Xbox Series X ed S sono arrivate, al via la next-gen di Microsoft

Xbox Series X e Xbox Series S, le nuove console next-gen di Microsoft, sono finalmente arrivate in Italia e sono acquistabili rispettivamente al prezzo di 499,99 euro e 299,99 euro sul Microsoft Store e presso i principali rivenditori.

Xbox Series X è la console Microsoft più veloce e più potente di sempre, che spinge performance, velocità e compatibilità a livelli mai visti. Xbox Series X include una CPU 8 core Zen 2, in grado di garantire una potenza di calcolo eccezionale, e racchiude 12 teraflop di GPU, con un livello di fedeltà visiva senza precedenti e una completa immersione con i giochi in 4K nativi e capacità fino a 8K. Abbinata alla memoria GDDR6 con la larghezza di banda più elevata di qualsiasi console di nuova generazione, Xbox Series X offre agli sviluppatori la possibilità di spingere al limite la loro creatività. Grazie alla CPU 8 core Zen 2, Xbox Series S garantisce la velocità e le performance della nuova generazione all’interno dell’hardware più piccolo mai progettato da Xbox, a un prezzo accessibile.

Xbox Series S offre prestazioni innovative, mondi più dinamici, tempi di caricamento più rapidi ed è stata progettata per far girare i giochi a 1440p fino a 60FPS. La console è simile a Xbox Series X in termini di performance I/O e di CPU, rendendo più semplice per gli sviluppatori la possibilità di fornire le stesse ottime prestazioni di Xbox Series X, eseguendo il rendering a una risoluzione inferiore. Se volete saperne di più, cliccando qui potrete leggere il nostro approfondimento relativo all’evento di presentazione delle nuove console di casa Microsoft. La next-gen è finalmente tra noi, benvenuti nel futuro dell’intrattenimento casalingo.

Francesco Pellegrino Lise




Little Hope, l’antologia horror per Pc e Console si amplia

Little Hope è il secondo capitolo della Dark Picture’s Antology, ossia una serie di videogiochi horror dove ogni protagonista può essere impersonificato da un giocatore diverso e dove ogni scelta può cambiare la trama in meglio o provocare una serie di tragedie.

Questo secondo episodio, disponibile dal 30 ottobre su Pc e Console di vecchia e nuova generazione, offre un’ambientazione del tutto differente da quella vista in Man of Medan (qui la nostra recensione), infatti l’avventura si svolge in un luogo montano, lontano dall’oceano e offre tutta una serie inedita di orrori. Quattro studenti del college e il loro insegnante si ritrovano bloccati in una cittadina a miglia di distanza da qualsiasi altro luogo, dopo che il loro autobus ha avuto un incidente a causa del maltempo. Perseguitati da una nebbia misteriosa nella cittadina di Little Hope, dovranno cercare disperatamente un modo per fuggire mentre le visioni del passato li tormentano nell’ombra.

E mentre assistono al raccapricciante passato della città e ai terribili eventi del processo alle streghe di Andover, compaiono anche alcuni demoni infernali, che iniziano a tormentare e inseguire implacabilmente i protagonisti del gioco. Essi dovranno quindi comprendere le motivazioni di tali apparizioni, prima che le forze del male trascinino le loro anime all’inferno. In questa avventura dalle forti tinte horror, che per certi versi richiama quanto visto nei film di “Blair Witch”, sarà necessario affrontare situazioni di vita o di morte, oltre a dilemmi decisamente impegnativi, che decideranno il destino dei personaggi. Little Hope dà la possibilità di giocare da solo, ma anche di lasciare il destino dei personaggi nelle mani dei propri amici, mettendo alla prova le loro abilità nel fare le scelte giuste nelle modalità Storia Condivisa e Serata al Cinema. Inoltre il titolo offre una grande rigiocabilità in quanto la vastissima gamma di scelte può portare a molteplici situazioni inedite e finali differenti.

L’atmosfera di Little Hope è opprimente, da horror d’alta classe, con qualche rimando nemmeno troppo velato a Silent Hill: l’avventura di SuperMassive Games propone a tratti soluzioni visive di indubbio impatto, viscerali e ansiogene, pregne di un’inquietudine costantemente in bilico tra la tachicardia e lo spavento puro. Purtroppo però la sceneggiatura non è sempre all’altezza, infatti le linee di dialogo sono spesso assai banali, la caratterizzazione dei personaggi a tratti un po’ troppo superficiale, e gli scambi di battute tra i protagonisti arranca in più occasioni. Con una scrittura più curata, Little Hope avrebbe potuto ambire a vette qualitative maggiormente elevate, anche perché alcuni risvolti del racconto, soprattutto nelle fasi conclusive, riescono a garantire colpi di scena più intelligenti e riusciti del capitolo precedente. È un peccato che gli autori non abbiano prestato alla sceneggiatura la medesima attenzione riposta nella costruzione dell’atmosfera, e che in alcuni frangenti si siano palesemente impigriti, scegliendo di ricorrere allo spavento facile, tramite un uso eccessivo dei jump scare che, dopo una reiterazione dei medesimi stilemi, cominciano inevitabilmente a perdere d’efficacia. Come da tradizione del genere, anche in Little Hope bisogna controllare, a seconda delle esigenze del racconto, i vari protagonisti, alternando fasi parlate abbastanza lunghe con momenti maggiormente interattivi, legati all’esplorazione e alle sequenze in cui i QTE la fanno da padrone. In quelle fasi in cui il gioco concede un po’ di libertà di movimento lungo le ambientazioni, si avrà anche la facoltà di analizzare le aree di gioco, tutte assai ristrette, alla ricerca di piccoli collezionabili o di informazioni che ampliano la lore della produzione e, come avveniva in Man of Medan, forniscono qualche indizio utile a far intuire quale potrebbe essere la soluzione del mistero. È in questa anima quasi investigativa che si annida una delle migliori trovate del team di sviluppo, che centellina accuratamente le varie prove per accompagnare i giocatori più intuitivi verso la piena comprensione della vicenda prima che giungano i titoli di coda. Peccato solo che la libertà di spostamento sia comunque limitata da aree parecchio claustrofobiche e da una gestione dell’inquadratura che, nel suo voler essere molto autoriale, alle volte non fornisce la giusta prospettiva per orientare lo sguardo dell’utente. Oltre agli indizi, nelle ambientazioni si potranno anche trovare speciali cartoline definite “Presagi di Morte”: il gioco fornirà così degli aiuti visivi, un rapido scorcio verso il futuro volto a suggerire quali azioni potrebbero condurre alla prematura dipartita dei protagonisti. In sostanza, per chi lo ha giocato, le cartoline sono equivalenti ai quadri presenti in Man of Medan. Sotto questo fronte, Little Hope non si distanzia dal primo capitolo della Dark Picture Anthology, proponendo un avanzamento abbastanza ben bilanciato tra dialoghi, azione e puro terrore. Se si esclude un semplicissimo minigioco in cui premere col giusto ritmo alcuni tasti per mantenere la calma nei frangenti più tesi, i Quick Time Events si dimostrano estremamente basilari nel concept, e anche piuttosto semplici da completare. Il senso di sfida di Little Hope a nostro avviso è leggermente più clemente in rapporto a quello di Man of Medan, e portare in salvo tutti i personaggi potrebbe rivelarsi più semplice del previsto. Dove il gioco perde in complessità ne guadagna però in grado di tensione: le scelte che si faranno si muovono su una scala di moralità più ambigua, e sono molti i gesti, anche minimi, che potrebbero mutare quasi radicalmente lo sviluppo della storia. Per completare una “run” basteranno fra le 5 e le 6 ore, ma la possibilità di avere più risvolti fa si che il titolo abbia un buon livello di longevità.

A livello estetico, Little Hope fa dei piccoli passi avanti rispetto a Man of Medan senza però compiere eccessivi balzi di qualità: il motion capture è l’aspetto fondamentale dell’intera produzione, grazie al quale i cinque protagonisti prendono vita e danno il meglio di sé soprattutto nel costante gioco di chiaroscuri che li accompagna passo dopo passo nella cittadina fantasma. Alcuni sono più riusciti di altri, come Angela e Andrew, ma nel complesso sono tutti sufficientemente espressivi. Durante la nostra prova su Xbox One X non abbiamo riscontrato cali di framerate o problemi di caricamento ma in un paio di casi il gioco è andato a scatti se c’erano aggiornamenti in background. Il sound design, ovviamente, gioca un ruolo fondamentale ma data l’ampiezza di certe aree non brilla quanto lungo i claustrofobici corridoi di Man of Medan; ciononostante, mentre si vaga per Little Hope sembrerà spesso di sentire delle voci attorno a se, come se La cittadina non fosse mai davvero disabitata, e nei luoghi chiusi questo funziona particolarmente bene. La qualità del doppiaggio italiano è nella norma, vicina a quella in lingua originale. Tirando le somme, Little Hope ripropone la formula già collaudata e portata avanti con Man of Medan, presentandosi migliore del suo predecessore sotto diversi aspetti, ma non riuscendo ancora a raggiungere il livello di Until Dawn che ancora rimane il miglior lavoro svolto dal team di Supermassive Games. La narrazione beneficia di un tema più ad ampio respiro rispetto alla leggenda della Ourang Medan ma presta il fianco a diverse illogicità e a una qualità non sempre ottimale, mancando ancora una volta una vera e propria caratterizzazione dei suoi protagonisti. Sebbene la componente horror sia più marcata, non riesce a essere abbastanza incisiva da trasmettere quel terrore che ci si aspetterebbe, anche se siamo certi che nei soggetti più sensibili gli spaventi non mancheranno. Il finale gode poi di un colpo di scena interessante e inaspettato, all’interno di una trama che a tratti si fa prevedibile. In termini di gameplay sono state apportate delle migliorie e introdotti aspetti inediti ma qualche attrito con la narrazione non li rende del tutto funzionali. In generale, sebbene miglior di Man of Medan, Little Hope non si discosta abbastanza dal precedente per considerarlo un vero e proprio cambio di rotta. In ogni caso il nostro consiglio è di giocarlo assolutamente almeno una volta in quanto vivere l’avventura di Little Hope è un’esperienza assolutamente imperdibile e che lascia di sicuro qualcosa dentro.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




Spotify su Apple Watch non avrà più bisogno dell’iPhone

Spotify è pronto ad arrivare sull’Apple Watch in modo “esclusivo”. Il primo servizio al mondo di musica in streaming – che conta 320 milioni di utenti a fine settembre, di cui 144 milioni di abbonati – ha infatti iniziato a dare ad alcuni utenti la possibilità di ascoltare i brani sullo smartwatch di Apple senza bisogno di passare dall’iPhone.

La novità, in fase di test dallo scorso settembre, è in via di distribuzione a un maggior numero di utenti a partire dal weekend, come evidenziano numerose testimonianze online. Per loro l’applicazione di Spotify ora consente di ascoltare in streaming canzoni e podcast usando la connessione Wi-Fi o cellulare dell’Apple Watch, in modo quindi indipendente dall’iPhone. Una tale possibilità si rivela utile in tutti quei casi in cui non è pratico portare dietro lo smartphone, ad esempio durante una sessione di corsa o un’altra attività fisica.

La selezione di brani e playlist avviene con comandi vocali, chiamando l’assistente Siri, e per la riproduzione si possono collegare auricolari o cuffie Bluetooth allo smartwatch. La nuova funzione è in fase di distribuzione su scala globale, e dovrebbe arrivare a disposizione di tutti gli utenti nei prossimi giorni. Grazie a questa nuova funzionalità allenarsi senza ingombri e in totale libertà diventa sempre più possibile, ma soprattutto, in quest’epoca dove il COVID-19 costringe le persone a inventarsi lo sport fai da te, tale feature assume un ruolo di grande importanza in quanto si sa, allenarsi a ritmo di musica ha tutto un altro fascino. Se le canzoni poi sono quelle che abbiamo scelto accuratamente allora il risultato è ancora migliore. Provare per credere.

F.P.L.




Pes 2021, il campionato di calcio si gioca da casa su Pc e console

PES 2021 è il nuovo titolo di calcio di Konami per Pc, Xbox One e Ps4, ma è doveroso sottolineare che il titolo non porta novità sostanziali rispetto a quanto visto nell’ultima edizione. Si tratta per l’appunto di un prodotto che, posto a cavallo tra due generazioni di console, mira ad aggiornare il suo predecessore soprattutto per quanto riguarda le rose e le squadre a disposizione.

A causa della pandemia da Covid-19, i campionati di calcio si sono infatti conclusi con notevole ritardo e il calciomercato è ancora in corso: ragion per cui rilasciare un titolo completamente nuovo sarebbe stata un’impresa davvero complessa per tutta una serie di ragioni che si possono immaginare. PES 2021, va detto, è un aggiornamento dell’edizione precedente, ma anche un gioco stand alone, infatti lo si può acquistare e giocare indipendentemente dal fatto che si possegga, o meno, una copia della scorsa edizione del titolo calcistico di Konami.

Il punto di forza di questa iniziativa è senza dubbio il prezzo, che permetterà ai giocatori di vivere l’esperienza Pro Evolution Soccer senza incorrere in spese eccessive: si parla infatti della metà rispetto al normale prezzo di vendita di questi titoli. Detto ciò, andiamo a vedere nel concreto quello che gli sviluppatori hanno inserito all’interno di questo pacchetto d’aggiornamento. Per quanto riguarda le modalità, potremmo semplicemente limitarci a rimandarvi alla recensione di eFootball PES 2020 scritta un anno fa (clicca qui per leggerla), in quanto da questo punto di vista cambia veramente poco. Praticamente nulla, se guardiamo da un livello più alto le possibilità messe a nostra disposizione da Konami. Torna infatti identica la modalità Matchday, così come il MyClub si ripropone in maniera perfettamente speculare a quella vista in precedenza. Idem con patate per quanto riguarda Diventa un Mito.

Un discorso un pochino diverso lo merita invece la Master League, rinnovata da Konami un anno fa con l’arrivo di alcuni avatar dedicati a manager reali come Diego Armando Maradona, Ruud Gullit e altri ancora. Rispetto all’edizione precedente Konami ha aggiunto la possibilità di scegliere altri allenatori, accompagnando quelli già presenti con figure come Pep Guardiola, Ryan Giggs e Frank Lampard. Le novità della Master League si fermano però a questo punto, perché tutto il resto rimane così com’era: vedremo così il nostro allenatore coinvolto tra le varie partite in alcune scene d’intermezzo con alcuni dialoghi con possibilità di scelta multipla, che già un anno fa ci avevano dato l’impressione di poter perdere il loro appeal sul lungo periodo.

Dodici mesi dopo confermiamo che è senza dubbio così, sperando che per eFootball PES 2022 gli sviluppatori possano migliorare e ampliare questa componente della Master League. Questa modalità resta comunque il cuore dell’esperienza offline del franchise.

A livello di giocabilità, le meccaniche di gioco di eFootball PES 2021 appaiono abbastanza simili a quelle del suo predecessore, rispetto al quale dopo qualche partita è però possibile notare qualche differenza. Nulla di particolarmente eclatante, ma quanto basta a migliorare e rifinire quella che era e resta la migliore esperienza simulativa calcistica che si sia vista sull’attuale generazione videoludica.

Rispetto a un anno fa il gameplay di eFootball PES 2021 appare infatti più fluido, soprattutto grazie all’intervento di Konami sul comportamento dei giocatori che in troppi casi stavano a guardare la palla passare a poca distanza dalla loro posizione. Si ha adesso un senso di maggiore reattività da parte dei ventidue in campo, concedendo così maggiore spazio a cambi di ritmo tra un calcio più lento e ragionato e uno giocato invece in velocità. Da segnalare anche qualche cambiamento per quello che riguarda la gestione dei cartellini da parte degli arbitri, giustamente meno severi rispetto all’anno scorso nel punire alcuni interventi con il giallo.

Resta invece ancora da rivedere la gestione di alcuni contrasti, che porta i direttori di gara a chiamare fallo anche quando l’intervento del difensore finisce per colpire il corpo dell’avversario dopo aver preso il pallone. Stesso discorso per la gestione della regola del vantaggio, di sicuro migliorabile. Per tutto il resto vale a grandi linee quanto detto nella recensione di eFootball PES 2020, in particolare per quello che riguarda una fisica della palla in grado di soddisfare anche i palati più fini tra tiri in controbalzo e rimpalli di vario tipo, beneficiando della maggiore reattività dei giocatori per rendere meno frequenti le situazioni di ping-pong riscontrate in passato. L’aspetto cruciale di questo Season Update è senza dubbio la gestione di rose e licenze: restando sui lidi del nostro campionato, se da un lato è sopraggiunta la partnership esclusiva tra Konami e la Roma, dall’altro eFootball segna “l’addio” delle compagini meneghine. Milan e Inter, infatti, non sono presenti in PES 2021, e anche San Siro lascia un vuoto tra gli stadi disponibili. Una perdita di peso, dato che parliamo della seconda classificata nello scorso campionato e di una squadra con una lunga tradizione di vittorie internazionali. La loro uscita, a livello di immagine, segna quindi un vuoto importante, ma c’è dell’altro.

A lasciar interdetti è la “fretta” con cui gli sviluppatori hanno voluto lanciare il gioco sul mercato giacché, a causa della pandemia, la finestra del calciomercato è ancora aperta. Questo ha portato a una strategia di aggiornamenti poco entusiasmante: al day one è stato pubblicato un primo data pack che modifica la lega inglese, la liga portoghese e altri campionati meno interessanti per gli utenti italiani. Le competizioni europee più importanti, e di conseguenza le squadre, sono state riviste con un aggiornamento rilasciato a fine ottobre, con l’unica eccezione dei completi ufficiali di Juventus e Roma. Ciononostante, anche il fronte contenutistico ha visto una piccola aggiunta che riguarda la Master League: agli allenatori storici presenti nello scorso anno si aggiungono tre volti nuovi, ossia l’ex bandiera del Chelsea Frank Lampard, il leggendario Ryan Giggs e un giovane Pep Guardiola. Ovviamente, l’esperienza offerta dalla modalità non è cambiata, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. In questo caso, per esempio, permangono i filmati non doppiati che scandiscono la vita quotidiana sulla panchina, e che non ci avevano entusiasmato già lo scorso anno.

Come per gli altri aspetti di eFootball PES 2021 che sono stati toccati poco o niente con questo Season Update, ci limitiamo ad alcune brevi considerazioni sul comparto tecnico. La parte grafica si presenta in modo identico a quella del gioco di un anno fa, ma ci saremmo aspettati una cosa del genere anche se il gioco non fosse stato presentato come Season Update. Arrivati a fine generazione è infatti difficile pensare alla possibilità di migliorare ulteriormente quanto visto finora, che ricordiamo è comunque di ottima fattura: al di là dei top player curati in ogni dettaglio, Konami ci ha infatti abituati da tempo a una rappresentazione più che buona anche per i calciatori meno famosi. Ricordiamo che anche quest’anno sarà presente la licenza di UEFA Euro 2020, dopo il rinvio della competizione al 2021 a causa della pandemia.

Se il mantenimento del livello qualitativo grafico è accettabile, lo stesso non si può dire per il sonoro. La telecronaca affidata a Fabio Caressa e Luca Marchegiani è infatti del tutto identica a quella di eFootball PES 2020, già poco convincente un anno fa. Dodici mesi dopo, sentire ancora le stesse frasi è decisamente poco piacevole. Tirando le somme, pur comprendendo la scelta operata da parte di Konami per arrivare preparata all’appuntamento con la nuova generazione, la recensione di eFootball PES 2021 Season Update si conclude con un verdetto diviso a metà. Se da un lato ritroviamo infatti un gameplay che con qualche ritocco risulta quasi perfetto e riesce a incarnare l’essenza del calcio, dall’altro è impossibile ignorare l’assenza di un aggiornamento costante e adeguato al prodotto in termini di squadre e competizioni. Per questo motivo, anche per i fan più appassionati potrebbe valere la pena attendere qualche settimana per valutare con calma l’acquisto. In ogni caso il prezzo più basso, circa la metà del costo di un gioco appena uscito, è un ottimo motivo per non lasciarsi scappare Pes 2021 e passare qualche ora di divertimento con la propria squadra del cuore.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 7

Gameplay: 8

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise




Alleanza per la sostenibilità, il nuovo progetto di Microsoft Italia

Promuovere la crescita sostenibile dell’Italia attraverso il digitale, in linea con i piani europei per il rilancio delle economie dei paesi membri e con il Piano nazionale New Green Deal. Questo è l’Alleanza per la Sostenibilità, il progetto annunciato oggi da Microsft in collaborazione con growITup, la piattaforma di Open Innovation creata da Cariplo Factory in partnership con Microsoft Italia.

L’iniziativa si traduce in una collaborazione con aziende, mondo accademico e startup per sviluppare progetti in grado di far fronte alle sfide climatiche e ambientali più urgenti e di diffondere una nuova cultura green. B4i – Bocconi for innovation, CDP, Coop, Energy & Strategy MIP – Politecnico di Milano, FLOWE, Intesa Sanpaolo, Italgas e Snam sono le prime realtà che hanno aderito all’alleanza.

“L’emergenza Covid non ha fatto altro che evidenziare delle criticità e fragilità del nostro sistema Paese. Rimettere al centro delle decisioni politiche e personali, il benessere dei cittadini significa promuovere anche la sostenibilità, l’ambiente, la salute e molto altro ancora”, commenta Filomena Maggino, Presidente della Cabina di Regia Benessere Italia.

“La crescita e la ripresa dell’Italia devono passare dal digitale e dalla sostenibilità e attraverso questa iniziativa possiamo dare un contributo concreto e di sistema per individuare una nuova via green per il nostro futuro. L’Alleanza per la Sostenibilità parte con uno spirito collaborativo tra tutti gli attori coinvolti e tra quelli che ci raggiungeranno nei prossimi mesi, perché questa è una sfida da affrontare tutti insieme”, sottolinea Silvia Candiani, Amministratore Delegato Microsoft Italia. L’Alleanza per la Sostenibilità fa parte di Ambizione Italia #DigitalRestart, il piano quinquennale di investimenti per l’Italia del valore di 1,5 miliardi di dollari annunciato da Microsoft lo scorso maggio. L’azienda di Redmond, a livello globale, si è data l’obiettivo di diventare ‘carbon negative’ entro il 2030.

F.P.L.




North & South il ritorno di un grande classico degli anni ‘90

The Bluecoats – North & South è un remake dell’originale “Nord e Sud”, uscito negli anni 90 su Amiga e altre piattaforme a 16 bit. Il gioco era un particolare strategico ambientato durante la guerra civile americana, che vedeva contrapposti nordisti e sudisti per il controllo degli Stati Uniti.

Questa nuova versione, già uscita su pc e adesso disponibile anche su console, si presenta come un remake che riprende la struttura e l’ambientazione originale. Fondamentalmente si tratta di un gioco di strategia semplice e immediato, simile a un gioco da tavolo, ma i combattimenti tra gli schieramenti si risolvono con fasi d’azione che si svolgono su schermate a parte. Gli intermezzi d’azione sono opzionali, è possibile non giocarli, determinando i risultati casualmente.

La “mappa di gioco” rappresenta gli Stati Uniti d’America dell’epoca, corrispondenti circa alla metà orientale degli Usa dei nostri giorni, e ogni stato rappresenta una casella di gioco. Ci sono quattro possibili configurazioni per quanto riguarda la data di partenza (dal 1861 al 1864) ed è una guerra a due: un giocatore controlla l’Unione, l’altro (o l’intelligenza artificiale) la Confederazione.

Lo scopo è, ovviamente, eliminare l’avversario e vincere la guerra. I territori ad Ovest sono i più pericolosi in quanto, casualmente le armate dei giocatori potranno essere attaccate e irrimediabilmente sconfitte da indiani, se si è più a Nord, o da messicani se si è più verso Sud. Inoltre il territorio presenta un porto ad est, dove di tanto in tanto e in maniera randomica verranno fatte sbarcare truppe fresche. La mappa di North e South viene completata da 5 fortini collegati fra loro da una linea ferroviaria. Il possesso di due o più forti comunicanti fra loro farà si che, prima di iniziare ogni turno un treno carico d’oro possa riempire le casse dello schieramento.

Con quest’oro si potranno acquistare truppe aggiuntive, ottenere un bonus invulnerabilità a indiani e messicani, ma anche evitare che il maltempo blocchi le armate colpite per un turno. Insomma, avere il controllo dei fortini vuol dire avere un prezioso vantaggio a ogni turno. Molto importante in questo gioco è la conformazione delle armate che sono utilizzate quando le due fazioni si scontrano in battaglia. In “North & South” ve ne sono di tre tipi: fanteria, cavalleria ed artiglieria. Un contingente completo è composto solitamente da sei fanti, tre cavalieri ed un cannone. Ma ben presto questa “configurazione standard” potrebbe vacillare sotto i colpi dei nemici, soprattutto se armati di cannoni, ragion per cui si può rimpinguare la propria armata portandola fino ad un numero massimo di tre volte superiore a quanto descritto, ossia 18 fanti, 9 cavalieri e 3 pezzi di artiglieria pesante.

Il gioco si svolge a turni, che in “North & South” coprono la durata di un mese. Si possono muovere tutte le proprie armate di una casella ciascuna. Se due armate amiche entrano nella stessa casella vengono unite. Di contro, non sarà più possibile suddividerle. Se due unità avversarie entrano nella stessa casella comincia la battaglia per la conquista dello stato. Se si entra in uno stato nemico indifeso oppure in uno neutrale lo si conquista all’istante; anche gli stati nemici indifesi accerchiati, tranne quelli con un forte, vengono automaticamente conquistati.

Ma non finisce qui, in North & South le battaglie si alternano con giochi d’azione importanti per chiudere la partita in proprio favore. L’assalto al forte e quello al treno, infatti, faranno pendere l’ago della bilancia verso la direzione di chi avrà portato a termine queste missioni. Se si decide di attaccare un forte, si affronterà un gioco stile shooter in prima persona (nell’edizione anni ’90 bisognava partecipare a un minigame a scorrimento orizzontale) in cui bisognerà eliminare un certo numero di nemici. Ovviamente se è il fortino del giocatore ad essere assaltato, questo assumerà il ruolo del difensore. L’assalto al treno è molto simile ma si svolge sul tetto e all’interno dei vagoni in corsa con l’obiettivo di raggiungere la locomotiva o difenderla.

Per far partire questo particolare evento un’armata deve essere posizionata su un territorio in cui passa il treno avversario. Se l’assalto riesce, l’attaccante ruba l’oro trasportato e potrà spenderlo come meglio crede. Se invece a vincere è il difensore, l’oro sarà in salvo. Un buon aspetto visivo ed un buon impianto sonoro fanno di North & South un ottimo prodotto nonostante sia molto semplice nel complesso. La grafica colorata, discretamente animata e definita fa il suo dovere.

Le animazioni sono essenziali, ma troppo scarne soprattutto in battaglia, fase in cui la grafica tocca i punti più bassi. Il sonoro nel complesso è gradevole mentre la giocabilità è sempre varia ed è ben giostrata anche nei mini-giochi, ma non convince appieno la gestione delle truppe in campo a causa dei movimenti limitati. La longevità si attesta su livelli discreti, ma una volta trovata la chiave di volta sarà piuttosto agevole avere la meglio sull’avversario, soprattutto se si tratta del computer che gestisce le sue forze in campo in modo poco ortodosso. In conclusione questo remake di North & South tratta la guerra come pochi, con molto tatto e tanta ironia. Basterebbe solo questo a promuovere a pieni voti il titolo. Fatta questa premessa, il gioco a suo tempo riuscì ad avere una grossa fetta di estimatori, ma siamo sicuri che anche adesso fra nostalgici e neofiti il gioco potrebbe riscuotere ancora il meritato successo. North & South è uno strategico un po’ atipico ma adatto a tutti, soprattutto ai giocatori più giovani che ne apprezzeranno senza dubbio la dinamica.

Tecnicamente parlando, è stato fatto un buon lavoro con una grafica essenziale ma carina, ben definita. La giocabilità, nonostante l’intelligenza artificiale sia un po’ debole, è buona e l’alternanza tra tattica ed azione è miscelata bene. Il titolo però non è esente da difetti: la parte strategica è un po’ scarna, le armate non possono essere mosse contemporaneamente e la limitazione nei numeri può essere da un lato positiva ma dall’altro negativa. Insomma, se quello che cercate è un videogame strategico in stile gioco da tavolo, ma che abbia da offrire tanto divertimento e che non abbia troppe opzioni, allora North & South è quanto di meglio possiate trovare.

GUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8

Gameplay: 8,5

Longevità: 7,5

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise




Yahoo! lancia lo smartphone low-cost da 50 dollari

Yahoo! si lancia nel mercato degli smartphone e lo fa lanciando un prodotto dal prezzo super conveniente. L’azienda californiana, di proprietà dell’operatore mobile americano Verizon, ha infatti messo in vendita Yahoo Mobile Zte Blade A3Y, il nuovo dispositivo entry level prodotto dal colosso cinese Zte.

In vendita per ora solo negli Stati Uniti, il nuovo smartphone di fascia entry level sarà disponibile per tutti i clienti del provider Yahoo Mobile al prezzo di 50 dollari. Il nuovo device di Yahoo, come detto, punta forte sul prezzo, decisamente inferiore rispetto a quelli offerti dalla concorrenza, e sulla sinergia con Yahoo Mobile.

Lo storico portale web fondato nel 1994 a marzo 2020 si è infatti trasformato in un operatore mobile che si appoggia sulle reti 4G di Verizon. Il provider offre un unico piano tariffario con dati, chiamate e sms illimitati a 40 dollari al mese. Yahoo Mobile Zte Blade A3Y avrà lo storico colore viola della casa madre e monterà uno schermo da 5,45 pollici.

Lo smartphone sarà provvisto di una fotocamera posteriore da 8 megapixel, una frontale da 5 megapixel, un processore Mediatek con 2 GB di Ram e una memoria espandibile da 32 GB. Sul telefono saranno disponibili da subito le app di Yahoo, dalla mail al meteo, passando per le news, lo sport e la finanza.

Per lanciarsi nel mercato degli smartphone, Yahoo ha scelto Zte, colosso cinese di progettazione e produzione di dispositivi e sistemi di telecomunicazione. A settembre la società ha presentato in Cina Axon 20, il primo telefono 5G al mondo a integrare la fotocamera sotto al display. Nel terzo trimestre del 2020 il fatturato dell’azienda è cresciuto del 37,2% su base annua, superando i 4 miliardi di dollari. Riuscirà Yahoo! a guadagnarsi uno spazio nello spietato mercato della telefonia mobile con questo nuovo smartphone dal prezzo super low cost? Non resta altro che aspettare.

F. P. L.




Transformers Battlegrounds, guerra fra i robot di Hasbro

Transformers è un marchio nato nel lontano 1984 prodotto dalla americana Hasbro e dalla giapponese Takara Tomy. Nato come una semplice la linea di giocattoli incentrata su dei robot extraterrestri in grado di prendere le sembianze di veicoli e creature, con il passare del tempo il marchio ha assunto sempre più popolarità, prima con diverse serie animate ed in seguito con i film diretti da Michael Bay.

Nel mentre il franchise si è sempre più espanso tramite numerosi media tra i quali i fumetti e anche videogiochi. Di opere videoludiche dedicate ai Transformers ne sono state realizzate oltre una ventina e di vario genere, ma mai prima d’ora i robot ideati da Hasbro sono stati i protagonisti di un videogioco strategico a turni.

Questo è il caso di Transformers: Battlegrounds, titolo sviluppato da Coatsink che esce, per Pc, Xbox One, Ps4 e Switch, a cinque anni di distanza dall’ultimo gioco dedicato ai celebri alieni robotici, ovvero Transformers: Devastation di PlatinumGames.

Il mondo dei Transformers sarà riuscito ad adattarsi a questo specifico genere videoludico? Ve lo diciamo subito. Durante l’avventura, divisa in quattro atti, il giocatore avrà la possibilità di comandare sei dei più celebri Autobot, ovvero “Bumblebee”, “Arcee”, “Windblade”, “Wheeljack”, “Grimlock” e ovviamente “Optimus Prime”.

Ogni personaggio appartiene ad una delle tre classi che determina le proprie abilità sul campo di battaglia, ossia Scout, Brawler e Support. Il sistema di combattimento di Transformers Battlegrounds si basa su punti abilità che determinano di quante caselle ogni Autobot possa muoversi e quali abilità possa usare durante lo scontro. Ad ogni turno ogni personaggio partirà con tre punti abilità, più lontano ci si sposterà più punti verranno consumati, più sarà potente l’abilità utilizzata maggiore sarà la spesa di punti richiesta. Inoltre durante i combattimenti si riempirà la barra di Energon che servirà per eseguire un attacco bonus spendendo metà o tutto il materiale raccolto.

Tale barra si riempirà consumando punti abilità o posizionandosi vicino a delle casse di Energon sparse per le mappe di gioco. Dato che ogni personaggio ha una gamma così distinta di abilità, tutto questo si unisce per creare un sistema di combattimento particolarmente sfaccettato che diventa sempre più variegato sbloccando nuove abilità equipaggiabili.

In Transformers Battlegrounds gli scontri sono decisamente divertenti, ma non sono molto fantasiosi per quanto concerne gli obiettivi, i quali si limiteranno allo sconfiggere tutti i nemici, farsi strada verso un’area designata o semplicemente sopravvivere uno specifico numero di turni. Oltre alla mancanza di obiettivi davvero differenti tra loro, quello che manca a Transformers: Battlegrounds è un livello di sfida davvero adeguato. Per quanto si possano selezionare tre livelli di difficoltà la campagna è estremamente semplice da padroneggiare senza alcuna sfida sostanziale anche scegliendo le impostazioni di difficoltà più elevate.

Giocando infatti alla massima, il gameplay non richiederà comunque una particolare abilità, e a parte un paio di missioni arrivare al termine dell’avventura sarà alla portata di tutti, anche di coloro che sono dei principianti in questo genere. Proprio per tale motivo viene da pensare che il titolo sia diretto a un pubblico più giovane e meno “skillato”. A parte le abilità, acquistabili dal negozio Wheeljack’s Lab presente nel menù principale, non sarà possibile personalizzare in alcun modo i vari Autobot. Nessuna skin, nessun accessorio, nulla. Una volta terminata l’esperienza, che durerà appena sei ore in totale, disinstallerete il titolo senza più metterci nuovamente mano. A sopperire, in parte, a questa mancanza di contenuti ci pensa la Modalità Arcade che consentirà di giocare in cooperativa con un amico. Questa co-op mode include svariate modalità come Capture the Flag, Decepticon Grudge Match (che metterà i giocatori nei panni dei nemici, cosa non possibile nella campagna in singolo), Energon Capture, Last Stand, Destruction e Cube. Inutile dire che questa modalità cooperativa ha senso solo se si ha qualcuno con la quale poterci giocare e che apprezza sia i Transformers che gli strategici a turni.

A livello estetico il comparto grafico e artistico del titolo si attesta su livelli buoni. Transformers Battlegrounds attinge a mani basse da tutto l’universo dei Transfomers e riesce a portare su schermo una grafica piacevole, leggera a adatta al contesto (che vi ricordiamo ancora una volta essere pensato soprattutto per i più giovani). Il design del titolo è chiaramente ispirato alla serie animata e i vari personaggi riprendono fedelmente i personaggi di riferimento della serie TV. Ben strutturato anche il motore di gioco che garantisce performance dignitose a fronte di un aspetto estetico molto buono e in stile cartoon quanto basta. Non abbiamo registrato nessun tipo di problema durante le nostre prove su XBOX One X, onestamente non ci aspettavamo problemi, la componente tecnica è decisamente affrontabile per l’hardware della console di casa Microsoft. Molto buona la colonna sonora, completamente adatta al contesto, anche gli effetti sonori sono pertinenti e contestualizzati nel gioco. Ci teniamo a sottolineare la presenza della lingua italiana anche nel doppiaggio, per altro di ottima fattura. Tirando le somme, Transformers Battlegrounds non è certamente lo strategico dell’anno ne possiamo definirlo un titolo adatto agli appassionati del genere di vecchia data. C’è da dire però che il titolo di Coatsink Software non vuole essere un concorrente di X-COM, bensì va visto come una porta d’ingresso per il mondo degli strategici tattici a turni e, in questa veste, è un’ottima proposta. Insomma, se siete appassionati dei robot di casa Hasbro o volete avvicinarvi al genere degli strategici Transformers: Battlegrounds è un titolo da tenere in grande considerazione.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 7,5

Sonoro: 7,5

Gameplay: 8,5

Longevità: 7

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise




Samsung debutta nel mondo dei purificatori d’aria smart con Cube

Samsung annuncia il lancio del nuovo purificatore d’aria Samsung Cube, entrando nel mercato con un top di gamma efficace contro polveri ultrasottili, allergeni e gas inquinanti, l’unico nel settore con l’esclusiva tecnologia Wind-Free.

Sviluppato per rilasciare aria pulita e dotato di funzioni intuitive e tecnologia intelligente, il nuovo purificatore combina l’innovazione Samsung con un design minimale ed elegante che arricchisce qualsiasi ambiente.

Samsung Cube è dotato di un sistema di purificazione multistrato in grado di purificare l’aria rimuovendo il 99,97% delle polveri ultra fini e degli allergeni, prevenendo la proliferazione di batteri e rimuovendo addirittura gas inquinanti come la formaldeide, una sostanza usata nell’industria per la rifinitura di mobili e pavimenti domestici. Samsung Cube è dotato di un sensore laser PM1.0 che verifica in tempo reale l’effettiva qualità dell’aria all’interno della stanza e rileva le polveri sottili, captando le particelle fino a 0,3 µm. Una volta misurato il livello di inquinamento, Samsung Cube depura l’aria in modo naturale attraverso il proprio filtro HEPA, senza emissione di ozono.

Samsung Cube è il primo purificatore d’aria con l’esclusiva tecnologia Wind-Free che diffonde l’aria pulita in modo uniforme e silenzioso attraverso 60.000 microfori, evitando fastidiosi getti d’aria diretti e riducendo al minimo il rumore, soprattutto quando impostato in modalità Notte: è perfetto quindi per purificare l’aria anche negli ambienti più delicati come le camere da letto di adulti e bambini. Il design dalle linee pulite di Samsung Cube e la sua versatilità sono stati premiati agli iF Design Award 2019. La sua contemporaneità, l’eleganza e la modularità, infatti, testimoniano l’attenzione di Samsung nei confronti del design e delle mutevoli esigenze stilistiche e abitative del consumatore moderno.

Samsung Cube ha una forma a cubo con finitura in metallo che si fonde bene anche con gli interni contemporanei più moderni ed eleganti. Inoltre, il design modulare del nuovo purificatore assicura che possa adattarsi a una varietà di abitazioni ed ambienti di metrature differenti. È sufficiente combinare più moduli, montandoli uno sopra l’altro, per avere un raggio d’azione maggiore. Un’unità può purificare un’ambiente fino ai 47 mq, mentre due unità combinate possono arrivare a 94mq, garantendo la qualità dell’aria anche negli open space più grandi. Accoppiare due purificatori è semplicissimo: basta posizionarli uno sull’altro e collegare alla corrente solamente quello alla base per farli funzionare entrambi. Il nuovo purificatore d’aria è inoltre dotato di uno smart display che mostra il livello di inquinamento tramite numeri e colori, è quindi semplicissimo visualizzare l’effettiva qualità dell’aria nella stanza. Samsung Cube può anche essere connesso al Wi-Fi, consentendo agli utenti di monitorare la qualità dell’aria di casa ovunque si trovino, e di agire comodamente da remoto utilizzando l’applicazione SmartThings. Samsung Cube si inserisce così nell’ecosistema Samsung e rientra tra i prodotti smart compatibili con SmartThings, il paradigma della casa connessa Samsung. Il dispositivo è la più recente novità dell’azienda nel campo del benessere della persona, andando ad arricchire la Healthy Home Samsung, l’ecosistema di elettrodomestici dedicati a rendere ogni casa più sicura, più pulita e più sana, assicurando l’igienizzazione delle superfici e dell’aria, ma anche la sanificazione degli abiti e la conservazione in sicurezza degli alimenti. Il nuovo Air Purifier Cube viene lanciato sul mercato italiano su Amazon ed è disponibile sul e-shop Samsung al prezzo di 799 euro.

F.P.L.




Crash Bandicoot 4: It’s About Time, il ritorno del mito

Crash Bandicoot 4: It’s About Time, rappresenta una piccola gioia per tutti gli appassionati della famosissima serie. Il titolo infatti è esattamente quello che gli amanti del marsupiale videoludico più famoso di sempre attendevano dal lontano 1998, data d’uscita dell’ultimo capitolo della saga.

La storia di Crash Bandicoot 4 si collega direttamente al finale di Warped, con i malvagi Cortex, N.Tropy e Uka Uka prigionieri nell’alba dei tempi e alla ricerca di una via di fuga. Esasperando i suoi poteri fino al limite estremo, però, Uka Uka riesce ad aprire un varco temporale attraverso il quale N.Tropy e Cortex possono finalmente fuggire e provare a ottenere il controllo dello spazio e del tempo. Toccherà così a Crash, Coco e Aku Aku, aiutati dalle quattro maschere quantiche che detengono l’ordine dello spazio e del tempo, provare a fermare i malefici piani del temibile duo, lanciandosi in un’avventura che li vedrà viaggiare fra dimensioni parallele e differenti linee temporali.

Per quanto il canovaccio narrativo sviluppato dai ragazzi di Toys For Bob sia molto basilare, abbiamo apprezzato come siano riusciti, oltre a mantenere inalterato lo spirito goliardico dei capitoli originali, a realizzare una sceneggiatura credibile e che riesca a miscelare saggiamente fan service, introduzione di nuovi personaggi e rispetto verso tutte le produzioni dedicate a Crash.

Fin dai primi momenti di gioco, infatti, si può notare quanto amore verso i fan ci sia in Crash Bandicoot 4. Il primo livello, infatti, riprende la celebre N.Sanity Beach e la ripropone in una veste a metà strada fra il vecchio e il nuovo. Il tema musicale è quello originale del primo, iconico, capitolo e, tutt’attorno all’area iniziale, si possono trovare rimandi alla Cultura Pop di quel preciso periodo videoludico. Insomma, un vero tuffo nei ricordi per i players di quell’epoca, ma anche un nuovo inizio per chi non ha mai messo mano su uno dei titoli della serie.

Se si esclude un piccolo cambio di look, il marsupiale protagonista dell’avventura, sulle prime, sembra lo stesso di due decenni fa. Come nella N.Sane Trilogy (qui la nostra recensione), giocando si riscopre il piacere di un’esperienza appagante, fatta di salti calibrati al millimetro, giravolte vorticose, pedane semoventi e ostacoli di ogni genere.

Lo stile del platforming a marchio Naughty Dog è stato ricostruito a regola d’arte e il feeling del sistema di controllo ha un sapore nostalgico e moderno al tempo stesso, che abbandona in parte la legnosità che contraddistingueva la serie su PS1 per farsi più fluido e scorrevole. In Crash Bandicoot 4 il protgonista dovrà ancora una volta rompere tutte le casse che si troverà dinanzi, raccogliere i frutti wumpa, cercare le gemme celate negli anfratti più nascosti, liberarsi dei nemici con le sue letali giravolte e affrontare intriganti boss fight, alcune delle quali davvero ben concepite, per quanto riguarda sia l’impatto scenico sia le soluzioni di gameplay.

Di tanto in tanto, come variazione sul tema, il Bandicoot sarà anche chiamato a scivolare acrobaticamente sulle rotaie, seguendo un po’ le orme di Ratchet & Clank, oppure cavalcare i suoi immancabili compagni a quattro zampe, in livelli che omaggiano la tradizione e condiscono l’avanzamento con un pizzico di adrenalina. Cambiando spesso prospettiva, e giocando con le diverse angolazioni della telecamera, It’s About Time è dunque un continuo susseguirsi di situazioni travolgenti ma anche decisamente complesse, alcune delle quali persino più ardue dei livelli architettati anni fa peri titoli precedenti. Ecco quindi che bisognerà ancora una volta effettuare balzi sempre ben ponderati, dove la minima inclinazione della levetta analogica può cambiare radicalmente le sorti di un atterraggio. Ciascun quadro può essere giocato sia nei panni di Crash che in quelli di Coco, a libera scelta del giocatore, e il team sembra aver lavorato a dovere per bilanciare, soprattutto nei primi mondi, il senso di sfida e l’accessibilità. Solo di rado Crash Bandicoot 4: It’s About Time si rivelerà ingiusto: ci sono di tanto in tanto alcuni sporadici problemi di collisioni con le superfici, che mandano in malora un balzo correttamente effettuato, ma restano occasioni piuttosto rare, che non forniscono alcuna giustificazione al giocatore.

Oggi come ieri, quindi, in Crash è l’abilità dell’utente a fare la differenza. Le note di maggior frustrazione si riscontrano perlopiù negli stage finali, quando la crudeltà degli sviluppatori raggiunge picchi estremi. Se tagliare il traguardo dei livelli conclusivi non sarà mai proibitivo, completarli al 100% e scovarne tutti i segreti, attività che rappresenta lo scopo finale di ogni fan di Crash, si dimostreranno imprese ai limiti della “follia”. Per non rendere l’avventura troppo gravosa, specialmente agli occhi dei neofiti, Toys for Bob ha adottato una soluzione alquanto intelligente: Crash Bandicoot 4 può essere infatti affrontato in due modalità diverse, interscambiabili a piacimento in qualsiasi frangente. Da una parte troviamo l’opzione definita “Moderna”, nella quale non bisognerà preoccuparsi del consumo di vite, e dopo ogni fallimento si ripartirà dall’ultimo checkpoint raggiunto; dall’altra si avrà la facoltà di selezionare la modalità Rétro, in cui – come nei vecchi capitoli – ci saranno un numero di tentativi limitato alle vite in possesso, esaurite le quali toccherà ricominciare dall’inizio dello stage.

Altra chicca per i veri appassionati del gioco: all’interno di 21 livelli di Crash Bandicoot 4 si potranno ottenere delle VHS, se si sarà in grado di raggiungerle senza morire fino a quel punto dello stage, che permetteranno l’accesso ai rispettivi livelli Flashback.

Questi stage andranno a offrire delle sfide specifiche al giocatore, tipo la distruzione di un certo numero di casse sospese nel vuoto, e presenteranno un livello di sfida maggiormente elevato rispetto ai livelli principali. A terminare l’offerta ci sono poi i livelli “N.Vertiti” che, una volta sbloccati nelle prime fasi dell’avventura principale, andranno ad aggiungere un’ulteriore sfida ai giocatori votati al “completismo”.

Ogni stage, infatti, una volta ultimato garantirà l’accesso alla sua versione speculare dove il giocatore potrà ottenere altre sei gemme, che seguiranno i requisiti già visti per gli stage originali, all’interno di un quadro che, pur non offrendo sostanziali differenze in termini di level design, proporrà alcuni filtri grafici atti a mettere in difficoltà il giocatore. Per farve un esempio pratico, la modalità invertita nel primo livello presenta un filtro in stile sonar che obbliga il giocatore a effettuare costanti spin per poter vedere attorno a se. In aggiunta a tutto questo, infine, chi vorrà raggiungere l’ambito completamento massimo, e poter quindi vedere il finale segreto di Crash Bandicoot 4, dovrà anche ottenere tutte le reliquie delle sfide a tempo presenti nei vari livelli, oltre che tutti i trofei N.vertiti che verranno rilasciati solo a quei giocatori in grado di completare i livelli speculari senza mai morire.

Insomma di cose da fare ce ne sono proprio moltissime. A livello tecnico, gli sviluppatori sono riusciti a prendere le ottime basi della trilogia originale, realizzata da Naughty Dog, e affinarle, migliorarle ed espanderle in ogni direzione possibile, il tutto senza snaturare il concept originale del gioco. L’introduzione delle maschere quantiche, in grado di modificare le meccaniche di gioco in maniera quasi esasperata, si è rivelato un ottimo escamotage per espandere il gameplay in direzioni fino a ora inesplorate dalla serie. Poter controllare il tempo, la gravità e gli elementi a schermo, infatti, genera soluzioni di level design sempre fresche e divertenti.

Per quanto riguarda il level design vero e proprio dei livelli presenti in Crash Bandicoot 4, invece, non si può che elogiare il lavoro svolto dagli sviluppatori in grado di miscelare soluzioni vecchie e nuove creando una perfetta armonia fra livello di sfida e progressione di gioco. Tirando le somme, a distanza di 22 anni dal terzo episodio, Crash Bandicoot 4: It’s About Time riprende la formula concepita da Naughty Dog, ne segue fedelmente la lezione ludica e tenta di modernizzarla solo in parte. Longevo, divertente e rispettoso delle opere originali, l’ultimo gioco della serie è un titolo imprescindibile per gli amanti del platform. La nuova produzione di Toys For Bob riesce infatti a regalare ai fan il sequel atteso da più di vent’anni, oltre che a mostrare il potenziale di un brand che, nelle giuste mani, ha ancora moltissimo da offrire ai videogiocatori di tutte le età.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Sonoro: 8,5

Gameplay: 9,5

Longevità: 9,5

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise




OnePlus 8T, lo smartphone 5G con schermo a 120 Hz

OnePlus ha presentato ufficialmente lo smartphone 8T, un device dotato di connettività 5G che, per qualità, prestazioni e fascia di prezzo gareggia in un mercato della telefonia mobile in via di trasformazione.

Punto forte del nuovo smartphone è la potenza sotto la scocca ma non solo: il display Fluid Amoled da 6,5 pollici a 120 Hz è il primo a ottenere una valutazione A+ da parte di DisplayMate, che analizza appunto la qualità dei pannelli degli smartphone di ultima generazione.

Equipaggiato con il processore Qualcomm Snapdragon 865 5G e con un modem Snapdragon X55 5G, promette connettività multi-gigabit, prestazioni senza tentennamenti e qualità fotografica oltre la media, basata su una configurazione posteriore con quattro sensori (il più grande è da 48 MP), stabilizzazione ottica dell’immagine, e modalità notturna automatica.

Il tutto, con il beneficio di un’elaborazione da parte dell’Intelligenza Artificiale che ottimizza gli scatti, soprattutto in condizioni di scarsa luminosità. Grazie a un sistema che prevede l’impiego di due batterie da 30 Watt ognuna, il telefono sfrutta la tecnologia Warp Charge 65W per raggiungere una ricarica completa in meno di 40 minuti. Altre caratteristiche includono: doppi altoparlanti stereo con supporto Dolby Atmos, la presenza del Wi-Fi 6, feedback tattile migliorato Haptic Vibration 2.0, supporto per USB 3.1, Bluetooth 5.1, NFC, slot per due schede SIM e uno scanner di impronte digitali sotto lo schermo. OnePlus 8T 5G non è solo l’unico dispositivo della casa dotato dell’ultima versione di OxygenOS 11 ma anche il primo a livello globale, non prodotto da Google, con a bordo Android 11.

Lo smartphone sarà vendita dal 20 ottobre in due versioni: OnePlus 8T 5G sarà disponibile nella versione 8 GB + 128 GB nei colori Aquamarine Green e Lunar Silver, al prezzo di 599 euro. La declinazione con 12 GB + 256 GB, solo in Aquamarine Green, ha invece un costo di 699 euro.

F.P.L.