Unicorn Overlord, il videogame strategico-tattico che lascia a bocca aperta

Unicorn Overlord è un gioco di ruolo strategico dalle qualità a dir poco sensazionali, è un videogioco da giocare tutto d’un fiato che regala un approccio estetico splendido e una giocabilità a dir poco pazzesca. Andiamo a scoprire tutte le qualità di questa perla sviluppata da Vanillaware per pc, Xbox, PlayStation e Switch. La storia è ambientata in un universo medioevale soggiogato da un tiranno arrivato al potere a spese della legittima regina a cui aveva prestato giuramento. Spinto da ragioni oscure per buona parte della campagna, il generale Valmore, un tempo uno dei più prodi difensori della corona di Cornia, si rivolta contro il vessillo che ha portato fieramente in centinaia di battaglie, conducendo decine di ribelli alle porte del castello della famiglia reale in una notte buia e tempestosa. Sorpresa dal tradimento di uno dei suoi comandanti più fedeli e messa alle strette dalla schiacciante inferiorità numerica, la regina guerriera Ilenia non ha altra scelta se non quella di scendere in battaglia ella stessa, sorretta solamente da un manipolo di uomini, i più fedeli della sua guardia personale. Nonostante il tragico esito dello scontro sia fin da subito chiaro, la coraggiosa regina si lancia contro Valmore e la sua manica di congiurati, nella speranza di guadagnare il tempo sufficiente per permettere al fido Josef, cavaliere e prima lancia del regno, di portare il salvo il giovane principe Alain. I due riescono a fuggire con l’aiuto delle tenebre e del rapido destriero di ser Josef e, dopo una dissolvenza a nero sulla notte del tradimento, la storia riprende proprio da uno scorcio di vita quotidiana di un maturato Alain, che si addestra con la spada ed un compagno d’armi su una ridente spiaggia dell’isola di Palevia. Quest’ultima è tra le poche ad essere sfuggita alla morsa di Valmore, autoproclamatosi Imperatore e adesso a capo di tutti e cinque i regni del continente di Fevrith. In Unicorn Overlord i temi trattati sono maturi, la caratterizzazione dei personaggi di buonissima fattura e la guerra viene dipinta in maniera credibile. Ben presto, sulle spalle del giovane Alain graverà il pesante fardello di compiere scelte estremamente difficili, tra nemici a cui mostrare clemenza o mano ferma, villaggi che chiedono aiuto e antichi alleati da affrontare sul campo di battaglia. La cosa bella di Unicorn Overlord è la possibilità di reclutare oltre 60 personaggi unici che vestono i panni di comandanti alleati sul campo di battaglia, ma la cosa più interessante è che ognuno di essi ha una storia e delle motivazioni che li spingono a scendere in battaglia al fianco del protagonista. Proprio per tale ragione il gioco tende a premiare i giocatori più curiosi in quanto interessarsi alla vita e ai retroscena personali dei propri commilitoni, e stringendo un buon rapporto con essi, può portare ad avere alcuni vantaggi durante le fasi di battaglia. Unicorn Overlord gestisce i dialoghi opzionali dei legami tra commilitoni in maniera più snella rispetto ad altri titoli del genere, con una quantità minore di dialoghi e una diminuita frequenza delle occasioni di interazione, con una scelta che piacerà ai fan degli strategici vecchio stile. Insomma, dal punto di vista dell’idea di base Unicorn Overlord è veramente un titolo interessantissimo.

A livello di gameplay Unicorn Overlord è qualcosa di estremamente esaltante e soddisfacente. La struttura di gioco, illustrata con alcuni tutorial nelle fasi iniziali dell’avventura, è sulla carta abbastanza snella, salvo poi nascondere una profondità incredibile ed ampliarsi pian piano lungo la corposa campagna, aggiungendo nuovi elementi senza però sovraccaricare il giocatore con troppe nozioni tutte insieme. Ovviamente, vista la natura del titolo, per dominare sul campo di battaglia è richiesta pazienza, una sapiente e continua gestione delle truppe ed un livello di pianificazione elevato. Il giocatore può schierare per ogni livello un massimo di una decina di gruppi di combattenti, composti a loro volta da un numero variabile da uno a sei soldati, a seconda di quante risorse sono state investire per ampliarne i ranghi. Ogni squadra viene disposta su due file da tre, e sono in genere solamente i combattenti in prima linea quelli che assorbono l’urto degli attacchi nemici, con le debite eccezioni, costituite, ad esempio, dalle frecce avversarie e dagli attacchi magici. Se durante le primissime ore di gioco i soldati agiscono di loro iniziativa, con il giocatore che può iniziare lo scontro per poi fare da semplice spettatore, ben presto il titolo darà la possibilità di personalizzare nel dettaglio il comportamento di ogni singola unità alleata, con un sistema a condizioni profondo e funzionale. Da qui in poi, in Unicorn Overlord entrano in gioco un numero incredibile di varianti di cui tener conto, che mettono a dura prova anche il più abile tra gli appassionati di strategia militare. Fortunatamente tramite la pausa tattica è possibile, cambiare approccio sul campo e adattarsi alle sfide proposte dai numerosi scenari di battaglia, bisogna comunque tenere a mente un numero elevato di fattori che influiscono sugli scontri. Il posizionamento e la velocità delle truppe una volta scese in campo, la composizione il più bilanciata possibile delle squadre di combattenti, la scelta del leader (che dona abilità uniche a tutto il gruppo), la presenza di abilità speciali da attivare al di fuori degli scontri, la cura dell’equipaggiamento di ogni singola unità e tanto altro ancora. Complici un gran numero di classi disponibili (opliti, ladri, combattenti, cavalieri, arcieri, guaritori, maghi, cavalcatori di pegaso e tanti altri ancora), che a loro volta elevano esponenzialmente le possibili combinazioni, il canovaccio tattico risulta estremamente ampio e soddisfacente, consentendo un livello di personalizzazione dell’esperienza di gioco paradossalmente più alto di tanti congeneri in cui il controllo del party è direttamente delegato al giocatore. A limitare la potenza e l’utilità in battaglia dei team più forti c’è un valore di resistenza, che impedisce ad una singola unità di sobbarcarsi tutto il lavoro di conquista e schermaglia, costringendo il giocatore a scegliere bene spostamenti e scontri e a bilanciare al meglio le forze a sua disposizione. Importante aggiungere poi che negli scontri apparentemente senza vincitori né vinti, in cui nessuna delle due truppe riesce ad annientare l’altra, a determinare quale delle due è considerata vincente è il numero di danni inflitti, con le meccaniche che premiano quindi un atteggiamento sempre offensivo, punendo i giocatori troppo difensivi. La scelta degli sviluppatori di impostare un tempo massimo per ogni livello si è dimostrata essere una scelta vincente. Limitare il tempo a disposizione del giocatore lo costringe infatti ad operare scelte in poco tempo contribuendo a tenere alta la tensione e il livello di difficoltà. In Unicorn Overlord non si combatte solo però, infatti quando non è impegnato in battaglia il giocatore è libero di esplorare una mappa in tre dimensioni così vasta da richiedere l’impiego di un sistema di viaggio rapido. La cartina del mondo di gioco è costellata di borghi da liberare dal giogo nemico, di punti di raccolta di materie prime e di missioni secondarie di vario tipo, utili ad aumentare il livello del proprio esercito e l’immersione nel mondo di gioco. La possibilità di riconquistare un continente intero, di dover ampliare i fondi, bilanciando buone azioni e missioni di incursione, di personalizzare il proprio stendardo e di costruire pian piano un vero e proprio esercito è tangibile, e garantisce un livello di coinvolgimento notevole, uno dei migliori mai visti in un titolo del genere.

A livello grafico ed estetico Unicorn Overlord è un titolo davvero di grande pregio. Il connubio tra i modelli bidimensionali dei protagonisti e i magnifici scenari che fanno da sfondo al gioco, disegnati a mano ma comunque in tre dimensioni, risulta incredibilmente piacevole all’occhio, complice la consueta, strepitosa direzione artistica che ha sempre caratterizzato i titoli firmati da Vanillaware. Il risultato finale è veramente straordinario. Gli sviluppatori sono riusciti a dare vita a un reame fantasy che guadagna in dovizia di particolari quello che perde in originalità e che, nonostante un’estetica vivace che non lesina colori, si sposa benissimo con il tono più che serioso della storyline e dell’ambientazione guerresca. Ottima anche la fluidità generale, con il frame rate che durante i nostri test su Xbox Series X non si è mai scostato dai 60 fps anche durante le battaglie più affollate. E’ obbligatorio spendere due parole anche sulla colonna sonora di Mitsuhiro Kaneda che rende l’esperienza di gioco ancora più coinvolgente e che è destinata a rimanere impressa nella memoria di chi affronterà il videogame. L’audio dei personaggi è in lingua giapponese o inglese, mentre i sottotitoli sono disponibili anche in lingua italiana. Tirando le somme Unicorn Overlord rappresenta senz’ombra di dubbio uno fra i titoli più importanti mai sviluppati del genere. Si potranno passare ore ed ore a pianificare e combattere senza mai annoiarsi e, vista la moltitudine di variabili in game la rigiocabilità è assicurata. A nostro giudizio chiunque sia un vero appassionato di strategia e tattica non può e non deve farsi sfuggire un prodotto del genere.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 9

Gameplay: 9,5

Longevità: 9

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise




Spotify si evolve, oltre all’audio arrivano anche in Italia i video musicali

Spotify si evolve ed è pronto a garantire un graditissimo quanto sicuramente apprezzato servizio in più ai suoi abbonati italiani. Nell’ottica di differenziare ulteriormente il proprio approccio con i clienti, la piattaforma ha infatti annunciato il lancio, anche in Italia, di una funzionalità dedicata ai video musicali. Feature disponibile per gli abbonati Premium, si tratta al momento di una sezione sperimentale, che comprende un catalogo ristretto di video musicali, tra cui Ed Sheeran, Doja Cat e Ice Spice. La funzione è supportata su tutte le principali piattaforme dove Spotify è presente: iOs, Android, computer e smart tv, selezionando l’opzione “Passa al video” che sarà visibile solo per i brani supportati. A questo punto, i video verranno riprodotti nella sezione “In riproduzione ora”. Se si vuole tornare all’ascolto del solo audio si dovrà cliccare su “Passa all’audio”. I video musicali si potranno vedere anche a schermo intero, selezionando sul proprio dispositivo la modalità panoramica. “Nella nostra distribuzione beta iniziale, stiamo iniziando con un sottoinsieme limitato dell’intero catalogo, che include migliaia di video musicali. All’interno di questo sottoinsieme, diamo priorità a un’ampia gamma di generi e artisti famosi nei mercati di lancio”, ha affermato Sten Garmark, vice presidente global di Spotify, in una recente intervista. Per questa novità, Spotify non si limita a incorporare un video di YouTube o a collaborare con un’azienda terza. Il servizio ospita direttamente le clip, trasmettendole senza pubblicità, come fa con i brani ascoltati dagli utenti abbonati a Spotify Premium. Con i video musicali, Spotify aggiunge un ulteriore modo per gli artisti di interagire con il loro pubblico. Nel passato, l’azienda aveva reso disponibile Clips, con cui cantanti e band possono comunicare qualcosa ai fan, e Canvas, un’immagine a ciclo continuo di 8 secondi che i creatori usano per riempire lo schermo degli ascoltatori, in assenza di veri e propri videoclip. Insomma, gli abbonati italiani di Spotify potranno godere di una funzione estremamente importante che renderà l’approccio alla musica ancora più bello e intenso da vivere.

F.P.L.




Contra Operation Galuga, il grande classico ritorna su pc e console

Contra Operation Galuga è l’ultimo titolo del brand che ha fatto la storia dei videogames negli anni ‘80 disponibile per Pc, Xbox, PlayStation e Switch. Il titolo originale per chi non lo sapesse è un famoso videogame di azione e sparatutto a scorrimento laterale, sviluppato da Konami e pubblicato per la prima volta nel 1987 per le sale giochi. Il gioco segue le avventure di due soldati, Bill Rizer e Lance Bean, che devono affrontare le forze di un’organizzazione terroristica chiamata Red Falcon, che minaccia di invadere la Terra con una legione di alieni e robot. Il gioco è noto agli appassionati per la sua difficoltà elevata, il suo gameplay frenetico e la possibilità di giocare in cooperativa con un altro giocatore. Contra: Operation Galuga è stato ideato un reboot moderno della serie. Prende l’originale arcade e introduce tutte le modifiche che ritiene opportune, a partire dalla veste grafica rinnovata e dalle armi, ma ritorna all’azione secondaria Run & Gun 2.5D e al combattimento “soli contro tutti” tipico degli anni 80 e 90. I vecchi Bill Rizer e Lance Bean devono ricominciare la loro battaglia contro le migliaia di terroristi Red Falcon e gli alieni che stanno dietro a tutto questa misteriosa organizzazione. La storia inizia e finisce allo stesso modo, proprio come è stata scritta 37 anni fa, perché apre la strada a un futuro capitolo che racconta le cosiddette guerre aliene. Nel frattempo, le motivazioni che spingono le forze nemiche ad agire sono cresciute attorno a una tecnologia che mescola campi gravitazionali e wormhole. Gli sviluppatori hanno reso il contesto di gioco volutamente il più esagerato possibile, in linea con le performance istrioniche dei doppiatori e dei personaggi che interpretano. L’ingrassamento della sceneggiatura serve a dare più peso ai nativi di Galuga e, ciò che conta, a far crescere la lista dei personaggi giocabili. Perché, onestamente, nessuno gioca a un Contra per scoprire cosa sta succedendo, ma lo fa solo per sparare indipendentemente dal chi o dal perché. La trama è solo un semplice contorno.

Come accennato poco sopra, il gameplay di Contra: Operation Galuga è basato sullo stile corri e spara tipico della serie, in cui il giocatore deve correre, saltare e sparare ai nemici che appaiono da ogni direzione. Il giocatore può usare diverse armi, come il mitragliatore, lo spara-proiettili, il lanciafiamme, il missile a ricerca, il raggio laser e le bombe a frantumazione. Ogni arma ha una versione alternativa che può essere ottenuta raccogliendo dei power-up. Inoltre, il giocatore può sacrificare le armi in eccesso per attivare delle abilità speciali chiamate Overload, che hanno effetti vari come scatenare dei droni, creare una barriera o lanciare una pioggia di missili. Il gioco offre tre modalità di gioco: Storia, Arcade e Sfida. Nella modalità Storia, il giocatore può vivere la trama completa del gioco, con scene animate e dialoghi tra i personaggi. Questa modalità supporta il gioco cooperativo per due giocatori. Nella modalità Arcade, il giocatore può saltare direttamente nell’azione senza interruzioni narrative. Questa modalità supporta il gioco cooperativo per quattro giocatori. Nella modalità Sfida, invece, il giocatore può mettere alla prova le sue abilità con 30 missioni difficili, che richiedono di completare i livelli in un tempo limite, con munizioni limitate, con nemici più aggressivi e altro che serve a rendere l’esperienza di gioco un vero e proprio inferno di proiettili e distruzione. Una volta avviato il gioco dal menù si inizia ancora una volta dal famosissimo livello della giungla, per poi passare alla fase di scalata della cascata e arrivare all’interno della enorme base aliena. A differenza di Contra Evolve questo non è un remake, infatti anche quei livelli che raffigurano ambienti già visti in passato sono stati modificati. Ad esempio sono state eliminate le sezioni 2D verticali all’interno della base. In cambio però, sono presento più livelli dove si utilizzano i veicoli, anche se essi non rappresentano il massimo del divertimento. Una menzione speciale va fatta per i nuovi boss e per alcune versioni rifatte di quelli vecchi, perché sono veramente divertenti da uccidere e hanno meccaniche che piaceranno sia ai vecchi fan che a chi non si è mai avvicinato a un titolo del brand.

Per venire incontro ai neofiti, perché anche Contra Operation Galuga, come da tradizione della saga, presenta una difficoltà non certo trascurabile, Konami e Wayforward però hanno inserito poi delle novità volto a renderlo più accessibile. Oltre al selettore della difficoltà, che va a modificare precisione e potenza degli avversari, è infatti possibile adottare per i Contra anche una barra della salute, permettendogli così di resistere a un numero maggiore di colpi prima di venire sconfitti. Il tutto, sia ben chiaro, è assolutamente opzionale e i puristi potranno quindi godersi questa nuova avventura nel modo classico, senza risentire di questa facilitazione. In missione poi è possibile portare con se due potenziamenti passivi. Tra di essi spiccano un ancora maggior numero di colpi sopportabili, la possibilità di entrare in gioco con un’arma speciale già in dotazione e così via. Tutti questi upgrade, a dir la verità neanche troppo numerosi, sono acquistabili in un menu dedicato tramite valuta ottenibile in game, rendendo quindi necessario giocare per diverse ore prima di sbloccarli tutti. Così come la barra della salute, pure questi upgrade sono assolutamente opzionali ed è possibile godersi Contra Operation Galuga senza nessuno di essi. La difficoltà sarà ovviamente maggiore, così come però la gratificazione di aver portato a termine un run and gun dalla difficoltà non certo indifferente. Volendoci infine soffermare sull’aspetto grafico, è tutto sommato evidente come sarebbe stato lecito aspettarsi qualcosa di più. Però trattandosi del remake di un titolo del 1987 il risultato è tutto sommato interessante. Contra Operation Galuga è una vera e propria lettera d’amore ai fan che lo amavano in passato, agli appassionati di retrogaming e per tutti quei giocatori in cerca di una sfida dall’alto tasso di difficoltà.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 6,5

Sonoro: 7,5

Gameplay: 7,5

Longevità: 7

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise




Street Fighter 6, il 22enne “Garnet” rappresenterà l’Italia nelle finali mondiali del “Red Bull Kumite” a New York

Si è concluso ieri sera (sabato 9 marzo) il Red Bull Kumite, torneo internazionale del famosissimo picchiaduro Street Fighter 6 che ha infiammato le splendide sale di Palazzo Brancaccio a Roma. Dopo una serie di incontri memorabili, Andrea Parlangeli, in game “Garnet”, si è aggiudicato la vittoria, conquistando il titolo di Campione Nazionale e il diritto, a soli 22 anni, di rappresentare l’Italia alla finalissima mondiale del 17 marzo a New York. L’unico obiettivo dei tantissimi partecipanti è stato quello di conquistare il titolo di Campione Nazionale e la conseguente possibilità di rappresentare l’Italia alla finale mondiale di Red Bull Kumite a New York. Dopo una serie di scontri di altissimo livello, “garnet” è riuscito a staccare il biglietto per la finalissima che si terrà presso il Greenpoint Terminal Warehouse di Brooklyn. Ricordiamo che il giovane player milanese con grinta e determinazione ha avuto la meglio su oltre 100 partecipanti. Il torneo tricolore, seguito dal commento tecnico di Maurizio Merluzzo, Giananyeah e Cydonia e trasmesso da RoundTwo, si è rivelato un evento senza precedenti, ricco di scontri emozionanti e di colpi di scena che hanno confermato l’altissimo livello dei partecipanti in gara. La fase finale, che ha visto sfidarsi i migliori 8 player del torneo, ha regalato emozioni uniche, lasciando i tantissimi spettatori con il fiato sospeso. Dopo una serie avvincente di 1 vs 1 all’ultimo KO, sul podio si sono posizionati Fabio “Mr. Wolf” Zaniol con Jamie al 3° posto, Leandro “Geeck-O” Vilardo con la sua resiliente Cammy al 2° posto e Andrea “Garnet” Parlangeli con un insidioso Dhalsim al primo posto, portando a casa il titolo di Campione dopo un sensazionale Reset 3 a 0. Con la sua vittoria, Garnet si prepara ora a solcare un palcoscenico globale e a rappresentare la nostra nazione nella fase finale negli USA. Questo esclusivo evento dal sapore internazionale, sarà un’occasione irripetibile per i 16 giocatori provenienti da tutto il pianeta di dimostrare il loro talento e la loro passione, vivendo un’esperienza indimenticabile e in pieno stile Red Bull. Giunto alla sua nona edizione, il Red Bull Kumite è ormai diventato il torneo di riferimento per gli appassionati di videogiochi di tutto il mondo e, in particolare, l’evento di punta all’interno del panorama competitivo dei picchiaduro. Dopo aver fatto tappa in Paesi come l’Africa, il Giappone e l’Inghilterra, il ring di Red Bull Kumite è pronto a fare ritorno negli Stati Uniti per decretare chi sia il giocatore più forte al mondo di Street Fighter 6 e per confermare ancora una volta il supporto di Red Bull al panorama “eSportivo” globale. Non resta altro che aspettare il giorno del torneo e tifare tutti Garnet per far sì che l’Italia trionfi in un settore giovane, per il nostro Paese, ma che fortunatamente sta sempre più prendendo piede.

Francesco Pellegrino Lise




MW3 season 2 reloaded, ancora più contenuti per lo shooter Activision

La Stagione 2 Reloaded di Modern Warfare 3 e Warzone è arrivata con una pioggia di nuovi contenuti il 6 marzo su tutte le piattaforme. Tra le principali novità di questa mid-season troviamo due nuove armi da aggiungere al già nutritissimo elenco disponibile. Le nuove compagne di avventura si chiamano Soulrender e SOA Subverter. La prima è un’arma da mischia, mentre il SOA Subverter è un’arma mid range. Presenti anche nuovi bundle nello store (tra cui nuovi crossover con Warhammer 40.000, Godzilla x Kong e Dune) e nuove sfide settimanale per accumulare ricompense extra.

Stagione 2 Reloaded: tutte le novità per Call of Duty Warzone

– Vascello di ricerca, POI mobile. Arriva un nuovo punto di interesse mobile: il vascello di ricerca su Fortune’s Keep. Questo sarà presente presso le cose dell’isola.

– Nuova serie di uccisioni. Liberare gli edifici e i nemici trincerati non è mai stato così divertente (e devastante) grazie a un nuovo attacco aereo

– Nuovo potenziamento da campo. La Stazione di decontaminazione da campo permette ai giocatori di creare una zona sicura nel gas. Il potenziamento protegge gli operatori all’interno della sua area di effetto.

Call of Duty: Modern Warfare III, le novità del multiplayer

– Nuova mappa multigiocatore 6v6 (rimasterizzata). Dal freddo nome di Das Haus, la nuova mappa presenta un’ambientazione inedita, comprensiva di una struttura di allenamento sulla cima di un grattacielo.

– Bounty, Juggermosh. Per ottenere punti extra bisognerà eliminare l’HVT in Bounty. Il tutto nei panni di un Juggernaut (peraltro palesemente ispirato agli Space Marine) nella modalità a tempo limitato Juggermosh.

– Vortex: Decay’s Realm. Sarà possibile schierarsi nel Vortex con un pool di mappe ampliato con le nuove varianti Skidgrow e Airborne.

Novità anche per la modalità Zombi

– Nuova missione. Continua il viaggio al fianco di Sergei Ravenov con una nuova missione nell’Etere Oscuro.

– Spaccatura dell’Etere Oscuro. Una nuova frattura spazio-temporale permetterà ai giocatori di fare squadra per conquistare (ancora una volta) l’Etere Oscuro

– Nuovo boss. Arriva Keres, un nuovo Signore della Guerra che entra ufficialmente nella Zona di Esclusione. Keres è uno specialista della guerra chimica, ed è disposto a usare qualsiasi mezzo necessario per soffocare gli Operatori avversari.

– Nuovi schemi. Sarà possibile sparare con Mags of Holding, evocare una due ruote ultraterrena con la Blood Burner Key ed espandere la propria squadra con la V-R11 Wonder Weapon.

Insomma, anche questa volta Activision ha pensato ai suoi fan lanciando tutta una serie di contenuti gratuiti e a pagamento per far si che il suo shooter risulti sempre fresco e innovativo.

Francesco Pellegrino Lise




Skull and Bones, la pirateria secondo Ubisoft

Skull and Bones è l’ultimo gioco di Ubisoft a tema piratesco che è giunto sulle piattaforme di nuova generazione e Pc a 7 anni dal suo annuncio. Nonostante il titolo sia giocabile da soli, seguendo le tappe di una campagna costituita da quest di vario genere, Skull and Bones è un prodotto che richiede necessariamente una connessione a internet e un account Ubisoft: chiavi di un mondo che per forza di cose bisogna condividere con altri corsari in carne e ossa. Alcuni gradiranno questa scelta, altri meno, perché se da un lato è un modo efficace per rendere più vivo un titolo open world altrimenti abbastanza spoglio, dall’altro espone gli esploratori più arditi a situazioni potenzialmente sgradevoli. Ci riferiamo ovviamente alla possibilità di essere affondati da altri giocatori che, complice l’assenza di un sistema di matchmaking diviso per livelli, potrebbero risultare sostanzialmente imbattibili, poiché alla guida di un vero e proprio vascello inarrestabile. Sebbene le attività offerte dall’avventura “in singolo”, tra quest principali e diversioni secondarie, siano tendenzialmente meno traumatiche, anche la rotta stabilita da Ubisoft porta con sé un pericolo da non sottovalutare: la noia. Il racconto messo in piedi dallo studio si muove infatti fra sviluppi blandi e personaggi del tutto poco caratterizzati, e pertanto fatica a mantenere vivo l’interesse dell’utente nei confronti del mondo in cui si trova, malgrado l’indiscutibile fascino di una cornice narrativa ispirata all’età d’oro della pirateria. Ma veniamo alla trama: il gioco ha inizio quando il protagonista, che può essere creato da chi gioca attraverso un editor che non brilla per varietà, sopravvive al naufragio di una nave che faceva parte della flotta del temibile bucaniere Scurlock. Chi gioca inizia la sua avventura con un preciso obiettivo: riconquistare la fiducia del suo signore e scalare i ranghi della fazione di Sainte Anne. Alla guida di una piccola imbarcazione e di una ciurma assai modesta, bisogna far crescere la propria leggenda a suon di scorribande, nel tentativo di aggiungere il proprio nome all’elenco dei più temibili filibustieri che solcano e terrorizzano le acque dell’Oceano Indiano.

Scopo principale in Skull and Bones è accumulare “infamia”, cioè esperienza, per far si che l’ascesa da topi di sentina a grassatori, fino ai gradi più alti della gerarchia piratesca avvenga nel modo più veloce possibile. Più si aumenta di livello, maggiore è la quantità di missioni a propria disposizione, e allo stesso modo aumenterà anche il grado di sfida delle attività proposte. Sfortunatamente, però, la varietà complessiva dell’offerta non segue lo stesso percorso incrementale, e nel giro di una manciata d’ore tutti le tipologie d’incarico vengono svelate. Dagli assalti agli avamposti, all’annientamento di navi di questo o quello schieramento, passando per missioni di raccolta e consegna di risorse di vario genere, purtroppo la rosa di attività disponibile non fa gridare al miracolo. Molti obiettivi sono in effetti simili tra loro, e sia che si debba dare la caccia ad un corsaro, o che sia necessario rubare scorte da avamposti o navi francesi, le dinamiche sono perlopiù sempre le medesime. Anche l’iter per attivarle non cambia mai di una virgola: si accetta la quest parlando con un personaggio non giocabile o interagendo con apposite bacheche, si salpa alla volta dell’obiettivo, e infine si spara qualche cannonata per poi fuggire col bottino nella stiva, pronti a fare rapporto e chiudere il contratto. Questa ripetitività di fondo finisce con l’appesantire il gameplay di Skull and Bones in tempi relativamente brevi, fino alla soglia di un endgame non proprio esaltante, che consiste nel fare incetta costante di denaro e materiali per accrescere il proprio prestigio piratesco. In alternativa è possibile lanciarsi in alcune attività cooperative, le cosiddette “missioni globali”, che richiedono di riunirsi in piccole flotte da tre giocatori al massimo sia per abbattere un mostro marino, che per espugnare una fortificazione resistendo alle bordate di vascelli e postazioni di difesa. Insomma, come avrete capito all’inizio le cose sono molto divertenti, ma purtroppo la varietà non è il cuore pulsante di questo Skull and Bones. Tornando agli imprevisti che possono presentarsi nella proposta multigiocatore del titolo di Ubisoft, si può sottolineare che questi possono offrire ai giocatori una gradita deviazione dalle routine ludiche proposte dal titolo in campagna: sebbene il rischio di venir depredati lungo la rotta non vada sottovalutato, capita anche di ritrovarsi a stringere qualche insperata alleanza per far fronte comune contro giocatori ostili per ribaltare le sorti di una battaglia data per persa. A tal proposito, sarebbe stato davvero bello se il team di sviluppo avesse reso più semplice la comunicazione tra gli utenti: in assenza di un sistema di chat, gli unici strumenti per comunicare con gli altri player al di fuori della propria cerchia di amici sono i fuochi di segnalazione che possono essere sparati durante la navigazione, o le emote eseguibili dal proprio alter ego virtuale. Tutto questo è un po povero e rende le comunicazioni fra players davvero ostiche e macchinose.

Nonostante il generale senso di povertà contenutistica però Skull and Bones offre un sistema di gameplay appagante e che sicuramente punta a divertire gli amanti dei titoli arcade. Il sistema di navigazione, ad esempio, a nostro avviso rappresenta una delle features meglio riuscite della produzione: raggiungere il luogo dove si svolgerà una contesa valutando la rotta più efficace, ma anche evitando le fazioni che, a causa dei ripetuti assalti, inizieranno a sparare a vista è davvero molto appagante. In parte è proprio così, e per le prime ore di gioco sono necessarie per apprendere al meglio le regole del mare: si impara a scegliere chi combattere e chi no, a condurre efficacemente la nave, a navigare sottovento e a gestire la “stamina” della ciurma. La mancanza di vento a favore, poi, può al massimo rallentare un po’ lo svolgimento delle missioni, causando una folata di noia passeggera dovuta alla scarsa velocità dovuta alla lentezza per arrivare all’obbiettivo. Bisogna poi considerare che ogni vascello può dispiegare o ritrarre le vele per aumentare la velocità di navigazione, sfruttando o meno un boost che consuma una barra apposita, il cui riempimento può essere accelerato fornendo cibo e alcolici all’equipaggio, o accendendo i falò nascosti presso alcuni accampamenti. Restando in tema di aspetti positivi, la personalizzazione “funzionale” della nave comprende un numero davvero ampio di opzioni: tra scafi più resistenti, accessori che aumentano le statistiche e bocche da fuoco, è difficile non restare appagati dalla varietà offerta da Skull and Bones, almeno su questo specifico fronte. Una volta scelto l’assetto al porto, la visuale per effettuare le missioni è in terza persona, quindi alle spalle della propria nave, alternata con una sorta di “prima persona sugli armamenti” posti a prua, poppa, babordo e tribordo. In questo modo si può mirare più facilmente ai punti deboli delle navi nemiche sparando come dei dannati cannonate, colpi di mortaio, razzi e siluri. Volendo adottare un approccio più da vicino, è possibile anche speronare o abbordare le imbarcazioni nemiche. Purtroppo il saltare sulla nave avversaria però risulta ben meno appagante di quanto ci si aspetti in quanto non è possibile controllare direttamente l’assalto, e il tutto si esaurisce in pochi secondi e senza interventi pratici da parte del giocatore. Al netto della pregevolezza del sistema di personalizzazione, ben presto ci si rende conto quanto relativo sia il suo peso nel bilancio del gameplay, perché ciò che conta davvero è aver raggiunto il giusto livello per una determinata missione, e avere in stiva tante munizioni, cibo e kit di riparazione. Al pari delle meccaniche di navigazione, quelle di combattimento non sono particolarmente articolate ed esaltanti: si mira e si spara, stando giusto attenti al movimento relativo degli avversari rispetto a noi, al tempo di “arrivo” dei proiettili e alla loro parabola. Non c’è deviazione dei proiettili in base al vento, o simili guizzi di complessità. Persino nel PVP l’abilità al timone, la conoscenza del territorio, la mira e la scelta del mezzo contano solo relativamente: sono i numeri a parlare, prima delle capacità manuali. Le battaglie si fanno un minimo più complesse solo contro i così detti “Pirate Lords” nell’endgame, o se a voler dare battaglia ci sono giocatori reali con navi ottimizzate e tutte le opzioni offensive e difensive sbloccate. Anche la scelta del percorso più veloce verso gli obiettivi si fa via via meno rilevante, non a causa della presenza del viaggio rapido, che si paga in valuta di gioco, fra avamposti, ma anche perché ci si rende conto che la rotta migliore da percorrere è praticamente sempre in linea retta. Infatti per raggiungere ogni luogo basta semplicemente girare intorno alle isole minori, e attraversare le più grandi viaggiando sui corsi d’acqua interni. In teoria ci sarebbero navi più agili preposte per questo tipo di navigazione, ma non servono quasi mai e ce la si fa pure con quelle di medie dimensioni. La scelta del veliero è rilevante per davvero, ma solo in minima parte, solo se si vuole combattere, perché un Blaster e un Bombardiere hanno capacità, tipi di bocche da fuoco e manovrabilità diverse da una velocissima Sentinella o dal più semplice Bedar, che si sblocca subito dopo il tutorial e che si guida per la maggior parte delle ore iniziali. Per ottenere tutti e 9 i tipi di navi presenti in Skull And Bones basta avanzare nella trama o comprare dai mercanti in giro per la mappa il progetto per ciascuna nave, che andrà poi costruita nell’hub centrale, il porto di Sainte Anne, con i materiali raccolti durante i viaggi.

Per quanto riguarda l’aspetto grafico: il livello di dettaglio delle navi, dei loro arredi e degli armamenti è di buon livello, così come anche l’estetica del mondo di giochi. Capita spesso infatti di restare incantati di fronte a scorci di particolare bellezza navigando tra i flutti dell’Oceano Indiano. Anche le tempeste che talvolta scuotono le acque con onde alte quanto l’albero maestro sono bellissime da vedere e spaventose, in un tripudio di fulmini che riempiono l’aria di sinistri bagliori e temibili rombi. La mappa del mondo poi è ben realizzata e illustrata, anche se ben presto è destinata a riempirsi di segnalini e indicatori che ne migliorano la leggibilità, intaccandone però la piacevolezza estetica. Il menù delle missioni è ben organizzato e consente di tracciare con precisione ogni obiettivo, nonché di scovare punti di raccolta utili a rimpolpare le scorte di materiali. La maggior parte delle risorse, vista la natura arcade di Skull and Bones, si può ottenere senza lasciare l’imbarcazione, semplicemente avvicinandosi alla costa e risolvendo un rapido mini gioco. In alternativa si può decidere di acquistarle da falegnami, mercanti e personaggi vari, scendendo a terra ed esplorando aree e accampamenti “a piedi”. Nessuna delle attività previste in questa modalità offre però soddisfazioni degne di nota: le mappe degli avamposti sono strutturate come corridoi più o meno lunghi e ben poco stimolanti, con solo qualche oggetto da raccogliere e una manciata di negozianti con i quali interagire. Al massimo, può capitare di incappare in un tesoro sepolto, che si tira fuori dalla sabbia a mani nude in appena un secondo con la pressione di un pulsante. In coppia con le scene d’intermezzo, fin troppo legnose e poco realistiche, le visite sulla terraferma sono anche le sezioni meno riuscite dal punto di vista grafico: la qualità di texture, animazioni e modelli appare infatti notevolmente inferiore rispetto alla media degli elementi che concorrono alla resa delle scene in mare aperto. Allo stesso modo la personalizzazione del protagonista e del suo vestiario cede vistosamente rispetto a quella della nave, tanto da apparire come un inserto appena abbozzato. Meno debole è invece il comparto sonoro, ricco di elementi che contribuiscono efficacemente al coinvolgimento dei giocatori. I canti intonati dalla ciurma mentre si solcano le onde sono davvero fantastici e tutti effetti sonori ci sono sembrati ben realizzati: gli scricchiolii del ponte, le corde che si tendono, l’acqua che si infrange sulla carena e le esplosioni dei cannoni vi faranno sentire sempre come se si stia viaggiando veramente su una nave pirata. La mancanza del doppiaggio in italiano pesa ulteriormente sul generale gradimento da parte di chi non mastica bene l’inglese in quanto gli accenti utilizzati dai vari comprimari sono diversi, e tutto ciò rende arduo comprendere ogni singola parola che viene pronunciata sullo schermo senza dover attivare i sottotitoli. Tirando le somme, questo Skull and Bones è un titolo che sicuramente è destinato a divertire il pubblico, ma la domanda è: per quanto tempo? La mancanza fin troppo evidente di attività e contenuti unita alla natura arcade fanno si che il titolo appaia fin troppo debole se paragonato ad altri esponenti del genere piratesco.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 7,5

Gameplay: 7

Longevità: 6,5

VOTO FINALE: 7

Francesco Pellegrino Lise




Lenovo svela il suo portatile trasparente al Mobile World Congress

Lenovo non smette mai di stupire e mette in mostra tutte le sue ultime novità del settore aprendo la strada verso un futuro dove al centro di tutto c’è sempre l’IA. Come da attese, infatti, l’intelligenza artificiale la fa da padrone al Mobile World Congress di Barcellona. La fiera iberica della tecnologia accoglie nuovi computer dotati di IA, tra cui quelli marcati Lenovo. Ad aprire le danze è un prototipo, Lenovo ThinkBook Transparent Display Laptop Concept, che monta un display trasparente da 17,3 pollici. Attraverso uno schermo senza bordi, un’area della tastiera trasparente e contenuti in tre dimensioni, la promessa è quella di portare agli utenti delle esperienze immersive, come quelle che potrebbe un giorno veicolare il metaverso. Proseguendo sulla strada della tecnologia che incontra il design, insieme alla controllata Motorola, Lenovo ha mostrato un concept di display adattivo per smartphone che può essere piegato e modellato in forme diverse a seconda delle esigenze degli utenti. Saranno pronti presto per la commercializzazione i vari ThinkPad T14 i Gen 5, ThinkPad T14s Gen 5, ThinkPad T16 Gen 3, ThinkPad X12 Detachable Gen 2 e ThinkBook 14 2-in-1 Gen 4. Tutti computer per uso professionale, che ottimizzano gli strumenti di intelligenza artificiale del marchio e di Microsoft, la cui piattaforma Windows 11 è già ben calata nel mondo IA di Copilot. L’azienda comunicherà in seguito prezzi e disponibilità per il mercato italiano. Sempre in tema AI, Lenovo ha anche annunciato la nuova generazione di soluzioni Integrated Edge AI per gli operatori di telecomunicazioni, che permette di elaborare molti più dati consumando al tempo stesso meno energia.

F.P.L.




Persona 3 Reload, il remake che ci voleva

Persona 3 Reload è l’attesissimo remake di uno dei capitoli più iconici della serie di Atlus. Il titolo è disponibile su Pc e sulle console Microsoft e Sony dal 2 febbraio. Il fatto che ad oggi Persona 3 sia uno tra i capitoli più apprezzati dall’utenza, al punto da essersi guadagnato questo scintillante remake, è un segno tangibile della sua capacità di uscire dagli schemi e di mostrare fino a che punto i GDR giapponesi possano essere coinvolgenti. Per tantissimi appassionati questo capitolo è stato il vero inizio della popolarità della serie Persona e la base fondamentale su cui tutti i giochi successivi sono stati costruiti. Un potenziale del genere modernizzato per l’utenza attuale rende quindi Persona 3 Reload più interessante che mai: l’originale, per quanto affascinante, aveva varie pecche strutturali derivanti un po’ dall’anno di sviluppo e un po’ da ciò che era la visione generale dei JRPG dei primi anni 2000; superare queste mancanze poteva in teoria portare un semplice remake a raggiungere, se non addirittura superare l’eccellente Persona 5. Oggi dunque, dopo aver riaffrontato per decine di ore questa incredibile avventura, siamo qui per dirvi se gli sviluppatori di Atlus sono effettivamente riusciti nell’impresa di trasformare un remake in un’opera degna del capitolo più attuale. La costruzione della trama di Persona 3 è senza ombra di dubbio il suo centro nevralgico e proprio da questo aspetto che infatti tutto si dipana. L’intera storia gira attorno a tematiche estremamente cupe e di difficile discussione come la depressione e il suicidio, e l’immaginario generale non è altro che un palco su cui si muovono personaggi di rara profondità, che ancora oggi molti considerano tra i più “umani” e riusciti dell’intera saga. Certo, il titolo ha diversi anni sulle sue spalle e non mancano gli inciampi tra i suoi testi, ma nonostante ciò riesce ancora una volta ad avere un forte ascendente su chiunque lo giochi, specialmente verso le fasi finali. In Persona 3 Reload il team di sviluppo aveva vari approcci a disposizione per rendere il gioco più attuale: limitarsi ad ampliare la campagna originale per delinearla meglio senza grandi mutamenti, o stravolgere le parti di trama meno riuscite per perfezionarle. La scelta è stata quella conservativa, tanto che la stragrande maggioranza degli eventi sono pressoché immutati. Questa cosa vale anche per i Social Link meno riusciti. Per chi non conoscesse la serie Persona, i Social Link sono legami stretti dal protagonista con vari personaggi che incontra durante l’avventura, rapporti che è necessario coltivare in modo strategico per ottenere più vantaggi possibile, cadenzando a dovere le proprie attività durante le giornate di un calendario che avanza senza sosta. Queste sono tutte sottotrame curiose sviluppate man mano e sanno a volte essere anche molto piacevoli, eppure non tutte sono allo stesso livello… difatti in Persona 3 ne sono rimaste un paio tristemente note per dare spazio a personaggi tutt’altro che apprezzabili. A rigiocare oggi questo remake, si nota come alcune delle scelte dei dialoghi dei Link siano ancora piuttosto ottuse e immotivate, e questi si sviluppino in modo a dir poco irritante per poi regolarsi solo nelle fasi finali del Link. Proprio a riguardo possiamo dire che a nostro avviso sarebbe stato necessario un intervento un po’ più deciso su determinati avvenimenti, ma possiamo capire anche i motivi che hanno portato il team a non correre eccessivi rischi con i fan. Come abbiamo già scritto in Persona 3 Reload si è cercato di restare molto fedeli al titolo originale, senza sconvolgere la trama e gli aspetti che hanno reso noto il brand. Il gioco in pratica è stato farcito di Link Episodes extra ed eventi in più che approfondiscono motivazioni e caratteri dei personaggi primari e aggiungono un pizzico di chiarezza ad alcune delle loro azioni. Non si tratta di contenuti aggiuntivi titanici, ma in ogni caso restano apprezzabilissimi e donano ancor più forza a certi momenti del gioco.

Per quanto riguarda il gameplay, l’intervento svolto è ben evidente agli occhi di chi già conosce la serie, al punto da trasformare la formula di Persona 3 Reload in una sorta di copia carbone di quella vista in Persona 5. Mantenere le risorse rappresenta uno degli aspetti più importanti della produzione, infatti la classica necessità di tenere d’occhio gli SP, ovvero i punti necessari a usare le abilità di ogni combattente veste un ruolo principe. Anche qui, come nell’ultimo gioco della saga, questi sono preziosi e rigenerabili per lo più attraverso l’uso di consumabili, tanto che l’esplorazione senza problemi del dungeon principale non dipende tanto dalla difficoltà dei nemici, quanto dalla capacità del giocatore di eliminarli spendendo il meno possibile della risorsa. Dal canto suo, l’affaticamento è del tutto scomparso e non influenza più in alcun modo i combattimenti, così come le meccaniche principali sono state modificate per supportare maggiormente il nuovo sistema. Il combat system adesso gira prevalentemente di più attorno alle debolezze nemiche e alla gestione risorse. Con un po’ di esperienza, comunque, è possibile imparare a diventare pressoché inarrestabili. I compagni ad esempio, seppur possano venir fatti combattere in automatico con varie routine comportamentali, ora sono utilizzabili da subito manualmente senza problemi, per favorire il controllo del cosiddetto “One More System” alla base del combattimento dei Persona. Detto in soldoni, si tratta di un insieme di meccaniche concettualmente vicino al Press Turn System dei Megami Tensei, ma generalmente più accessibile e diretto, che permette di stordire i nemici se li si colpisce con un elemento o un tipo di attacco fisico a cui sono deboli, ottenendo così un turno aggiuntivo, e di far partire delle potenti esecuzioni ad area quando li si stordisce tutti in serie. Le debolezze sono così centrali nel sistema che le battaglie base vengono rese una passeggiata di salute nel momento in cui le si svela (solitamente vengono scoperte dopo un paio di tentativi), e la lotta dopo un po’ di pratica inizia a diventare più quella contro i dungeon esplorati che contro gli avversari veri e propri. Questo rappresenta un netto miglioramento rispetto all’idea base e rende molto più variegate le battaglie in Persona 3 Reload, ma anche in questo caso il cambiamento è stato implementato con qualche fastidioso errore di calcolo. Se infatti la gestione delle risorse risulta abbastanza complessa nella prima metà del gioco, le cose iniziano a farsi incredibilmente più semplici da regolare non appena si ottengono Persona dotate di attacchi fisici sufficientemente potenti, i poteri di scansione di Fuuka Yamagishi, o si iniziano a recuperare oggetti che rigenerano SP a rotazione. A facilitare ulteriormente l’esperienza, poi, ci pensano due nuove meccaniche: lo Shift e la Teurgia, con quest’ultima che a nostro parere arriva a rendere letteralmente sbilanciate vero il giocatore alcune battaglie. La sfida reale in questo Persona 3 Reload, insomma, resta principalmente solo quando si affrontano le battaglie principali alle difficoltà più alte, quelle legate direttamente a certi momenti della campagna che mettono il gruppo contro boss estremamente resistenti, da affrontare di solito con tattiche precise per non perire. Anche tra gli avversari della Monade ci sono scontri capaci di far sudare, ma tutto il resto risulterà una passeggiata di salute per chiunque abbia un minimo di esperienza con il genere. È un peccato secondo noi: una difficoltà più cattivella avrebbe reso le fasi più avanzate del Tartaro più godibili e meno ripetitive. L’intento invece qui sembra esser stato quello di dare al giocatore più strumenti possibili per affrontare gli scontri in libertà, senza preoccuparsi troppo dei veterani della serie.

Persona 3 Reload è, come già detto sopra, un’opera molto rispettosa del materiale originale. Il team di sviluppo è riuscito incredibilmente a preservare le atmosfere e il tono del racconto in maniera perfetta, aggiungendo nuove scene che andranno ad arricchire la narrazione e la caratterizzazione dei vari personaggi. La sensazione che abbiamo avuto durante l’intera prova è stata quella di giocare ad un titolo dei primi anni 2000, ma in veste moderna. Emozione che poche produzioni, al giorno d’oggi, riescono a restituire. Il comparto grafico e la direzione artistica sono di assoluta eccellenza: la prevalenza del colore blu, nei bellissimi menu a comparsa e nelle transizioni di battaglia, accompagnano gli sforzi di un engine che in modo fluido ed elegante dà forma alle scorribande dei SEES all’interno del Tartaro. Nei titoli della saga ATLUS la colonna sonora riveste un ruolo di particolare importanza, al pari con l’art design. Il lavoro fatto in tal senso da parte del team di sviluppo è assolutamente di grande pregio, seppur con qualche piccola criticità: tornano infatti alcuni dei pezzi più iconici del terzo capitolo, come l’eccezionale “When the moon’s reaching out stars” e il galvanizzante “Mass Destruction”, affiancati da nuove tracce per le imboscate e l’esplorazione notturna, rispettivamente “Its going down now” e “Color your night”. I nuovi brani sono sicuramente di impatto e gradevoli all’ascolto, con qualche piccola contaminazione jazz che fa ripensare alle atmosfere di Persona 5. Apprezzabilissimo è il coinvolgimento, sia per il rifacimento dei brani originali che per i nuovi, del rapper Lotus Juice, che contribuirà a far sentire a casa i fan più accaniti del titolo. Meno convincente, tuttavia, la performance della vocalist Azumi Takahashi, che sostituisce in Reload la cantante originale Yumi Kawamura. La sua voce, estremamente limpida e intonata, manca certe volte del mordente rock tipico dell’originale, specialmente nel riaffrontare gli iconici brani del passato. La musicista giapponese risulta molto più a suo agio, invece, nelle nuove tracce inedite, sicuramente più adatte al suo timbro vocale e al suo modo di interpretare i testi. Detto questo, il comparto audiovisivo del gioco è tra i più appaganti e meglio congegnati del moderno panorama JRPG, e non mancherà di stupire sia il nuovo appassionato che il giocatore di vecchia data. Tirando le somme questo Persona 3 Reload è senz’ombra di dubbio un titolo interessante, che amplia le possibilità offerte dal gioco originale e le eleva verso un generale sintomo di completezza. La direzione artistica sopraffina, un comparto sonoro d’eccellenza e un maggiore approfondimento dei protagonisti della vicenda pongono questo remake tra i migliori esponenti della saga. Le sequenze di gameplay ambientate nel Tartaro avrebbero beneficiato di qualche guizzo creativo in più in grado di spezzarne la ripetitività, ma ad ogni modo ci troviamo di fronte a un acquisto obbligato per ogni amante della saga. A nostro avviso questo remake di Persona 3 è un titolo in grado di accontentare tutti, sia che siate nuovi della serie, sia che abbiate giocato al capitolo originale, infatti, vi troverete dinanzi a un’opera incredibile.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 9

Gameplay:8,5

Longevità:8

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




TikTok al centro di una nuova sfida fra minori, l’Agcom fa rimuovere i video

TikTok ancora una volta protagonista di un brutto episodio che vede purtroppo i minori come protagonisti. A seguito dell’intervento di Agcom il social ha rimosso gli ultimi video presenti sulla piattaforma relativi alla cosiddetta “cicatrice francese”. Per chi non ne fosse ancora a conoscenza, tale challenge fa parte di tutta una serie di sfide tra giovanissimi al limite dell’autolesionismo. Questa volta il video prevedeva lo stringersi continuamente e con violenza la pelle delle guance fino a procurarsi ematomi sugli zigomi. “Questo è il primo provvedimento – informa Agcom – in applicazione del nuovo regolamento sulle piattaforme, attuativo del TUSMA, in base al quale Agcom può limitare la circolazione di video nocivi per i minori”. Un portavoce di TikTok ha affermato riguardo al fatto: “Questa categoria di contenuto non era una tendenza sulla nostra piattaforma, e avevamo già adottato misure a riguardo, tra cui impedire che venisse raccomandata agli utenti attraverso la pagina dei Per Te o fosse accessibile ai minori di 18 anni. Pertanto, sosteniamo pienamente le azioni fin qui intraprese. Tuttavia, in seguito all’interazione con Agcom, abbiamo deciso di oscurare questi sei video in Italia, anche se non violano le nostre Linee Guida della Community, le quali vengono applicate rigorosamente per garantire la sicurezza della nostra comunità”. Ancora una volta i social sono stati protagonisti di un nuovo episodio folle che coinvolgeva i minori. Fortunatamente l’intervento dell’Agcom ha reso possibile il blocco di questi contenuti, ma a quanto pare le misure adottate fino ad oggi risultano ancora esigue. Per tutelare i minorenni tali contenuti dovrebbero essere bloccati a pochi secondi dalla loro pubblicazione (non solo su TikTok ma su tutte le piattaforme social). La speranza per il futuro è che ci possa essere una maggiore sorveglianza e nei casi più gravi provvedimenti seri per chi diffonde contenuti pericolosi.

F.P.L.




MW3 ancora più ricco con l’arrivo della season 2

MW3 si arricchisce di contenuti con l’arrivo della season 2. Personaggi, mappe, modalità di gioco e season pass sono solo alcune delle cose che attualmente sono state introdotte nel popolarissimo shooter di Activision. Dopo che il Gruppo Konni si è infiltrato in un’isola del Mediterraneo, conducendo esperimenti nefasti che hanno cambiato per sempre la Fortezza di Fortune, spetta ai giocatori e alla loro squadra sopravvivere al decadimento combattendo e dando la caccia ai non morti che si infiltreranno in ogni parte dei contenuti offerti dalla Stagione 2 di Modern Warfare 3 e Warzone. Si hanno a disposizione anche un aiutante esperto in materia: il vice sceriffo Rick Grimes di The Walking Dead e il capo della stazione della CIA Kate Laswell sono infatti i protagonisti del Battle Pass della seconda stagione.

Per quanto riguarda il multigiocatore c’è davvero tanto in arrivo con la Stagione 2. Si comincia con quattro nuove mappe 6v6, tre completamente nuove e una remaster. La prima è Partenze ed è disponibile al lancio aggiungendo al catalogo un campo di battaglia di dimensioni medio-grandi. Qui si può esplorare l’area Partenze dell’Aeroporto Internazionale Zakhaev, una zona pulita e competitiva con zone per tutti i tipi di combattimento. La mappa è più grande dei Terminal, quindi c’è da aspettarsi un’azione rapida e tattica. La seconda mappa è Stash House ed è un inferno di corridoi e angoli stretti. Anch’essa è disponibile al lancio. Appena colpita da un raid, questa location è il posto ideale per “farmare” esperienza con le armi a pallettoni e le mitragliette viste le sue linee di tiro cortissime. Anche Vista è disponibile già dal lancio, questa mappa è ambientata una località di montagna brasiliana con negozi di articoli da regalo, ristoranti e tram. A parte le viste impressionanti, c’è un’atmosfera più classica in questa mappa a tre corsie delle dimensioni simili a Shoot House con interni stretti ed esterni a lungo raggio. Das Haus, invece, arriverà a metà stagione e sarà una remaster di una mappa di CoD Vanguard. Due ulteriori varianti verranno aggiunte al pool di mappe a tema ultraterreno, unendosi a Tetanus, Sporeyard e Satan’s Quarry della Stagione 1. Queste sono Airborne e Skidrow, ora con un nuovo look purulento. Infine, la modalità Guerra riceverà una nuova operazione su larga scala ambientata nel centro dell’Urzikstan. Aspettatevi un lancio con paracadute in volo con la vostra squadra per atterrare sul tetto di un grattacielo, esplorando la costruzione multi-livello che ricorda la mappa Overwatch di Call of Duty: Modern Warfare 3 del 2011. Una squadra dovrà difendere e proteggere questa struttura mentre l’altra piazzerà degli esplosivi per aprirsi una strada verso il basso. Oltre alle mappe arrivano anche diversi nuovi modi di giocare su Call of Duty Modern Warfare 3 nella Stagione 2. Le partite di Gioco delle Armi a squadre avranno le regole di Team Deathmatch in vigore, anche se con alcune importanti differenze: ogni giocatore inizia con la stessa arma e dovrà eliminare gli avversari per progredire attraverso un set di otto armi predeterminate. Se otterrete abbastanza punti, poi, tutti i compagni di squadra verranno generati con l’arma successiva contemporaneamente, vince la prima squadra che totalizza 75 punti. La modalità Solo Cecchini sarà anche lei disponibile al lancio, userà le regole di Deathmatch a Squadre o Dominio e, sorprendentemente, sarà tutta a base di quickscoping. Tutte le armi oltre ai fucili di precisione sono limitate, incluso l’equipaggiamento letale e tattico. Hordepoint sarà una modalità a tempo limitato nel periodo di lancio e avrà come base Hardpoint con l’aggiunta di un nemico aggiuntivo che non fa discriminazioni tra SpecGru e KorTac: una massa disordinata di zombi, con occasionali zombi Elite che arrivano per farvi la pelle. A metà stagione, poi, arriverà Juggermosh, un’altra modalità a tempo limitato con prospettiva in terza persona. Su Kill confirmed, Domination e Hardpoint preparatevi a una guerra Juggernaut contro Juggernaut con qualche regola diversa per mischiare le carte in tavola. A metà stagione arriverà Bounty, un modalità in cui ogni giocatore ha vite illimitate e le partite si svolgono in modo simile a Team Deathmatch. Il giocatore con il maggior numero di uccisioni per ciascuna squadra verrà contrassegnato come HVT (bersaglio di alto valore). L’HVT si alterna tra le squadre in un intervallo di tempo e vengono assegnati punti extra quando l’HVT viene ucciso. L’equipaggiamento nuovo di questa stagione, infine, sarà il nuovo Gilet dei Ninja che fornisce una corsa silenziosa, un coltello da lancio in più e uno shuriken aggiuntivo.

Per quanto riguarda la modalità zombi meglio conosciuta come MWZ, la storia dell’etere oscuro continua: le squadre di giocatori dovranno affrontare una nuova anomalia nella zona di esclusione. In più è in arrivo il secondo Rift, la più grande roccaforte infestata mai resa disposnibile negli zombie di CoD. Ci sono tre nuovi progetti da raccogliere e una nuova signora della guerra da affrontare. Si chiama Keres ed è una sfuggente specialista in guerra chimica che ha allestito delle difese impressionanti alla Killhouse nella base militare di Orlov. Portatevi delle maschere antigas perché violare la sua fortezza è solo la prima sfida. Una volta all’interno, aspettatevi problemi di visibilità, poiché il nuovo composto di gas di Keres resta sospeso nell’aria in tutta la struttura, interrompendo quasi tutti i sensori, compresi i mirini delle armi termiche. Aspettatevi anche che Keres utilizzi armamenti convenzionali e una cortina di fumo velenosa, contando sulle sue numerose armi biologiche per soffocarvi. Ci vorrà lavoro di squadra certosino per intrappolarla ed eliminarla.

Novità anche per tutti gli appassionati del battle royale: Warzone. La principale è il ritorno di Fortune’s Keep, una mappa piccola con 11 punti di interesse tutti rinnovati e una modalità classificata dedicata. All’interno di ciascuna partita preparatevi all’apparizione dell’evento pubblico competitivo Rogue Signal, che vi metterà contro altri operatori e squadre in una missione basata su obiettivi di 90 secondi. Ci sono contanti, XP e una speciale riserva di ricompense unica da conquistare. Dopo che viene visualizzata una notifica, aspettatevi un nuovo elemento nell’HUD con un obiettivo, un tabellone segnapunti e il posizionamento proprio (o della squadra) rispetto ai rivali. Per mescolare le carte in tavola e restare in tema con la narrativa stagionale, poi, una selezione di potenziamenti direttamente dagli Zombi arriveranno su Call of Duty: Warzone per un periodo limitato. Sette potenziamenti Zombi (quattro familiari e tre nuovi di zecca) saranno disponibili sulla mappa e potranno essere trovati aprendo determinate casse o eliminando gli operatori rivali. Non mancheranno anche alcune aggiunte degne di nota. La Nave da Ricerca è un nuovo punto di interesse mobile: si dice che una grande imbarcazione su pontoni possa apparire nelle acque al largo della costa di Fortune’s Keep, più avanti nella stagione. La nave è dotata di un proprio eliporto, ascender e una varietà di contromisure tutte da scoprire. La killstreak Bunker Buster, poi, sarà l’incubo dei camper perché potrete lanciare un missile che decima verticalmente un edificio su più piani, eliminando i nemici nascosti all’interno. L’impatto crea una lunga colonna di gas progettata per costringere i nemici sopravvissuti a uscire dalla copertura. La Stazione di Decontaminazione Portatile, infine è una versione migliorata dell’aggiornamento sul campo della Stazione di decontaminazione portatile (PDS, nota anche come Stazione di decontaminazione personale) e si aggiungerà al bottino a metà stagione. Emettendo una nuvola di sostanze chimiche che contrastano le proprietà corrosive del gas del circolo, creerà una preziosa zona sicura temporanea.

Anche il parco armi di MW3 si arricchisce con la seconda stagione di MW3. La prima arma ad arrivare nelle mani dei giocatori sarà il BP50, un fucile d’assalto che troverete al lancio nel settore B7 del Battle Pass. Questo AR bullpup modulare camerato in 5.56 annienterà i nemici grazie alla sua elevata cadenza di fuoco e una precisione eccezionale per dominare a medio e lungo raggio. Nel settore B6 del Battle Pass, invece, si trova il mitragliatore, più manovrabile e agile del suo omologo fucile d’assalto, questo mitragliatore bullpup calibro 9 mm sarà letale a distanza ravvicinata. Come ricompensa per una sfida stagionale settimanale, poi, si può ottenere il SOA Subverter, un fucile da battaglia con cameratura in 7.62 per dominare a distanze medio-lunghe grazie a una cadenza di fuoco bassa e un rinculo prevedibile”. Nel compartimento delle armi da mischia, a metà stagione arriverà il “Soulrender” una spada a una mano con una posizione di guardia da cui sferrare dei potenti attacchi e contrattacchi. Al lancio della seconda stagione, poi, arriveranno sette nuovi componenti aftermarket. Il primo è il JAK Burnout per la Holger 26 ottenibile nel Battle Pass. Questa modifica da all’arma una modalità di fuoco nuova chiamata JAK Burnout che fornisce una velocità di fuoco notevolmente aumentata ma che può surriscaldare la canna aumentando lo spray. Il Kit JAK Tyrant 762 si sbloccherà tramite una sfida settimanale e sostituirà il ricevitore del fucile da cecchino Longbow per ospitare munizioni 7,62 BLK creando un’arma subsonica più potente. Il JAK Limb Ripper ottenibile tramite una sfida settimanale, vi trasporterà direttamente su Gears of War perché consiste in vera e propria motosega sottocanna. A chi manca l’iconico Striker di Modern Warfare 2 farà piacere sapere che l’Haymaker, grazie al Kit JAK Maglift ottenibile tramite sfida settimanale, potrà ospitare un caricatore a tamburo extra-large. il BAS-B, poi, potrà trasformarsi in un vero e proprio Winchester grazie al Kit JAK Outlaw-277 che rallenterà la cadenza di fuoco ma migliorerà di molto la precisione. L’ultimo componente aftermarket della Stagione 2 di Moder Warfare 3 è l’Ottica senza vetro JAK ottenibile tramite una sfida settimanale. Questa piccola ottica reflex senza vetro offre un’immagine nitida e chiara per un’acquisizione rapida del bersaglio. Insomma questa Season 2 di Call of Duty Modern Warfare 3 porta talmente tanti contenuti da poter soddisfare qualsiasi tipo di giocatore, dal più esigente al casual gamer di turno.

Francesco pellegrino Lise




Suicide Squad: Kill the Justice League, arrivano gli antieroi per eccellenza

Suicide Squad: Kill the Justice League è un videogame action sviluppato da Rocksteady Studios, pubblicato da Warner Bros per PlayStation 5, Xbox Series X/S e Pc. Il titolo si pone narrativamente come un seguito diretto della saga di Batman: Arkham, ma non è un nuovo episodio di quella serie. Non lo è mai stato a livello concettuale, non è nato in questo modo, non vuole ambire a confrontarsi con la quadrilogia originale, ed è proprio un’altra cosa. A livello di trama il comparto narrativo rappresenta senza alcun dubbio l’aspetto meglio riuscito del nuovo gioco di Rocksteady Studios. I presupposti parlano da soli: diversi anni dopo gli eventi di Batman: Arkham Knight, il potente Brainiac atterra con la sua Nave Teschio nel centro di Metropolis con uno scopo preciso: conquistare la Terra e trasformarla nel suo pianeta d’origine, Colu. La città scelta dal malvagio androide alieno per scatenare il suo malvagio piano di conquista non è frutto di una decisione casuale, infatti è lì che operano gli eroi più potenti, i membri della Justice League; e la prima cosa che Brainiac fa è catturarli e corromperli nel profondo, riducendoli a obbedienti soldati privi di qualsiasi inibizione, pronti a far rispettare il volere del loro nuovo padrone nella maniera più sanguinosa e violenta possibile. Una mutazione da cui non si può tornare indietro. Vista la situazione, Amanda Waller, direttrice dell’organizzazione governativa A.R.G.U.S., decide di recarsi ad Arkham e seleziona quattro criminali per formare una vera e propria squadra suicida da inviare a Metropolis per tentare il tutto e per tutto e ribaltare la situazione. La scelta della Waller ricade sulla folle Harley Quinn, il tiratore infallibile Deadshot, l’irrecuperabile Captain Boomerang e il potente mutante King Shark. Ai detenuti viene impiantata una micro-bomba nel collo che può essere azionata da remoto e dunque li obbliga a eseguire gli ordini anziché darsela a gambe una volta rimessi in libertà.

Questo allegro plotone di debosciati, protagonisti indiscussi di questo Suicide Squad: Kill the Justice League, viene così condotto a Metropolis e lo scenario che si para di fronte ai loro occhi è di quelli che restano impressi: la gigantesca Nave Teschio di Brainiac si staglia all’orizzonte, mentre i suoi titanici tentacoli lambiscono ciò che resta di una città ormai in rovina, messa a ferro e fuoco dalle truppe al servizio del conquistatore alieno. Truppe che, giusto per rendere le cose ancora più terribili, non sono altro che cittadini riconvertiti, trasformati in orribili mostri attraverso un processo spietato e irreversibile. Non che i componenti della Suicide Squad si sarebbero fatti problemi ad ammazzare persone comuni per raggiungere i propri scopi, sia chiaro, ma le circostanze implicano l’impiego di qualsiasi risorsa a disposizione; e Amanda Waller di risorse ne ha davvero moltissime. Lo scopo della missione della Suicide Squad è quello di uccidere la Justice League, dunque, ma non senza godersi il viaggio. Ottenere i mezzi e le capacità per riuscire ad ammazzare ex supereroi dai poteri straordinari come Flash, Lanterna Verde, Batman e Superman non sarà una cosa semplice e i protagonisti del gioco dovranno muovere mari e monti, persino superare i confini del loro mondo per riuscire nell’impresa, nell’ambito di un viaggio che sul piano narrativo abbiamo trovato assolutamente godibile e a tratti esaltanti. Se infatti gli ex eroi della Lega della Giustizia vengono resi nel gioco in una maniera bidimensionale, rinchiusi nei confini della loro moralità (o dell’assoluta mancanza di essa, dopo il trattamento Brainiac), i quattro protagonisti sono invece oro puro, videoludicamente parlando: caratterizzati in maniera magnifica, mai banali, sempre pronti a sorprendere chi gioca con trovate assolutamente fuori di testa, che bucano lo schermo e strappano risate. Ci sono sequenze nella campagna di Suicide Squad: Kill the Justice League che posseggono un grado di epicità estremo, ma anche gag brillanti, una scrittura solidissima, situazioni inaspettate, azzardi che non ci si aspetterebbe di vedere in un prodotto su licenza ed espedienti visivi brillantemente rielaborati che ribadiscono ancora una volta quanto voglia essere volutamente e dannatamente demenziale la storia. Nel senso buono ovviamente. Ovviamente a pesare sono anche e soprattutto le interpretazioni dei quattro protagonisti, che nella versione nostrana vantano un doppiaggio in italiano di alto livello che però non è totalmente assente da difetti. Diciamo subito che la Harley Quinn di Chiara Francese è un gioiellino, quanto di più vicino ci sia alla controparte americana di Tara Strong. Il Captain Boomerang di Francesco “Deacon” Rizzi è fantastico e subito dopo vengono le performance di King Shark, Amanda Waller, Pinguino, Gizmo, Flash e Superman, doppiato anche qui da Matteo “Nathan Drake” Zanotti. Il doppiaggio italiano si colloca all’interno di un comparto audio di ottima fattura, ricco di effetti convincenti e supportato dalla indimenticabile e assolutamente adrenalinica colonna sonora rock firmata da Rupert Cross e Nick Arundel.

La campagna principale di Suicide Squad: Kill the Justice League ha una durata di circa 10 ore, ma l’intera esperienza può arrivare a sfiorare le 16/17 ore grazie ad un certo quantitativo di missioni secondarie, ed è molto probabile che la longevità del titolo sia destinata ad aumentare fra le tappe del supporto post lancio. Malgrado un monte ore non certo astronomico, l’esperienza può comunque risultare piuttosto onerosa, e questo perché tutti gli incarichi sono strutturati a partire da un’esigua manciata di modelli, differenti in termini di obiettivo ma riconducibili ad una singola prassi: sparare a tutto e tutti. Che siano missioni di uccisione o di salvataggio dei civili, che sia il momento di proteggere le piante di Poison Ivy o raccogliere dati per il Giocattolaio, non c’è nessuna reale variazione sul tema del chiasso balistico. “Prendete le vostre armi e fate fuoco: non appena avrete sgomberato l’area allora potrete andare avanti” questo è il mood che accompagnerà i giocatori per tutto il tempo che si vorrà giocare. Purtroppo però tale sistema alle lunghe, per quanto si possa essere grandi fan dei personaggi Dc Comics, la monotonia prende il sopravvento. Vale la pena di precisare che, sebbene lo shooting di Suicide Squad sia di per sé piacevole, alcune costrizioni limitano di molto l’efficacia del gameplay nonché la libertà d’approccio nel corso delle missioni: la frequente presenza di precise condizioni per infliggere danni durante gli incarichi, come la necessità di utilizzare le sole granate, mettere a segno colpi critici o sfruttare alterazioni di stato, finisce infatti per svilire tanto il gunplay quanto il sistema di progressione, spingendo l’utenza a seguire forzosamente specifiche routine. In questo contesto, la varietà dell’arsenale e dei potenziamenti non riesce ad innalzare adeguatamente l’asticella della diversità ludica, e lo stesso vale per gli spettacolari attacchi speciali in dotazione ai diversi membri del team. All’aumentare di ogni livello in Suicide Squad: Kill the Justice si ottiene un punto talento da spendere una delle tre sezioni dello skilltree che Hack presenterà come la rappresentazione del cervello, nel quale si potranno dunque impiantare delle nuove abilità. La loro efficacia purtroppo però è risultata sempre impalpabile in quella che è l’economia del gioco, che tende a mettere chi gioca solo dinanzi all’esigenza di armi più potenti e basta. A tal proposito, anche il tentativo di far costruire a Pinguino attrezzi del mestiere sempre più potenti si dimostra perlopiù vano, essendo tutto legato a una mera condizione di fortuna, come d’altronde le loot box consegnate alla fine di ogni missione. La progressione e la crescita sono delle illusioni, ma vogliamo concedere a Rocksteady il beneficio del dubbio sperando che in futuro tutto questo assumerà un senso. Per ora non ce l’ha. Suicide Squad soffre, però, anche in quella che è la costruzione dell’open world: proporre nel 2024 una struttura del genere, che riduce Metropolis ad un ampio spazio vuoto da attraversare e riempire di piombo, non è proprio il massimo. Ci si trova dinanzi a una città fantasma davvero povera di stimoli, all’interno della quale non si ha mai una vera e propria spinta per andare a esplorare il mondo di gioco, che risulta effettivamente spogliato di qualsiasi attività secondaria.

Suicide Squad: Kill the Justice League a livello grafico è un prodotto che funziona davvero bene. Il titolo gira a 60 fps su tutte le console (anche Xbox Series S), utilizzando il classico espediente della risoluzione dinamica che su PS5 punta ai 1800p ma si accontenta spesso e volentieri dei 1440p, presentando qualche singhiozzo solo in casi abbastanza rari e anomali, che speriamo verranno sistemati in fretta. Per il tipo di gioco e per le situazioni che vengono rappresentate, come detto parecchio caotiche e rumorose nelle fasi più avanzate della campagna e durante l’endgame, si tratta di risultati di tutto rispetto. Dopodiché ci sono naturalmente le scelte artistiche, e qui si può aprire senz’altro un dibattito. Come già detto, la Metropolis di Kill the Justice League non ha nulla a che vedere con la Gotham di Arkham Knight, i due scenari sono letteralmente distanti come il giorno e la notte, visto che la città di Batman veniva sempre e solo mostrata in notturna. Differenze giustificate sul piano narrativo ma che, ce ne rendiamo conto, impattano sulla resa visiva generale dello scenario, sgretolandone la personalità. La metropoli un tempo protetta dalla Justice League azzarda alcune architetture peculiari ma rimane arida e desolata, tanto esteticamente quanto contenutisticamente, e il sistema di illuminazione utilizzato dal gioco, una scelta forse obbligata al fine di rappresentare l’alternarsi del giorno e della notte, tende ad appiattire le superfici piuttosto che valorizzarle, anche in presenza di pioggia. Personaggi, nemici e animazioni, invece, sono degni di nota, ben realizzati e caratterizzati. Tirando le somme questo Suicide Squad: Kill the Justice League è un titolo che può tranquillamente divertire, a patto che si sia disposti ad accettare la sua natura volutamente iperbolica e ironica, ma anche la ripetitività delle missioni. Giocandolo il titolo è in grado di offrire un bizzarro mix di sensazioni: un gioco fantastico sul piano narrativo, pieno di personaggi scritti in maniera brillante, situazioni completamente fuori di testa e scene davvero epiche; che peraltro può contare su di un gameplay solido, frenetico e divertente anche nei momenti più incasinati e confusionari, specie laddove si affronti la cooperativa insieme agli amici. È un peccato che l’open world preparato per l’occasione non supporti questi elementi con maggiore convinzione, svolgendo il mero ruolo di sfondo rispetto a missioni un po’ troppo simili fra di loro. Cambierà qualcosa nella fase post-lancio? La nostra speranza è ovviamente sì, in quanto le basi per un prodotto fatto per durare nel tempo ci sono.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 9

Gameplay: 7

Longevità: 7

VOTO FINALE: 7,5

Francesco pellegrino Lise