Anguillara Sabazia, altro ricorso al Tar contro l’amministrazione Anselmo: sul caso requisizione loculi dov’è l’opposizione?

ANGUILLARA SABAZIA (RM) – L’enigmatico abbandono dei lavori di ampliamento del cimitero comunale e “l’ambigua emergenza” dei loculi dichiarata dall’amministrazione comunale di Anguillara Sabazia guidata dalla sindaca Sabrina Anselmo vede coinvolte diverse persone che stanno assistendo alla requisizione – dichiarata temporanea fino a fine emergenza – dei propri loculi. Un fine emergenza però di cui non si riesce a intravedere uno spiraglio di luce. Una scelta, quella degli amministratori comunali che sta suscitando non pochi malumori sui vari concessionari dei loculi che si sentono offesi a seguito dell’atto d’imperio da parte dell’Ente locale.

Dopo l’uscita del nostro articolo – Anguillara, “Nerona”: occupate le tombe private dei cittadini. E’ così che si risolve l’emergenza – pubblicato su questo quotidiano lo scorso 4 ottobre abbiamo raccolto delle testimonianze commoventi e tristi da raccontare. E rispettando la riservatezza dei protagonisti, serbiamo rispettoso silenzio.

Un’iniziativa, quella messa in campo dall’amministrazione comunale dell’era Anselmo, che fino ad oggi non ha visto una fattiva volontà di adottare tutti gli strumenti ed i meccanismi utili per far cessare l’emergenza camposanto, quindi poter tornare alla normalità.

Un’iniziativa che presenta due aspetti: uno legale e l’altro umano che a sua volta avrà dei risvolti politici

Per quanto riguarda l’aspetto legale del provvedimento è pendente a Tribunale Regionale del Lazio un ricorso per chiedere l’annullamento della Deliberazione n. 30 del 22/02/2018 Giunta comunale comune di Anguillara Sabazia con la quale è stata disposta la requisizione temporanea di loculi cimiteriali assegnati ma non ancora utilizzati e dell’Ordinanza Dirigenziale n. 117/2018 con cui è stata predisposta la requisizione di una prima tranche di loculi nonché dell’Ordinanza Dirigenziale di requisizione temporanea dei loculi cimiteriali ad integrazione e sostituzione dell’Ordinanza n. 117/2018 del 31/10/2018 (Registro Generale n.136).
Il Giudice amministrativo ha fissato l’udienza per la trattazione dell’argomento al prossimo 22 novembre e qualora dovesse annullare il provvedimento comunale ci si troverebbe di fronte all’ennesimo flop da parte di questa Giunta.

Per quanto riguarda l’aspetto umano non si può non trascurare l’impatto devastante prodotto da questo provvedimento nei concessionari dei loculi che per la maggior parte sono persone di una certa età.
Racconta una signora, di cui non faremo il nome, che ha avuto la disgrazia di perdere un suo carissimo parente e che per mancanza di loculi il caro estinto si è visto parcheggiare in deposito. Un primo impatto negativo per i parenti. Risulta infatti triste e straziante pensare a un proprio caro che non trova la sua dimora definitiva per il riposo eterno. E immaginare che dopo un certo periodo di tempo il caro estinto “viene traslocato” in un loculo di un concessionario privato, fino a quel momento inutilizzato. A questo punto si riapre la ferita per i parenti che devono assistere nuovamente al macabro rito del caro estinto portato in giro per il cimitero.

“Secondo l’amministrazione comunale, – ci dice la signora – se il legittimo concessionario domani avesse bisogno di occupare quel loculo, il mio caro verrebbe nuovamente disturbato nel sonno eterno e trasferito in un altro loculo di qualche altro concessionario privato che non intende utilizzarlo per il momento. Ma per assurdo, prosegue commossa la signora, se quest’ultimo privato concessionario dovesse cambiare idea passando a miglior vita, il mio carissimo dovrebbe nuovamente raccogliere le sue ossa e trasferirsi altrove e poi ancora e ancora il caro defunto a spasso per il giardino degli alberi pizzuti. Vergogna! E si vergognino tutti quelli che non si vergognano!”

Non è una barzelletta, questo è il progetto studiato ad arte dall’amministrazione Anselmo

Gridare al fuoco, al fuoco e nessuno si muove, non si attiva per spegnerlo!
Il progetto per l’ampliamento del cimitero c’è, approvato con la delibera di giunta n. 114 del 04.08.2017 approvazione di fattibilità tecnica ed economica per realizzare i lavori d’ampliamento del cimitero comunale e annesso parcheggio. Le somme sono a disposizione dell’amministrazione! Manca solo la buona volontà. Chiedere rispetto per i vivi all’amministrazione Anselmo è lesa maestà? Chiedere rispetto per i morti è “atto osceno”? Vergogna, lesa maestà e atto osceno non bastano per fare uscire l’opposizione dal letargo su questo argomento?

Torneremo presto sull’argomento, confidando che nel frattempo qualcuno si sia svegliato dal torpore.
.




Anguillara, “Nerona”: occupate le tombe private dei cittadini. E’ così che si risolve l’emergenza

ANGUILLARA SABAZIA (RM) – A volte trattare argomenti scabrosi non è facile. Spesso l’uso di una figura retorica riesce più efficace di un intero discorso. Riprendiamo quindi uno dei temi scottanti per Anguillara Sabazia, cioè l’enigmatico abbandono dei lavori di ampliamento del cimitero comunale e “l’ambigua emergenza” dei loculi dichiarata dall’amministrazione guidata dalla sindaca Sabrina Anselmo.

Il parallelo storico: Nerone

Era la notte tra il 18 e il 19 luglio del 64 d.C quando scoppiò il grande incendio di Roma che colpì la zona del Circo Massimo infuriando per nove giorni. Tacito, nei suoi Annali, al XV,38.7 racconta che allora si diffuse una voce secondo la quale l’imperatore Nerone si mise a cantare della caduta di Troia, davanti all’infuriare dell’incendio visibile dal suo palazzo. Nerone, sempre secondo gli storici, è considerato uno dei più crudeli tiranni della storia, sanguinario ai limiti della follia, ossessionato dalla paura di essere ucciso dai suoi nemici, amante dei festeggiamenti sfrenati e delle belle donne, accusato di essere stato lui ad incendiare l’Urbe. Raccontano altresì gli storici che :”Questo incendio suscitò maggiore indignazione perché Nerone si proponesse di acquistare gloria edificando una nuova città e chiamandola con il suo nome.” In breve l’immagine che ci viene trasmessa è quella di un Nerone che davanti all’emergenza “incendio dell’Urbe” non trova altro da fare che cantare della caduta di Troia.

La sindaca di Anguillara Sabazia

In nessun modo si intende paragonare la Anselmo a Nerone. Fra i due ne corre, anche perché, a parere di chi scrive, la signora non ha la statura dell’imperatrice, è una comune mortale e al di fuori del suo cerchio a palazzo Orsini, rimane sconosciuta ai più. Invece Nerone, anche per la sua pessima fama, è passato alla storia. La Anselmo non corre certo questo rischio. Un confronto tra i due si può fare immaginando Nerone che canta di fronte all’incendio di Roma e la Anselmo di fronte all’emergenza “tombe”, ad Anguillara Sabazia, che si acutizza ogni giorno di più mentre la signora non reagisce ritirandosi in solitudine al 4° piano di palazzo Orsini.

Una sindaca che sembra pensare che la gente ad Anguillara Sabazia stia smettendo di morire

Lei dice che i loculi a disposizione sono esauriti e ciò nonostante non si attiva per risolvere il problema. A questo punto, in stile neroniano, va sul profilo facebook Istituzionale e “cantando le lodi amministrative” si auto assolve, auto promuove e fa, come nel caso del grande flop dei container scolastici, un capolavoro dicendo: ”L’amministrazione, che ha lavorato a fianco della ditta anche di notte insieme ai tecnici comunali che ringraziamo per la grande disponibilità, per far aprire la scuola ieri 23 settembre dopo averla costruita da zero nel tempo record di soli 21 giorni. Come detto le problematiche si potevano risolvere facilmente ed avremmo potuto evitare la perdita di un altro giorno di scuola per far piacere ai maestranti della politica che oggi inneggiano alla sicurezza ma che ieri erano totalmente assenti”.

Nerone si proponeva di acquistare gloria edificando una nuova città chiamandola con il suo nome

Non sarà forse che l’Anselmo si stia proponendo di acquistare gloria edificando una nuova “baraccopoli scolastica” chiamandola con il suo nome? Non ci si meraviglierebbe! Non si intende affrontare in questa sede quest’altra questione che sta affliggendo Anguillara Sabazia. Si cita il passaggio unicamente per rimarcare che in quest’occasione la signora dimostra uno strano impegno fuori del normale, dichiarandosi fiera d’aver costruito una scuola da zero nel tempo record di soli 21 giorni recriminando il fatto che si poteva evitare la perdita di un altro giorno di scuola. Che brava! Va benissimo! Dieci e lode per la recitazione!

Solamente c’è un ma. Questa eccessiva precisione non le si addice, non è da lei. Per rinfrescarle la memoria, si riporta alla sindaca, quanto postava il 10 agosto del 2017, sul suo profilo istituzionale facebook: “Annuncio che la Giunta con delibera n. 114 approvò il progetto di fattibilità tecnica ed economica per realizzare i lavori di ampliamento del cimitero cittadino e l’amministrazione aveva ritenuto urgente e improcrastinabile questo intervento di oggi con lo scopo di poter offrire un servizio cimiteriale più efficiente ai nostri cittadini.”

Preme sottolineare “Ritenuto urgente ed improcrastinabile” dichiarazione non di oggi ma di due anni fa e cioè del 10.08.2017. E poco tempo dopo: “Con la delibera n. 30 del 22-02-2018, preso atto che si rendeva necessario provvedere con estrema urgenza (ritorna l’emergenza) alla realizzazione di nuovi blocchi di loculi per far fronte alle tumulazioni di salme future; vista la deliberazione n. 114 del 4/8/2017 con la quale la Giunta comunale ha approvato il progetto per l’ampliamento del Cimitero comunale con annesso parcheggio bla bla bla….” (A questo punto non si può non prendere atto dell’inettitudine dilagante) “Ritenuto pertanto necessario ed urgente requisire temporaneamente i loculi già assegnati ma non ancora utilizzati”

Fu deciso che in via preliminare sarebbero stati requisiti, temporaneamente, un loculo a tutti gli utenti che ne avessero avuto in concessione più di uno; “dando atto che appena ultimata la costruzione dei nuovi loculi si procederà alle relative restituzioni dei loculi requisiti ai legittimi assegnatari”. Un finale, quest’ultimo, che lascia pensare ad una presa in giro, a una beffa nei confronti dei cittadini. Se i lavori dei nuovi loculi non iniziano mai, la loro costruzione non potrà essere mai ultimata.

Alla beffa anche il danno

Rimandando ulteriori considerazioni e promettendo di approfondire ulteriormente l’argomento in successive uscite, si cita infine dagli atti ufficiali dell’Amministrazione: “Preso atto, il progetto… (omissis) ..prevede la realizzazione su due piani di n.768 loculi… (omissis)… per un costo complessivo di euro 1.431.000,00….(omissis)….. SOMME A DISPOSIZIONE DELL’ AMMINISTRAZIONE.”

Quattro domande che esigono risposta, la cittadinanza merita rispetto

1) – Che fine hanno fatto le somme a disposizione dell’amministrazione per questo progetto?
2) – Anziché dare il via al progetto la Giunta ANSELMO procede con l’occupazione dei loculi dei privati
3) – Constatato che non è intenzione della Giunta Anselmo onorare la delibera n.30, perché non acquistare con quelle somme a disposizione, deliberate per la realizzazione di nuovi loculi? Loculi in vendita ce ne sono!
Se c’è chi compra, ci dovrebbe essere qualcuno che vende.

Per l’opposizione

4) – Come si spiega il silenzio tombale dell’opposizione?

Sono domande che meritano un chiarimento è ciò che cercheremo di fare nelle prossime uscite. Tutto il resto, citando Califano, è noia!




Montecitorio all’ombra delle procure

Si parla di burocrazia, di macchina farraginosa dello Stato, di lentezza della giustizia e di una classe politica distratta dai propri privilegi e a tal punto scollata dal sentire del Paese. La gente per strada non parla d’altro. A cosa vale avere la “Costituzione più bella del mondo” se poi si lascia in mano a degli improvvisati che, c’è da scommettere, molti di loro non l’hanno mai letta tutta da cima in fondo?

Un groviglio di Stato, Regioni, Province e Comuni con annessi tanti conflitti d’interesse

Istituzioni zavorra ai piedi della cittadinanza, un intero apparato ormai genuflesso all’ombra delle procure. Il 27 agosto scorso, Antonio Tajani, vicepresidente di Forza Italia, intervistato da La7 sulla vicenda “Diciotti” aveva rilasciato la seguente dichiarazione: “Non si può processare una linea politica, alla fine Salvini sarà prosciolto dal tribunale dei ministri e diventa solo uno scontro propagandistico che non risolve il problema vero, né quello dell’immigrazione né quello della separazione dei poteri”, aggiungendo poi, “La vicenda pone con forza il problema della riforma della giustizia; non possiamo più perdere tempo.” La dichiarazione di Tajani racchiude in sintesi le anomalie che rallentano la giustizia, screditano l’autorevolezza di Montecitorio e rendono il paese ingovernabile.

“Le leggi vanno applicate e non interpretate”

Commentando a Ofcs report, la decisione del gip di Agrigento che aveva rilasciato il capitano della Sea Watch, Carola Rackete, il delegato Cocer Carabinieri, Antonio Tarallo, ha detto : “Quanto accaduto con la Sea Watch dimostra quanto sia difficile per le forze dell’ordine far rispettare le leggi dello Stato Italiano e quanto sia sempre più ampia la distanza tra chi opera e chi giudica. Le leggi vanno applicate e non interpretate, altrimenti il caos ci travolgerà e noi poveri uomini in uniforme saremo sempre più vittime della delinquenza”.

Oramai è una cosa risaputa, cioè la pessima qualità dei provvedimenti legislativi, mancano di chiarezza e il più delle volte sono di difficile applicazione e oserei dire interpretazione. Il legislatore così abdica ai suoi doveri a favore del potere giudiziale e smarrisce il comune sentire del popolo italiano.

Separazione di poteri

E’ il gatto che si morde la coda. Come si può parlare di separazione di poteri quando Montecitorio è invaso da ex pm ed ex giudici e peggio ancora giudici in aspettativa? Parla bene Tajani. Ci vuole una “vera” riforma della giustizia. Ci si domanda, però, a chi affidarla? Chiedere all’oste se il vino è buono non è MAI una buona idea e così non è altrettanto buono chiedere ai giudici se la riforma della giustizia sia buona. Per fortuna in Italia ci sono tanti professori del diritto, famosi costituzionalisti, stimatissimi giuristi, perché non si affida a loro?

Il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone, a gennaio 2018, auspicava la creazione di una commissione per il disboscamento normativo per alleggerire quella superproduzione di leggi, spesso mal fatte e in contraddizione tra di loro, riducendo l’efficienza amministrativa e rendendosi, in parte, causa della corruzione.

Il sistema italiano si regge sul potere legislativo, che dovrebbe essere campo esclusivo del parlamento, il potere esecutivo, prerogativa del governo e il potere giudiziario, regno indiscusso della magistratura.

I poteri del sistema politico nascono per essere indipendenti l’uno dall’altro. In effetti, però, questa indipendenza ed autonomia l’hanno persa. Da quando, sia per leggi cattive, sia per la troppa discrezionalità concessa ai giudici, sia per gli interventi della Corte costituzionale e persino per le tante contestazioni da parte della magistratura ordinaria, Montecitorio soventemente si vede smontare quanto viene legiferato in nome del popolo italiano. Caso classico dell’inadempienza del Parlamento è il caso odierno che getta onta e vergogna su tutta la classe politica. Alla Corte Costituzionale viene chiesto di supplire a quanto non è stato capace di fare in sei anni Montecitorio. La Consulta decide sul fine vita al posto di un parlamento inetto e indeciso.

Viene naturale addebitare a quanto sopra la causa di questo sfilacciamento del sistema che sta rendendo la rappresentanza parlamentare sempre più somigliante a qualcosa di virtuale, vuota da qualsiasi valore. La gente è smarrita e male informata. Si abbevera alle reti tv per colmare la loro curiosità di sapere. L’informazione è monopolio del quarto potere, sistema che cresce e vegeta succhiando linfa dai tre poteri istituzionali.
Ogni telegiornale ha la sua bandiera, il suo colore, i suoi condimenti e quindi la stessa notizia viene “cucinata ” e guarnita con gli ingredienti che passa il maitre della testata.

Per un attimo e solo per un attimo si crede di avere capito tutto ma poi quando si spegne l’apparecchio, come succede a Montecitorio, sul paese torna il buio, l’ombra del dubbio, s’attorcigliano le idee e si smarriscono i pensieri.




Conte taglia la destra e fa dispetto agli italiani

Il fallimento del governo giallo-verde e quanto è successo di seguito è in linea con la storia della Repubblica.

Di fatti, ad eccezione dei due governi presieduti da Romano Prodi, quello caduto nel 1998 e quello nel 2008, vennero ambedue sfiduciati sia alla Camera che al Senato, tutti gli altri, compreso quest’ultimo, sono stati l’esito di una crisi extraparlamentare.
L’attuale crisi giallo-verde è stata causata da ragioni politiche all’interno della maggioranza che sosteneva il governo. Le ragioni che sono state fornite a giustificazione parlavano dell’impossibilità di far approvare dei provvedimenti ritenuti improrogabili, traendone poi le conseguenze politiche e ritirando la fiducia al proprio presidente.
La crisi era extraparlamentare e da quell’istante in poi è subentrato il Presidente della Repubblica che avvalendosi della sua prerogativa, ha messo in moto il circuito democratico. Una matassa intricata da sbrogliare per mano dello stesso Presidente Mattarella.
Il 5 aprile 1960, in corso ad una polemica con il presidente del Senato, Mezzegora, l’allora presidente della Repubblica Giovanni Gronchi si avvalse delle sue prerogative facendo valere la sua interpretazione..

In quel caso si dovette redimere tra “crisi parlamentare” e crisi
extraparlamentare” e deliberare di conseguenza.
Oggi, quasi sessanta anni dopo, un altro presidente della Repubblica è venuto chiamato a decidere se sciogliere il parlamento e concedere nuove elezioni come la grande maggioranza del paese chiedeva, oppure fare quello che ha fatto, e cioè , dare l’incarico per la formazione di un
nuovo governo.
Il Colle ha nominato il presidente del Consiglio dei Ministri del governo uscente con l’incarico di trovare una maggioranza differente da quella sostenuta dal governo sfiduciato.
A questo punto le scelte sono ritornate in mano a Conte, presidente del governo uscente a dirigere i giochi.
Davanti a Conte si è presentata una prateria da esplorare, scelte da sondare, valutare e ponderare.
Davanti all’esploratore si è aperta una piazza affollata da: Movimento Cinque Stelle – Lega di Salvini – Partito Democratico – Forza Italia – Fratelli d’Italia – LEU – Piu’Europa e poi le liste ed i gruppi degli autonomi, degli
ambientalisti, dei verdi, degli ecologisti – pro Italia, pro Europa, gialli, verdi, rossi e di tutto e di più. Per una lettura più facile, davanti a Conte si sono aperti due percorsi, uno a destra e l’altro a sinistra.

I padri spirituali dell’avvocato del popolo, da Bruxelle, Strasburgo e non solo, hanno sorretto la sua coscienza, benedicendo e spingendo le sue decisioni.
Qui torna in mente la scena di Ulisse mentre navigava davanti ai pericolosissimi scogli delle sirene.
All’equipaggio fece mettere della cera nelle orecchie per non cadere vittime dell’incantesimo e lui si fece legare all’albero della nave.

Narra Omero nell’Odissea che le sirene ammaliavano i naviganti con il loro canto per poi divorarli.
Ahinoi Conte non si è fatto legare e soffocando la sua “coerenza” non ha messo cera nelle orecchie del suo equipaggio, nonostante ciò nessuno a sentito la voce alta e sonante che si sollevava dalle piazze. Chiuso nel palazzo con l’orecchio rivolto verso le sirene che ammaliavano da
oltre i confini, finalmente aveva deciso.
Non si trattava più di piani programmatici, di cambiamento, di svolta. Una ed una sola l’aspirazione: salvare l’Italia dal “salvinismo”.
Errore grave, il “salvinismo” non è una persona, è una sollevazione emergenziale da analizzare, capire e seguire.
Cosi decidendo Conti ha tagliato la destra per fare dispetto agli italiani
Quella decisione è stata “la resurrezione” per tanti partitini che ormai stavano andando in decomposizione.

E’ l’ennesima prova dello stato comatoso della democrazia.
Una signora ha chiesto : Ormai cosa ne faccio della scheda elettorale?
La tenga da conto, signora. Non si sa mai perché come la
moneta da 2 euro la scheda elettorale sta diventando una
scheda rara, la tenga, un giorno varrà una fortuna.

Emanuel Galea




Governo Pd5: aggiungi un’altra poltrona che c’e’ un sottosegretario in piu’

Aggiungi un’altra poltrona che c’e’ un sottosegretario in piu’ o anche aggiungi un altro sottosegretario perché c’è una poltrona in più. Tutto dipende dal punto di vista di chi guarda, ma l’oggetto è sempre “quello”, la spartizione delle poltrone.

Finalmente la faida per l’appropriazione delle poltrone si è sedata e la squadra del Governo Conte 2.0, sembra finalmente, avere trovato la pace. I viceministri sono stati collocati proporzionalmente, 4 al PD e 6 al M5S. Le ghiotte poltrone dei sottosegretari sono state condivise “in buona armonia” tra i commensali del gran banchetto luculliano a Montecitorio. Agli invitati M5S è andato il boccone del prete, cioè 21 postazioni; al PD sono state riservate 18 poltrone; a LEU per gratitudine sono state servite 2 portate ed 1 poltrona è stata regalata come obolo al Movimento Associativo Italiani all’Estero. Lo so, di quest’ultimo nessuno ne conosceva l’esistenza. Così è, ma a Conte 2.0 faceva comodo.

A questo punto l’Italiano ignaro tira un sospiro di sollievo e va a dormire tranquillo, pensando che ormai l’Italia si trova in mani sicure, il cambiamento avviato, la svolta pure e la barca va. Ma le cose stanno proprio così? Non pare proprio. Ci vuole un grande senso di realismo per crederlo. Nel caso del governo Conte 2.0 i due movimenti girano su rotatori opposti. Attualmente stanno al semaforo. Si guardano in faccia. Si studiano e sono attenti a non sovrastarsi a vicenda. Davanti a loro una corsa ad ostacoli e lungo il percorso della maratona, sui bordi del sentiero, li attende una folla oceanica, che non sta lì per applaudirli, al contrario per rinfacciargli il volta faccia, e piccoli e grandi, anziani e non solo gridano il loro dissenso.

Se il buongiorno si vede dal mattino, l’infuocata querelle fra i due “colori” per la spartizione dei sottosegretari e dei viceministri non lascia alcun dubbio. E’ stato peggio del concorso per la selezione dei Navigator quando a Roma si sono presentati 100 mila candidati. Per le poltrone dei sottosegretari e viceministri si dice che a Montecitorio ci sia stata una folla incontrollabile e qualche accesa discussione tra la “riva gialla e la riva rossa”.

Gente che segue gli avvenimenti come vengono trasmessi dalle varie reti, ieri sera commentavano. Si sentivano commenti di ogni genere e alcuni non si possono riportare qui per rispetto di chi legge. Un signore di una certa età vantandosi d’avere avuto la fortuna di ascoltare le battute di Ernesto Calindri e Franco Volpi nel Carosello della China Martini, esternando tutto il suo scetticismo esclamava:“Non può durare. Dura minga, dura no”.

È naturale che la reazione alla decisione di procedere a questa forma di governo da parte del Colle, battezzato il governo del cambiamento, della svolta, possa essere il disincanto di una domanda: durerà questo governo, e, se sì, avrà davvero i margini di consenso, in Parlamento, per poter governare davvero, per dare risposte efficaci ai problemi del Paese?
Tratteniamo il respiro. Domani è un altro giorno…




Sogni e desideri di mezz’estate del governo “tengo-famiglia” giallorosso

Voltaire usava dire che l’omelia dei preti è spesso “come la spada di Carlo Magno, lunga e piatta”. Se Voltaire avesse potuto oggi ascoltare l’intervento del neo presidente Conte, del 9 settembre alla Camera, avrebbe avuto conferma della sua convinzione.
Il discorso di Giuseppe Conte alla Camera e quello del giorno dopo al Senato, oltre ad essere stato il più lungo nel suo genere in analoghe circostanze, è stato piatto come la spada di Carlo Magno ma più che altro una rassegna di buoni propositi, sogni e desideri.
Il neo presidente ha fornito un’indagine conoscitiva dei mali che affliggono il paese. Quello che mancava nel suo progetto programmatico però, è proprio un “piano terapeutico”. Per il resto, il suo intervento è stato una diagnosi conoscitiva, mentre buona parte dell’intervento gli è servito come occasione per togliere dei sassolini dalle scarpe e regolare i conti con Salvini.

Molti hanno visto in questo una caduta di stile di colui che proponeva il manuale del bon ton. Per niente scoraggiato dal volto stressato di Di Maio seduto alla sua sinistra e lo sguardo mesto e perso nel vuoto della squadra di governo nel banco davanti, Conte prendendo la parola in omaggio a Gigino, esordiva con una versione moderna di “A casciaforte”, cara memoria di Roberto Murolo, e con “lingua mite” e “maggiori garanzie costituzionali” estraeva da quella “cascia programmatica” di tutto e in più:
nu ritratto (formato visita) /d”a bonanema ‘e zi’ Sufia…/ nu cierro ‘e capille/ed il becco del pappagallo/ Il mozzone di una steárica/(conficcato nella bugia),/ na bambola ‘e Miccio,/ na lente in astuccio…/ e una coda di cavalluccio /che mi ricorda la meglio etá!”. Tutto ha messo in quella casciaforte! Ve lo ricordate Murolo? Oggi, purtroppo, non è più con noi.
Conte si è impadronito di quella casciaforte e, prima alla Camera e poi al Senato, si è cimentato ad estrarre un eccitante progetto di buoni propositi, sogni, desideri e messaggi augurali. “Lo so! La vita è tragica,/ ma ‘a cascia…mme ll’hann”a dá! /Ce aggi”a mettere…”: “La revisione del DL Sicurezza”, la “revisione progressiva, ma senza sconti delle concessioni autostradali” e “una nuova risolutiva stagione riformatrice”.

Progetti vaghi, propositi senza alcun dettaglio. Campa cavallo che l’erba cresce!

Il quando, il come, il dove fin’ora ignoti

San Casimiro martire../. ‘sta cascia, famm”a vení! /Ce aggi”a mettere”: “La sfida sul piano interno è quella di ampliare la partecipazione alla vita lavorativa delle fasce di popolazione finora escluse. Esse si concentrano soprattutto tra i giovani e le donne, particolarmente nel Mezzogiorno”.
Questo luogo comune, ma tanto comune che più comune non si può è quanto ha estratto dalla “casciaforte programmatica”.

Inutile cercare progetti, piani, coperture, date , stime e “costi/benefici”, non se ne trova alcuna traccia

Tra le proteste di Lega e FdI, Conte annuncia: “Valuteremo le misure di sostegno a favore delle famiglie meno abbienti, nell’ottica di un innalzamento degli anni di obbligo scolastico”. Rimane sempre il governo dei “Costi/benefici” e per questo che valuterà, penserà, esaminerà, forse, magari, può darsi…

Il governo Conte 2.0 combatterà le diseguaglianze sociali, ravviverà la dinamica degli investimenti, azzererà totalmente le rette, completerà l’integrazione delle donne nella comunità di vita sociale e lavorativa, fermerà definitivamente le nuove concessioni di trivellazioni. Si adopererà affinché la protezione dell’ambiente e delle biodiversità siano inserite tra i principi fondamentali del sistema costituzionale. Promette una mini revisione del decreto sicurezza, si dichiara a favore all’autonomia e prospetta la “Riforma processo civile,penale e elezione Csm”.

A questo punto dalla “casciaforte programmatica” spunta “na crástula ‘e specchio,/ na corteccia di cacio vecchio” e nell’aula di Montecitorio l’opposizione alzandosi in piedi, batte le mani urlando: Voto subito!
Radunati in Piazza Montecitorio, decine di migliaia di cittadini, per contestare un Governo insediatosi senza il consenso del popolo, rispondono: Elezioni subito! Voto subito!

Il governo Conte 2.0 ha ottenuto la fiducia , l’Europa è salva con “Certe reliquie,/ cierti cimeli”, usciti fuori dalla “casciaforte programmatica” del governo tengo-famiglia giallorosso. Incrociamo le dita e speriamo in tempi migliori.




Crisi tua, vita mea: il giallo, il verde e il rosso

Che il governo giallo-verde, miseramente abortito, avesse potuto salvare il destino del paese, è una barzelletta che fa piangere. Che l’imposto e rabberciato governo giallo rosso possa cambiare gli eventi e ridare speranza ai cittadini sa di merce avariata. Credere che i nuovi auto-eletti a Bruxelles possano far nascere l’Europa dei popoli è pura ingenuità.
Ricordo d’aver letto da qualche parte: “Chi scegliamo di frequentare racconta chi siamo”.

Il mese di agosto 2019 passerà alla storia come viva testimonianza della coerenza incongruente, di una politica mariuola. Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei lo si può rivolgere tanto a Di Maio quanto a Zingaretti. Lo si può rivolgere ai “compagni” ed in ugual misura ai “cittadini della piattaforma Rousseau”. A tanti italiani non interessa se Luigino sbaglia i congiuntivi e a loro non disturba il sonno la sua scarsa conoscenza dell’assetto geografico del globo. Invece importa agli italiani, a parte quei 79.634 della piattaforma di Casaleggio associati, l’incoerenza, l’inaffidabilità e la mancanza di trasparenza della traiettoria politica. Se per Di Maio Pinochet era un dittatore Venezuelano e “Ping” un aristocratico cileno sono affari suoi.

“Chi scegliamo di frequentare racconta chi siamo”

Zingaretti non può sfuggire, giustificando la sua “megagalattica” incoerenza affermando di sacrificarsi per il bene del Paese. Non bastano gli slogan urlati: cambiamento, svolta, rinnovo! Dell’incoerenza atavica ed il classico comportamento dei voltagabbana si è parlato a lungo e largo e non c’è giornale di destra o di sinistra che non abbia rimarcato la faccia tosta di tutti “loro” che credono che agli italiani si possa ancora menare per il naso. Forse in questa puerile arroganza vi è la prova che più che politici sono degli azzecca garbugli. Gli italiani lo sanno e non dimenticano.

Queste sono cose risapute. Di questo si è parlato, discusso, commentato, pronosticato e fantasticato. Il mercato dell’informazione di questo è saturo. Come le due facce della luna anche le grandi crisi hanno due facce. Durante la crisi c’è chi scende e c’è chi sale; c’è chi guadagna e c’è chi perde. Di questo vogliamo parlare.

La crisi agostana è stata una manna piovuta dal cielo. Crisi tua vita mea

Tuonava sotto il cielo del sodalizio giallo verde già da tempo in burrasca e a luglio diluviava. Mentre tra Salvini e Di Maio cresceva l’incomprensione e si evidenziavano le incongruenze di un incesto politico, come lumache dopo le prime piogge, tutto lo stock di partiti lasciati nel campo il 4 marzo, ora annusando la nuova aria sono usciti dal guscio. Strisciando lentamente in cerca di nuovi approdi. Allo scoppiare della rottura il “rosso” ha preso vigore e nonostante la sua passata riluttanza ad avvicinarsi al giallo, rinnegando quanto prima aveva solennemente dichiarato e strisciando si è avvicinato al “giallo” di Casaleggio. Un’occasione ghiotta da non perdere. La crisi per il PD & friends è come la manna caduta dal cielo. Ora o mai più! Manna provvidenziale per tutta la sinistra, per LEU e non solo.

Tanti ibernati si sono rigenerati e la speranza per molti di ritornare alla XVII legislatura. Tante belle occasioni, nomina uno e t’impachettano un secondo omaggio. L’Europa esulta e Conte gongola fino che il sole brilla. Mattarella guarda, osserva e riflette se la sua decisione sia stata veramente giusta. Dalla parte oscura della luna migliaia di cittadini protestano in piazza e sul web. Chi rischia di più sono i cittadini. I poveri aumentano sempre e la classe media scende di scalino per raggiungere anch‘essa la soglia di povertà preoccupante. Tasse, imposte e aumenti probabili. Questa è la crisi che tocca la carne viva del cittadino medio.

La crisi, una manna per i mass media

La crisi non aumenta l’occupazione, intasa le reti con cronache e reportage, interviste, commenti, previsioni di scenari, a volte fantasiosi. Dall’8 agosto fino al 2 settembre su La7 sono andati in onda trasmissioni non-stop di 8 ore/giorno. Al conduttore non importava che gli invitati commentassero sempre lo stesso scenario, previsioni e supposizioni. Intanto si faceva audience e l’audience è “positiva” alla rete. La crisi anche per la rete è stata una manna scesa dal cielo. Crisi tua vita mea.

Mentre tanti “arnesi della prima Repubblica” fino a quel momento in letargo, ora sono ringalluzziti e si affacciano tutti in tv per suggerire formule nuove, tanto nuove che le proponevano Monti, Letta, Renzi e Gentiloni. Altri defenestrati ora siedono in piazza Montecitorio in attesa della prossima crisi di governo sperando di essere allora convocati come papabili di turno per formare il governo della XIX legislatura.

La politica è l’arte del compromesso. Triste constatare che è morta la politica ed è rimasto solamente il compromesso per cui crisi tua vita mea.




E la chiamavano Europa unita: fallimento e aborto di un sogno

La chiamavano Europa Unita. Sognavano un comune sviluppo economico e quindi il benessere. Tutti solidali nel ripudiare la guerra. Sani principi, eroici propositi ma, ahinoi, onirici traguardi, miseramente disattesi affidati a mediocri statisti, sconosciuti che si spostano tra Bruxelles e Strasburgo. Così del nobile progetto non è rimasto che un indigeribile e puro monetarismo

Il naufragio del sogno dei padri fondatori nel mare del vuoto politico

Qualora ci fosse stato bisogno di dare prova della mancanza di unità tra gli Stati membri, la guerra del dazio di Trump sarebbe bastata. Questa volta la leggendaria ricchezza del vecchio continente rischia veramente. Come ha reagito a questa minaccia la così detta “Europa Unita? Autonomamente ed in ordine sparso i leader di ciascun Paese si sono recati a Washington, ognuno a curare il proprio orticello. Molti si domandano come mai i paesi di Visegrad e i vecchi alleati non risultano ostili e non sono critici verso questa “Unione Europea”. Si capisce perfettamente. Prima perché in molti non hanno aderito alla moneta unica e poi perché l’europeismo di Orban, Kurz ed altri a loro vicini gli fa comodo nel tenere in piedi il mercato unico e più importante perché beneficiano generosamente della spartizione dei fondi di sviluppo.

L’agenda del “poi poi” e la politica immigrazione del “mai mai” europea

Capifila ostili a una vera politica dell’emigrazione, sono sempre i paesi Visegrad, quelli stessi a favore e fruitori della spartizione dei fondi di sviluppo. Poi ci sono i paesi del nord che molto egoisticamente si sentono abbastanza lontani dagli sbarchi e chiudendosi bene dentro le frontiere proprie si sentono al sicuro. Francia e Germania fanno coppia e pretendono di dire agli altri quello che non vogliono che altri dicano a loro. Intanto l’emigrato africano sogna di integrarsi in questa società europea così “moderna”, così “opulenta”, i barconi continuano a partire dalle coste libiche e le Ong fanno la spola tra un barcone e l’altro, poi fanno rotta, destinazione Lampedusa, mentre l’Europa sta a guardare. Ultimo episodio del comportamento scorretto che gli Stati commettono l’uno contro l’altro lo abbiamo letto giorni fa: Poliziotti belgi fermati in Francia con autobus pieno di migranti irregolari. Gli agenti volevano semplicemente riaccompagnare i profughi al confine ma per errore lo hanno superato di cinquanta metri.

L’ambiguità e il paradosso del ripudio della guerra

A questa “Europa Unita” due terribili guerre mondiali non hanno insegnato niente. Forze armate dei suoi singoli Stati si trovano attualmente stanziate in zone dei peggiori conflitti come Siria, Iraq, Afghanistan, Libia e non solo. Li chiamano “peace makers”, portatori di pace. Sarà ma molte armi di distruzione in quelle zone sone di fabbricazione di paesi europei. I commercianti e quindi i fornitori ai paesi in guerra, sono di cittadinanza europea. Come si può coniugare ripudio della guerra e fornitura di armi di distruzione? Solo in un modo. L’Europa Unita non è unita e i vari Stati operano in ordine sparsa.

Continuano a chiamarla “Europa Unita”

Ventotto Stati quasi sovrani, sfilano a testa bassa davanti a una Commissione europea, come i capponi di Renzo, presi da una furibonda litigiosità, non fanno altro che beccarsi l’un l’altro, senza rendersene conto che senza il reciproco aiuto, tutti rischiano di finire in pentola come i capponi manzoniani.

Fra gli Stati membri una concorrenza senza quartiere

Così tutti i 28 aggiustano i loro comodi e non sdegnano di fare concorrenza l’un l’altro. Si citano alcuni esempi: Le retribuzioni nazionali minime sono una rappresentazione plastica di quanto siano distanti i paesi membri della tanto osannata Unione. Per fare chiaro il concetto secondo dati Eurofound/Eurostat, al primo gennaio 2019 queste retribuzioni minime variano dall’1,62 euro all’ora della Bulgaria alle 11,97 euro l’ora di Lussemburgo. Altro vulnus in questa Europa Unita è rappresentato dai differenti regimi fiscali adottati in piena autonomia dagli Stati membri. Spicca la pressione fiscale della Lituania al 20,9%, quella dell’Albania al 22,9%, la Croazia al 26,6%, così via per finire a sbattere in Italia che secondo l’Ufficio Studi della Cgil, nel 2019 rischia di sfiorare ed andare oltre il 43%. Onestà intellettuale vuole che si dica che l’Italia non è il Paese più tassato d’Europa. La Danimarca, la Svezia, la Finlandia e la Norvegia superano l’Italia ampiamente però garantiscono servizi efficientissimi, cosa che non sempre si può dire dell’Italia. Comunque tutto questo conferma che l’unione è solo una chimera.

Non finisce qui, si può andare ancora avanti

Sebbene l’Iva venga imposta in tutta l’Unione, sempre per non smentirci, ogni Stato membro fissa le proprie aliquote. L’osare a sindacare i vari sistemi dell’istruzione scolastica diventa un’impresa. A che età i bambini dei singoli Stati cominciano la scuola primaria? Quanto dura l’istruzione secondaria in Spagna, in Svezia, in Irlanda ed in Portogallo? Quali sono le materie obbligatorie? Le università? Andare avanti non conviene se non si vuole entrare in un labirinto. Il percorso diventa più arduo se si intraprende la strada del Welfare state, il benessere sociale. Se poi si vuole informarsi sul sistema pensionistico dell’Unione bisogna interpellare ogni singolo Stato. Non c’è un sistema comune. In Germania il sistema varia secondo categoria e settore produttivo. In Spagna c’è un unico regime, statale e obbligatorio, con pensione minima che sostituisce la vecchia “assistenza sociale”. In Italia un altro sistema ancora. Sempre un‘Europa che marcia disorganizzata in ordine sparso.

Nota dolente è la gestione dei sistemi sanitari negli Stati membri dell’Unione

Questi, del resto come ogni altra gestione, nell’Unione sono gestiti in modi molto diversi. Per fare un esempio basti dire che l’assistenza sanitaria tedesca non è gratuita ed è obbligatoria dal momento in cui si registra come residente nel Paese. Questo solleva il caso di immigranti non registrati come residenti! Cosa succede? Al lettore l’ardua risposta. Paese che vai usanza che trovi. Stato membro che vai sistemi autonomi che trovi. Così è se vi pare. Aveva più che ragione Bartali: L’è tutto sbagliato… l’è tutto da rifare.




Il Vangelo, l’immigrante ed il grande equivoco

Succede qualcosa di sconcertante. Persone che non hanno mai letto una pagina dei libri sacri ed altri che si sono sempre dichiarati agnostici, in quest’era che infiamma i cuori, ardendo con il sacro fuoco degli adulatori del culto del migrante, predicano e pontificano e spesso quello che non dicono nasconde il grande equivoco.

Ovvio, la figura dell’emigrante non può che suggerire loro la parabola del buon Samaritano

Non sanno dove l’abbiano sentita e non sanno dire precisamente di che si tratta. Qualche monsignore adulto, qualche parroco di frontiera oppure qualcuno del “migrante generation” l’avrà nominata in qualche partecipazione ai talk show di intrattenimento televisivo. L’avranno sentita ed anche se non l’avessero capita avranno pensato: sa di buono, è d’effetto, perché non sfruttarla?

Impossessatisi di questa “verità evangelica secondo i talk show televisivi” pensano di usarla come clava contro quei credenti che si dichiarano contrari ad un’accoglienza disordinata e ad un’integrazione disorganizzata, caotica e non compatibile con la capacità ricettiva della penisola. Questi credenti rischiano la scomunica e subiscono le imprecazioni, fra le tante, anche della “cattolicissima” Famiglia Cristiana che non ci pensa due volte ad intimargli : andate retro, voi assatanati.

C’è in giro un grande equivoco e a nessuno giovano le mezze verità.
La parabola del buon samaritano è narrata dall’evangelista Luca e si trova in 10, 25-37.

Anche allora c’era chi si serviva delle parole del Maestro per scopi propri. A parere di molti uomini di Chiesa la scomunica a Salvini di mons. Domenico Mogavero non ha nulla di misericordioso anche perché i suoi commenti successivi sapevano molto del politico. Il primo a smarcarsi dal vescovo di Mazara è stato il suo confratello il vescovo di Noto, che con modi evangelici ha dimostrato moderazione, arrivando persino a dichiarare : “se Salvini lo ha fatto dal profondo del suo cuore ha fatto anche bene”.

Poi, se vogliamo dirla tutta: chi siamo noi a giudicare?

Riprendiamo con il testo della parabola. Alla domanda faziosa di un dottore della legge per mettere il Maestro alla prova, Gesù aveva ribattuto: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall’altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno”. (Vangelo: Luca 10, 25-37)

La conclusione è più che ovvia, ma non della conclusione bensì dell’atto completo di cui vogliamo parlare.
I tanti buonisti, “gli ultràs dell’immigrazione”, forse per svista o più probabilmente perché non avranno mai letto il testo evangelico, si fermano al fatto che il Samaritano, pur non facendo parte del “popolo eletto” ebbe compassione del malcapitato, lo caricò sopra il suo giumento e lo portò a una locanda.

Per i tanti che dibattono nei vari talk show televisivi la storia finisce qui. L’atto di per se è misericordioso ma non è quello che vuole trasmettere il messaggio evangelico.

Quale sarebbe stato il giudizio di tutti se il Samaritano, seppure mosso dalla compassione , caricando il malcapitato sul giumento lo avesse scaricato vicino alla locanda e poi avesse ripreso la strada, senza accertarsi se il locandiere fosse stato in grado fisicamente e anche finanziariamente di accudirlo?

C’è poi un altro atto misericordioso compiuto dai Carola di turno e le Ong di passaggio. E’ bello e buono salvare le vite umane, “ fasciare le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricarli sopra le navi Ong, portarli a Lampedusa. E poi? E il “giorno dopo”? Nulla da obiettare, la loro opera è meritevole, è caritatevole ma c’entra niente con la parabola del samaritano? No, il messaggio della parabola è un altro. C’è il seguito che poi è la parte più importante.” Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno”. E’ proprio questo passaggio che manca. Chi scarica l’emigrante a Lampedusa non si sente più responsabile di quello che succede dopo.

Bello è l’operato delle varie Carola che salvano naufraghi oppure li trasferiscono da un paese all’altro , li mettono in salvo a Lampedusa ma poi, sono veramente certi di avere fatto tutto?
Fino ad ora non si è sentito alcuno dire : “Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno”. Al contrario, da quando la diaria giornaliera per ogni emigrante è stata ridotta da 35 euro a 20 euro, molte associazioni di “accoglienza”si sono tirate indietro. Che tipo di carità è questa? Mi sembra tanto che stiano liberando gli emigranti dal fuoco africano per buttarli nella brace italiana. No….! Chi è il locandiere? Che capacità ha di prendersi cura di quell’emigrante, curarlo, offrirgli un lavoro, istruzione, futuro per lui e per la sua famiglia? E’ questo il problema. Salvare le vite è sacrosanto e nessuno lo può negare e non c’è bisogno che ce lo ricordi nessuno. L’abbiamo inciso nel nostro dna. Il problema è un altro.

Chi sono oggi i vari leviti e i vari sacerdoti che girano la testa e fanno finta di non vedere e di non sentire?

L’Europa per primo, con i suoi moderni leviti,sempre pronti a legiferare, pontificare su tutto, promuovere teorie del gender, legiferare a favore delle unioni civili, condannare l’omofobia, l’islamofobia , si occupa dei temi etici, dell’intelligenza artificiale MA ” il tema immigrazione”è sparito dalla sua agenda.

L’Onu, la Nato e non solo mentre risultano osservanti rigorosi dell’inviolabilità del diritto di ingerenza che potrebbe salvare le vite nei campi libici, in Venezuela e non solo, sono di manica larga quando una Carola forza il blocco, infrangendo qualsiasi regola in nome dei “diritti umani”. Quelli in Libia, in Venezuela cosa sarebbero?

Il messaggio pieno della parabola verrà compiuto quando gli ultras dell’emigrazione si faranno avanti, dichiarandosi disposti a prendere a proprio carico un certo numero di immigranti, provvedendo alla loro sistemazione, offrendo loro casa e mantenimento, assistenza e sicurezza e assicurandogli un futuro lavorativo. Garantendo che nulla avranno mai a pretendere dallo Stato per quanto suesposto.

“Armiamoci e PARTITE” l’abbiamo sentita tante altre volte. E’ ora di tacere se non si crede in quello che si dice.




Stato di bandiera, Convenzione di Dublino e asilo politico: A.a.a. cercasi buona volontà

Stato di bandiera, Convenzione di Dublino e… l’asilo politico
Secondo l’ordinamento giuridico, l’espressione Stato di bandiera indica “lo Stato che attribuisce la propria nazionalità ad una nave oppure un aeromobile”. Ai sensi della Convenzione di Ginevra (II, 5, 1) e della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS, 91, 1), affinché uno Stato possa legittimamente concedere la sua bandiera deve esistere un “legame sostanziale” tra la nave e l’ordinamento nazionale. Questo è molto importante e potrebbe risolvere le tante discussioni che nascono ogni volta che una Ong decide di sbarcare i suoi “naufraghi” nei porti italiani. Questo stato di Bandiera fa da pendant, forma una coppia, con il Trattato internazionale, comunemente conosciuto come Convenzione di Dublino. Quest’ultimo, modificato nel 2013 e rinominato Dublino III prevede: “I cittadini extracomunitari che fuggono da Paesi d’origine perché in guerra o perseguitati per motivi di natura politica o religiosa possono fare richiesta di asilo solo nel primo Paese membro dell’UE in cui arrivano…..”

Dunque da una parte il rifugiato può fare richiesta d’asilo solo nel primo paese membro dell’Ue in cui arriva e dall’altra parte la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS, 91, 1), stabilisce che è lo Stato che attribuisce la propria nazionalità ad una nave e l’esposizione della sua bandiera ed ergo, la coperta delle navi nella fattispecie, rappresenta il paese in cui per primo il rifugiato arriva e quindi è lì, il luogo designato da Dublino III dove dovrebbero essere presentate le richieste d’asilo. Fino a qui è tutto chiaro e non si capisce quali siano le difficoltà che impediscono l’attuazione di tale iter.

Ritornando all’ultimo episodio della Sea Watch III e del successivo spettacolare ed improvvido arrembaggio dei deputati PD su quella nave, molti sono stati i commenti per dimostrare la natura propagandistica di quel gesto e non intendiamo ritornarci sopra.

Una battaglia da portare a Bruxelles passata nell’ombra

Durante i vari dibattiti, allora, ci sono state voci di giuristi che avevano accennato ai principi di cui tratta questo articolo.
Desta molta meraviglia dunque che la loro voce sia caduta nel più assordante silenzio e nessuno della maggioranza di governo si è interessato di accogliere quella riflessione che dell’emergenza immigrati, offriva su un piatto d’argento la soluzione, una battaglia da portare a Bruxelles, l’uovo di Colombo.
Il combinato disposto “Stato di bandiera” e “Convenzione di Dublino III”, a tutti gli effetti potrebbe essere considerato un assist a Salvini , la mossa giusta da giocare in Europa. Potrebbe anche essere una sfida alle Ong per farle uscire fuori dall’equivoco e infine per i signori di Bruxelles ci sarebbe una proposta “che non potrebbero rifiutare” senza perdere ulteriormente la faccia e così costringerli a dichiararsi.

La soluzione c’era, non si vedeva oppure non la volevano vedere, altrimenti non si comprende perché il decreto sicurezza bis non l’abbia presa in considerazione, sollevando l’eccezione.

Grava sull’attuale emergenza immigrazione anche il “libero convincimento e la discrezionalità” dei giudici.

Sulla legalità, la libertà e l’arbitrio nell’applicazione della legge, si rimette la materia ai tecnici giurisdizionali. E’ tutto un altro problema meritevole di un serio dibattito. Auguriamoci che qualcuno lo metta in agenda.
Il tema oggetto del presente articolo appartiene alla sfera politica ed è il Parlamento che deve prendersene carico.
Sarebbe più facile che i comandanti delle navi di salvataggio, le Ong incluse, venissero approvvigionate dal proprio “Stato di bandiera” di moduli ufficiali emessi per la richiesta d’asilo. A salvataggio avvenuto, i profughi verrebero identificati e in mano al comandante dovrebbero firmare la propria richiesta.
La stessa richiesta, annotata sul registro di bordo, sarebbe, un valido documento per i rifugiati per permettere loro poi di attraversare la frontiera ed arrivare nel paese che esaminerà ed eventualmente concederà la richiesta d’asilo. Caso contrario sarà quel paese a rimpatriare l’emigrante non avente diritto.

Quanto esposto faciliterebbe di molto la risoluzione del problema dei rifugiati a bordo delle navi Ong. Parlando dell’Italia, se la richiesta risultasse negativa, quell’emigrato andrebbe a sommarsi agli arrivi fantasma, gli emigranti economici che arrivano sulle coste italiane in piccoli numeri. su pescherecci, velieri ed altri natanti senza bandiera alcuna.

A proposito, la succitata Convenzione, specifica anche che : “ Le navi da guerra di qualsiasi Paese (Navetta Guardia di finanza ndr) possono pertanto, nell’ambito dell’esercizio dei poteri connessi al diritto di visita sottoporre tali navi a inchiesta di bandiera e, qualora risulti confermata la mancanza di nazionalità, catturarle e condurle con la forza in un porto nazionale per gli opportuni provvedimenti”.

Una parentesi riguardo a questi “poveri disgraziati che arrivano da noi in cerca di un futuro migliore”

A prescindere dal fatto che l’Italia non è in grado di offrire qualsiasi futuro a chiunque, vedi gli 80 mila giovani che ogni anno espatriano in cerca di lavoro. Dicono questi signori: si dimentica che anni fa anche gli italiani emigravano, andavano in America bla, bla, bla.

Punto primo. L’America a quei tempi stava nascendo e offriva mille occasioni a chiunque. Non è il caso dell’Italia. Poi, ed è il punto che interessa, gli emigranti appena arrivati non andavano in giro. Tutti sbarcavano su Ellis Island, che si trova nella parte alta della baia di New York. Qui venivano identificati, visitati e riconosciuti e talvolta rimanevano stanziati qui, seduti su panchine di legno, per due, tre giorni aspettando il verdetto degli ispettori della dogana. Se non passavano l’esame medico venivano rispediti indietro con il primo piroscafo che salpava per l’Italia e dovevano aspettare sempre qui. Comunque erano altri tempi, non è corretto parlare di emigranti italiani di allora comparandoli con quelli di oggi.
A proposito di isola americana e sbarco degli emigranti, leggendo una notizia data da Askanews il 2 febbraio 2017, si ha la conferma di quello che già era di dominio pubblico. Secondo il Washington Post, in una delle sue solite “straordinarie”, Donald Trump avrebbe sbattuto il telefono in faccia al presidente australiano Malcolm Turbull, perché questi avrebbe firmato un accordo con Obama per inviare in America i rifugiati tenuti in Australia in campi detentivi di natura controversa. Continuava, il Washington Post, quell’accordo sarà comunque onorato perché lo scorso novembre è stato firmato e prevedeva l’accoglienza in Usa di una parte di quei 1.600 emigranti che allora erano parcheggiati nei parchi dell’isola di Manus e di Nauro.

Seguendo la scia di questa notizia, molti si sono ricordati dell’Isola dell’Asinara, già dagli anni ‘70 carcere di massima sicurezza con i maggiori esponenti dell’Anonima Sarda.

Oggi l’isola è praticamente inutilizzata, a parere di tanti, e dicono che per venire incontro all’emergenza, potrebbe essere attrezzata come campo di accoglienza per quegli immigrati economici che arrivano singolarmente più quelli irregolari sparsi per l’Italia e quelli a cui viene negato il diritto di asilo. Sarebbe un luogo ideale per ospitarli in attesa della loro collocazione oppure del loro rimpatrio.

Sull’isola già esistono le strutture di base ed una volta aggiornate ed attrezzate con un adeguato servizio sanitario, di sicurezza, amministrativo e tutte le strutture necessarie per una degna accoglienza, si potrebbe evitare di disseminare “gli irregolari” per tutta Italia. Così operando l’Italia potrebbe offrire una migliore permanenza in attesa del rimpatrio o della collocazione in altri Stati.

L’emergenza immigrazione è una realtà.
Fatto!
Gli ordinamenti per affrontarla ci sono tutti.
Fatto!
La buona volontà? AAA cercasi!




Operazione liberazione dall’inferno libico, arriva la confraternita della misericordia italiana: “Alzatevi, armatevi, partite”

L’ordinanza del Gip Alessandra Vella, giudice per l’indagine preliminare presso il Tribunale di Agrigento, inerente al caso della capitana Rackete, depositata lo scorso 2 luglio e l’emergenza umanitaria degli emigranti nei lager in Libia, scuotono le coscienze ed esigono dall’Italia e dalla sua centenaria generosità e la sua innata vocazione umanitaria, un’iniziativa  a favore di quei sofferenti, in virtù del principio giurisprudenziale testé sancito a Lampedusa e cioè, il diritto ad atti violenti umanitari.

Nelle 13 pagine dell’ordinanza, il Gip, dott.ssa
Alessandra Vella, compiendo una lunghissima e meticolosa disamina, percorre il
diritto Costituzionale, la convenzione SAR, le convenzioni internazionali, il
diritto consuetudinario e la convenzione delle Nazioni Unite sulle leggi del
mare. Un’esauriente documentazione che illustra gli obblighi del capitano in
ordine alle operazioni di soccorso in mare.

Quando poi la
dottoressa arriva a fare delle valutazioni del caso in esame, convinzioni ed
opinioni personali prendono il soppravvento ed 
accantonano la documentazione.

L’interpretazione
personale sembra volere dominare il ragionamento dell’ordinanza

Si fa
riferimento al decreto sicurezza bis,  si
commenta il fatto dei porti chiusi, si legittima  la scelta di un comandante di nave che
soccorre migranti in zona Sar libica di fare rotta verso l’Italia e non spiega
perché si esclude Malta, si legittima l’attraversamento irregolare della
frontiera, nega la  natura di nave da
guerra alla barca della finanza e altre valutazioni. Il tutto sorretto in nome
del “sovrano diritto umanitario”.

Ciò nonostante, le sentenze, si dice, vanno rispettate e la presente non fa eccezione. Comunque, questa ordinanza farà giurisprudenza e avrà dei lunghi strascichi.

Per “l’inferno libico” tre sono le considerazioni da fare: l’emergenza, gli strumenti per affrontarla, le persone e le volontà disponibili

A raccontare l’orribile scenario
dei campi di concentramento in cui si tengono segregati gli emigranti che dal
subsahariano arrivano continuamente con la vana speranza di approdare in
Europa, non c’é solamente Human Rights Watch perché altri, come Avvenire,
parlamentari vari, giornalisti ,la maggior parte dei talk show televisivi e
tante omelie dei parroci e alcune pastorali dei vescovi,  tutti sono concordi a certificare gli  orrori di quell’inferno. Le torture e le
sevizie raccontate dagli emigranti fortunatamente  riusciti ad arrivare salvi  in Italia, sono delle testimonianze oculari
di quel inferno libico dove, dicono,  ci
sia un “vero sterminio di popoli sub sahariani”.

Quale persona con un
minimo di sentimento di pietà potrebbe mai rimanere indifferente al grido di
dolore che s’innalza da quei lager?

Le ragioni per una
iniziativa umanitaria ci sono tutte e l’ordinanza di Agrigento segna il
percorso da seguire. Aspettare aiuti dall’Europa è solo un sogno, interventi da
parte  dell’Onu è una chimera,
l’assistenza delle istituzioni internazionali è un’ingenuità..

L’unica speranza resta
nella  buona volontà degli italiani che
non manca. L’Italia per la sua storia, per la sua cultura civile, sempre aperta
alla solidarietà, all’accoglienza, anche se oggi non si può più dire cattolica
al cento per cento  essendo  la stragrande maggioranza diventata laicista,
pro aborto, pro divorzio, pro unioni civili, pro eutanasia, PERO’ questa grande
maggioranza rimane più che mai sensibile a un’emergenza umanitaria e certamente
non si tirerà indietro se viene chiamata a prestare aiuto a quei sfortunati.

L’ordinanza di Agrigento del 2.7.2019 sta offrendo un’opportunità unica, un  valido strumento a tutti quegli italiani che fino ad ora hanno riempito piazze, social network, giornali, ore pomeridiane di talk show, prediche sui sacrari delle chiese e delle cattedrali, sedi di partiti e movimenti sociali, tutti pro “porti aperti”, tutti pro accoglienza, tutti pro altri gommoni stivati di povera gente verso Lampedusa, altre navi Ong che trasferiscono disgraziati dalla povertà africana all’indecenza italiana.

Un’opportunità unica
anche per don Paolo Farinella che chiuse la chiesa a natale per protestare
contro Salvini. Anche per don Armando Zappolini che per protestare gettò il
presepe dentro la spazzatura.

Sulla squadriglia navale delle Ong: la Sea Watch 1-2-3, La S.O.S. Mediterranee, la Proactive Open Arms, la Sea Eye, la Mission Lifeline con Fratoianni, Magi, Orfini, Del Rio,Faraone e friends si spera di vedere Saviano, Toscani, Leuluca Orlando, Zingaretti e Matteo Renzi. L’augurio di tanti italiani è di vedere in questa crociata Famiglia Cristiana, baluardo dell’accoglienza.

 Cari migranti sub sahariani, sofferenti in
cattività, la vostra liberazione è vicina. Arriva la confraternita della
misericordia italiana e vi riporterà tutti a casa vostra.

Suonate lo shofar! Si
parte. Barra dritta. Direzione Tripoli, Zuara.

Alzatevi, Armatevi,
partite.