AVANTI UN ALTRO: BERGOGLIO LIQUIDA MONSIGNOR LIVIERES

di Daniele Rizzo 

Forse in fondo bastava semplicemente iniziare, fare il primo passo, e poi tutto sarebbe venuto facile, logico, consequenziale. Ma il primo passo è spesso il più difficile, perché coincide con il prendere coscienza della situazione e affrontarla, anche quando di farlo non ce ne sarebbe nessuna voglia. Ma Papa Bergoglio, il gesuita venuto da Buenos Aires, sapeva che per rivoluzionare la Chiesa non sarebbe bastato prendere il nome del personaggio cristiano forse più umile della storia ecclesiastica, Francesco appunto. Papa Bergoglio sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare di petto il male più insidioso che da tempo serpeggia e cova all’interno della Chiesa cattolica: la pedofilia.
Francesco sin dalla sua elezione ha lanciato moniti contro la pedofilia. Non a caso il 22 marzo, giorno in cui è stata formalizzata la Commissione per la tutela dei minori, si era scoperto che proprio il Papa aveva chiesto che all’interno della commissione fosse presente l’irlandese Marie Collins, già vittima di abusi. Il 13 luglio dalle pagine de La Repubblica annunciava che avrebbe affrontato con severità la pedofilia, giudicata come la lebbra della chiesa. Tante parole che hanno trovato una loro realizzazione pratica lo scorso 23 settembre, quando per ordine del Papa stesso è stato arrestato l’arcivescovo polacco Jozef Wesolowski. L’ex nunzio della Repubblica Dominicana era stato accusato di abusi e possesso di materiale pedopornografico, ma alla base dell’arresto c’era anche il pericolo di fuga e di inquinamento delle prove. A chi credeva che fosse semplicemente un’operazione di facciata che non avrebbe avuto alcun seguito dobbiamo però raccontare di un ulteriore colpo di scena all’interno del Vaticano. Nelle scorse ore Papa Francesco ha rimosso monsignor Rogelio Ricardo Livieres Plano dal ruolo di Vescovo di Ciudad del Este (Paraguay), nominando al suo posto come amministratore apostolico mons. Ricardo Jorge Valenzuela Rios. Alla base di questa decisione, annunciata da una nota della sala stampa vaticana, ci sarebbe il coinvolgimento di Livieres in episodi di malversazione e insabbiamento di alcuni casi di pedofilia; nel Bollettino Ufficiale si legge che la “gravosa decisione della Santa Sede” è “ispirata al bene maggiore dell’unità della Chiesa”.
Abituati ormai come siamo ai facili millantatori dai buoni propositi (leggasi anche “politici”) le azioni di Papa Bergoglio irrompono prepotentemente nel panorama nazionale, dimostrando che alle buone parole devono necessariamente seguire anche le azioni. Solo una “politica del fare” può ridare fiducia a tutti quei cittadini ogni giorno spettatori della “politica del dire”. Ma questa è un’altra storia. Intanto, Francesco, avanti il prossimo.




CIAMPINO, CENTO GIORNI DI PD: MAURO TESTA DICE LA SUA

di Daniele Rizzo

Ciampino (RM) – Abbiamo raggiunto telefonicamente il consigliere comunale ed ex vice sindaco nella scorsa amministrazione Mauro Testa. A lui abbiamo posto la stessa domanda fatta agli altri candidati sindaco del maggio passato, e cioè cosa pensa dei primi cento giorni dell’amministrazione Terzulli.

“Penso che parlare di primi 100 cento giorni di amministrazione Terzulli sia un errore” ha precisato Testa, “dal momento che questa consigliatura non è che un rimpasto di quella precedente.” Il consigliere Testa ha chiarito che a suo parere fino ad oggi c’è stata solo una continuazione di quelle politiche iniziate con la scorsa amministrazione, come nel caso del sottopasso dell’acqua acetosa o della nuova viabilità in via San Paolo della croce, opere che avevano preso il via proprio con Testa assessore alle infrastrutture, arredo e decoro urbano.

Per il resto Ciampino è in grosso ritardo rispetto ai proclami fatti dall’attuale sindaco in campagna elettorale: basti pensare alle scuole in difficoltà, alle mense che consegnano i pasti in ritardo perché manca un adeguato ordine di servizio, ai parchi sporchi e alle strade piene di buche. “Siamo in una situazione in cui la leggerezza e la superficialità la fanno da padrone. Ma stiamo pensando ad allestire la notte bianca, che sarà certamente un evento importante per la città, ma che denota in che direzione si sta muovendo questa amministrazione. Non sentiamo più parlare di aeroporto, della questione Rom a La Barbuta. Stanno affrontando le questioni importanti con troppa leggerezza, e il silenzio dell’amministrazione mette paura. Questi primi cento giorni spero che siano stati solo un momento di défaillance, perché se così non fosse sarei davvero preoccupato. Finisco col dire che io continuerò a fare opposizione seria, e che secondo me a Ciampino con il ballottaggio dello scorso 8 giugno si è persa un’occasione seria, perché per la prima volta si poteva fare in modo che tutte le forse democratiche della città potessero convergere su un nome diverso da quello proposto dal PD e fare un governo vero di emergenza comunale, e forse nei primi cento giorni staremmo parlando di altro”.




AUTUNNO DI FUOCO: E' DUELLO TRA GOVERNO E SINDACATI

di Daniele Rizzo

Il 28 giugno 2012 la riforma del lavoro firmata Elsa Fornero diventava legge. Dopo più di due anni lo Statuto dei lavoratori è ancora sulla bocca di tutti e continua a far litigare sindacati e governo. Nel mirino di entrambi c’è l’articolo 18 dello statuto, cioè quello che affronta il problema delle “norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale, nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”. Fino alla riforma Fornero lo statuto salvaguardava in ogni caso i lavoratori licenziati senza giusta causa da aziende con più di 15 dipendenti, obbligando i datori di lavoro al reintegro in caso di appello ad un giudice. Con la riforma Fornero l’obbligo di reintegro era rimasto solamente per i casi di licenziamento discriminatorio o per rappresaglia sindacale; nel caso di licenziamento per motivi soggettivi o disciplinari al giudice sarebbe spettato decidere sul reintegro o su un eventuale indennizzo, indennizzo che nel caso di licenziamento per motivi oggettivi o economici sarebbe invece stato automatico. Con il ddl delega denominato “Jobs act” e promosso dall’esecutivo Renzi cambiano invece i termini dell’articolo 18. Innanzitutto non si applica solo alle aziende con più di 15 dipendenti ma a tutti i lavoratori neoassunti; dopodiché l’obbligo di reintegro è previsto solo nel caso di licenziamento discriminatorio o per rappresaglia sindacale, come succedeva con la riforma Fornero. Negli altri due casi il reintegro non è previsto, ed in base all’anzianità aziendale si procederebbe con un indennizzo economico-monetario.
Il Jobs act dunque, nell’ottica di Matteo Renzi, servirebbe a favorire la mobilità nel mondo del lavoro, dal momento che il lavoratore licenziato potrà ottenere un sostegno economico temporaneo mentre ricomincia la ricerca di un nuovo lavoro. Nel fare ciò il lavoratore sarebbe adeguatamente supportato da una nuova Agenzia Nazionale per l’Occupazione, organismo che avrebbe il compito di ricollocare il capitale umano sul mercato del lavoro.
Ma la revisione, che di fatto sarebbe l’abolizione dell’articolo 18, non è andata giù ai sindacati, e in particolare al segretario generale della Cigl Susanna Camusso. La sindacalista ha parlato di attentato alle libertà dei lavoratori, e ha poi paragonato le politiche liberiste estreme del premier Renzi a quelle di Margaret Thatcher, asserendo che non è “la riduzione dei diritti dei lavoratori lo strumento che permette di competere”.
Pronta è arrivata la risposta del Presidente del Consiglio, che per allontanarsi dal paragone con la “Iron lady” ha utilizzato un video apparso sul suo canale youtube. “Quando si parla del lavoro” ha chiarito il premier, “non siamo impegnati in uno scontro ideologico, non siamo preoccupati di Margaret Thatcher, ma di Marta, 28 anni, che sta aspettando un bambino ma a differenza delle sue amiche che sono dipendenti pubbliche non ha nessuna garanzia, perché in questi anni si sono fatti cittadini di serie A e di serie B”. Renzi ha poi affermato che il precariato è colpa dei sindacati, che fino ad oggi si sono preoccupati dei diritti di alcuni e non di tutti. Parole forti che non sono passate inosservate dalla leader Cigl che proprio ieri, a margine di un incontro all’università di Firenze, ha annunciato che darà il via alla mobilitazione generale e che auspica che anche gli altri sindacati partecipino unitariamente alla Cigl. I toni tra le parti sono dunque già alti, ma la sensazione è che sarà un autunno davvero infuocato.




MALTEMPO: TOSCANA IN GINOCCHIO

di Daniele Rizzo

Firenze imbiancata. E’ intrigante pensare a Piazza della Signoria coperta da un soffice manto di neve su cui passeggiano i turisti che attoniti osservano la Loggia dei Lanzi o Palazzo Vecchio. Ma Firenze imbiancata non è solo una suggestione di fine settembre. Il temporale che ha investito nelle ultime ore il capoluogo toscano ha regalato ai fiorentini più o meno questa visione, se non fosse che a coprire di bianco le strade del centro storico non è stata la neve bensì la più pericolosa grandine.
Trombe d’aria e grandine si sono abbattute su buona parte della regione, da Firenze alla Versilia, da Empoli a Viareggio, provocando danni ingenti alle piante d’olivo così come ai vigneti, distrutti definitivamente proprio nel periodo della vendemmia. La Coldiretti, dopo un primo monitoraggio effettuato nelle zone colpite, ha stimato intorno ai 200 milioni i danni per l’agricoltura toscana. A fare le spese del maltempo non sono state infatti solo le colture, ma anche le attrezzature agricole, le abitazioni e le strutture rurali. Ma oltre al settore agricolo, da sempre uno dei motori trainanti l’economia toscana, il maltempo ha colpito un altro dei settori cardine della regione, quello del turismo.
Non si contano infatti i danni ai poli culturali di Firenze, con “la bomba d’acqua” che non ha risparmiato niente e nessuno. I danni maggiori sembrano quelli riportati dall’Abbazia di San Miniato al Monte, autentico gioiello del romanico fiorentino. L’Abbazia, che si trova in uno dei punti più alti della città, è stata colpita con inaudita violenza dalla grandine, che ha rotto le vetrate e permesso così alla pioggia di bagnare anche gli affreschi interni alla chiesa. Danni minori per l’attiguo cimitero delle Porte Sante, cimitero monumentale che accoglie le salme di molti personaggi illustri come Collodi, Vamba e Spadolini.
Lo stesso problema delle finestre rotte dalla violenza della pioggia si è verificato anche agli Uffizi, a Palazzo Vecchio, all’Accademia, alla Biblioteca Nazionale, alla Sacrestia Vecchia di San Lorenzo, al museo di San Marco e a quello di Santa Croce. Anche i giardini di Boboli nulla hanno potuto contro la furia della natura che ha divelto alberi e piante, rendendo quindi necessaria la chiusura del parco ai turisti. La soprintendenza, che in queste ore sta facendo i necessari sopralluoghi per verificare l’ammontare dei danni, ha comunque annunciato che non sarà certamente inferiore al milione e mezzo la cifra stimata. Il capo della protezione civile Gabrielli ha parlato di un “evento eccezionale difficilmente prevedibile, che non è possibile calcolare su un singolo luogo”, e ha poi precisato che per pura fortuna e casualità non ci sono state vittime.
Il presidente della regione Rossi, che tra l’altro in queste ore è stato immortalato mentre spazzava la grandine (un’immagine di Alemanniana memoria), ha annunciato che martedì la giunta regionale dichiarerà gli stati d’emergenza e che la regione aiuterà enti pubblici e privati che hanno subito danni. Il presidente ha infine puntualizzato che “servirebbe una riflessione profonda a livello nazionale” e che “sarebbe bene che lo Stato regolamentasse la materia. Questi eventi si ripetono ormai a ritmo continuo, sarebbe importante che la politica stabilisse un quadro preciso di riferimento, serve certezza sugli interventi, sul come, sul quando e sul quanto. Forse è il caso che ci si interroghi anche su come agevolare il ricorso a un sistema assicurativo”.
Ben venga dunque un sistema assicurativo che tuteli le regioni da questi eventi sporadici ma distruttivi, purché lo stesso sistema valuti attentamente quando i danni , come in questo caso, sono colpa esclusiva della natura o quando, nei casi di frane o straripamenti, sono la conseguenza dell’attività scriteriata dell’uomo.