Call of Duty Black Ops Cold War si espande con il season pass 1

Call of Duty Black Ops Cold War (qui la nostra recensione) è nel pieno della Stagione 1 e, come da tradizione ormai, l’arrivo di una nuova season coinvolge ogni singolo aspetto del gioco, di seguito vi riportiamo tutte le novità disponibili. Trattandosi di una nuova stagione in piena continuità con tutte quelle viste nel corso dell’ultimo anno non poteva certo mancare un nuovo Battle Pass, il quale offre ai giocatori i soliti 100 livelli con ricompense premium e gratuite. Tra gli oggetti che si possono ottenere gratuitamente figurano come sempre gli unici elementi in grado di alterare il gameplay, ovvero le due nuove armi: la mitraglietta MAC-10 (ricompensa del livello 15) e il fucile d’assalto Groza (ricompensa del livello 31), che al livello 100 permette agli utenti paganti di sbloccarne un particolare progetto chiamato Ordine Naturale.

Oltre agli immancabili emblemi, biglietti da visita, orologi e ciondoli, i premi per chi deciderà di acquistare la versione premium del pass di Call of Duty Black Ops Cold War includono anche nuovi operatori che, per fortuna, dopo qualche stagione sottotono tornano ad essere più carismatici. Primo fra tutti Stitch, l’antagonista di turno che mostra i segni delle torture ricevute da Adler in entrambe le versioni presenti nel pass e che finalmente propone una skin particolare le cui caratteristiche hanno anche una stretta relazione con gli avvenimenti del gioco. Non male anche Bulldozeer, l’omone corazzato che si può aquistare separatamente nel corso della stagione a 2.400 CP (20 euro). Tra le numerose altre skin del pass troviamo anche versioni alternative degli operatori di Black Ops Cold War come Adler, Woods e Park. Nel caso in cui foste interessati alle ricompense premium di questa stagione, il costo del biglietto è come sempre di 1.000 CP (10 euro) per la versione “standard” del pass e di 2.400 CP per quella “pompata”, grazie alla quale si può partire direttamente dal livello 20. La più grande novità di Call of Duty Warzone è rappresentata dall’introduzione di una nuova mappa di gioco stagionale chiamata Rebirth Island. Si tratta del luogo in cui Stitch si dedica alla produzione del gas tossico Nova 6 e nel quale si potrà partecipare a partite profondamente diverse rispetto a quelle giocate a Verdansk, sia in termini di durata che di gameplay. Oltre al numero ridotto di giocatori (questa mappa può ospitare circa 45 giocatori). Anche la mappa principale di Warzone, Verdansk, ha subito un cambiamento che consiste nell’introduzione di una sorta di bunker accessibile sia dall’aeroporto che dal cratere apparso proprio a nord-est della pista di decollo: si tratta di una serie di cunicoli e di laboratori molto pericolosi, che ricompenseranno solo i giocatori più abili che saranno stati in grado di addentrarsi al loro interno per recuperare il ricco bottino che vi si nasconde. Chi verrà sconfitto a Verdansk potrà inoltre provare la rinnovata esperienza Gulag, che consiste in una nuova arena nei sotterranei della prigione che riproduce la celebre mappa Nuketown tramite una serie di oggetti di scena.

A proposito di gradite sorprese, un’altra importante novità della modalità battle royale è l’introduzione di circa 30 armi tratte da Black Ops Cold War. Questi strumenti di morte non fanno altro che ampliare ulteriormente il bacino di oggetti che si possono trovare in giro per Rebirth Island e Verdansk, permettendo a tutti i giocatori in possesso di Cold War di utilizzare armi ed accessori sbloccati nel multiplayer. Ovviamente anche chi possiede il solo Warzone potrà sbloccare e potenziare quelle armi, proprio come accaduto lo scorso anno a chi si è avvicinato alla battle royale senza possedere Modern Warfare. Nel corso della stagione, fino ad oggi, sono state inserite anche e del tutto gratuitamente ben 4 mappe multigiocatore nuove, fra cui la tanto amata Nuketown (scenario principe della serie) in versione anni ’80. A febbraio poi sono previste grandi novità per gli amanti della zombie-mode. Insomma, come avrete capito di carne a cuocere ce n’è davvero tanta e per chi volesse mettersi alla prova, sono presenti tutte una serie di sfide sia per la modalità multigiocatore che zombie per poter conquistare l’ambito biglietto da visita da completista. Inoltre grazie alla rinnovata modalità prestigio è possibile guadagnare chiavi per sbloccare nuovi contenuti estetici per il proprio profilo a tema Call of Duty, ricompense queste che sono state prese direttamente dai titoli passati e che si potranno esibire in partita. Tirando le somme, se si vuole avere il 100 per 100 da Call of Duty e da Warzone, l’acquisto del season pass è altamente consigliato.

Francesco Pellegrino Lise




Empire of Sin, lotta fra gang per il controllo di Chicago

Empire of Sin è un tycoon game ambientato nella Chicago degli anni ’20 in cui viene richiesto di far espandere il proprio impero del crimine.

Il titolo è in parole povere un gestionale al cui centro sono poste le richieste della clientela e l’incontro fra la sporca domanda con l’ancor più sporca offerta, è uno strategico che ha per protagonisti i volti veri e alcuni nomi inventati della mafia a stelle e strisce di inizio scorso secolo. In certe occasioni però il gioco si trasforma in un videogame tattico a turni che ricorda un po’ alla lontana X-COM. Detto ciò però possiamo anche dire che Empire of Sin è soprattutto un raccoglitore di storie fumose nate attorno al racket dell’alcol e del gioco d’azzardo durante l’epoca del proibizionismo.

Far parlare tutte queste anime non è affatto un’impresa semplice ma, per fortuna, il titolo offre meccaniche di gioco connesse in modo sapiente, meccaniche che hanno ciascuna delle evidenti ricadute sulle altre, fino a formare una intricata ragnatela di cause ed effetti. Ma andiamo a scoprire come. Il tutto ha inizio dalla selezione del gangster che si vuole interpretare.

Purtroppo non c’è modo di crearne uno ex novo, ma la scelta fra i quattordici protagonisti è più che ampia e spazia dalla circense della malavita Maggie Dyer al pragmatico uomo d’affari Daniel Mackee Jackson, senza dimenticare poi i nomi più noti, come quello del celebre Al Capone e dello scaltro Frank Ragen. Ogni personaggio ovviamente è caratterizzato da bonus unici sia dal punto di vista strategico-gestionale, sia sul campo da battaglia, con il già citato Al Capone ad esempio capace di scaricare una vera e propria pioggia di piombo su più nemici o Frankie Donovan che si trasforma in una furia nel combattimento ravvicinato a mani nude. A quanto vi abbiamo detto si aggiungono poi classici elementi da gioco di ruolo, come classi differenti e degli alberi delle abilità utili a personalizzare sia il proprio avatar sia il resto della gang, specializzando così alcuni uomini nell’uso della lupara, oppure nell’assassinio stealth.

Ovviamente negli scontri non è poi raro che i vari affiliati facciano una brutta fine, una morte permanente che dà ancora maggior peso alle scelte e che crea un legame quasi affettivo con i membri della propria gang. Oltre a queste abilità, ciò che realmente definisce i protagonisti di Empire of Sin sono i loro background e i loro tratti, momento in cui si nota con forza la mano di Paradox Interactive. I personaggi di Empire of Sin sviluppano in modo dinamico attraverso le proprie azioni delle caratteristiche peculiari, che li rendono dei freddi cecchini quando c’è da premere il grilletto o, al contrario, dei codardi appena il fuoco nemico inizia a farsi sentire. Ciascuna azione, quindi, ha delle conseguenze e i gangster difficilmente dimenticano gli sgarri fatti.

La strada per diventare l’unico boss di Chicago però è lunga e irta di difficoltà, quindi per giungere in cima alla piramide del potere occorre sporcarsi le mani, iniziando dal basso e inondando le strade della metropoli statunitense di alcool di contrabbando. La città riprodotta in Empire of Sin è divisa nei suoi numerosi quartieri, ciascuno dei quali ospita al suo interno svariati edifici utili ai propri scopi illeciti. Partendo con una semplice base, un bar clandestino e una distilleria nascosta, bisogna a poco a poco allargare il proprio business, magari scacciando dalle loro tane i ladruncoli da quattro soldi e occupare le loro palazzine con un ulteriore casinò o un bordello. Più facile a dirsi che a farsi, perché l’ascesa nell’Olimpo del crimine è costantemente ostacolata dagli interessi degli altri boss, che non si faranno molti scrupoli ad assaltare la concorrenza, e anche dalla polizia in persona, un ingombro che può essere messo a tacere a suon di mazzette.

Per evitare che gli affari saltino letteralmente per aria, occorre dunque migliorare le proprie strutture, ingaggiare ulteriori guardie, migliorare la qualità degli alcolici e degli ambienti e aggiungere ulteriori roulette alle sale giochi. Tutto ciò ha però un costo, così come i gangster che richiedono un costante stipendio e quei fucili scintillanti sul mercato nero di certo non si compreranno con un paio di bottiglie di whiskey vendute a China Town. Empire of Sin però è un gestionale con un certo livello di sfida e far quadrare i conti è alle volte più complesso che aver la meglio negli scontri armati. Disposte in numerose interfacce ci sono le svariate informazioni riguardanti le casse, quali business stanno facendo guadagnare di più, quali sono finiti sotto l’occhio delle forze dell’ordine e dove invece la clientela si sta lamentando per la pessima scelta alcolica.

Si sa, durante il proibizionismo i distillati erano spesso di pessima fattura, ma i frequentatori più abbienti non si accontentano di una birra fatta in una vasca da bagno e magari per soddisfare le loro esigenze conviene convertire tutte le distillerie in qualcosa di più pregiato, piazzando anche un lussuoso hotel accanto ad uno scalcinato bar. Per fortuna un lungo tutorial introduce in modo adeguato ogni componente del gioco, anche se permane qualche dubbio sull’UI, macchinosa da navigare e con shortcut evidenziate male. Come in ogni gestionale che si rispetti i parametri da tenere sotto controllo sono numerosi e, almeno inizialmente, ci si sente soverchiati dalla quantità di informazioni che arrivano sull’interfaccia. Con un’improvvisa inversione di marcia, Empire of Sin mostra però il fianco a lungo andare. Per quanto si espanda la propria rete clandestina e si sviluppino affari in tutti i quartieri, le faccende da sbrigare restano sempre le stesse e gli affari girano comunque attorno alla distribuzione degli alcolici nelle tre attività: bar, gioco d’azzardo e locali a luci rosse. La progressione avviene dunque in maniera piuttosto lineare, svolgendo sempre le medesime azioni – volendo si possono mettere a capo dei quartieri dei vice-boss per evitare la microgestione – ma manca un avanzamento che faccia sentire viva la sfida. Qualche ulteriore meccanica aggiuntiva non avrebbe guastato, soprattutto per evitare che le fasi finali siano fin troppo semplici e senza spunti.

Nonostante quanto abbiamo appena messo in luce, Empire of Sin è in ogni caso un titolo decisamente interessante e i momenti migliori sono rappresentati dalle storie che, costruite ad hoc attorno alcuni boss, sorte in modo spontaneo per via di qualche evento casuale o nate dallo sviluppo di una missione data un NPC incontrato per strada, coinvolgono i vari protagonisti. Il lato diplomatico non si esaurisce in un paio di schermate fredde e anonime, ma le tregue e le taglie messe sulla testa dei nemici vanno stipulate faccia a faccia, attimi che aggiungono un taglio quasi cinematografico al titolo. Fra frasi fatte, minacce e pericolose dichiarazioni di guerra, con il passare delle ore si viene a formare un intreccio letale che tiene unite le varie fazioni che popolano la Chicago del 1920 e districarsi fra i vari interessi è un delicato gioco di equilibri: una protezione rifiutata, un locale rubato ad un socio del più potente boss del quartiere e presto Empire of Sin si trasforma in una lotta senza quartiere. Quando la diplomazia fallisce, l’unico modo per sistemare le questioni è una bella imboscata con tutte le armi tipiche di quel periodo e così Empire of Sin diventa senza soluzione di continuità un tattico a turni.

Le regole di ingaggio sono abbastanza tradizionali e il titolo di certo non rivoluziona il genere. Che sia la strada o l’interno di un locale, l’ambiente in cui si svolge lo scontro viene diviso nelle classiche caselle, una scacchiera su cui muovere le proprie pedine turno dopo turno visualizzando le varie mosse a partire da una visuale isometrica. Ciascun gangster ha a propria disposizione due punti azione, da spendere per posizionarsi dietro una copertura completa e per far fuoco da una migliore angolazione, aumentando così la percentuale del colpo sparato. C’è il fuoco di copertura, si possono lanciare bombe, ci sono oggetti curativi e ogni arma si comporta in modo unico, eppure tutti i vari ingredienti fanno parte della solita ricetta già vista in altri titoli del passato. Sotto il profilo estetico e tecnico Empire of Sin riesce a spaccare in due il nostro parere. Da una parte troviamo un’ambientazione eccellente, ottimamente caratterizzata e sicuramente iconica e affascinante, d’altra parte la Chicago degli anni 20 non è propriamente un’ambientazione abusata e banale.

Gli sviluppatori sono stati molto bravi a creare la giusta atmosfera e a far sentire il giocatore un vero protagonista delle lotte tra clan e famiglie per la conquista della città. Ottime le ambientazioni e la riproduzione di stili e clichè di quel periodo. Sotto il profilo tecnico invece la cosa si fa più drammatica: Empire of Sin è piagato dai bug, nei dialoghi si notano spesso i labiali fuori sincrono e alcune risposte completamente fuori contesto. Movimenti e compenetrazioni poligonali poi rovinano il senso di immersione generale. Per quanto riguarda la colonna sonora che ripropone temi musicali degli anni 20, tutto è realizzato bene. Il doppiaggio invece non è sempre perfetto e si sente che i personaggi italiani non sono doppiati da madrelingua, ma è comunque piacevole il tentativo fatto dal team di sviluppo e l’idea originale. Tirando le somme, Empire of Sin sia che lo si giochi su Pc, sia che lo si giochi su Xbox, PlayStation o Switch, è e resta un gioco piacevole e interessante. Un prodotto che cerca di coniugare vari generi e che comunque è in grado di tenere alto l’interesse per molte ore.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 7,5

Gameplay: 7,5

Audio: 7

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise




DBGA Kids, il corso per creare videogames per i giovanissimi

Digital Bros Game Academy, l’accademia per diventare sviluppatori di videogiochi del Gruppo Digital Bros, apre le iscrizioni alla nuova edizione di DBGA KIDS: il corso per imparare a creare un videogioco dedicato ai giovanissimi.

Dopo il successo della prima edizione, che ha visto la partecipazione di 30 ragazzi che hanno realizzato il loro primo videogioco, l’Academy annuncia la partenza della seconda edizione di DBGA KIDS, che inizierà il 7 febbraio 2021. DBGA KIDS è un percorso di apprendimento che, attraverso la realizzazione di un videogioco, avvicina i ragazzi e le ragazze alle materie digitali, favorendo l’acquisizione di competenze di programmazione unite allo sviluppo delle abilità creative. Skill estremamente importanti che contribuiscono a sviluppare nei ragazzi una forma mentis che li aiuti a immaginare nuovi futuri possibili. Il corso DBGA KIDS è interamente online, con i docenti in live streaming tramite Zoom. Ha una durata di 14 ore totali, suddivise in 7 lezioni di 2 ore ciascuna a cadenza settimanale. Le lezioni si svolgono la domenica mattina dal 7 febbraio al 21 marzo 2021.

L’iscrizione al corso si effettua solo online, compilando il form cliccando qui. Il corso è riservato per massimo 30 partecipanti e ha un costo di € 250,00 +IVA. Digital Bros Game Academy ha previsto una promozione rivolta ai primi iscritti. Infatti, per chi effettuerà l’iscrizione entro il 5 gennaio la quota di partecipazione sarà di € 200,00 + IVA. Le iscrizioni al corso chiuderanno il 1° febbraio 2021. II partecipanti a DBGA KIDS impareranno tutte le fasi della creazione di un videogioco, dalla fase di ideazione e progettazione alla programmazione utilizzando Construct 3 come strumento principale. Saranno coinvolti in un processo logico-creativo in cui apprenderanno ad organizzare le loro idee, a risolvere problemi fino a raggiungere l’obiettivo finale: portare a termine un vero e proprio videogioco. Il tutto guidato in remoto dai docenti, in maniera stimolante e divertente.

I docenti Martina Raico, Game Designer e Dario Fantini, Game Developer e insegnante, entrambi ex-studenti di Digital Bros Game Academy e rispettivamente QA Tester e Game Programmer in RaceWard Studio, guideranno i ragazzi, tramite un approccio molto pratico, in tutte le fasi del percorso di apprendimento. I giovani partecipanti potranno interagire con loro in tempo reale. Apprenderanno le basi del Game Design e della programmazione e impareranno ad utilizzare Construct 3, un software di programmazione per lo sviluppo di giochi PC e mobile. L’interfaccia intuitiva e la sua immediatezza, rendono Construct 3 uno strumento adatto a chi muove i primi passi nel mondo dello sviluppo. Il calendario, il programma e tutte le altre informazioni relative al corso, sono consultabili sul sito ufficiale della DBGA consultabile cliccando qui.

F.P.L.




Puyo Puyo Tetris 2, il puzzle game classico guarda al futuro

Puyo Puyo Tetris è riuscito ad ammaliare tutti gli appassionati, sia per via del suo spirito di conservazione e fascino, sia per via del suo continuo osare e rimescolare le carte in tavola di un genere che, a quanto pare, ha ancora molto da dire.

Con Puyo Puyo Tetris 2 ci troviamo sostanzialmente davanti ad un titolo che, da un lato ripropone tutte le idee migliori del capitolo precedente, e dall’altro ne amplifica l’esperienza con tutta una serie di elementi che inevitabilmente incuriosiscono.

Si tratta di un crossover che però mantiene anche fede alle radici da cui è tratto, mettendo a disposizione del giocatore, fin dalla primissima schermata, la possibilità di potersi immergere nei titoli che costruiscono questa miscela, in maniera separata. Puro Puyo Tetris 2, nel suo menù principale, si divide in: Avventura, Singolo, Multigiocatore, Opzioni e dati, Online e Lezioni. Quest’ultima possibilità si rivela estremamente fondamentale per tutti coloro che non hanno mai messo mano ad uno dei due titoli mescolati e proposti.

Si tratta di una sezione del gioco interamente dedicata all’insegnamento delle basi, ma anche delle fasi avanzate, non soltanto di Puyo Puyo e Tetris, ma anche delle varie modalità qui proposte, offrendo dunque un approccio pseudo-enciclopedico dettagliato e attento a spiegare ogni cosa per bene, avvalendosi di una semplicità diretta e ben snocciolata. Come dicevamo, la prima voce che risalta all’occhio è la modalità Avventura: dotata di un’innovata interfaccia che ricorda quella di un gioco da tavolo, il Sugoroku, e di una corposa quantità di personaggi, la storia non verrà certo ricordata per la componente narrativa. La vicenda, che coinvolge eroi vecchi e nuovi, tende infatti a stancare in fretta: i protagonisti alquanto stereotipati e il susseguirsi di lunghi dialoghi a schermata fissa non aiutano, d’altronde, a favorire il coinvolgimento dell’utente.

L’Avventura, tuttavia, funge da palestra perfetta per avvicinarsi ad entrambi gli stili di gioco presenti nell’opera e alle varie modalità vecchie e nuove contenute nel pacchetto. Nei circa 80 livelli, alcuni dei quali del tutto opzionali, è possibile mettersi alla prova in sfide di livello crescente, che aiutano ad impratichirsi e a sbloccare elementi extra di contorno, come scenari e musiche, ma anche personaggi e oggetti di fondamentale importanza. Sempre a proposito di apprendimento delle regole di base, è sicuramente interessante la presenza della “Difficoltà automatica”, un’opzione legata alla modalità Avventura che plasma l’abilità della CPU in base alla bravura di chi gioca.

In questo nuovo episodio è presente poi una sezione “Lezioni”, perfetta per chi vuole imparare, nonché arricchita con tutte le nozioni sulle modalità inedite e alcune voci extra che fungono da insegnamenti interattivi. La principale novità di Puyo Puyo Tetris 2 risiede però nell’introduzione di una particolare modalità chiamata Battaglia Tecnica che, in parole povere, consiste in una rivisitazione in chiave ruolistica dei due puzzle game. I partecipanti non devono limitarsi a giocare al puzzle game di riferimento selezionato, ma hanno l’obbligo di tenere costantemente sott’occhio un paio di parametri: i punti vita, il cui azzeramento decreta il game over, e i punti magia, grazie ai quali si possono attivare con la semplice pressione di un tasto tre diverse abilità. A stabilire quali sono le skill disponibili e l’ammontare degli attributi è la composizione del team: in un’apposita schermata si possono infatti passare diversi minuti a studiare la combinazione perfetta di personaggi e carte (l’equivalente degli accessori) per avere il giusto equilibrio tra attacco e difesa.

A garantire poi un incremento in termini di longevità è la progressione dei singoli personaggi, che al termine di ogni scontro guadagnano punti esperienza grazie ai quali salgono di livello e diventano sempre più forti. Questa modalità, indirizzata principalmente ad un target che non apprezza la staticità dei puzzle game come il primo Puyo Puyo Tetris, è sicuramente un’aggiunta gradita che, soprattutto ai livelli più alti, riesce a garantire ore di divertimento, aggiungendo un piacevole senso di progressione applicato sia alla componente offline che a quella online.

 Se da una parte la Battaglia Tecnica rappresenta un’assoluta novità di questo secondo capitolo, dall’altra i veterani di Puyo Puyo Tetris, i quali non aspettano altro che confrontarsi con altri giocatori per stabilire a suon di Tetramini o Slime chi sia il più abile, troveranno pane per i loro denti. Il comparto multigiocatore non coinvolge infatti la sola modalità Battaglia Tecnica ma anche tutte le altre già viste nel primo episodio, le quali possono essere affrontate non solo in partite amichevoli ma anche nel competitivo, ovvero la Lega Puzzle. Anche in Puyo Puyo Tetris 2 esiste infatti la possibilità di sfidare altri giocatori in quattro diverse categorie, ognuna con la propria graduatoria: Lega Puzzle (Tetris + Puyo Puyo), Lega Puyo Puyo, Lega Tetris e Lega Battaglia Tecnica, con quest’ultima che incarna l’unica novità per quello che riguarda il comparto competitivo del gioco.

Questa frammentazione delle modalità online non è solo positiva per chi ama la competizione, ma anche per chi è solo in cerca di un po’ di divertimento e vuole rilassarsi con un match amichevole. Oltre alla Lega Puzzle, che ha una maggiore attenzione per chi ama il PvP, il Sonic Team si è concentrato ancora una volta anche sugli amanti del PvE, che potranno godersi pienamente l’esperienza grazie alle modalità Sfida. Nell’apposito menu è presente Fever infinito, Puyo infinito, Puyo mini, Sprint, Maratona e Ultra. Si tratta in tutti e sei i casi di modalità che prevedono la partecipazione di un solo giocatore con l’obiettivo di raggiungere il punteggio massimo entro un tempo limite, oppure di proseguire all’infinito in uno dei due puzzle game. Completando una qualsiasi partita delle modalità Sfida con una connessione internet attiva, il punteggio verrà automaticamente caricato nelle classifiche online, così che anche i giocatori solitari possano provare a ottenere nuovi record con cui scalare le classifiche mondiali. Per quanto riguarda gli elementi di contorno, come la possibilità di modificare l’aspetto delle unità utilizzate in entrambi i puzzle game, il gioco propone una serie decisamente ridotta di “skin”. Alcuni aspetti alternativi sono disponibili sin da subito e altri sono invece acquistabili con i crediti nell’apposito negozio. Purtroppo, però, il negozio è identico a quello del primo Puyo Puyo Tetris e non c’è nulla di nuovo rispetto a quanto visto nella precedente incarnazione della serie. Gli oggetti disponibili non sono solo scarsi in termini numerici, ma sono anche estremamente semplici da ottenere. Basterà infatti qualche ora di gioco e una manciata di vittorie per entrare in possesso di qualsiasi aspetto alternativo di Puyo e Tetramini. Esistono poi dei voice pack e delle icone sempre disponibili all’acquisto ma che, per quanto numerosi, suscitano sicuramente meno interesse verso chi non è intenzionato a sbloccare ogni singolo oggetto.

Tirando le somme, possiamo dire che con Puyo Puyo Tetris 2 il Sonic Team ha deciso di non andare troppo oltre quello che ha decretato il successo del primo capitolo, ma di limitarsi a proporre un prodotto forse troppo simile al predecessore sia dal punto di vista dei contenuti che da quello puramente estetico. Le poche novità possono allettare prevalentemente quella fetta di pubblico competitiva, che grazie alla modalità Sfida e alla Lega Puzzle può finalmente battagliare in maniera impegnativa anche al di fuori del solo PvP. Chiunque sia intenzionato a giocare al titolo per puro diletto e abbia già spolpato a dovere il predecessore si ritroverà sì di fronte ad un ottimo gioco con tanti contenuti, sebbene tutti risultino fin troppo simili a quanto già visto in passato. Insomma, l’acquisto di questo titolo è consigliato prevalentemente sia per chiunque non abbia mai giocato al primo Puyo Puyo Tetris, sia per tutti coloro che vedono nella presenza delle classifiche online del PvE, nella nuova Avventura e nelle Battaglie Tecniche dei contenuti appetibili e stimolanti. Il titolo, lo ricordiamo è disponibile su Pc, su Switch e sulle console della famiglia Xbox e PlayStation di attuale e vecchia generazione.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8

Gameplay: 9

Longevità: 7,5

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise




iPhone 12 è lo smartphone più venduto nel mondo

Apple continua a mietere successi su successi, tant’è che a ottobre l’iPhone 12 è diventato lo smartphone 5G più venduto al mondo, seguito da iPhone 12 Pro, altro modello presentato a ottobre dall’azienda di Cupertino.

Lo certifica la società di analisi Counterpoint. Insieme, i due dispositivi della Mela, valgono quasi un quarto di tutte le vendite di terminali 5G nel mondo. Le vendite risultano elevate negli Stati Uniti, ma anche in Cina e Giappone, dove i terminali Apple di ultima generazione si confrontano con terminali Android di costruttori locali.

Secondo gli analisti, questo rappresenta una spinta all’adozione della tecnologia 5G mmWave per il momento disponibile solo nei modelli Apple venduti in Usa, che è più che raddoppiata dal 5% di settembre al 12% in ottobre proprio grazie agli iPhone 12 e spingerà gli operatori a velocizzare installazione e reti con questa tecnologia.

Al terzo posto dei dispositivi 5G più venduti, c’è Samsung Galaxy Note 20 Ultra 5G in commercio dal mese di settembre. Al quarto e quinto posto troviamo rispettivamente Huawei Nova 7 5G e Huawei P40 5G. Al sesto posto Oppo A72 5G e al settimo Huawei P40 Pro 5G. Insomma, ancora una volta l’azienda di Cupertino si dimostra essere una fra le più apprezzate a livello globale e il risultato raggiunto a ottobre è la conferma che il “melafonino” resta uno fra gli oggetti più desiderati e utilizzati a livello globale.

F.P.L.




Immortals Fenyx Rising, il videogame rivelazione di Ubisoft

Con Immortals Fenyx Rising Ubisoft ha lanciato una vera e propria bomba per questa fine 2020. Dopo i già interessantissimi Watchdogs Legion (qui la nostra recensione) e Assassin’s Creed Valhalla (qui la nostra recensione), la software house ha rilasciato su Pc, console di vecchia e nuova generazione, ma anche Nintendo Switch e Stadia, un terzo titolo che inaspettatamente si è rivelato essere un vero capolavoro a tutti gli effetti.

Ma andiamo a scoprire che cosa rende questo titolo, che possiamo definire un ibrido fra Assassin’s Creed Odissey e Zelda Breath of The Wild ma con una marcia in più, davvero speciale. La storia di Immortals Fenyx Rising è ambientata sulla mitologica isola d’oro, una isola incantata creata dal celebre Dedalo per venire popolata da dei e uomini.

Tifone, liberatosi dalla prigione dove era stato confinato da Zeus, prese d’assedio il divino atollo liberando le sue armate demoniache, eradicando l’essenza divina dagli dei e trasformando in pietra gli uomini che popolavano l’isola. A nulla è servita l’opposizione degli Olimpi, privi del loro re in visita nell’Ade, così come futile si è rivelata la resistenza offerta dagli antichi eroi greci, rapidamente corrotti da Tifone e posti a comandare le sue armate demoniache.

A salvare una situazione, oramai disperata, c’è però una giovane (o un giovane se si deciderà di impersonare un ragazzo) portatrice di scudi di nome Fenyx. La sua storia ha inizio quando la nave da guerra sulla quale era assegnata, per supportare le truppe greche, viene colta da una tempesta, naufragando sulle coste dell’isola d’oro. Dopo aver ripreso conoscenza, e in seguito alla scoperta che la ciurma con la quale navigava è stata trasformata in pietra da Tifone, la giovane protagonista decide di imbarcarsi in un’impresa disperata: recuperare l’essenza degli dei e, con l’aiuto degli Olimpi, sconfiggere Tifone per riportare la pace nella Grecia.

Sullo sfondo della narrazione della storia di Immortals Fenyx Rising, vi sono Prometeo e Zeus che spiegano le gesta della. Uno cerca di raccontare la storia al meglio delle sue possibilità, mentre l’altro, Zeus, si diverte a modificare lo scorrere degli eventi, a rimembrare avventure passate, ad aggiungere dettagli irrilevanti, creando situazioni comiche azzeccate che ricordano molto lo humor in stile Monty Python. Tutta la storia, quindi, nasce da una scommessa fra Prometeo e Zeus. Il re degli dei, difatti, messo all’angolo dalle gesta di Tifone, si ritrova costretto a chiedere l’aiuto del titano che, prima di acconsentire, gli propone una scommessa. Se Fenyx riuscirà dove gli dei hanno fallito, Zeus lo libererà dalla sua prigionia e lo riaccoglierà nell’olimpo, se invece fallirà, Prometeo lo aiuterà con ogni mezzo a sua disposizione, per contrastare Tifone.

Il tutto si configura come un viaggio tra i miti e le leggende più note, in un’escursione, alla ricerca del malvagio e potente Tifone, che farà la gioia di chi ama la mitologia, ma anche i piccoli rompicapo e i combattimenti. Immortals Fenyx Rising, infatti, si rivela essere una sorpresa proprio per la sua completezza e per la moltitudine di cose da fare.

Ma andiamo a scoprire più da vicino che cosa rende speciale questa produzione di Ubisoft. Il lungo prologo di Immortals: Fenyx Rising , disponibile una volta scelta la difficoltà con cui si vuole partire per questa meravigliosa avventura, serve da tutorial attraverso il quale scoprire le principali meccaniche di gioco. Alcune di queste sono molto semplici e basilari, tipiche dei videogiochi di azione. Sono presenti infatti una barra della vita, che indicherà la salute a disposizione e una barra dell’energia, che permetterà di svolgere azioni come correre, arrampicarsi e planare.

Fenyx potrà infatti contare sulle ali di Dedalo, che si troveranno quasi all’inizio del gioco, per esplorare dall’alto l’intera isola e planare (non volare) da una parte all’altra dell’immensa mappa di gioco. Per difendersi dalla grande quantità di nemici, si avrà a disposizione la spada di Achille (attacco rapido), l’ascia di Atalanta (attacco pesante) e l’arco di Odisseo (attacco a distanza). Ogni arma potrà essere potenziata o sostituita con altri modelli che saranno in grado di donare innumerevoli vantaggi a seconda del proprio stile di gioco.

Agli attacchi fisici si affiancano anche le Abilità Divine, particolari poteri in grado di ribaltare la situazione del gioco con effetti e meccaniche spettacolari. Ciascuna di esse può essere potenziata per ottenere effetti ancora più incisivi che vi serviranno andando avanti con il gioco. Non mancano le abilità dell’eroe come arrampicarsi, nuotare, saltare e molto altro. Abilità che possono, anche in questo caso, essere potenziate per poter nuotare più velocemente, raccogliere più oggetti contemporaneamente e così via. Alcune pozioni e oggetti consumabili potranno restituire a Fenyx salute ed energia oltre che potenziare per breve tempo l’attacco o la difesa dell’Eroe. Gli oggetti consumabili e gli elementi che si potranno trovare all’interno degli scrigni, possono poi essere utilizzati per creare nuove pozioni o potenziare quelle che già si hanno così da poter diventare davvero invincibili. Ovviamente Fenyx potrà contare anche su un’armatura e un elmo che a seconda del tipo potranno garantire potenziamenti e abilità uniche. Ubisoft però oltre alla vasta gamma di equipaggiamenti offensivi e difensivi disponibili ha anche pensato a tutti quei giocatori che amano lo stile del proprio eroe, infatti, proprio per tale ragione sarà possibile equipaggiare le armi e le armature con le qualità migliori senza però rinunciare all’aspetto esteriore.

Proprio per tale motivo pur indossando un determinato set, sarà possibile farlo comparire esteticamente come quello che più piace al giocatore fra quelli raccolti. In soldoni, Fenyx sarà sempre come voi lo vorrete e, trattandosi di un gioco in terza persona, questa feature è davvero apprezzabile. Quello che salta subito all’occhio già dai primi momenti di gioco è la vastità e la bellezza dell’Isola d’oro che mostra moltissimi paesaggi e scorci meravigliosamente realizzati che, a seconda se sia giorno o notte, acquistano un fascino del tutto particolare. Ogni area della mappa è dedicata ad una divinità che riflette la sua essenza nello scenario. La Valle dell’eterna primavera, terra di Afrodite, è caratterizzata da un verde brillante, ricchi boschi e affascinanti paludi in cui flora e fauna sono presenti in modo lussureggiante.

La tana della Guerra invece, terra di Ares, è un brullo terreno in cui giacciono i segni di mille conflitti e corpi inermi di statue e giganti. Ogni zona dell’Isola d’oro custodisce una mastodontica statua della divinità corrispondente che, una volta scalata, permetterà di sbloccare visivamente l’intera zona, un po’ come accade con Assassin’s Creed insomma. Tutta la mappa è costellata di elementi da esplorare, oggetti da collezionare e luoghi di interesse. Tra questi, uno di particolare importanza, è rappresentato dalla Sala degli Dei. Si tratta di un mitico Hub centrale gestito da Ermes, l’unica divinità non ancora intrappolata da Tifone. Qui è infatti possibile potenziare le armi, la salute e la resistenza di Fenyx utilizzando gli oggetti trovati durante l’avventura. Qui sarà anche possibile ottenere nuove missioni e abilità o potenziare quelle che già si hanno.

Per quanto riguarda l’aspetto esplorativo, Immortals Fenyx Rising è un titolo dalla forte componente open world. Essa si rispecchia, oltre che nella vasta mappa a disposizione, anche nella moltitudine di missioni, quest secondarie, sfide da superare e oggetti da collezionare sparsi sulla mappa. Fenyx è in grado di vedere con gli occhi degli Dei (Premendo il tasto analogico destro) e scoprire sulla mappa tutti i punti di interesse che aspettano solo di essere trovati.

Sarà utile infatti arrivare ad un punto molto alto della mappa e avere così una visione più ampia possibile di quello che si ha dinanzi. Tra i molteplici elementi di gioco sulla mappa ci sono diverse tipologie di cose da fare e oggetti da prendere. Gli scrigni del tesoro, ad esempio, si dividono in casse normali, bottini epici, bauli delle armi e scrigni della notte. Tutti questi si trovano in varie aree della mappa, alcuni di questi possono essere aperti solo dopo aver superato determinati puzzle mentre per altri bisognerà uccidere tutti i nemici nei dintorni.

Altra attività è costituita dagli ingressi del Tartaro. Essi sono sparsi per tutta la mappa e non sono altro che dungeon da superare per ottenere una delle saette di Zeus per potenziare Fenyx. Il Tartaro è caratterizzato da alcuni puzzle o arene da combattimento e sarà necessaria grande abilità per superarli. Alcuni di questi, soprattutto nelle fasi più avanzate di gioco, presentano delle meccaniche interessanti e per nulla banali che faranno morire il giocatore molte volte prima di arrivare alla fine del dungeon e ottenere l’ambita ricompensa.

Gli ingressi del Tartaro nascondono sempre almeno una cassa del tesoro al loro interno, e potrà essere chiuso definitivamente solo quando sia la saetts sia gli scrigni saranno conquistati da Fenyx. In ogni caso una volta visitato, l’ingresso al Tartaro potrà essere raggiunto con il viaggio rapido e portato a termine in un secondo momento. Le Sfide di Odisseo sono missioni secondarie in cui sarà necessario mostrare tutta la propria abilità nel Tiro con l’Arco. Oltre al classico attacco rapido a distanza, si potrà infatti scoccare una freccia d’Apollo che può essere controllata dal giocatore stesso così da viaggiare con precisione in una serie di anelli, accendere una torcia, colpire i nemici e molto altro. Le sfide di agilità sono un’altra quest secondaria in cui si deve raggiungere un punto specifico della mappa entro un limite di tempo, correndo, nuotando, cavalcando e planando a grande velocità. Le sfide della costellazione, sono invece un grande puzzle da risolvere in cui bisognerà trovare in un’area relativamente circoscritta una serie di sfere da posizionare su una scacchiera nella posizione giusta raffigurata sul muro dinanzi l’area del puzzle.

Ogni sfera può essere sbloccata dopo aver risolto un mini rompicapo a se, creando un doppio sistema di sfide alcune delle quali abbastanza impegnative. In Immortals Fenyx Rising sono poi presenti alcune missioni che verranno affidate dalle divinità salvate, mentre altre possono essere attivate presso la Sala degli Dei e consisteranno nell’uccidere un certo numero di nemici, aprire degli scrigni, chiudere delle bocche del tartaro e molto altro. Altre quest secondarie vengono attivate automaticamente quando ci si avvicina nell’area della missione. Insomma, come avrete capito questi e molti altri elementi terranno i giocatori impegnati nell’Isola d’oro per molte, moltissime ore e se si vuole raggiungere il completamento al cento per cento bisognerà davvero darsi da fare.

Se, infine, a quanto detto andiamo ad aggiungere la possibilità di addomesticare diversi tipi di cavalcature e la possibilità confrontarsi con di ardui boss leggendari, il numero di contenuti offerto da Immortal Fenyx Rising aumenta ancora garantendo una longevità davvero elevata. Pur essendo pienamente coscienti che la nuova produzione di Ubisoft non reinventi nulla nel panorama del genere open world, non possiamo che affermare che il risultato finale è veramente eccellente. Noi giocando a difficoltà difficile siamo riusciti a completare l’avventura al cento per cento in circa 70 ore di gioco e, a fine gioco viene chiesto se si vuole proseguire caricando il salvataggio prima della “boss fight” o se si vuole ricominciare il gioco da capo in modalità nuova avventura +. Insomma, di carne a cuocere ce ne è davvero tanta e se siete dei completisti, Immortals Fenyx Rising sarà in grado di tenervi impegnati davvero per molto tempo.

Per quanto riguarda il sistema di combattimento, possiamo affermare senza dubbio che l’immediatezza è la vera forza degli scontri. Tutto ruota attorno alle tre tipologie di armi a disposizione (arco, spada e ascia), ognuna delle quali viene a sua volta caratterizzata da una sapiente gestione delle statistiche. Ogni arma, o armatura, che si troverà in game, difatti, non avrà alcun indicatore di potenza ma offrirà dei bonus specifici, che andranno ad agire in delle situazioni particolari. Si potrà rinvenire, ad esempio, un arco che massimizza i danni compiuti a mezz’aria, una spada che aumenti la percentuale di danno eseguita da Fenyx ai nemici unici o un pezzo di armatura che aumenti la barra della stamina ecc… La potenza delle armi, e delle armature, viene gestita globalmente permettendo al giocatore di migliorare un’intera categoria aumentandone il valore offensivo, o difensivo, e aggiungendo nuovi bonus peculiari al raggiungimento di un determinato livello.

Questo sistema favorisce la creazione di build specifiche atte ad affrontare le differenti sfide presenti nell’isola d’oro, non obbligando il giocatore a dover scegliere un equipaggiamento specifico a causa di una richiesta, eccessivamente, esosa in termini di materiali per potenziare un numero maggiore di armi e armature. In merito al combat-system vero e proprio, ci si trova dinanzi al classico schema composto da attacchi leggeri (assegnati alle spade), pesanti (delegati ad asce e martelli), a distanza (garantiti dagli archi) e alle canoniche manovre evasive quali schivata, parata e parry. Un sistema semplice ed efficace, che lascia la buona riuscita di qualsiasi scontro nelle mani del giocatore e della sua capacità di reazione. La totalità degli scontri presenti in Immortals Fenyx Rising, difatti, si basa sulla dinamicità e sulla prontezza di riflessi del giocatore, non vincolando la vittoria alle, sole, “statistiche” della nostra eroina ma permettendo, con il giusto impegno, di affrontare ogni avversario fin dalle prime fasi di gioco. Una piccola menzione d’onore va alla possibilità di controllare, per brevi periodi, le frecce dell’arco potendole guidare su punti specifici del corpo dei nemici, così come poterle sfruttare per risolvere numerosi puzzle ambientali o, semplicemente, analizzare l’area attorno a Fenyx.

Simpatica anche l’implementazione di Fosforo, un cucciolo di fenice che si premunirà di effettuare diverse tipologie di attacchi ad area atti a controllare maggiormente il campo di battaglia. Per quanto riguarda l’aspetto estetico, Immortals Fenyx Rising è una produzione “cross-gen” che si presenta con un comparto grafico ancorato maggiormente alla generazione precedente ma che sfrutta le caratteristiche delle nuove console per offrire prestazioni, ed effettistica, decisamente migliori. Come nelle altre recenti produzioni di Ubisoft, è presente la possibilità di scegliere se prediligere le performance o la resa grafica. In entrambi i casi il gioco mantiene le promesse, garantendo 60 fps e una risoluzione di 4k dinamici in modalità performance, o un’effettistica migliore, unita a una risoluzione lievemente maggiore e a un dimezzamento del framerate, in modalità “risoluzione”.

Lo stile grafico, assolutamente non votato al fotorealismo, però non fa emergere a dovere tutte le minuzie grafiche che si possono ottenere dimezzando gli fps, rendendo la modalità performance, indubbiamente, la migliore per godere di un’esperienza maggiormente reattiva e dinamica. Analizzando poi il comparto artistico di Immortals Fenyx Rising, non possiamo che ritenerci soddisfatti per tutto ciò che abbiamo potuto vedere lungo tutte le ore spese nell’isola d’oro. Le aree di gioco si sono rivelate ispirate nell’architettura, vibranti nei colori, varie nelle ambientazioni proposte e sapientemente realizzate in termini di level design. La caratterizzazione visiva dei personaggi ricalca, perfettamente, lo stile scanzonato della narrazione, così come la costante umoristica, dettata dai continui battibecchi fra Zeus e Prometeo che risultano sempre gradevoli.

Il comparto sonoro fa il suo senza particolari lodi, sia nell’effettistica, sia nelle musiche, che fanno d’accompagnamento. Ciò detto, il lavoro condotto sul doppiaggio in italiano è davvero squisito, con voci azzeccate, sempre credibili e in grado di dare energia e carattere ai personaggi. Tirando le somme, Immortals Fenyx Rising, nonostante sia uscito in un periodo di transizione fra generazioni di console, nonostante sia circondato da diversi titoli tripla A, nonostante non sia stato pubblicizzato come altri videogame concorrenti, a nostro avviso rappresenta uno degli acquisti veramente imperdibili di questo periodo. Una trama leggera, ma ben scritta, una mappa grande, tante cose da fare, un sistema di combattimento ben sviluppato e un comparto grafico ben curato e bello da vedere fanno di questa produzione la vera sorpresa della stagione. A nostro avviso perderlo sarebbe un vero peccato e proprio per questo motivo ci sentiamo di consigliarlo assolutamente. Sia che siate amanti delle sfide, sia che abbiate poco tempo a vostra disposizione, siamo certi che le avventure di Fenyx vi faranno passare ore di gran divertimento fatte di emozionanti avventure in compagnia di dei, mostri mitologici e enigmi fantastici.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Sonoro: 8,5

Longevità: 9

Giocabilità: 9,5

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise




Google svela la sua classifica delle ricerche sul web nel 2020

Coronavirus e dintorni, elezioni americane, l’incidente ad Alex Zanardi, l’addio a Diego Armando Maradona. Sono gli argomenti che hanno caratterizzato il 2020 degli italiani, almeno secondo Google. Il motore di ricerca ha, come di consueto, diffuso le liste di “Un Anno di Ricerche”. Non sono le chiavi di ricerca più usate in assoluto ma quelle che, per un periodo prolungato, hanno registrato un forte incremento rispetto al 2019.

Pandemia e dintorni

La vetta in diverse categorie spetta alla pandemia. Coronavirus è la parola che, più di ogni altra, ha segnato le ricerche 2020. “Elezioni Usa”, al secondo posto, è l’unico argomento in grado di fare breccia in una top 5 dominata da termini legati al Covid-19: al terzo e quarto posto ci sono Classroom e Weschool, i due servizi online più utilizzati per le lezioni a distanza. E al quinto posto c’è la ricerca delle regole indicate dal governo, con “Nuovo Dpcm”.

Fai da te in cucina e dall’estetista

Gli utenti chiedono a Google istruzioni per l’uso e il significato di alcune parole. E anche queste liste sono segnate da coronavirus. Gli italiani hanno chiesto “come fare” “il pane in casa”, “e mascherine antivirus”, “il lievito di birra” e “la pizza”. Frutto di un ritrovato gusto per la panificazione e la cucina durante il lockdown. Vista la penuria di alcuni prodotti e la chiusura di alcune attività, si sono moltiplicate alcune ricerca sul “fai da te”. Per produrre cosa? “Amuchina”, “maschera capelli”, “scrub viso e corpo e labbra”, “tinta capelli”, “ceretta”. Insomma, oltre ai disinfettanti per le mani, si è sentita la mancanza di parrucchieri ed estetisti. Il “fai da te” ha riguardato anche attività di bricolage. Sono stati infatti molto cercati “pollaio”, “barbecue” e “zanzariere”.

In cerca di spiegazioni su pandemia e Mes

Legati al coronavirus sono anche le ricerche che puntano a capire “cosa significa…” un parola. In vetta ci sono infatti “pandemia”, “mes” (il molto discusso meccanismo europeo di stabilità), “dpcm” e “congiunti” (termine che decretava il primo spiraglio di allentamento del primo lockdown). Solo alcuni eventi e la richiesta di alcuni “perché” infrangono il dominio della pandemia nelle ricerche Google 2020. “Perché si chiama coronavirus” è al secondo posto, preceduto da “perché votare si al referendum” (tenutosi a settembre per ridurre il numero dei parlamentari) e seguito da “perché le scope stanno in piedi” (frivolo tormentone di inizio anno). Gli eventi più cercati sono delle costanti. Gli italiani confermano l’enorme interesse per “Campionato Serie A”, “Elezioni USA” e “Festival di Sanremo”.

Da Alex Zanardi a Maradona

I personaggi che hanno registrato un’impennata di ricerche sono quelli legati all’attualità: “Alex Zanardi” (vittima di un grave incidente e impegnato nel percorso riabilitativo) e “Silvia Romano” (liberata a maggio dopo un anno e mezzo di prigionia). Molto ricercati anche i due protagonisti della corsa alla Casa Bianca (“Donald Trump” e “Joe Biden”) e “Giuseppe Conte”. Nella lista degli addii ci sono i nomi di personaggi morti nel corso dell’anno. In vetta due campioni dello sport: la crescita di ricerche più netta è stata quella di “Maradona”, seguito da “Kobe Bryant”. Alle loro spalle un trio di artisti italiani: “Gigi Proietti”, “Ezio Bosso” ed “Ennio Morricone”, che precede “Sean Connery”. 

F.P.L.




Twin Mirror, un thriller interattivo tutto da giocare

Con Twin Mirror Dontnod Entertainment torna a raccontare storie, e dopo “Vampyr” e “Life is Strange” stavolta lo fa con un thriller psicologico interattivo per Pc, Xbox e PlayStation che mette i giocatori nei panni di un reporter investigativo alle prese con la morte del suo migliore amico.

Sam Higgs è un uomo sull’orlo di una crisi di nervi. Da quando Anna ha rotto con lui ha deciso di allontanarsi, da Basswood, dal giornale locale di cui era reporter investigativo di punta, dagli affetti. Perfino da Nicholas Waldron, collega e amico fraterno, dai record sul sudicio e diroccato cabinato di Pac-Man, attrazione principale del pub locale insieme alla birra annacquata e alle risse.

E pensare che ha avuto persino l’onore di diventare padrino di Joan, sua figlia. Tutto andato in fumo, perso in un cellulare che ha trasformato le persone in squilli a vuoto, fino al giorno in cui un messaggio ha decretato, tragicamente, la fine dell’esilio. “Nick è morto in un incidente stradale, verrai al funerale?”. Un momento troppo intimo per svelarlo al giocatore, che viene accompagnato da Dontnod nel suo viaggio di ritorno alle origini in auto: fuori dai finestrini l’autunno pallido del West Virginia. L’imbarazzo di incontrare persone che si è deciso di archiviare dall’oggi al domani, costretti a condoglianze e sorrisi forzati. E poi il dispiacere della perdita aggravato dai sospetti della figlia, chiamata “Bug” dalla sua passione per gli insetti, troppo sveglia e intelligente per la sua età, per bere alla goccia la storia della fatalità, amara e ustionante come whiskey liscio.

Twin Mirror diventa così un thriller dalle premesse estremamente umane che di sicuro interesserà chiunque decida di affrontarlo. Tornare nella sua cittadina natale, per Sam, non è stato facile. Troppe cose lo hanno frastornato e deluso, tanto da rintanarsi in sé stesso. Il protagonista è un personaggio che non porta nulla di realmente innovativo nel campo del medium videoludico, però gli sviluppatori sono stati abili a ricreare una situazione psicologica decisamente credibile, oltre che ben scritta. In termini di gameplay, i pensieri di Sam sono contenuti nel suo “Palazzo Mentale”, una ricostruzione cristallizzata dove sono contenuti tutti i suoi ricordi che noi possiamo rivivere con l’avanzamento della storia. Alcuni di questi saranno invece opzionali e andranno ad arricchire tutti gli altri aspetti del carattere dei personaggi principali e delle vicende che li circonda. L’obiettivo di chi gioca è quello di scoprire cosa è successo al proprio amico, se si tratta di un reale incidente stradale oppure se dietro la vicenda si nasconde un qualcosa che va al di là della semplice casualità.

Con Twin Mirror si vivranno in prima persona le turbolente vicissitudini di tutti i cittadini e respirando l’aria cupa e inquietante di una città sull’orlo del fallimento. Ulteriormente simbolica nelle produzioni di Dontnod Entertainment è anche la figura del doppio, una sorta di doppelganger mentale che, in molti casi del passato, era la figura del giocatore che usava i pensieri dei personaggi per giocare, mentre nel caso di Sam, il suo doppio è Lui, il suo Super Io che vuole aiutare o sabotare (a seconda dei punti di vista). Si potrà decidere di ascoltarlo o ignorarlo, dando al giocatore un ruolo diverso questa volta, quello del giudice che analizza i dettagli e che si ritroverà, soprattutto nel finale, a capire le reali intenzioni degli sviluppatori: non bisogna partecipare alle vicende, ma sarà necessario piuttosto comprenderle.

I giocatori non saranno chiamati a risolvere il mistero, bisognerà conoscere Sam nelle sue varie sfaccettature e riuscire ad immedesimarsi nella psiche dell’uomo senza empatizzare interattivamente con le vicende, ma bensì con gli aspetti più personali ed emotivi del personaggio. Gli stessi protagonisti, in taluni casi, mostrano di voler rompere la quarta parete e chiedere direttamente a chi gioca che cosa ne pensa. Dopo Life is Strange ci si chiedeva se quest’opera fosse stato un colpo di fortuna per gli sviluppatori. Le ultime produzioni hanno mostrato degli evidenti miglioramenti su molti campi, ma la linea narrativa si focalizzava molto su aspetti attuali e che sono spesso al centro di polemiche. Con Twin Mirror si capisce fin da subito che si tratta di una narrativa decisamente più matura, anche più cupa e sicuramente più interessante. Si affrontano problemi legati alla psiche, alle relazioni sociali e tanti altri temi più “adulti” rispetto anche all’ultimo Tell Me Why o Life is Strange 2. Ovviamente tutto ciò non è privo di difetti, anzi, il gioco offre una trama davvero interessante e intrigante, tanto da incollare il giocatore allo schermo, ma rispetto al passato si nota anche una certa frettolosità nei dialoghi e nelle scene, rendendo certe situazioni fini a sé stesse.

Per quanto riguarda la longevità, Twin Mirror purtroppo dura meno di quello che si sperava. Ma la durata è limitata anche per via di una bassa interattività dei luoghi che si visitano. Se in Life is Strange si poteva osservare quasi ogni dettaglio e scoprirne la natura, in Twin Mirror questo avviene in misura minore. Infatti anche per l’aspetto inerente alle indagini, sia gli indizi che le prove sono pochi e facilmente trovabili, velocizzando notevolmente il ritmo. Infatti se analizzassimo la durata sotto il profilo del ritmo, possiamo ritenerci soddisfatti, in quanto per completare il titolo servono circa cinque o sei ore delle quali l’intensità va crescendo, senza tempi morti. Riteniamo infatti che nel complesso, quello di Twin Mirror sia un viaggio molto interessante e soddisfacente nonostante la durata possa non favorire molti giocatori. In sua difesa possiamo dire che rigiocarlo con altre scelte, in questo caso, non risulta inutile: andare a vedere su YouTube i diversi finali non vi mostrerà nulla di diverso, sarà più interessante provare a conoscere Sam attraverso diverse opzioni e provare a capire il suo reale pensiero quale sia.

Se il comparto grafico risulta a un primo impatto davvero ben realizzato, specialmente per quanto riguarda la progettazione anche estetica del Palazzo della Mente, emergono a più riprese alcune sfaccettature non particolarmente rifinite. A livello di animazioni, ad esempio, non manca qualche problematica a volte anche eccessivamente fastidiosa come se gli sviluppatori avessero tralasciato alcuni piccoli particolari. Stesso discorso per quanto riguarda le texture, non sempre del tutto perfette e a tratti ampiamente migliorabili, ma questi piccoli nei fortunatamente non minano quella che è un’opera estremamente profonda e intelligente.

Per quanto concerne invece il gioco in quanto esperienza ludica, Twin Mirror presenta alcuni alti e bassi non sempre trascurabili. Non mancano infatti momenti filler, riempitivi che vanno ad abbassare quel livello di una tensione che dovrebbe sempre essere elevato in un’opera thriller come questa. Nulla di eccessivamente compromettente in ogni caso: dall’inizio alla fine l’avventura di Sam risulterà infatti godibile e appassionante, e se a tratti la narrazione dovesse apparire altalenante è altresì vero che spesso e volentieri il colpo di scena è letteralmente dietro l’angolo. Tirando le somme, nonostante Twin Mirror non rappresenti un “mostro sacro” di questa stagione, vale la pensa di essere giocato. Le emozioni che può dare e la sua particolarità a livello estetico lo rendono infatti un prodotto interessante e adatto a coloro i quali adorano i thriller o i misteri di tipo psicologico. Se cercate un titolo diverso dal normale, ma in grado di catturare la vostra attenzione e di tenervi incollati alla poltrona, allora questo Twin Mirror rappresenta ciò che cercate.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 7,5

Gameplay: 7,5

Longevità: 7

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise




Cybersecurity: le previsioni di Avast per il 2021

È giunto il momento di dare un’occhiata a ciò che riserva il 2021 nel mondo della sicurezza informatica e delle attività online dannose. Guardando al nuovo anno, il team di Avast prevede grandi sviluppi nella sfera digitale, in particolare una presenza significativa di truffe sui vaccini per il Covid-19, attacchi alle reti domestiche, alle infrastrutture e ai provider VPN aziendali, oltre alla persistenza degli attacchi ransomware. Nel 2021, possiamo aspettarci anche un aumento delle campagne deepfake di disinformazione e di altre campagne dannose generate dall’intelligenza artificiale per ottenere maggiore capacità di diffusione. Il team di Avast ha esaminato in modo specifico la piattaforma Android, su cui sono previsti ulteriori attacchi adware, truffe fleeceware e l’utilizzo di stalkerware.

Truffe sui vaccini Covid-19:

Verso l’inizio della pandemia, falsi store legati al Covid-19 hanno iniziato a circolare, promettendo dubbie cure e consigli di sopravvivenza alla pandemia. Ora, con la disponibilità dei vaccini prevista nel 2021, Avast prevede un aumento delle truffe sulle vaccinazioni, presentate agli utenti tramite falsi store e annunci sui social media. Quest’anno, le offerte false sono state una tendenza dannosa che è decollata durante la pandemia Covid-19 e molti degli utenti che hanno acquistato prodotti correlati al coronavirus si sono lamentati di non aver mai ricevuto il materiale dopo l’acquisto. Secondo gli esperti di Avast le persone dovrebbero diffidare delle truffe, in particolare per ciò che concerne le vaccinazioni. Se si vedono offerte di vaccini che circolano su Internet, bisogna tenere presente che la vendita è falsa, poiché i vaccini dovrebbero essere distribuiti solo attraverso fonti ufficiali. Bisogna quindi affidarsi al proprio medico o comunque a fonti ufficiali per informazioni e vaccini sul Covid-19.

Attacchi alle organizzazioni sanitarie e farmaceutiche:

Quest’anno, diverse istituzioni sanitarie negli Stati Uniti, in Europa e in Asia sono state attaccate da ransomware, che hanno sottratto e pubblicato dati. I gruppi di criminalità informatica hanno anche avviato attacchi di spionaggio contro organizzazioni di ricerca clinica e farmaceutica. Nel 2021, gli esperti di intelligence sulle minacce di Avast prevedono ulteriori attacchi di ransomware, esfiltrazione di dati e spionaggio nei settori sanitario e farmaceutico. Poiché molti dipendenti continueranno a lavorare da casa nel 2021, è molto probabile che gli attacchi informatici sull’infrastruttura e sui provider VPN aziendali continuino, con l’obiettivo di infiltrarsi nelle reti aziendali con attacchi mirati progettati per sottrarre informazioni riservate e rubare proprietà intellettuale e clienti.

I deepfake entrano in gioco nelle campagne di disinformazione:

La qualità dei deepfake è notevolmente migliorata negli ultimi anni, ma fino ad ora sono stati utilizzati solo in casi isolati o come prova di concetto. Nei video deepfake, i trucchi di animazione al computer vengono utilizzati per manipolare gesti, espressioni facciali e la voce di una persona reale, come un politico o una celebrità, rendendo difficile per il pubblico distinguere se un’azione o un’affermazione della persona è reale o meno. Secondo gli esperti di Avast i deepfake raggiungeranno probabilmente una qualità il prossimo anno in cui potranno essere utilizzati attivamente nelle campagne di disinformazione. Le teorie del complotto sul coronavirus, come la sua presunta diffusione tramite 5G, potrebbero essere enfatizzate nuovamente tramite video deepfake, ad esempio mostrando erroneamente i politici come cospiratori. La pandemia, il conseguente aumento delle persone che lavorano da casa e una maggiore dipendenza dalla connettività online, nonché la crescente pressione economica, combinata con l’incertezza tra le persone, probabilmente alimenteranno l’efficacia dell’uso dei deepfake per diffondere la disinformazione. Anche se non ci sono ancora prove chiare delle minacce note basate sull’IA che circolano in the wild, Avast ha osservato un’accelerazione nella crescita di minacce nuove ed emergenti. Questa crescita è dovuta all’uso dell’automazione da parte dei criminali in cui l’Intelligenza Artificiale può essere impiegata in una certa misura, probabilmente in combinazione con tecniche più semplici. Campagne dannose, attacchi mirati e minacce avanzate persistenti (APT) generate utilizzando tecniche di intelligenza artificiale sono già praticabili, ma per diventare efficaci, sono necessari set di dati e basi di conoscenza molto estesi e gli esperti di IA di Avast prevedono che saranno sviluppati nel 2021 e oltre.

Adware e stalkerware continueranno a prosperare

Per la maggior parte del 2020, l’adware è stata la principale minaccia Android, rappresentando un terzo del totale. Secondo il team di Avast questa tendenza rimarrà dominante anche per il 2021, insieme ai Fleeceware, una truffa in abbonamento che può essere descritta come una combinazione di adware e app false, è stata una delle novità e degli attacchi più presenti nel 2020, sia su iOS che su Android. Dalle prime campagne di stalkerware durante la prima ondata di pandemia, il numero di questo tipo di attacchi è rimasto elevato per tutto il 2020. Lo stalkerware include app che vengono installate segretamente da una persona vicina alla vittima, come un coniuge geloso, per spiare la persona controllando la sua posizione fisica, i messaggi e registrando le telefonate. Gli esperti di intelligence sulle minacce mobile di Avast si aspettano che questa tendenza continui nel prossimo anno, senza però nuove impennate.

F.P.L.




Call of Duty Black Ops Cold War, il ritorno della guerra fredda

Call of Duty Black Ops Cold War è il nuovo capitolo della saga sparatutto più famosa del mondo. Disponibile su Pc, console di vecchia e nuova generazione, il titolo di Activision si propone come un sequel del primo Black Ops e catapulta i giocatori durante il periodo della guerra fredda.

Cold War rappresenta una doppia sfida per Activision: da una parte il titolo deve necessariamente confermare la qualità della strada inaugurata lo scorso anno, e dall’altra ha l’obbligo di onorare la memoria di una delle migliori parentesi di Call of Duty, quella segnata dai primi due Black Ops.

Per soddisfare appieno le legittime aspettative dei fan, il team di Treyarch ha deciso quindi di riportare i giocatori dove tutto è iniziato, ossia a cavallo di quella cortina di ferro che negli anni ‘80 rappresentava il fronte conteso tra Stati Uniti e Unione Sovietica, due superpotenze impegnate in una guerra fredda apparentemente senza fine.

La nostra analisi parte in primo luogo dalla campagna, vero punto di inizio per ogni giocatore affezionato. La storia, infatti, funge da tutorial per chi non ha mai avuto a che fare con la serie, ma rappresenta anche una sfida da affrontare alla massima difficoltà per i veterani dello shooter di Activision.

La tensione tra le due principali superpotenze mondiali dell’epoca è alle stelle e lo spettro del conflitto nucleare inizia a proiettare la propria ombra sul mondo. A gettare ulteriore benzina sul fuoco ci pensa la ricomparsa di Perseus, una famigerata quanto inafferrabile spia del KGB che aveva avuto un ruolo chiave durante il periodo buio della guerra in Vietnam e che ora, dopo tredici anni di inattività, minaccia di detonare diversi ordigni nucleari in occidente per destabilizzare l’ordine costituito e annientare gran parte del territorio europeo.

Il presidente Reagan in persona mette sulle sue tracce un team di operativi Black Ops della CIA capitanati dall’enigmatico Russell Adler, un veterano della guerra in Vietnam che sembra avere più di un conto in sospeso con lo stesso Perseus.

Quest’ultimo, visibilmente ispirato ai tratti somatici del celebre attore hollywoodiano Robert Redford, è un uomo carismatico e dai modi duri, disposto a valicare i limiti della legge pur di proteggere lo status quo senza disdegnare operazioni dall’altissimo coefficiente di rischio. Al fianco di Adler sono presenti alcuni volti noti della saga di Black Ops come l’agente speciale Jason Hudson, la delegata dell’MI6 Helen Park e il leggendario duo composto dal sergente Frank Woods e da Alex Mason, il visionario protagonista del capostipite della serie oltre ad altri collaboratori che si avvicenderanno nel corso delle missioni. L’approccio scelto da Treyarch e Raven Software per la realizzazione della campagna giocatore singolo si discosta parecchio da quello adottato da Infinity Ward per l’ultimo Modern Warfare (qui la nostra recensione). Il reboot dello scorso anno, infatti, tentava di dare al pubblico una visione plausibile degli orrori della guerra moderna grazie ad un’impostazione quasi documentaristica mentre il nuovo Black Ops assomiglia più ad thriller fantapolitico degli anni ’80, una miscela esplosiva di scontri a fuoco, intrighi e tradimenti che conducono per mano in una corsa a perdifiato verso uno sei tre sconvolgenti finali disponibili.

Se è vero che la campagna di Call of Duty Black Ops Cold War, per la maggior parte della sua durata, ripropone la struttura assolutamente lineare vista in tutti gli episodi precedenti, va detto anche che gli sviluppatori hanno cercato di variegare e diversificare il più possibile le situazioni in cui si verrà coinvolti. Si passa senza soluzione di continuità da violenti scontri a fuoco a sezioni stealth, da azioni di sabotaggio a momenti in cui sarà necessario fare sfoggio delle proprie abilità diplomatiche per tirarsi fuori da circostanze scomode. Insomma, nelle circa 10 ore che serviranno per arrivare ai titoli di coda, ci saranno molteplici colpi di scena, momenti di alta tensione e frangenti in cui i livelli di epicità toccheranno vette altissime.

Si tratta di una campagna single-player dotata di un’atmosfera tesissima, con ritmi dosati alla perfezione e condita dalla solita, eccellente regia cinematografica che abbiamo imparato a conoscere nel corso degli anni. Il giocatore, ad ogni modo, vestirà i panni dell’agente Bell, un personaggio che potrà essere personalizzato nel background e nelle abilità in modo da adattarlo al meglio alle proprie esigenze. Per la prima volta in assoluto si possono selezionare le abilità passive del proprio alter-ego scegliendo tra un livello di salute maggiore, una spiccata resistenza agli esplosivi e tanto altro ancora. La cosa più interessante è che le scelte che verranno fatte all’inizio dell’avventura avranno ripercussioni sull’intero svolgimento della campagna grazie ad un sistema di scelte morali che rappresenta una novità assoluta per la serie bellica di Activision.

In alcuni momenti della storia, infatti, si verrà chiamati a cimentarsi con dialoghi a scelta multipla che possono tradursi in conseguenze anche piuttosto pesanti per la trama: un tocco che abbiamo decisamente apprezzato e che incrementa molto il fattore rigiocabilità di Cold War. Insomma, la campagna è davvero interessante. Come dicevano qualche riga più in alto, pero, la storia è solo un piccolo antipasto del pacchetto in dotazione a qualsiasi Call of Duty che si rispetti: la portata principale è sempre comparto multigiocatore competitivo che, anche questa volta, appare contenutisticamente ricchissimo e diverso da quanto visto lo scorso anno con MW.

Nella composizione dell’offerta multigiocatore di Cold War, gli sviluppatori di Treyarch hanno perseguito un obiettivo doppio, ossia: rispettare il nuovo standard d’eccellenza fissato con Modern Warfare e restituire agli amanti di Black Ops il feeling tipico della serie. In questo senso, la prima, grande differenza rispetto all’ultimo Call of Duty è rappresentata da un “time-to-kill” nettamente superiore rispetto a quello della precedente iterazione della saga, ma comunque al di sotto del generosissimo TTK di Black Ops 4.

La misura scelta da Treyarch garantisce ai giocatori un buon margine di manovra per le proprie ritorsioni balistiche, mentre il ritorno della barra della vita, opzionale ovviamente, offre la sensazione di avere un maggiore controllo sull’esito di ogni sparatoria. Nell’ottica di preservare il carattere originale del gameplay, preferibilmente nella sua declinazione “run and gun”, il team ha anche deciso di rimuovere la possibilità di sfruttare le superfici come punto d’appoggio per le armi, in modo da scoraggiare il “camping” selvaggio.

Sulle stesse note, torna anche lo sprint infinito: una scelta che non metterà tutti d’accordo, ma che a nostro avviso si sposa perfettamente con il dinamismo che caratterizza il comparto multiplayer di Cold War. Tutti questi elementi contribuiscono a definire un’esperienza tanto familiare quanto appagante, sostenuta da un gunplay solido, reattivo e credibile, e da un map design di ottima fattura. Il pacchetto di lancio include dieci mappe che ci porteranno a imbracciare le armi in un buon numero di scenari differenti, dal lungomare di Miami alle distese innevate di un resort sciistico in pieno territorio sovietico.

Le peculiarità di alcune location, come la splendida Armada (ambientata su due incrociatori che hanno bloccato una nave che trasporta un hovercraft), impongono tempi d’adattamento un po’ più lunghi rispetto ai canoni della serie, ma la gestione di corsie, traiettorie e spazi aperti appare intelligente e ben congegnata. Come nel caso di Modern Warfare, la struttura delle mappe tende a promuovere una notevole diversificazione delle strategie d’ingaggio.

La varietà dei campi di battaglia conduce poi a una moltiplicazione delle possibilità d’approccio in seno al gameplay, che nel caso delle modalità più tattiche può offrire fertile per la messa in atto di piani particolarmente elaborati, tra diversivi e attacchi a tenaglia. È questo il caso di Scorta VIP, una nuova modalità sei contro sei che richiede a uno dei team di portare in salvo, presso uno dei due punti di estrazione, una risorsa chiave, che la squadra avversaria dovrà abbattere a tutti i costi. Per aggiudicarsi ogni turno sarà quindi necessario completare l’obiettivo o, in alternativa, eliminare tutti i membri dello schieramento nemico.

Tra le aggiunte multiplayer di questo Call of Duty Black Ops Cold War figurano anche Squadre d’Assalto: Bomba Sporca e Armi Combinate, entrambe ambientate su mappe di dimensioni piuttosto generose. La prima coinvolge 40 giocatori suddivisi in team da quattro, che per conquistare la vittoria dovranno uccidere nemici, raccogliere scorte d’uranio e infine detonare diversi “ordigni sporchi” distribuiti in giro per gli scenari, cercando di coordinarsi al meglio per arginare la concorrenza e bilanciare i malus innescati dal trasporto del materiale radioattivo, che blocca i potenziamenti da campo e la rigenerazione della vita, e riduce la velocità di movimento e la salute dei soldati. Armi Combinate è invece una modalità che sfida due squadre da dodici giocatori a contendersi una zona neutrale al centro della mappa, per poi procedere alla cattura della base nemica e aggiudicarsi il match. Come nel caso di Ground War, si tratta di un tentativo di adattare alle logiche di Call of Duty alcune delle dinamiche tipiche di Battlefield, purtroppo con risultati altalenanti.

Per quanto l’equilibrio degli scontri sia generalmente migliore rispetto a quello di Guerra Terrestre, l’impiego dei veicoli e la dispersività delle mappe non si sposa particolarmente bene con i ritmi e le caratteristiche di COD, che sembra così allontanarsi fin troppo dalla sua dimensione ideale. Armi Combinate acuisce peraltro quello che, almeno per il momento, sembra essere il principale difetto di Cold War sul fronte del bilanciamento: i colpi dei cecchini sono ancora una sentenza di morte senza appello, e ci auguriamo che il loro strapotere venga presto ridimensionato.

Al netto di queste incertezze, l’offerta multiplayer del nuovo Black Ops Cold War si conferma solida e appagante, sostenuta da una raccolta di modalità classiche che non mancheranno di soddisfare gli appassionati dello shooter di Activision. Ultima nota, le famose serie di uccisioni sono state sostituite dalle serie di punti, quindi per chiamare un mezzo di supporto, un radar o una cannoniera non sarà più necessario uccidere in serie senza morire. Ogni uccisione garantirà un punteggio, tale punteggio verrà moltiplicato uccidendo in serie, ma non sarà necessario ottenere la cifra richiesta in una sola vita, anche morendo più volte, infatti, si potrà chiamare l’aiuto selezionato nel menù prima di lanciare la partita.

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Un vero Call of Duty di Treyarch, però, non sarebbe tale senza un’appropriata sezione dedicata agli Zombie e Black Ops Cold War non fa certo eccezione. La nuova esperienza di questa modalità si chiama “Die Maschine” e possiamo assicurare che i suoi truculenti non morti, che come da copione imperversano ondata dopo ondata, renderanno ardua la sopravvivenza anche ai giocatori più esperti. Nessuna rivoluzione ha stravolto l’esperienza alla base della modalità Zombi, semmai si registrano tanti miglioramenti che ora la rendono fruibile anche ai novelli.

Di aggiunte ce ne sono diverse comunque a prescindere dal ritorno a un’impostazione più classica, anche sul versante delle minacce che ora vedono tra le loro fila creature radioattive da cui tenersi a debita distanza, come la possibilità di chiamare un elicottero di estrazione e abbandonare l’area di gioco o nuovi equipaggiamenti che aiutano nella lotta contro i non morti. I distributori di bevande sparsi in Die Maschine vanno sfruttati per migliorare caratteristiche come stamina e punti salute. In Cold War la modalità Zombi si è inoltre arricchita di una pratica mini mappa che segnala i punti di interesse, oltre a quella dei compagni di squadra e dei non morti. Un po’ come avviene con la campagna e il comparto PvP, anche Zombi è un mix di omaggi a vecchi capitoli della serie e trovate inedite. Quest’ultime vedono, ad esempio, l’aggiunta di potenziamenti da campo come spray criogeni in grado di congelare i nemici o torrette automatiche da piazzare per allentare la pressione dei nazi-zombi che accorreranno numerosi a ogni ondata.

Il tatticismo e la coordinazione rimangono fondamentali per non soccombere, perché a questo giro si percepisce maggiormente un’atmosfera più lugubre. Ma poi vengono ristabilite le connessioni con il passato ed ecco spuntare i celebri distributori di bevande per migliorare le abilità del proprio personaggio, o le salvifiche casse misteriosi che ci premiano con armi come la tanto amata Ray Gun. Vecchio e nuovo coesistono così all’interno di una struttura ora più legata all’esplorazione di uno scenario ricco di segreti da svelare, dove al tempo stesso bisogna fare i conti con la necessità di evitare di diventare cibo per creature ambulanti o segugi infernali che non vedono l’ora di farci a pezzi. Tra un easter egg e l’altro non mancano modalità di svago alternative dove il minimo comune denominatore è sempre quello, ovvero massacrare zombi senza fare troppi complimenti. Carneficina permette a una coppia di giocatori di respingere l’armata di non morti negli scenari multiplayer, dove la particolarità consiste nel posizionarsi accanto a un nucleo di energia in continuo movimento. E se i vari cabinati (giocabili) sparsi nelle missioni della campagna omaggiano la storia videoludica passata di Activision, la presenza di Dead Ops Arcade 3: Rise of Mamaback punta dritto al cuore agli amanti della saga Black Ops. Questo twin stick shooter è infatti un palliativo per quattro giocatori anche abbastanza impegnativo, perfetto per essere giocato con un gruppo di amici. Le armi utilizzate in Zombie sono ovviamente le stesse del multiplayer, ma è bene sottolineare che le classi sono indipendenti a seconda della modalità e che il livellamento delle bocche di fuoco è comune a entrambe le tipologie di gioco. Le mimetiche invece sono indipendenti a seconda se si gioca a zombie o al multigiocatore.

Per quello che concerne il comparto tecnico, Call of Duty Black Ops Cold War eredita buona parte dei tratti vincenti dell’ultima versione dell’IW Engine, a partire da un’ottima gestione delle fonti di luce, che permette al sistema di illuminazione di esaltare la forza della messa in scena, specialmente durante la campagna. L’abbondanza di riflessi e dettagli amplifica l’impatto di ogni sequenza di gioco, contribuendo al coinvolgimento sensoriale dei giocatori, complice un level design che, al netto di qualche piccola caduta di stile, rende l’esperienza ancor più vivida e trascinante. Anche la modellazione poligonale si dimostra perfettamente in grado di valorizzare le performance attoriali dei protagonisti digitali, sebbene la resa complessiva del comparto grafico risulti meno convincente rispetto a quella di Modern Warfare. Non si tratta di un divario netto, sia chiaro, ma la pulizia generale dell’immagine sembra collocarsi al di sotto del livello fissato dal titolo di Infinity Ward. Un ambito in cui il titolo non mostra alcuna differenza rispetto a MW è quello dell’intelligenza artificiale, che come sempre rende i nemici dei semplici bersagli mobili pronti a ricevere una buona dose di piombo.

Ottimo invece il comparto sonoro, sia per quel che riguarda l’effettistica che per quanto concerne il doppiaggio italiano, capace di dare pieno supporto alla caratterizzazione narrativa dei personaggi. Eccellente anche l’accompagnamento musicale, che offre un ricco banchetto delle sonorità synth pop tipiche degli anni ‘80. In ultima battuta, non si può fare a meno di spendere qualche parola sulla rotta scelta da Activision per il supporto post lancio di Cold War: tutti i contenuti aggiuntivi, compresi quelli dedicati alla modalità Zombie, saranno infatti distribuiti gratuitamente, in linea con il percorso intrapreso con l’ultimo capitolo della serie.

Ogni modalità sarà inoltre giocabile in cross play con gli utenti delle altre piattaforme, comprese quelle next-gen. Entro la fine dell’anno, con l’esordio del Seasonal Prestige di Warzone, arriverà anche l’unificazione dei sistemi di progressione legati Battle Pass, che permetterà ai giocatori di accumulare livelli giocando a tutti i recenti titoli della famiglia Call of Duty. Tirando le somme, questo Call of Duty Black Ops Cold War si presenta al pubblico come un titolo ricco di cose da fare e assolutamente in grado di intrattenere. Ovviamente non ci si trova dinanzi un gioco perfetto e qualche fastidioso bug affligge ancora la produzione di Treyarch. Niente che una patch non possa risolvere, ma comunque e in generale il titolo è assolutamente uno fra i migliori degli ultimi anni. L’aggiunta di contenuti gratuiti e l’integrazione con Warzone poi rappresentano un ottimo stimolo per aumentare la longevità di gioco per tutto il corso dell’anno. In soldoni: se vi piace Call of Duty, questo non vi deluderà, ma anzi, vi regalerà ore ed ore di divertimento.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Sonoro: 9

Gameplay: 9

Longevità: 9,5

VOTO FINALE: 9,5

Francesco Pellegrino Lise




Twitch piace sempre di più agli italiani

Twitch cresce, e questo è un chiaro segnale che le dirette streaming dei videogames piacciono anche agli italiani. A conferma di quanto detto c’è il fatto che le visualizzazioni su Twitch dallo “Stivale” segnano un forte aumento nel corso del 2020.

La piattaforma è stata lanciata nel 2011, tre anni dopo comprato da Amazon per 970 milioni di dollari. “In Italia la crescita si è avuta quest’anno durante il lockdown – ha spiegato Vincenzo Cosenza, esperto di social media – al momento, secondo alcuni dati a mia disposizione stimo che siano circa 4 milioni gli italiani che si affacciano su Twitch ogni mese.

Sono soprattutto uomini (67%) e studenti (24%), interessati alla tecnologia, alla scienza e alla musica”. Oggi Twitch nel mondo ha una media giornaliera di 26,5 milioni di visitatori, 2 milioni di visualizzatori medi in qualsiasi momento e oltre 6 milioni di streamer ogni mese, per un totale di 600 milioni di minuti visti nel 2019.

Negli Stati Uniti, dove ormai ha raggiunto la maturità, più di metà degli utenti ha un’età compresa tra i 18 e i 34 anni e il 14% ha meno di 18 anni. Twitch è una specie di YouTube dedicato però solo ed esclusivamente ai videogiochi, ma chi ha un canale non carica video registrati in precedenza, bensì trasmette in diretta.

Inoltre una chat apposita fa parlare la community di spettatori che si aggrega attorno ad un canale. “Mi ricorda molto il tipo di aggregazione che avveniva nei bar degli anni Ottanta – sottolinea Cosenza – quando si formavano i capannelli attorno al campione di turno, ricurvo sul joystick di Scramble o Wonder Boy”. Ma purtroppo, avverte l’esperto, “delle sale giochi di un tempo, il social di Amazon, conserva anche quella sensazione di essere in una zona franca, destinata a pochi iniziati, dove tutto è permesso. Non è difficile imbattersi in giocatori che bestemmiano o si lanciano in dichiarazioni razziste e sessiste. Solo di recente l’azienda ha iniziato a vigilare con più costanza, anche per evitare che gli inserzionisti scappino”. In ogni caso, è compito della community rendere questi ambienti un posto migliore per tutti.

F.P.L.