco in termini quantitativi, esiste po la possibilità di rigiocare tutti gli scontri nella prospettiva inversa, impersonando il villain o il nemico di turno. Questo non soltanto impenna vertiginosamente la longevità della campagna, che richiederà decine di ore per ottenere il 100% di completamento, ma consente anche di sperimentare nuovi mazzi e sbloccare nuovi eroi da sfidare nuovamente in una modalità apposita.

Come accennavamo, ogni parte della campagna di Yu-Gi-Oh! Legacy of the Duelist: Link Evolution ha una funzione ben precisa, infatti ciascuna delle sei serie, servirà a sbloccare carte sempre diverse, seguendo anche l’introduzione delle nuove meccaniche come evocazioni Synchro e Pendulum che il gioco non mancherà mai di introdurre con tutorial esaustivi, qualora non si conoscano già. Le regole ovviamente sono quelle ufficiali del card game, che valgono anche nei tornei: 8000 punti vita ed una sola evocazione normale di creatura per turno, con anche tutte le limitazioni che investono gli utilizzi ed il numero di determinate. L’intelligenza artificiale nel complesso ci ha convinto, infatti la difficoltà degli scontri è sempre coerente con il tipo di avversario che bisogna affrontare. Alcune delle sfide, specie le ultime di ciascuna delle campagne, si riveleranno discretamente impegnative, con avversari dai mazzi estremamente sinergici e sempre pronti a fare la mossa giusta. La modalità multigiocatore presente in Yu-Gi-Oh! Legacy of the Duelist: Link Evolution consente di lanciarsi in sfide contro altri player, utilizzando i propri mazzi per partite classificate e non. Così come, a completare il menu delle modalità in aggiunta alle sfide che danno la possibilità di duellare nuovamente e liberamente con tutti i personaggi sbloccati, c’è il Battle Pack. Si tratta di incontri casuali che metteranno i giocatori in condizioni particolari di sfida. In Gioco Sigillato, ad esempio, il proprio mazzo sarà assemblato casualmente con 10 pacchetti contenenti 5 carte ciascuno, mentre in Gioco Draft si potranno pescare un massimo di 45 carte in 3 turni di gioco. Nella sezione Modifica Deck, per concludere il repertorio, si ha accesso a tutte le carte sbloccate, e si potranno cercare, filtrare ed organizzare le carte sbloccate in maniera snella per comporre e salvare quanti più mazzi si vuole. Insomma di carne a cuocere ce n’è davvero moltissima.

A livello di fluidità il gioco si difende egregiamente, con un framerate stabile privo di qualsivoglia incertezza: ma purtroppo ci si trova anche dinanzi a un’architettura tecnica piuttosto scarna che finisce per macchiare quella che nel complesso è una buona produzione. Inspiegabile ad esempio la totale assenza di modelli 3d delle carte mostro, presenti già 12 anni fa su titoli per Nintendo DS. I pochi e brevi filmati che vengono riprodotti in seguito all’evocazione di mostri iconici mettono a nudo l’arretratezza del comparto tecnico, inadeguato purtroppo ai tempi di oggi. In ogni caso, Yu-Gi-Oh! Legacy of the Duelist: Link Evolution, trattandosi fondamentalmente di un card game riesce comunque a divertire e a “simulare” quanto si vede nell’anime. Tirando le somme, possiamo dire che il videogame dedicato al card game di Yu-Gi-Oh! è una produzione dedicata ai fan più irriducibili della serie. Se da un lato l’ottima longevità, unita a una completissima antologia di tutti gli archi narrativi della serie e di tutte le carte realizzate in oltre ventitré anni, mostrano una cura ineccepibile verso il materiale originale, dall’altro lato una costante superficialità, ed evidente pigrizia nella realizzazione grafica mina quella che poteva essere l’esperienza definitiva a livello videoludico. In ogni caso, il titolo è un ottimo mezzo per avvicinarsi al gioco di carte, ma anche una fantastica opportunità di collezionare virtualmente tutte le carte e passare ore ed ore a sfidare amici ed altri appassionati online.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 7

Sonoro: 8

Longevità: 8,5

Gameplay: 8

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise




AirPods X Generation, cuffie personalizzabili nel futuro di Apple

Apple vuole conquistare il mondo delle cuffie e non si accontenta del successo degli ormai popolarissimi auricolari AirPods. Il colosso di Cupertino, infatti, sarebbe pronto a espandere il proprio business portando sul mercato, entro l’anno, un paio di cuffie con il marchio della Mela. La nuova indiscrezione in questo senso arriva da Bloomberg. Apple vende già le cuffie a marchio Beats, azienda acquisita da Cupertino nel 2014. Ma il nuovo prodotto, che potrebbe chiamarsi AirPods X Generation, sarebbe diverso. La particolarità risiederebbe nella possibilità di personalizzare le cuffie cambiando alcune componenti: padiglioni auricolari e archetto si attaccherebbero magneticamente al telaio del prodotto. Sempre stando alle indiscrezioni, Apple sarebbe al lavoro su una versione più ricercata e confortevole in pelle e una più leggera e tecnica, pensata per l’attività fisica. La filosofia ricorda quella dell’Apple Watch, a cui collegare un cinturino sportivo in gomma o uno più elegante in pelle o in acciaio. Le cuffie di Apple, di cui si parla dal 2018, si collocano nella fascia alta del mercato, dove competeranno con prodotti di aziende come Bose e Sony. A bordo ci sarebbe la tecnologia già vista sugli AirPods: il chip H1 e l’assistente vocale Siri. Se le indiscrezioni di Bloomberg dovessero rivelarsi vere, il colosso di Cupertino potrebbe quindi lanciare sul mercato un prodotto di gran qualità, che farà tendenza e che potrebbe piazzarsi fra i dispositivi più affidabili di questo settore. Non resta altro che aspettare e tenere le dita incrociate.

F.P.L.




Doom Eternal, il re degli sparatutto è tornato

Doom Eternal arriva finalmente su Xbox One, Ps4 e Pc. Fan di
vecchia data e le nuove generazioni di gamers possono finalmente mettere le
mani sul nuovo capitolo del titolo che ha dato vita al genere sparatutto in
prima persona nel lontano 1993. Dopo il rilancio in pompa magna di Doom,
avvenuto quattro anni fa, Id Software è tornata sul glorioso franchise per dare
seguito al successo raccolto dal riuscito reboot, rendendo ancora più brutale
un sistema di gioco che appariva già estremo e aggressivo. Se Doom era una carica
senza freni nelle viscere dell’inferno, Doom Eternal è un treno in fiamme lanciato
a tutta velocità che sfreccia contro un pianetta fatto di esplosivi. Esagerato,
frenetico, brillantemente violento e galvanizzante, questo seguito dimostra
quanto il genere stesso si sia spinto verso nuove vette di eccellenza,
superando in ogni aspetto il validissimo prequel di quattro anni fa. Doom
Eternal è ambientato otto mesi dopo il capitolo precedente, con le forze
demoniache che hanno ormai conquistato oltre la metà del pianeta Terra e hanno
quasi del tutto soggiogato la specie umana. Per tentare di invertire la
tendenza, ripristinare gli equilibri e scacciare l’orda impazzita di demoni, il
Doom Slayer ritorna col compito di colpire il cuore dell’inferno, sgominando e
uccidendo i tre gran sacerdoti. Benché da Doom Eternal, come generalmente da
ogni Doom, non ci si aspettasse chissà quali qualità narrative, bisogna dire
che anche da questo punto di vista ci sono stati degli importanti passi in
avanti. La storia rimane però il punto più debole della produzione, soprattutto
considerando quanto la serie non riesca ancora a distaccarsi dai grandi cliché
che si porta dietro fin dagli albori. Doom Eternal, oltretutto, fa l’errore di
condensare tutte le informazioni più importanti nella fase finale, gettandovi
letteralmente addosso una discreta quantità di file di testo che pongono la
lente d’ingrandimento sugli elementi più rilevanti. Uno dei pregi della nuova
produzione Id Software è che fa evolvere il concept basico del reboot
estremizzandone la frenesia, la tecnica, la precisione dei comandi richiesta e
la qualità globale, inserendo meccaniche che spingono il giocatore alla pura
esaltazione dei sensi. In un tripudio di esplosioni, massacri spietati, tempeste
di frattaglie e sangue, e un continuo carnaio di demoni capace di far
impallidire i concetti stessi di morte e genocidio, Doom Eternal diventa il
nuovo termine di paragone per gli FPS con impostazione “vecchia scuola”. A tal
proposito, la maggiore velocità di movimento del Doom Slayer e dei nemici,
assieme alla possibilità di eseguire un doppio scatto, amplia notevolmente la
mobilità globale, finalizzata a manovre il più possibile rapide e con ristretti
margini di errore. Tutto questo esalta un gameplay già ben rodato che diventa
una vera e propria gioia per chi sta dinanzi lo schermo.

Approfondendo proprio il lato gameplay, molto interessante è
il sistema di progressione del personaggio. Scegliere opportunamente in cosa
specializzarsi progredendo nella storia farà la differenza in molteplici
occasioni, anche se una volta giunti alle fasi finali il personaggio avrà raggiunto
comunque il massimo delle sue potenzialità, a patto naturalmente che si giochi
con lo scopo di ricercare tutti i potenziamenti. Per quanto riguarda invece l’evoluzione
delle armi, nel corso delle missioni ci sono dei piccoli droni nascosti che
portano con sé delle mod di potenziamento. Una volta trovati, sta al giocatore
scegliere per quale arma e quale potenziamento sbloccare. Questi sono di
diversa natura, come un mirino di precisione per il fucile pesante, che lo
trasforma in un fucile da cecchino quando si mira, o una mod per il fucile a
pompa che gli permette di sparare delle piccole granate. Alcune di queste
modifiche consentono di abbattere rapidamente dei nemici specifici: con il
fucile a pompa si potrà ad esempio sparare delle granate in bocca ai “Cacodemoni”
ed eseguire subito un’uccisione epica, oppure utilizzare il fucile pesante e la
modifica di precisione per distruggere più semplicemente gli armamenti in
nemici come il Mancubus o il Revenant. Oltre a ciò, ogni mod si può
ulteriormente potenziare utilizzando i punti battaglia, ottenibili uccidendo
nemici e completando delle sfide particolari durante le missioni. Quando anche
tutti i potenziamenti di una data mod saranno sbloccati, si avrà accesso a una
sfida maestria, che richiederà di eseguire più volte una precisa azione e che
sbloccherà così un ultimo bonus per quella modifica. Immancabile la classica
motosega, compagna del Doom Slayer da sempre e perfetta per squarciare i
demoni. Per quanto riguarda l’armatura la gestione è più semplice. Sempre
durante le missioni si possono trovare dei gettoni armatura, che si possono
spendere nell’apposito menù per comprare dei potenziamenti, raggruppati in
cinque categorie: ambiente, fondamentali, lanciafiamme, granate a
frammentazione e bombe congelanti. Sebbene queste abilità siano meno impattanti
delle modifiche delle armi, riescono comunque a fornire un significativo
supporto negli scontri. Ci sono poi i cristalli delle sentinelle, anch’essi
nascosti, che servono a potenziare le statistiche quali la salute, la corazza o
il numero massimo di munizioni trasportabili. Sbloccando i potenzialmente in
coppie precise, si possono ottenere ulteriori bonus che potenziano il nostro
personaggio e che migliorano il Getto Infuocato e il Pugno di Sangue, un’altra
novità di Doom Eternal, che consiste in un pugno potenziato in grado di
danneggiare tutti i nemici nelle vicinanze o di spaccare rapidamente le corazze
di nemici pesanti come il Cybermancubus. Le rune infine, in tutto nove,
rappresentano un ulteriore sussidio al giocatore migliorandone alcune abilità o
aggiungendone di nuove. Consentono ad esempio di eseguire le uccisioni epiche
più rapidamente, generare salute dalle uccisioni con il Pugno di Sangue o
sopravvivere occasionalmente a un colpo mortale. Esse non avranno bisogno di
alcun potenziamento e se ne possono equipaggiare fino a un massimo di tre. Il
titolo, durante la nostra prova si è dimostrato un prodotto adatto anche a quei
giocatori che cercano una vera e propria sfida, infatti, aumentando la
difficoltà, Doom Eternal si rivela davvero proibitivo, toccando picchi di
estremizzazione in cui anche agendo pressoché alla perfezione si può finire per
essere sopraffatti in pochi istanti. Non bastassero già i demoni introdotti nel
reboot, nel titolo fanno il loro debutto avversari come il doom hunter, bestione
coriaceo e in grado di muoversi con grande rapidità su un carrello a ruote, e
il razziatore, un nemico che vi ossessionerà e vi farà urlare di rabbia poiché
vulnerabile solo durante brevi finestre in cui sta per attaccare.

Doom Eternal si fregia anche di una divertente modalità multigiocatore,
chiamata Battle Mode. Questa coinvolge gli utenti in intensi scontri uno contro
due, schierando il DOOM Slayer contro una coppia di abomini demoniaci. Uno
scontro solo apparentemente impari, dato che il Marine può contare su una
resilienza di base ben maggiore rispetto a quella dei suoi avversari, sostenuta
dalle nuove meccaniche di “caccia alle risorse” inserite da id
Software nella ricetta ludica di questo nuovo capitolo della saga. Meccaniche
di autosostentamento valorizzate da un arsenale al gran completo, comprensivo
di tutti i moduli secondari disponibili per ciascuna delle bocche da fuoco.
Dall’altra parte della barricata, ognuno dei cinque demoni inclusi nella
selezione iniziale è dotato di specifiche capacità di movimento, attacco e
difesa, in sostanza quelle viste all’opera sui campi di battaglia della
campagna principale. Ogni partita si svolge al meglio dei 5 round in arene di
dimensioni contenute, caratterizzate da un design intelligente che offre a
entrambi gli schieramenti una buona gamma di opportunità tattiche per il
raggiungimento di un unico obiettivo: annientare il nemico. Per ottenere la
vittoria è dunque necessario mantenersi in continuo movimento, cercando di
sfruttare al meglio le caratteristiche dello scenario (teletrasporti,
piattaforme di salto, barriere, ecc.) e utilizzando ogni pezzo d’armamentario
per infliggere danni ai avversari, senza dimenticare di trarre il massimo dalle
nuove routine “puzzle combat” di Doom Eternal per mantenere salute e
armatura a livelli ottimali. In giro per la mappa non mancheranno infatti
demoni minori da convertire brutalmente in risorse per la sopravvivenza dello
Slayer, che dovrà inoltre gestire saggiamente i suoi sforzi bellici per
soddisfare senza sforzo una condizione chiave per il suo trionfo: entrambi i
contendenti dovranno morire entro un massimo di 20 secondi l’uno dall’altro,
onde evitare che quello abbattuto ritorni in vita (con metà della salute). Il
modo migliore per raggiungere lo scopo è quindi dosare in maniera assennata il
danno inflitto a ognuno dei demoni, al fine di ridurre al minimo i tempi tra
un’uccisione e la successiva, e conquistare così la vittoria del round. Dinamiche
che, esattamente come avviene nella modalità principale, richiedono abilità,
sangue freddo e grande consapevolezza situazionale, da sfruttare per comporre
alla velocità della luce strategie con un buon equilibrio tra rischio ed
efficacia offensiva. Sul fronte opposto, la priorità numero uno è mantenere un
ottimo controllo del terreno di scontro, in modo da ostacolare la corsa del
nemico con ogni mezzo possibile, costringendolo a incassare più colpi di quanto
non sia in grado di sopportare. A questo scopo, oltre al proprio assortimento
di poteri unici, ogni demone può infatti scegliere tra due set di azioni
tattiche, con abilità che permettono di evocare sul campo di battaglia alleati,
creare pericoli ambientali aggiuntivi, o attivare vantaggi di vario genere. Tutte
queste build includono inoltre un comando che impedisce al Doomguy di
raccogliere risorse aggiuntive per 3 secondi, ottimo per limitare le facoltà
rigenerative del nemico in vista del colpo fatale. Va da sé che ciascuna di
queste capacità ha tempi di cooldown coerenti con la sua efficacia, comprese
quelle che compongono la dotazione principale dei cinque demoni. Insomma, una
modalità semplice, frenetica, ma nello stesso tempo densa di meccaniche
profonde e interessanti.

Per quanto riguarda la grafica, nonostante a livello
estetico la versione di riferimento sia senza alcun dubbio quella PC, nella sua
versione console Doom Eternal non se la cava affatto male. Abbiamo provato il
gioco su Xbox One X, dove con i suoi 60 fotogrammi al secondo, fissi, ha saputo
mantenere alto il ritmo dell’azione, senza nemmeno un calo riscontrato nelle
sedici ore circa richieste per completare la campagna. Durata che tra l’altro
aumenta leggermente se si vuole puntare a un completamento al 100%. In ogni
caso l’attuale generazione di console invece si difende particolarmente bene.
Su PS4 Pro e Xbox One X il gioco è riprodotto a 60 fps praticamente granitici e
in upscaling in 4K. PS4 Pro spinge fino a 1440p (per poi upscalare), mentre
Xbox One X addirittura a 1800p. Su PS4 classica il gioco gira a 1080p a 60 fps,
mentre Xbox One e One S a 900p (upscalato fino a 1080p) sempre a 60 fps. Tutte
le versioni, tranne quella per Xbox One classica, supportano anche l’HDR. Tutto
questo elenco per dire che anche stavolta Bethesda ha svolto un gran bel lavoro
per quanto riguarda il port per console. Sessanta fps per un gioco del genere
sono veramente il minimo sindacale, e non era poi così scontato visto
l’utilizzo di un nuovo motore grafico, l’id Tech 7, ancora più ricco di effetti.
All’ultimo posto, ma non per importanza, parliamo del comparto sonoro. Al di la
del sound design di armi, ambienti e nemici che funziona egregiamente, è la
colonna sonora a meritare il maggior elogio. Se si è amanti del metal sarà
difficile non apprezzare ciò che id Software ha portato in Doom Eternal, tracce
sonore davvero esaltanti che galvanizzano non di poco tutti i vari
combattimenti. Mick Gordon, compositore ufficiale, è riuscito nell’intento di
portare l’essenza del brand in versione musicale. Un vero e proprio piacere per
le orecchie di chi gioca. Tirando le somme Doom Eternal è un vero è proprio
capolavoro. Difficilmente era possibile far meglio. Il gioco id Software e
Bethesda convince e stupisce dall’inizio alla fine, offrendo al giocatore
decine di ore di massacri continui, evolvendo il precedente capitolo in un prodotto
praticamente quasi perfetto, dove gameplay, level design, colonna sonora si
uniscono in un connubio qualitativo sorprendente. Doom Eternal è un’autentica
esperienza d’intrattenimento che punta tutto sull’azione cruda, violenta,
frenetica e semplicemente esagerata che il gioco mette davanti, facendo
immergere i giocatori in uno stile anni 90 evoluto e mai veramente dimenticato.
Il re degli FPS è tornato, lunga vita al re.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9,5

Sonoro: 10

Gameplay: 9,5

Longevità: 9

VOTO FINALE: 9,5

Francesco Pellegrino Lise




Xiaomi Mi 10, il nuovo smartphone di fascia alta arriva in tre versioni

Xiaomi ha svelato, via Facebook, un’ampia gamma di nuovi
prodotti, fra smartphone e altri dispositivi “intelligenti”, che saranno destinati
anche al mercato tricolore. Gli smartphone sono i modelli Mi 10, Mi 10 Pro e Mi
10 Lite 5G, posizionati tutti nella fascia alta o altissima del mercato; gli
altri dispositivi sono 2 router, un purificatore d’aria, un paio di cuffie
wireless e soprattutto la Mi Tv 4S 65”, uno dei televisori che Il Secolo XIX
aveva visto in anteprima a novembre 2019. Per quanto riguarda i telefonini: il
Mi 10 e il Mi 10 Pro sono caratterizzati da un design 3d curvo davanti e
dietro, con bordi lisci e sagomati, entrambi con Gorilla Glass 5 sulla parte
anteriore e posteriore. Per tutti e due, il display è un amoled curvo
“edge-to-edge” da 6.67 pollici a 90Hz e il processore è lo “Snapdragon 865 5G”
di Qualcomm, con velocità di clock sino a 2,84 Ghz; differisce leggermente la
capacità della batteria: 4500 mAh per il Mi 10 Pro e 4780 per il Mi 10. Quanto
al comparto fotografico, tutti e due gli smartphone hanno il sensore da 108
megapixel che aveva debuttato sul Mi Note 10, cui il Mi 10 Pro abbina due
teleobiettivi e una lente ultra-grandangolare e Mi 10 abbina una lente
ultra-grandangolare e altri due obiettivi, di cui uno “macro”. Viste le
caratteristiche da dispositivi di fascia alta, i prezzi non sono esattamente convenienti
e segnano l’avvicinamento del marchio Xiaomi alla fatidica “quota 1000” (euro):
a partire dal 7 aprile, il Mi 10 Pro è disponibile in Italia in bianco o grigio
al prezzo di 999,99 euro (versione 8-256); il Mi 10, in verde o grigio, si può
avere nelle versioni 8-128 oppure 8-256, rispettivamente al prezzo di 799,99
oppure 899,99 euro. L’azienda cinese ha fatto sapere che le vendite di entrambi
partiranno online su Xiaomi Italia e su Mi Store Italia, oltre che su Amazon e
sui siti delle principali catene di distribuzione; successivamente, saranno
presenti anche in tutti i negozi presenti sul territorio italiano. Chi deciderà
di pre-ordinare online i dispositivi (sino al 6 aprile) avrà in regalo le nuove
cuffie Mi True Wireless Earphones 2 con l’acquisto di un Mi 10 e il Mi Smart
Sensor Set (l’avevamo provato qui) con Mi 10 Pro. Fra gli altri prodotti
presentati dall’azienda asiatica, entro fine giugno sarà disponibile in Italia
la Mi Tv 4S 65”, un televisore smart con tecnologia 4k e Hdr10+, con già
installate app come Netflix, YouTube e Prime Video e altre scaricabili dal Play
Store di Google. L’apparecchio costerà 649,99 euro, ma nella prima settimana di
commercializzazione basterà aggiungerne altri 50 per portarsi a casa anche un
“pacco regalo” con dentro il nuovo Mi Air Purifier 3H, il router Mi AIoT AC2350
e il Mi Led Smart Bulb.

F.P.L.




Warlords of New York, The Division 2 si espande

Warlords of New York è la nuova espansione che amplia l’universo di The Division 2 (qui potete leggere la nostra recensione).  Quello che serviva alla produzione Ubisoft, dopo aver vagato nel nord-est americano, era un nuovo punto d’approdo e un po’ d’ordine nell’organizzazione delle attività. Soprattutto, serviva un motivo concreto per rispondere alla chiamata della Divisione ancora una volta e nuova linfa vitale a un end-game non proprio brillante. Warlords of New York prova a rispondere a tutti questi bisogni, e lo fa giocandosi una carta importante, quello del ritorno a casa, perché Manhattan, per tutti gli agenti, rappresenta l’inizio del viaggio in quanto, per chi non lo sapesse, la Grande Mela è stato il teatro degli scontri vissuti nel primissimo capitolo della serie The Division. In questa versione 2.0 di New York, la neve ha lasciato spazio all’erba incolta, a un’infinità di depositi di rifiuti abbandonati a margine delle strade che accompagnano ogni pattugliamento lungo le vie della metropoli. La città nella versione proposta da Warlords of New York è bella da vedere, bellissima da vivere, ma soprattutto mantiene un fascino innegabile forse figlio dei ricordi dei primi momenti di The Division, eppure dopo pochi minuti si capisce che le sensazioni non sono eredità del passato, ma emblema del presente. La conformazione topografica cittadina permette di giocare con l’illuminazione tra i palazzi, con i riflessi tra i resti delle macchine oppure con i rumori tra un vicolo e l’altro di qualche gruppo di nemici. Nella sua desolazione, New York è viva, piena di personalità più di quanta ne avesse Washington nella sua immensa storia e cultura tra musei e monumenti.  Tra un raggio di sole e l’altro però, New York mostra il suo lato tetro, putrido, marcio: i Rikers e i Purificatori presidiano le zone e le passeggiate innevate del primo capitolo hanno lasciato il passo a momenti concitati ricchi d’azione. New York è casa certo, ma una casa che è stata abbandonata da tempo e che non è più la stessa di prima.

Il pretesto di un nuovo inizio a Manhattan è dunque il modo
perfetto per introdurre indistintamente tra novizi e veterani il nuovo sistema
di endgame e di sviluppo narrativo che da qui al futuro condurrà gli anni di
supporto del titolo. L’ambientazione è però anche fulcro della narrativa di
Warlords of New York, la città è infatti divisa in quattro zone differenti,
ognuna dedicata a un agente rogue (i Warlords appunto) che bisognerà prima
scovare e poi affrontare in una caccia all’uomo che condurrà i giocatori nelle
braccia del caro e vecchio Aaron Keener. Il capitolo finale della trama legata
a Aaron Keener è gestito in maniera sapiente proprio grazie alle possibilità
offerte da New York e dai suoi quartieri così caratteristici. Ogni Warlords ha
poi una peculiarità ben definita che sfrutta appieno all’interno di uno
scenario ad hoc e riesce a creare diversi momenti memorabili. Purtroppo però,
questi frangenti risultano localizzati solo nella parte finale di ogni sezione
con gli agenti traditori, ovvero le missioni che conducono agli scontri. Ogni
fase preliminare, invece, soffre di una certa mancanza di pathos che purtroppo
in titoli di questo genere può sopraggiungere. Dopo aver provato e ultimato
Warlords of New York, quello che possiamo dire è che la storia gode di una
trama pensata in maniera sapiente nei suoi punti chiave, ma che sì perde ogni
tanto nella messa in pratica, a causa di un sistema, quello dei documenti
narrativi in-game, che ad oggi è forse troppo frastagliato e poco intuitivo.
Gli approfondimenti sulle figure dei Warlords ci sono, ma potranno risultare ai
giocatori meno attenti e più “frettolosi” più un’aggiunta opzionale e
completamente di contorno essendo legata alle registrazioni e agli ECHO. A
trarre vantaggio da questa situazione è proprio la figura di Keener che ad oggi
forse è una delle meglio riuscite di tutto il franchise di The Division. Per
quanto riguarda la giocabilità vera e propria, il Level Cap è stato
incrementato di dieci punti e dunque la campagna da circa otto ore permetterà
di passare dal livello 30 al livello 40 senza difficoltà, sia che si scelga di
portar dietro il proprio personaggio, sia che si decida di iniziare
direttamente la nuova campagna con un personaggio predefinito che partirà dal
livello 30. La trama ha poi l’obiettivo di far conquistare quattro nuove
abilità, ottenibili ovviamente dai quattro Warlords. Queste abilità, di cui non
parleremo per evitare spoiler, vanno a inserirsi pienamente nella rivalutazione
dell’ecosistema di loot e di progressione che adesso permette una maggiore
varietà in termini di specializzazioni. La progressione dal livello 30 al
livello 40 risulta invariata, si guadagna EXP, si cerca loot di rarità ed
efficacia sempre maggiore e si raggiunge il cap. Qui però tutto cambia e i
giocatori possono decidere di concentrarsi su diversi aspetti scegliendo dunque
tra build finalmente efficaci grazie ad armi e armature scelte al fine di
massimizzare le statistiche e abilità elevate a livelli di danno al nemico.

Chiaramente, in tutto questo resta presente la superiore
supremazia dell’equipaggiamento esotico, ma ovviamente si tratta di eccezioni
elitarie da inserire in un contesto che ora assume un contorno strategico
decisamente più marcato. Infine i livelli SHADE, introdotti in maniera
intelligente e contestualizzata, servono da ulteriore mezzo di specializzazione
visto che permetteranno di spendere ulteriori punti extra per potenziare le
abilità e dare una profondità maggiore alle specializzazioni. Un’altra novità lanciata
con Warlords of New York è l’introduzione di eventi stagionali con una
progressione free (che fornisce armi ed armature di alto livello) e una a
pagamento (principalmente skins e casse di materiali), modello questo assai
simile a quello implementato da Destiny 2 o Modern Warfare. Ogni evento
stagionale è legato ad una serie di nuovi bersagli da eliminare (nessuno
spoiler, non preoccupatevi). Questi obbiettivi non saranno tutti disponibili da
subito ma subiranno una rotazione settimanale, per tenere incollati i giocatori
su Division 2. Tirando le somme, Warlords of New York è un’espansione
incredibile, dal punto di vista concettuale, tecnico e narrativo. La completa
ristrutturazione delle meccaniche del gioco, le nuove aree e in generale il
senso di realismo che colpisce il giocatore come un raggio di sole a mezzo
giorno in pieno agosto, rendono questo titolo il miglior looter shooter in
circolazione. Se avete amato The Division 2, ma anche se vi ha lasciato
perplessi, quest’espansione merita di essere giocata in quanto eleva il titolo
verso nuovi standard, migliorandolo sotto diversi aspetti e arricchendo la
trama con personaggi interessanti e spunti intelligenti. Insomma, il dlc del
videogame targato Ubisoft è un vero e proprio spettacolo.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Sonoro: 9

Gameplay: 9,5

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise




Huawei P40, la linea smartphone dell’era post Google

Huawei sbarca su YouTube per mostrare la sua linea di
smartphone P40, primo vero banco di prova dell’era post Google: senza app e
servizi della compagnia californiana, a causa del bando imposto
dall’amministrazione Trump, ma con la piattaforma alternativa Huawei Mobile
Services e un suo negozio di applicazioni, in rapida crescita. Durante l’evento
online sono stati svelati i nuovi top di gamma P40, P40 Pro e P40 Pro+, che
compongono la linea di nuovi smartphone insieme al più economico P40 Lite
lanciato due settimane fa. Ma i telefoni non sono l’unica novità: sotto i
riflettori finiscono anche lo smartwatch GT2e, uno smart speaker (ma solo per
la Cina), gli occhiali smart “Gentle Monster”. E, sul fronte
software, un assistente virtuale chiamato Celia, il servizio di musica in
streaming Huawei Music con 50 milioni di brani, analogo anche nel prezzo
dell’abbonamento a Spotify, Apple Music e gli altri, e Huawei Video che punta a
far concorrenza a Netflix & co. Tornando agli smartphone, i P40 come da
tradizione scommettono sul comparto fotografico e video. Il dispositivo è
infatti stato sviluppato con la tedesca Leica, e sulla forte integrazione di
hardware e software, entrambi “fatti in casa”. I telefoni sono tutti
5G, poggiano sul processore Kirin 990 e si basano sulla versione open source di
Android 10, con il negozio di applicazioni App Gallery. Il modello più
esclusivo è il P40 Pro+, con schermo Oled da 6,58 pollici, scocca in ceramica
bianca o nera e comparto fotografico incentrato sul sensore Ultra Vision da 50
megapixel, coadiuvato da un ultra grandangolare da 40 mp, un sensore Tof e due
teleobiettivi, con zoom ottico 3X e un 10X che porta lo zoom digitale fino a
100X.     Doppia fotocamera frontale da
32 e 2 mp. All’interno 8 GB di Ram e 512 GB di memoria interna. Prezzo e data
di lancio italiana verranno comunicati nelle prossime settimane. P40 e P40 Pro,
in vetro, saranno invece in preordine fino al 6 aprile. Il P40 Pro è da 6,58
pollici, ha la stessa fotocamera anteriore del fratello maggiore, e sul retro
lo stesso sensore da 50 mp e lo stesso grandangolare da 40 mp, cui si
aggiungono un teleobiettivo da 12 mp (5X) e un Tof. Con 8 GB di Ram e 256 GB di
memoria, ha un listino di 1.050 euro e porta in regalo il Watch GT2. Il P40 ha
schermo da 6,1 pollici e monta sul retro una tripla fotocamera: al sensore da
50 mp si affianca il grandangolo da 16 mp e un teleobiettivo da 8 mp (3X). Le
fotocamere anteriori sono analoghe al Pro, così come Ram e memoria. Il prezzo
scende a 800 euro.

F.P.L.




Call of Duty Modern Warfare, arriva Warzone, la battle royale free to play

Call of Duty Modern Warfare: Warzone è una nuova, rivoluzionaria esperienza gratuita per tutti. Per poter giocare, infatti, non sarà necessario acquistare una copia completa del titolo (qui la nostra recensione), ma basterà scaricare dallo store il grosso file (quasi 100 giga) e il gioco è fatto. L’update è disponibile in tutto il mondo su PlayStation 4, Xbox One e PC. Ma che cos’è Warzone? Semplice, è un’esperienza battle royale del tutto inedita in cui fino a 150 giocatori possono fare squadra con i propri amici e scendere nella città immaginaria di Verdansk, un’enorme arena di combattimento online ricca di azione e divertimento senza fine. Al lancio, i giocatori si uniranno e combatteranno in trio in due epiche modalità: una nuova versione della celebre Battle Royale survival con modalità di gioco nuove e innovative e una nuovissima modalità originale chiamata Malloppo, dove le squadre si sfidano per raccogliere più denaro nella partita.

Come appena accennato, nella modalità Battle Royale presente
nel pacchetto “Warzone”, ci si dovrà lanciare nell’enorme mondo di Verdansk con
150 giocatori divisi in squadre da tre e combatti per essere l’ultimo
sopravvissuto in un colossale scontro a fuoco. In questa modalità di gioco, i players
di tutti i livelli e con tutti gli stili di gioco troveranno nuovi modi di
giocare ed essere premiati nella modalità sopravvivenza. I players possono inoltre
raccogliere denaro durante il gioco per acquistare equipaggiamenti,
potenziamenti da campo, serie di uccisioni o gettoni per resuscitare i compagni
di squadra caduti, presso le stazioni di acquisto situate in tutta la mappa per
cambiare il corso della guerra. Le squadre possono accettare contratti,
intraprendere mini-missioni opzionali durante la partita situate in tutta la
mappa che offrono ricompense epiche al loro completamento, tra cui un bottino
raro, denaro nel gioco, PE e PE Armi per aiutare la squadra ad avere la meglio
sulla concorrenza. Se si cade in una partita, non significa che si è fuori dai
giochi. Nella Battle Royale di Warzone, ci sono diversi modi in cui i giocatori
possono tornare sul campo di battaglia: Il Gulag è un modo tutto nuovo di
guadagnare una seconda possibilità di sopravvivenza nella Battle Royale. Dopo
essere stati eliminati, i giocatori verranno portati nel Gulag per affrontare
un altro giocatore caduto in uno scontro a fuoco in cui il vincitore avrà una
possibilità di tornare nuovamente nella partita. Inoltre, i giocatori possono
guadagnare denaro sufficiente nel gioco per acquistare un kit per tornare in
vita guarendo sé stessi dopo essere stati abbattuti da un avversario. I
giocatori possono anche riportare in vita i compagni di squadra caduti
guadagnando abbastanza denaro durante la partita in modo da acquistare un
riscatto per un membro del team nelle stazioni di acquisto sparse sulla mappa.

Warzone presenta anche la nuovissima modalità di combattimento
su larga scala Malloppo, in cui la libertà e la varietà di gameplay della
Battle Royale incontra l’azione frenetica di Call of Duty. In Malloppo, le
squadre si lanciano in una gara ricca di azione per raccogliere quanto più
denaro possibile nel gioco, facendo razzia dele casse di rifornimento,
eliminando gli avversari, completando i contratti o controllando le posizioni
fondamentali dei depositi di contanti in tutta la mappa. Ogni giocatore riceve
respawn illimitati, i propri loadout personali, le serie di uccisioni e altro
ancora, mentre utilizzano strategie di squadra multiple per proteggere e
accrescere la propria raccolta di denaro nel gioco. Esistono diversi modi di
ottenere la vittoria, creando un’infinità di momenti epici e adottando approcci
creativi per vincere questa gara sul campo di battaglia. Call of Duty: Warzone
supporta il crossplay e presenta una progressione unificata in Call of Duty:
Modern Warfare. Per i giocatori che possiedono già la versione completa di
Modern Warfare, tutti i contenuti già guadagnati – inclusi gli oggetti del
Battle Pass, Operatori, armi e oggetti di personalizzazione – verranno
trasferiti su Warzone e tutti gli avanzamenti guadagnati in questa nuova
modalità di gioco verranno conteggiati nella progressione complessiva di Modern
Warfare. Per i giocatori che non possiedono la versione completa di Modern
Warfare, tutti i progressi e gli oggetti che guadagnati in Warzone saranno
ricompensati nel titolo, nel caso in cui decidessero di acquistarlo. La nuova
battle royale condivide lo stesso negozio di oggetti e il sistema Battle Pass
di Modern Warfare che include un nuovo operatore, armi, progetti armi, skin
operatore, gettoni XP e molto altro. Il sistema Battle Pass consente ai
giocatori di sbloccare due nuove armi funzionali gratuite, fino a 300 punti
COD, schede telefoniche e molto altro semplicemente giocando. Coloro che
vogliono portare il loro gioco a un livello completamente nuovo possono
acquistare il Battle Pass della seconda stagione per 1.000 punti Call of Duty
per avere accesso e sbloccare fino a 100 livelli di nuovi contenuti, con lo
sblocco immediato dell’iconico operatore delle forze speciali, il tenente Simon
“Ghost” Riley. Anche il Defender Pack di Call of Duty Endowment
(C.O.D.E.) è tornato nel Call of Duty Store per un periodo di tempo limitato e
comprende undici oggetti digitali nel gioco, tra cui la variante estetica della
pistola Defender, una mimetica per armi e un orologio. Il 100% dei proventi
netti di Activision ricevuti dal Pack va direttamente alla Call of Duty
Endowment, un’organizzazione no profit che aiuta i veterani negli Stati Uniti e
nel Regno Unito a trovare lavori civili di alta qualità.

Francesco Pellegrino Lise




Bayonetta e Vanquish su Xbox One e PS4 in 4K e 60 fps

Bayonetta e Vanquish rappresentano per la maggior parte degli appassionati di videogiochi due fra i titoli di maggior successo dello studio giapponese Platinum Games. La Strega di Umbra e il cyber-soldato della Darpa Sam Gideon, d’altronde, incarnano in sé la quintessenza dello stile del team di sviluppo nipponico, fatto di esagerazione, frenesia, virtuosismo e azione a tutto spiano. Quindi, proprio per festeggiare il decimo anniversario di queste due produzioni di culto, SEGA ha distribuito per PS4 e Xbox One un fantastico bundle che contiene al suo interno entrambe le opere in versione rimasterizzata a 60 fps, ad un prezzo ridotto di 39,99 euro: un’occasione praticamente imperdibile per scoprire o rigiocare al meglio due tra gli action game più iconici della passata generazione, rinvigoriti sul piano tecnico e pronti a risplendere sulle console di attuale generazione. Con un port dignitoso, che svolge adeguatamente il suo compito, Bayonetta e Vanquish 10th Anniversary Bundle resta una collezione che si rivolge prevalentemente ai neofiti, i quali si preparano per la prima volta a combattere schiere angeliche a suon di tacchi appuntiti o crivellare ammassi di ferraglia futuristica. Il titolo però è anche rivolto a tutto quel pubblico di nostalgici che sognavano di rivedere questi capolavori riadattati per le console di attuale generazione. Prima di passare alla descrizione dei titoli, ricordiamo che i titoli sono acquistabili in bundle sia in edizione fisica che in edizione digitale, ma sono acquistabili anche singolarmente sullo store Xbox e PlayStation.

Per quanto riguarda Bayonetta, la strega nata dalla geniale mente
di Hideki Kamiya e del suo team rappresenta ancora oggi un vero e proprio punto
di riferimento per lo stylish action. Il genere nato proprio dallo stesso
autore giapponese con Devil May Cry era stato in grado di raggiungere, con
Bayonetta, un definitivo stato di grazia. Purtroppo la versione PlayStation 3
soffriva di una quantità di problemi tecnici che ne avevano affossato la
percezione da parte dell’utenza, senza per questo rovinarne la reputazione
acquisita col tempo anche e soprattutto grazie alla versione Xbox 360, decisamente
migliore della controparte. Il primo capitolo della saga racconta il risveglio
e il ritorno alla ribalta della strega che dà il nome al gioco, capace com’è di
combattere in maniera spettacolare e di aggiungere alle proprie abilità corpo a
corpo anche quattro pistole, due in pugno e due montate sui tacchi degli
stivali. La campagna, divisa nelle solite iconiche missioni, si conclude in una
dozzina di ore senza troppi picchi narrativi, ma con quel gusto per il trash
che è sempre stato prerogativa del genere fin dagli albori. Nonostante la
facciata volutamente eccessiva e poco approfondita, l’immaginario di Bayonetta
risulta comunque più interessante e ricercato di quanto non ci si possa
attendere da un titolo del genere, grazie anche all’approfondimento
dell’universo avvenuto successivamente con il secondo capitolo, quest’ultimo
però esclusiva di Nintendo su Wii U e Switch. Dal punto di vista della
giocabilità, la ciliegina sulla torta di un sistema action già rodato negli
anni lo si riscontra nel cosiddetto Witch Time: una tecnica praticata dalle
streghe di Umbra e utile a rallentare il tempo intorno a loro. Nella fruizione
del gameplay questo elemento non fa che aggiungere un piano importantissimo
alla sequenza di combo: la schivata. Riuscire ad utilizzare questa tecnica al
momento giusto comporta appunto il rallentamento del tempo per i nemici e non
per la bela protagonista, dettaglio che permette di cambiare totalmente le
sorti della battaglia. Attivare il Witch Time significa ottenere il tempo di
assestare più colpi, di combattere agilmente più nemici insieme e anche di
attivare una serie di quick time event che diventano il fiore all’occhiello di
boss fight tra le più ispirate del decennio. La scelta di inserire questa
meccanica è ciò che ha reso Bayonetta il capolavoro che è ancora oggi, capace
di non soffrire minimamente del passaggio del tempo. Padroneggiare gli stili,
le diverse combinazioni di armi da fuoco e il Witch Time, significa arrivare
all’espressione massima del gameplay del gioco, spingendo i giocatori a voler completare
ogni incontro senza essere mai colpiti. A venire incontro al giocatore per
quanto concerne la soddisfazione personale ci pensano i soliti punteggi tanto
cari ai giochi di Platinum Games. Ogni sezione è infatti divisa in
“versetti” alla fine dei quali viene assegnato un punteggio che è una
media dei valori raggiunti nel corso del segmento stesso. Dal punto di vista
tecnico, su Xbox One X e su PS4 Pro il gioco si comporta egregiamente,
mantenendo granitici i 60fps già visto qualche anno fa su PC e facendo dimenticare
con piacere il passato a tutti gli utenti Sony. Difficile attendersi un titolo incredibilmente
perfetto dal punto di vista della conta poligonale, ma le forme della bella
Bayonetta sono ancora tutte al loro posto e a distanza di molti anni sono
ancora in grado di mandare in visibilio il pubblico maschile.

Parlando di Vanquish invece, anche in questo caso il
risultato è di ottima fattura. Originariamente pubblicato nel 2010 su
Playstation 3 e Xbox 360, questo bizzarro e adrenalinico sparatutto propose la
classica formula marchio distintivo di PlatinumGames, ma traslata in un
universo dove, a differenza delle altre produzioni, i proiettili si aggiungono
all’equazione. La possibilità di scivolare a velocità supersonica in qualsiasi
momento, sparando contemporaneamente centinaia di proiettili, è qualcosa che
ogni amante dei film d’azione non osava nemmeno sognare, e che rende adrenaliniche
praticamente tutte le sequenze d’azione del gioco, che, difatti, aumenta a
dismisura i ritmi e, come conseguenza, si spegne molto prima di tanti altri
titoli Platinum, assestandosi poco oltre le sei ore di durata complessiva.
Tuttavia, quelle sei ore sembreranno sei secoli, e non solo perché anche qui,
immancabile, c’è un sistema che piega il tempo ai bisogni del giocatore: Vanquish
è un mix di azione incessante, esagerato come pochi ma altrettanto tecnico,
capace di frustrare per l’alto livello di difficoltà di certe boss fight, ma
anche di regalare soddisfazioni senza pari a coloro che gli dedicheranno il
tempo dovuto per comprenderne a pieno i favolosi meccanismi. Oltre a questo gli
sviluppatori inserirono anche una serie di quick time events mai troppo
invasivi, la possibilità di ripararsi dietro protezioni improvvisate, un
intelligente sistema di upgrade delle armi, e la possibilità di distrarre certi
nemici utilizzando una sigaretta come arma impropria. Se pure la storia, come
quella di quasi tutti i prodotti targati PlatinumGames, sia un vero e proprio
turbine di cliché e di personaggi a metà tra il trash e lo stereotipo, e nonostante
la durata complessiva sia inferiore a molti congeneri, Vanquish rimane una
delle perle più fulgide della ludoteca della software house nipponica. Dal
punto di vista tecnico anche Vanquish torna in una versione per console che su Xbox
One X e PS4 Pro non cala mai di un singolo frame e che garantisce una
giocabilità assolutamente pazzesca. Anch’esso, Bayonetta, non spicca certo per
conta poligonale e dettagli, ma ancora oggi si lascia guardare e non disturba
troppo neanche un occhio abituato al fotorealismo dei giorni nostri.

Tirando le somme, possiamo dire che dal punto di vista
strettamente tecnico sia Vanquish che Bayonetta portano sulle proprie spalle il
peso di un decennio. E per quando ci provi con tutte le forze, una semplice
rimasterizzazione non è sufficiente a cancellare completamente lo scorrere del
tempo. Il 10th Anniversary Bundle propone i due giochi in versione remastered a
4K e 60fps: in entrambi i casi, la pulizia visiva è gradevole, con texture abbastanza
datate che sono state tirate a lucido per l’occasione, pur senza brillare
particolarmente per definizione. In generale, Bayonetta e Vanquish: 10th
Anniversary Bundle è una riedizione che propone un lavoro di remastered
sufficientemente valido, privo di grossi picchi qualitativi, in grado di
rispolverare in maniera efficiente due grandi classici e riproporli sulle
console attuali. La Strega di Umbra, sul piano del gameplay, si mantiene
giovanissima e bellissima, in un connubio inarrivabile di spettacolarità e
tecnicismo. La rinfrescata visiva fa il suo dovere, ammoderna senza strafare, e
regala un colpo d’occhio sufficientemente fluido e pulito. Dal canto suo,
Vanquish non conserva lo stesso fascino immortale di Bayonetta, ma resta uno
sparatutto in terza persona iperbolico ed elettrizzante, ringiovanito da una
rispolverata grafica che ne esalta l’anima più spettacolare. Alla domanda: “vale
la pena acquistare questo bundle o uno dei giochi singolarmente?”La nostra
risposta è assolutamente si. Questa raccolta riesce a divertire e a riproporre
sul mercato due dei videogames che hanno segnato la storia dello scorso
decennio, ma soprattutto lo fanno rendendogli il giusto merito e presentandoli
con una veste tecnica assolutamente gradevole.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8,5

Gameplay: 9

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise