EUTANASIA: VIA LIBERA DELLA CORTE DI STRASBURGO PER VINCENT LAMBERT

di Cinzia Marchegiani

Strasburgo (Francia) – Il Tribunale europeo dei Diritti Umani ha confermato la decisione di un tribunale francese che ha stabilito di lasciar morire un tetraplegico francese in stato vegetativo, Vincent Lambert, e ciò non viola il suo diritto alla vita. La Corte ha così dato ragione alla moglie e a cinque fratelli di Lambert, che da tempo volevano che il malato fosse staccato dai macchinari che lo tengono in vita. Il tribunale ha respinto invece la richiesta dei genitori e di altri due fratelli del paziente da sette anni in coma, che avevano fatto ricorso a Strasburgo contro la decisione del Consiglio di Stato. I giudici aveva autorizzato nel 2014 i medici a interrompere l'alimentazione intravenosa del 38enne, rimasto vittima di un incidente stradale nel 2008. Le decisioni della Corte europea di Strasburgo non possono più essere appellate. Il caso ha visto contrapposte le parti interessate, da un lato i genitori di Lambert e due dei loro figli; dall'altro, il resto dei cinque fratelli e la moglie stessa, Rachel, dell'uomo in coma.

Tuttavia, i suoi genitori cattolici profondamente devoti, hanno presentato una richiesta urgente ad un tribunale francese per fermare il piano. "È uno scandalo, sono triste, ma ci batteremo ancora, – ha detto la madre di Lambert dopo la sentenza della corte europea – il caso è stato portato alla Corte europea dei diritti dell'uomo l'anno scorso e questa mattina ha emesso la decisione di interrompere l'alimentazione per via endovenosa che non viola le leggi europee sui diritti umani”.

EUTANASIA FENOMENO FUORI CONTROLLO: ECCO I DATI  
Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, il fenomeno dell’eutanasia appare ormai fuori controllo. Infatti secondo lo studio condotto in merito dall’Istituto europeo di Bioetica, le morti ufficiali per morte assistita sarebbero quintuplicate, passando dai 235 casi del 2003 ai 1.133 del 2011. In Olanda il 47% dei decessi per eutanasia non verrebbe riportato, mentre il 32% delle vittime non avrebbe richiesto di morire inoltre non sarebbe più neanche necessario presentare richiesta scritta. La preoccupazione è che tale liberalizzazione si estenda nella pratica, anche con violazioni della norma, che le Istituzioni non saranno in grado di arginare come è già successo nei Paesi Bassi dove la stessa commissione di vigilanza appositamente istituita si sarebbe dichiarata “impotente” nello svolgere il proprio compito. Una vera e propria anomalia da tener presente, anche nel nostro paese.

C'è sempre una linea sottile di ciò che rappresenta il diritto di un malato e il volere dei familari, e questo caso controverso è la dimostrazione che l'eutanasia diventa una conquista di diritti espressamnete dei famigliari. Questa disputa diventata un caso eclatante e fotografa stralci di realtà contrapposte: da una parte moglie e fratelli chiedono di staccare la spina, dall'altra i genitori, coloro che hanno dato al proprio figlio, si batteranno fino alla fine per non accettare la morte decretata da una sentenza.




EFSA, ALLARME ACRILAMMIDE: A RISCHIO CANCRO SOPRATTUTTO I BAMBINI

di Cinzia Marchegiani

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Il 4 giugno 2015 è stato reso pubblico il rapporto dell’EFSA , Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare che a conclusione di una esaustiva disamina, rende noto il proprio parere scientifico sull’acrilammide negli alimenti. Gli esperti del gruppo scientifico dell’EFSA sui contaminanti nella catena alimentare (CONTAM) hanno ribadito le loro precedenti valutazioni in base alle quali l’acrilammide presente negli alimenti può aumentare il rischio di sviluppare il cancro nei consumatori per tutte le fasce d’età. Tale conclusione è rimasta invariata da quando la bozza di questo parere è stata messa a disposizione per la consultazione pubblica del luglio 2014.

ALLARME PER I CONSUMATORI MA SOPRATTUTTO PER I BAMBINI
Le prove ricavate da studi su animali mostrano che l’acrilammide e il suo metabolita, la glicidammide, sono genotossiche e cancerogene: danneggiano cioè il DNA e provocano il cancro. Le prove desunte da studi sull’uomo che l’esposizione alimentare all’acrilammide provochi il cancro sono invece limitate e poco convincenti.
Poiché l’acrilammide è presente in un’ampia gamma di alimenti comuni, l’allarme per la salute vale per tutti i consumatori, ma è l’infanzia la fascia di età più esposta, sulla base del peso corporeo. I più importanti gruppi di alimenti che contribuiscono all’esposizione all’acrilammide sono i prodotti fritti a base di patate, il caffè, i biscotti, i cracker, i pani croccanti e il pane morbido.
La presidentessa del gruppo di esperti scientifici, dott.ssa Diane Benford, ha dichiarato: “La pubblica consultazione ci ha aiutato a mettere a punto il parere scientifico. In particolare abbiamo chiarito ulteriormente la nostra valutazione degli studi sugli effetti dell’acrilammide negli esseri umani e la nostra descrizione delle principali fonti alimentari di acrilammide per i consumatori. Sono inoltre stati incorporati nel parere scientifico finale anche studi recenti dei quali siamo venuti a conoscenza nel corso della pubblica consultazione”.

ACRIMILAMMIDE SOSTANZA CHE SI FORMA DURANTE LA COTTURA AD ALTE TEMPERATURE
L’acrilammide è una sostanza chimica che si forma naturalmente negli alimenti amidacei durante le usuali cotture ad alta temperatura (frittura, cottura al forno e alla griglia, e anche trasformazione industriale a più di 120°C e bassa umidità). Il principale processo chimico che causa ciò è noto come “reazione di Maillard”; è la stessa reazione che conferisce l’aspetto abbrustolito ai cibi e li rende più gustosi. L’acrilammide si forma a partire da alcuni zuccheri e aminoacidi (soprattutto da un aminoacido chiamato “asparagina”) che sono naturalmente presenti in molti alimenti. L’acrilammide risulta anche da molti usi industriali non alimentari. E’ presente anche nel fumo di tabacco.

ASSORBIMENTO E CANCEROGENICITA’
Una volta ingerita, l’acrilammide viene assorbita dal tratto gastrointestinale, distribuita a tutti gli organi e ampiamente metabolizzata. La glicidammide è uno dei principali metaboliti che risultano da questo processo ed è la più probabile causa di mutazioni genetiche e tumori riscontrati in studi su animali.
Oltre al cancro, il gruppo di esperti ha esaminato anche i possibili effetti nocivi dell’acrilammide sul sistema nervoso, sullo sviluppo pre e postnatale e sul sistema riproduttivo maschile. Questi effetti, sulla base dei correnti livelli di esposizione, non sono stati ritenuti motivo di preoccupazione.

COME RIDURRE L’ESPOSIZIONE ALL’ACRILAMMIDE DALLA DIETA
Anche se non al centro della valutazione dei rischi effettuata dall’EFSA, il parere scientifico include una panoramica dei dati e della letteratura scientifica che sintetizza come la scelta degli ingredienti, il metodo di conservazione e la temperatura alla quale il cibo è cucinato possano influire sulla quantità di acrilamide nei diversi tipi di alimenti e quindi sul livello di esposizione alimentare.

ALCUN POTERE NEL PRENDERE MISURE SULLA PRODUZIONE
La beffa di questo importante studio arriva dalla decisione degli organi decisionali europei e nazionali che dicono terranno conto della consulenza scientifica dell'EFSA nel soppesare ogni possibile misura per ridurre ulteriormente l'esposizione dei consumatori all’acrilammide nei cibi. Esse potranno includere, ad esempio, consigli sulle modalità di consumo e cottura casalinga, oppure controlli sulla produzione degli alimenti destinati alla vendita; l’EFSA, comunque, non ha alcun potere nel prendere tali misure.




MAFIA CAPITALE, RAMPELLI AMMONISCE: “ORFINI E SCOTO ABBIANO LA DECENZA DI TACERE”

di Alessandro Rosa

Roma – Sullo scandalo di Mafia Capitale arriva l’intervento e il giudizio duro dell’on. Rampelli, capogruppo alla Camera dei Deputati, Fratelli d’Italia- Alleanza Nazionale che definisce l’inchiesta un incubo, e chide a tutti gli attori politici che hanno avuto ruoli di gestione negli ultimi 15 anni nelle istituzioni locali (e non solo coloro che saranno condannati) di prendere atto del loro fallimento e di ritirarsi a vita privata, da sinistra a destra: “Compresi quelli che, alla Buzzi e Carminati, sono pronti a stare con gli uni e con gli altri, basta che governino. Come nel caso del volubile Alfio Marchini”.

L’on. Rampelli rivolge parole di accusa a chi ancora tenta, dopo gli arresti per Mafia Capitale di nasconedere e giustificare con altre accuse: “Al presidente del Pd Orfini e al capogruppo alla Camera di Sel Scotto deve essere sfuggito che su 44 arresti non c’è nessun esponente di Fratelli d’Italia e che Alemanno, peraltro sospeso mesi fa da FDI AN, risulta essere solo indagato, mentre i tanti esponenti del Pd e della sinistra che sono stati arrestati sono legati mani e piedi al sistema criminale di Buzzi. È indecente che la sinistra tenti, come al solito, di nascondere le sue responsabilità -ha proseguito Rampelli- e dimentica che questo sistema perverso esiste da vent’anni e non nasce certo da un esponente di FdI ma dal braccio destro di Veltroni, il sig. Odevaine sviluppato poi da alcuni esponenti di spicco della maggioranza che sostiene Marino. Tra questi Ozzimo e Coratti”.

Chiosa il capogruppo di FdI-AN: “Orfini e Scotto abbiano la decenza di tacere, visto che il business dell’accoglienza è saldamente ancorato alla sinistra e al suo circuito affaristico di cooperative e associazioni. Sono davvero senza vergogna”

Su Mafia Capitale l’Onorevole Rampelli poi rivolge massima fiducia nella magistratura e confida in processi a tempo di record, ma spiega anche che il giudizio che lo investe è politico, e riguarda la capacità di governare in modo trasparente e dalla parte dei cittadini, proteggendo le fasce sociali più deboli anziché sfruttandole per alimentare circuiti affaristici: “Immigrati, nomadi, malati e tossicodipendenti sono stati trasformati in mucche da mungere, senza rispetto per la comunità né per gli interessati. Si tratta del nuovo business del terzo millennio, – l’on Rampelli spiega nel dettaglio – monopolizzato da cooperative bianche e rosse. Per renderlo più agevole e foraggiarlo Renzi ha riformato la Cooperazione allo sviluppo, sottraendola a ogni controllo e sta ammazzando la Croce Rossa italiana”.

RAMPELLI CHIEDE DIMISSIONI DEL SINDACO MARINO E L'ISTITUZIONE COMMISSIONE D'INCHIESTA SUL MALAFFARE IMMIGRAZIONE E CAMPI NOMADI

E ora il capogruppo di Fdi-An chiede molto di più, chiede le immediate dimissioni del Sindaco Marino considerando che tutto il sistema è marcio e il Pd romano, di cui Marino è leader e capire fino a dove sia arrivato questo marciume e avverte:”Ho scritto oggi stesso, in qualità di capogruppo, una lettera alla presidente della Camera Laura Boldrini per chiedere la calendarizzazione per la prossima settimana della nostra proposta di legge sull’istituzione di una commissione d’inchiesta sul malaffare legato alla gestione dell’immigrazione e dei nomadi, ferma da mesi. Se i partiti di maggioranza si opporranno saranno complici, se non correi” 




MAFIA CAPITALE: MARIO MONGE E IL MONOPOLIO DEI RIFIUTI A ZAGAROLO

 

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Documento inedito de l’Osservatore d’Italia rivela che Mario Monge, il re del business dei cassonetti gialli arrestato nella mattinata di Giovedì 4 giugno 2015 assieme ad altre 44 persone, era arrivato fino a Zagarolo, per smaltire gli abiti in un impianto sito a Valle Martella, grazie alla determinazione dirigenziale RU 165 del 21 gennaio 2014 della Provincia di Roma

 

di Cinzia Marchegiani

Uno spaccato su Mafia Capitale che si fa sempre più nitido, ma non c’è solo Roma. Zagarolo è il comune alle porte di Roma, che annovera tra i nomi eccellenti Daniele Leodori entrato nelle intercettazioni di Mafia Capitale, sindaco di Zagarolo per 10 anni e ora Presidente del Consiglio regionale del Lazio. Ma anche quello che da taluni è considerato "il re dei rifiuti degli abiti usati" e non solo, Mario Monge responsabile legale della Sol.co ONLUS è stato arrestato stamattina assieme ad altre 44 persone frutto del secondo filone dell’inchiesta romana "Mondo di Mezzo".

L’indagine nei riguardi di Monge è estesa ad una serie di appalti (tra cui quello della gestione del verde della capitale, del riciclo di vestiti e l’accoglienza di migranti) che sarebbero stati pilotati con la partecipazione di Salvatore Buzzi, il sovrano delle cooperative rosse finite al centro dello scandalo di Mafia Capitale. Per questo Mario Monge sarà ricordato come l’uomo chiave del business dei migranti e di "mafia solidale", termine quest'ultimo, coniato dal nostro quotidiano, che primo ha lanciato l'esclusiva inchiesta su Monge, in tempi ancora non sospetti..

L’Osservatore d’Italia, dunque, è stato il primo ad indagare sul personaggio Mario Monge, che sembrerebbe aver intrapreso variegati business. Si è avvalso di cooperative con le quali ha gestito il Nuovo Cinema Aquila, bene sequestrato alla mafia, i rifiuti degli abiti dei cassonetti gialli ma anche il CUP (Centro Unico Prenotazioni), con il quale si prenotano visite ed esami diagnostici. Negli atti dell'inchiesta si legge che "mediante intese, collusioni e accordi fraudolenti tra i partecipanti alla gara e con Angelo Scozzafava, pubblico ufficiale componente la commissione di aggiudicazione, finalizzati a ottenere per RTI Sol.Co. l'aggiudicazione di uno dei lotti in concorso, turbavano la gara comunitaria centralizzata a procedura aperta finalizzata all'acquisizione del servizio CUP occorrente alle Aziende Sanitarie della Regione Lazio per un importo di 91.443.027,75 euro, indetta dalla Regione Lazio".

Grazie all’inchiesta sul Cinema Aquila del collega Maurizio Costa de L'Osservatore d'Italia, il comune di Roma ha disdetto la gestione alla N.C.A., riscrivendo un nuovo bando. Questo esproprio è avvenuto perché il Sol.Co. ha subconcesso il cinema alla N.C.A., andando contro le regole del bando.

Durante le indagini, il nostro giornale, aveva effettuato diverse visure camerali ed è entrato in possesso di un documento inedito importante che porta Mario Monge e il suo business dei rifiuti fino a Zagarolo, precisamente a Valle Martella.

Ricordiamo che il rappresentante legale della Sol.co avrebbe gestito tra i vari business anche quello degli abiti usati. Sempre in una nostra inchiesta – spiegava Maurizio Costa – si svelò che la cooperativa New Horizons, facente parte sempre della Sol.Co., ha gestito per anni i cassonetti gialli per la raccolta degli abiti usati, avendo tra le mani un business milionario. In quel caso, uscì la notizia che gli abiti usati, invece che essere donati ai poveri, sarebbero stati venduti all'estero o ad aziende italiane.

PROVINCIA DI ROMA AUTORIZZA LA SOL.CO ONLUS PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI IN UN IMPIANTO DI ZAGAROLO
Mario Monge sfida se stesso e invece di raccogliere solo gli abiti usati e venderli all’estero vuole attivare un altro business, quello del trattamento dei rifiuti tessili e presenta all’ufficio SUAP della Comunità Montana dei Castelli Romani e Prenestini una istanza di Autorizzazione Unica Ambientale per l’inizio attività di recupero di rifiuti non pericolosi per l’impianto sito in Via Prenestina Nuova Km 3,500 località Valle Martella. Qui la Provincia di Roma, – oggi Città Metropolitana – con la Determinazione dirigenziale firmata dal Direttore del Dipartimento Ing Claudio Vesselli, prendendo atto che la Sol.co era iscritta al n.680 nel registro delle imprese che hanno effettuato comunicazione di inizio attività per il recupero della materia dei rifiuti non pericolosi, autorizzava la Sol.co alle operazioni di recupero nell’impianto per un quantitativo complessivo di rifiuti di 1500 tonnellate annue.

La costruzione dell’impianto invece era stata autorizzata ai sensi del Dlgs 152/06 del Servizio Tutela Aria e Energia del dipartimento Provincia di Roma.

I rifiuti con specifici codici CER messi in riserva R13 sono destinati ad essere sottoposti alla successiva operazione di recupero R3 (riciclo/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi) in modo effettivo ed oggettivo.

CITTADINI GABINI ALL’OSCURO DI QUESTO IMPIANTO

Il fatto inquietante sta nel dover constatare che i cittadini di Zagarolo nulla sapevano di questo impianto che dovrebbe smaltire rifiuti tessili e trattarli, un po’ come avvenne per la centrale a biogas a digestione anaerobica che si voleva costruire sempre a Valle Martella a soli 400 metri dalle scuole e dalle abitazioni. Grazie alle inchieste de l’Osservatore d’Italia è emerso come la mala informazione e mala gestione del progetto industriale impattante a livello ambientale da parte del comune di Zagarolo, non aveva coinvolto direttamente i cittadini, ma neanche i responsabili del comune che non si sono presentati alla Conferenza dei Servizi in cui si decideva dell'impianto industriale.

Insomma si ripete la storia e ora si scopre che la ex Provincia di Roma, più di un anno fa aveva autorizzato questo impianto, e anche la Comunità Montana dei Castelli Romani e Prenestini era a conoscenza di questa attività di cui, evidentemente, nessuno ha pensato di darne comunicazione istituzionale.

Mario Monge era arrivato fino a Zagarolo, era stato individuato un appezzamento di terreno per fare il business del riciclo dei rifiuti, credo che la magistratura romana vorrà prendere in considerazione anche questa nuova pista, il re dei cassonetti gialli arrestato dovrà sicuramente spiegare chi e come è stata autorizzata questa procedura. Noi possiamo offrire alla magistratura il documento in nostro possesso.

MARIO MONGE PATROCINAVA EVENTI PD, E ANCHE OSPITE ASSIEME A NICOLA ZINGARETTI E DANIELE LEODORI
Mario Monge non sembra essere proprio uno sconosciuto, lo troviamo nelle Brochure dove oltre a patrocinare eventi del PD, era anche tra gli ospiti come l’ultimo evento del 27 settembre 2014 “Insieme 2 Giornata di Aggregazione”, alla sua seconda edizione per promuovere ed incentivare la sensibilizzazione collettiva per la costruzione di una Comunità locale inclusiva e partecipata.

Fa pensare e molto come certe situazioni di degrado politico, mafioso e mala amministrazione emergano solo in seguito alle inchieste avviate dalla magistratura o grazie alle inchieste giornalistiche, mentre non vi sono controlli severi all’interno delle istituzioni stesse, sia comunali che regionali, come commissioni d’inchiesta dedicate alle infiltrazioni mafiose che evidentemente trovano muri invalicabili alla loro istituzione.




ZAGAROLO: GIOVANNI PANICCIA PASSA IL TIMONE A LORENZO PIAZZAI

di Alessandro Rosa

Zagarolo (RM) – I cittadini di Zagarolo al voto del 31 maggio 2015 hanno scelto di nuovo il PD per rinnovare il consiglio comunale che per cinque anni dovrà amministrare una città al collasso tra debiti e scandali al sole.

I cittadini hanno scelto seppur lanciando segnali ben marcati, pochissimi i voti di preferenze soprattutto per i senatori che hanno amministrato tra cariche assessorili, vice sindaci e presidenti del consiglio che incassano un magro bottino che decreta la non fiducia verso chi per anni è stato al comando di questa nave in balia delle onde.

L'affluenza alle urne per le Amministrative 2015 è stata la più bassa d’Italia, il 62,54%, e registra anche con un crollo di quasi 17 punti percentuali rispetto alle precedenti amministrative che avevano eletto sindaco Giovanni Paniccia. Questa volta al voto sono andati 8364 elettori, contro i 13376 delle amministrative del 2010.

La competizione ha visto 233 candidati consiglieri scendere in campo e 7 candidati a sindaco:

PAOLO PACIFICI del Movimento 5 Stelle
MARIO PROCACCINI con Zagarolo per te
ANIELLO NUNZIATA, con tre liste Uniti per Zagarolo (FI e FdI) Lista Civica Nunziata e Lega Lazio
DANIELA NAPOLEONI lista “a sinistra”
GIACOMO VERNINI con tre liste Alleanza Popolare, Valle MartellaTricolore, Lista Zagarolo nel cuore
SALVATORE GENOVESE con L’Alternativa in Blu e L’Alternativa in Rosa
LORENZO PIAZZAI con Lista PD, Lista Civica, Lista Campo Democratico, Zagarolo Vince

Lorenzo Piazzai, vince al primo turno incassando il 51,48% delle preferenze, La tensione la notte degli scrutini è stata alta e fino all’ultimo non vi era la certezza matematica di aver superato il 50% +1 dei voti validi, tant’è che lo stesso Piazzai ha mostrato un cedimento nervoso, ed è stato supportato dal sindaco uscente Giovanni Paniccia. Gli scrutini per ora riportano 4098 voti validi, con ben 366 schede annullate e 37 bianche. Le preferenze ufficiali non sono ancora uscite.

Una competizione questa gabina che rimarrà nella storia, tutti i consiglieri del precedente consiglio sono passati ad ingrossare le liste del candidato sindaco Piazzai, anche chi era parte dell’area destra, come Marco Bonini NCD e Michelino Conti, quest’ultimo capogruppo di Forza Italia fino a venti giorni prima della presentazione delle liste, e poi candidato nella lista Campo Democratico è arrivato terzo ma rientrerà dalla finestra con i suoi 99 voti a far parte del consiglio comunale anche se i seggi sono due, poiché Enrico Saracini (ex vice sindaco ed ex assessore all'ambiente ha ricevuto solo 154 voti) probabilmente prenderà un assessorato o vice sindaco. Bella competizione per Giacomo Vernini, ex assessore all’ambiente silurato all’ultimo momento dal sindaco Paniccia che gli ha revocato la nomina di Assessore a pochi giorni dalle votazioni, ha scelto la strada solitaria, che lo ha visto emergere con ben 1723 voti, e ora i cittadini che hanno riconfermato fiducia sperano che duri in opposizione e non faccia più il salto della quaglia che fece a metà mandato dell’amministrazione capitanata dall’ex sindaco uscente Paniccia.

Una vittoria amara per molti consiglieri non passati seppur caldeggiati da alte cariche del PD, comunque gli scrutini hanno fotografato bassissime le preferenze per chi doveva portare a casa un risultatone, poiché molti sono stati i voti solo di partito o di lista.

Il farmacista Salvatore Genovese passa in consiglio in quota opposizione con due liste che hanno racimolato 538, con lui passeranno Paolo Pacifici, candidato sindaco del M5S, Aniello Nunziata candidato sindaco del centro destra, che grazie all’apporto di Fratelli d’Italia e della lista Civica potrà continuare il progetto sociale e di controllo serrato.

Fratelli d’Italia conferma Stefano Novelli, che con soli 46 voti di meno rispetto ad Enrico Saracini (Campo Democratico) dimostra di essere unico leader incontrastato dell’attuale centro destra rispetto a quella precedente (NCD- Bonini e FI Conti) volata verso opportunità di far parte dei vincitori.

L’ex sindaco Paniccia, che non ha voluto riconfermare la sua candidatura, cede il testimone a Lorenzo Piazzai, fortemente voluto da Daniele Leodori (Presidente del Consiglio regionale del Lazio) che ora dovrà spolverare tutte le sue doti per ripristinare legalità e trasparenza per un comune troppo spesso finito sui giornali per inchieste e scandali al sole. I cittadini attendono il miracolo tanto paventato nella campagna elettorale.

Zagarolo un comune espressamente di sinistra riconferma la fiducia a chi ha amministrato per tanti anni. Le urne decretano il vincitore che come per le passate tornate elettorali dovrà dimostrare di saper cambiare questo paese, che tuttora attende quelle pubblicizzate dagli slogan elettorali e nei programmi precedenti. Vince lo slogan? Vincono le promesse elettorali? Solo il tempo come sempre galantuomo, decreterà la verità oggettiva. Del resto anche Piazzai sa che deve fare un miracolo per Zagarolo.
 




EMARGINAZIONE SOCIALE: GIOVANE 30 ENNE SI LANCIA NEL VUOTO

di Cinzia Marchegiani

Sottomarina (VE) – Alle porte della festa del 2 giugno, Federico Pagan, un giovane uomo di 30 anni ha deciso di togliersi la vita gettandosi nel vuoto da un’impalcatura sistemata addosso ad un edificio, sotto le accorate suppliche delle persone che avevano notato il ragazzo stazionare all’altezza del sesto piano le quali immediatamente avevano attivato le richieste d’aiuto ai vigili e il commissariato locale. Per Federico il lancio è stato fatale, morto nella sua città dove viveva in una tenda, un dramma di un’emarginazione sociale e della disperazione. Un appello la sua situazione finito anche sulle pagine del giornale Nuova, dove chiedeva aiuto: “Mio padre ha perso il lavoro, perché è fallita l’azienda in cui lavorava, non siamo più stati in grado di pagare l’affitto e ci hanno sfrattati. Ora i miei vengono ospitati da parenti e io ho solo questa tenda dove stare”

Una situazione al limite del grottesco verrebbe da dire, una nazione il nostro Bel Paese, attento a non discriminare migranti e profughi ma cieco verso situazioni insostenibili e di grande dignità umana a chi all’improvviso la vita prende un taglio inaspettato, gettando per strada matericamente persone.

Federico aveva fatto una scelta sofferta, rimanere a dormire in quella tenda, suo padre aveva trovato un altro lavoro e una sistemazione. Ma Federico stava combattendo evidentemente per qualcosa di importante, una battaglia forse più profonda, invisibile alla superficialità, fatta di solitudine, di certezze che all’improvviso vengono a mancare, per la sfiducia verso un sistema che divora speranze e sogni. La sua tenda era diventata un simbolo di una protesta forse più grande di lui, perché evidentemente non ce l’ha fatta a superare i suoi stessi fantasmi, e ha programmato il suo giorno della morte. L’isolamento, una società che cambia repentinamente, quei valori che diventano labili e disumani sono stati la spinta forse a decidere che questo mondo non meritava le sue sofferenze.

Solo era nella società e solo ha voluto morire Federico. In tasca una lettera, un testamento lungo parecchie pagine sicuramente faranno luce su quel gesto a molti incomprensibile, ma carico di tanta amarezza e incapacità di questo paese di saper accogliere e dare aiuto, non solo materiale, per chi non è in grado di giustificare un accanimento della vita. Quando un giovane di 30 anni decide di farla finita perché il suo paese non ha ascoltato il suo grido di dolore e i suoi grandi problemi, c’è da chiedersi dove questa nazione voglia andare e cosa abbia da festeggiare. Federico Pagan era un italiano, e la sua battaglia l’ha combattuta nella sua patria; era un giovane uomo che all’improvviso ha dovuto combattere contro un sistema che toglie lavoro, casa e dignità. Un tiro alla fune scattato anche contro quelle stesse istituzioni che l’hanno lasciato vivere dentro una tenda, senza far nulla affinché si potesse reintegrare e avere un’altra possibilità per riscattare un vita che lo aveva messo a dura prova.

Ecco come muore un italiano, mentre oggi fiumi di vuote parole riempiranno i tg nazionali e la felicità di qualche bambino di sventolare la bandiera italiana, Federico non c’è più. Federico forse anche lui da piccino riempiva le file delle parate. A noi rimane l’amarezza di testimoniare come la vita umana spesso abbia poco valore; viviamo inermi i drammi delle altre persone e per paura non riusciamo a guardare in faccia questi orrori.




SCANDALO AVASTIN LUCENTIS: LA PROCURA VALUTA NUOVE INDAGINI PER DISASTRO COLPOSO

LEGGI ANCHE: AVASTIN LUCENTIS: LO SCANDALO DELLA GRANDE TRUFFA CONTINUA

 

di Cinzia Marchegiani

Una querelle senza fine lo scandalo sanitario che ha visto al centro di indagini due colossi del big Pharma. Sarà ricordato come il danno erariale di proporzioni milionarie ma soprattutto a carico dei malati di malacupatia che non arriverebbero a pagarsi le cure perché viene ancora privilegiato nelle prescrizioni intravitreali quello più costoso, nonostante la sentenza del Tar del Lazio confermava di fatto la multa Antitrust di 180 milioni comminata alla Roche e Novartis per la gravissima vicenda del cartello con il quale avevano favorito la vendita del  farmaco Lucentis, più costoso rispetto all’Avastin, perpetrando danni anche alla libertà deontologica dei medici.

Ora la Società Oftalmologica Italiana vuole andare fino in fondo, consapevole del proprio ruolo di tutela dei pazienti e ha depositato un nuovo esposto presso la Procura di Roma a tutela del diritto di accesso alle cure per i pazienti affetti da maculopatia. A seguito dell’incontro, la Procura di Roma, tramite i magistrati Nello Rossi e Stefano Pesci, sta valutando l’avvio di nuove indagini per disastro colposo.

La Fondazione “Insieme per la Vista” Onlus sta valutando l’attivazione di una Class Action a favore dei pazienti danneggiati dalle illogiche direttive impartite dall’AIFA. 

SOI VUOLE SMANTELLARE LA TRUFFA – OMBRE SULL’AIFA
Insomma Big Pharma sarà sotto l’occhio della Procura di Roma, ma non solo. Questa è la punta di un iceberg che la Società Oftalmologica Italiana (SOI) sta cercando di smantellare a tutela della vista di milioni di cittadini italiani. Il Presidente SOI, Matteo Piovella, esprime la sua grande soddisfazione: “Abbiamo chiesto alla Procura di Roma di incontrarci di nuovo per aggiornare la situazione con nuove prove e dati ed abbiamo trovato grande disponibilità e professionalità a sostegno dell’attivazione di ulteriori indagini – spiega il Presidente della SOI – e per questo importante compito sono stato assistito dall’avvocato Riccardo Salomone del foro di Torino, consulente di SOI”. La Procura ha recepito l’importanza dell’azione perorata dalla SOI, rivolta alla salute e tutela della vista ed al rispetto dei diritto costituzionale di accesso alla cura, sulla base di dati raccolti da SOI collaborando con le divisioni di oculistica Ospedaliere e Universitarie, è emerso, infatti, che le regole imposte da AIFA hanno comportato che solo 57 strutture ospedaliere su 215 esistenti, oggi utilizzano Avastin.

Piovalla spiega: "Inoltre, ogni Regione fa a modo suo: ad esempio, in Veneto ed in Emilia Romagna si utilizza Avastin mentre questo farmaco non ha quasi cittadinanza in Lombardia. Questa drammatica realtà oggi consente solo a 100 medici oculisti di poter utilizzare Avastin – esterna Piovella – e tutto questo è incredibile!"

BEFFA E DANNO A CARICO DEL SSN E DEI MALATI
A differenza di quanto accade in tutto il resto del mondo, in Italia gli altri 6900 medici oculisti non hanno alcuna possibilità concreta di prescrivere e di utilizzare Avastin. Una situazione a dir poco vergognosa, che di fatto ha impedito di erogare il 70% delle cure intravitreali necessarie per sostenere le esigenze terapeutiche dei pazienti italiani rispetto a quanto viene fatto normalmente in Francia, Inghilterra e Germania. Il tutto certificato da IMS l’organizzazione mondiale che mette a disposizione delle Aziende affiliate i numeri di vendita dei farmaci nei differenti Paesi. La Fondazione “Insieme per la vista” (www.insiemeperlavista.com) ha valutato che il danno subito (una media di 20.000 euro a persona) dai 65 mila pazienti che non hanno avuto un adeguato accesso alle cure, ammonterebbe ad una somma risarcitoria superiore ad 1 miliardo di euro quale conseguenza delle inspiegabili direttive approvare da AIFA.

CLASS ACTION:  MINISTERO SALUTE E AIFA RIFORME OPPOSTE ALLE SENTENZE
La Fondazione sta valutando l’attivazione di una Class Action a tutela dei diritti dei pazienti. “Esprimiamo quindi la nostra gratitudine alla Procura di Roma – afferma Piovella – che ha deciso di far luce su tutta questa incredibile vicenda che ribadiamo ha come risultato che ad oggi l’utilizzo di Avastin in Italia è diminuito del 80% . In tutto questo, va evidenziato che Roche e Novartis – le aziende produttrici sia del farmaco più costoso che di quello meno caro – hanno già dovuto pagare una multa comminata dall’Antitrust di circa 180 milioni di euro, il cui ricavato purtroppo non è andato a vantaggio e a sostegno dei pazienti affetti da maculopatia.” Dopo che Antitrust, il TAR del Lazio e la stessa Corte Europea, hanno con le loro sentenze e pronunce sancito la necessità di diffondere l’utilizzo di Avastin, la SOI spiega come le riforme messe in campo da AIFA e dal Ministero della Salute hanno determinato il risultato opposto a quello richiesto e sperato: “il tutto con un danno diretto da parte dei pazienti italiani che per questi motivi sono stati esclusi dalle cure. Questa realtà ha portato nel 2014 ad erogare solo 220.000 iniezioni contro le oltre 650.000 somministrate in Francia, in Germania e in Inghilterra – conclude Piovella – eppure tutti sanno che utilizzando Avastin al posto di Lucentis si risparmierebbero oltre 400 milioni di euro all’anno”.

Si delinea disastro colposo? La ministra Lorenzin e il direttore generale dell’AIFA, Luca Pani dovranno scartabellare tutte le loro motivazioni documentabili e azioni messe in campo espresse nel tutelare le casse del paese… ma soprattutto quel diritto inalienabile che un paese civile dovrebbe sempre far rispettare, l’accesso alle cure, soprattutto per i pensionati e i meno fortunati.




CAGLIARI: CHI OSPITERA' I 900 MIGRANTI ?

di Cinzia Marchegiani

Cagliari – E’ la Sardegna l’isola che sta accogliendo circa 880 dei 4.243 migranti soccorsi al largo delle Coste della Libia dall’operazione Triton. Viaggiavano a bordo di 13 gommoni e 9 barconi. Lo sbarco è avvenuto al Porto Canale di Cagliari, dove sono state allestite le prime unità di soccorso. Un vertice in Prefettura, a cui hanno partecipato carabinieri, polizia locale, Guardia di Finanza, Corpo Forestale, Guardia costiera, vigili del fuoco e tutte le associazioni coinvolte e gli enti coinvolti, è stato necessario per definirne le modalità, che ha affrontato l’aspetto dell’accoglienza e la disponibilità delle strutture già individuate, e si sono trovate altre soluzioni per accogliere ed ospitare un numero così elevato di stranieri. Il Questore riferendosi agli sbarchi ha spiegato che i migranti dopo le visite mediche saranno trasferiti in strutture di accoglienza in tutta la regione. 

Per i cittadini la trasparenza sulle strutture individuate ha però sollevato dubbi e perplessità, essendo quest’ultimo non uno sbarco di poche persone, ma di circa 900 migranti. L’On Mauro Pili di UNIDOS commentando il video dello sbarco parla di immagini del grande esodo: “Tutti ammassati sulla banchina, gli immigrati vengo sistemati sulla banchina del porto canale. Si tratta di un'emergenza senza precedenti e la decisione di scaricare in Sardegna questa ulteriore tensione è da irresponsabili. Quasi 900 immigrati in un colpo solo significa creare gravissime tensioni ovunque. a partire dalle gravissime lacune organizzative. lo Stato che parla di quote a livello europeo assegna oltre un terzo di questo sbarco alla Sardegna. Serissimi problemi sul piano sanitario per l'impossibilità di sottoporre a controllo cosi tanti immigrati. Ancora non si vedono mezzi di trasferimento, né pullman né altro. Non è da escludere che si stia pensando ad allestire una tendopoli sul porto”.

IL MINISTERO DELLA DIFESA DIPSONIBILE A CEDERE CASERME PER ACCOGLIERE I MIGRANTI
Ricollegandoci alle affermazioni rese il 15 maggio scorso dal Ministro della Difesa Pinotti, ora il quadro comincia ad allinearsi, circa l’assoluta disponibilità del ministero della difesa nel mettere a disposizione le caserme disponibili per affrontare transitoriamente l’emergenza immigrazione.

CABINA REGIA REGIONI: I COMUNI INCENTIVATI DIRETTAMENTE PER FAR ENTRARE I MIGRANTI
Non meno preoccupanti invece è l’ipotesi portata avanti dal presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino, e dal Presidente dell’Anci, Piero Fassino, di dar vita ad una cabina di Regia che su questo tema, con particolare riferimento alla gestione dell’emergenza, coinvolga oltre a Regioni e Comuni le diverse amministrazioni dello Stato interessate (quindi oltre al Ministero dell’interno, anche il ministero dell’economia per la parte “demanio” ed il ministero della difsa per al parte “caserme dismesse”).

E’ questo uno dei punti di sintesi con cui si è concluso il vertice al Viminale fra il ministro Angelino Alfano, i Sindaci ed i presidenti delle Regioni.
C’è poi un impegno forte del Ministero ad agire per verificare le ipotesi di un allargamento del sistema dello Sprar anche verificando possibili incentivazioni per i comuni che accetteranno di entrare a farvi parte.
Da ultimo anche una verifica per contenere e abbreviare i tempi delle Commissioni che devono accertare lo status di rifugiato dei diversi immigrati che sbarcano sulle nostre coste.
“È stato deciso di allargare il numero dei profughi che saranno ospitati dai Comuni col metodo Sprar, e per andare in questa direzione verranno previsti dei meccanismi incentivanti e premiali per i Comuni che concorreranno a questo sforzo. Da domani un altro gruppo di lavoro definira' quali sono gli incentivi che possono essere messi a disposizione dei Comuni per rafforzare l'accoglienza”, ha spiegato il presidente dell'Anci, Piero Fassino, al termine dell'incontro.

Per il ministro dell'Interno, Angelino Alfano l’incontro con Comuni e Regioni è stato “positivo. Non si può chiedere l'equa distribuzione in Europa se non si realizza l'equa distribuzione in Italia. Ho trovato spirito di collaborazione e operatività. Ovviamente con qualche eccezione. Ma questo è normale”. E il ministro, al termine della precedente conferenza unificata aveva lanciato l’idea di far lavorare gli immigrati, sulla base di quanto già stabilito da una precedente circolare: “dobbiamo chiedere ai Comuni di far applicare una nostra circolare che permetta di far lavorare gratis gli immigrati che vi risiedono. Invece che tenerli lì a far niente almeno li facciano lavorare”.

 




PUGLIA: ALLARME PER IL BATTERIO KILLER XYLELLA DEGLI ULIVI

di Cinzia Marchegiani

Salento – Ci sono tanti interessi attorno al batterio killer che sta decimando gli ulivi salentini e che minaccia di colpire il territorio pugliese e non solo con potenziali protagonisti che hanno interesse a seccare gli ulivi del Salento. Coincidenze? La presenza del patogeno, considerato tra le cause della moria di alberi, “presenta aspetti che potrebbero andare oltre la fatalità”, lo dice Gian Carlo Caselli, ex procuratore capo di Torino e presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura. Che Xylella sia stata importata è un fatto, come pure che in questa storia paiono esserci tutti i presupposti di una guerra chimica o batteriologica. Di fatto nelle grandi multinazionali oramai la guerra non si combatte più in un consiglio di amministrazione, ma con atti atroci di terrorismo e bombardamenti di intelligenza sopraffina che riducono a deserto i deserti. Una fantasia? Mica tanto, almeno a leggere gli studi fatti nel 2008 dalla rete europea di batteriologi, costituitasi nell’ambito dell’iniziativa COST 873: “Di tutte le specie batteriche elencate, solo Ca. Liberibacter spp. e Xylella fastidiosa, entrambi patogeni per gli agrumi, potrebbero essere considerate tali da soddisfare i criteri proposti per le armi biologiche. E se l’ulivo, si sa è pianta protettissima, il cui abbattimento è legato da vincoli di legge spesso insuperabili, chi ha interesse ad estirparli prima del tempo per poter realizzare tracciati che richiederebbero autorizzazioni senza fine?

PRESIDENTE SPORTELLO DEI DIRITTI, GIOVANNI D'AGATA AFFIDA INDAGINE SCIENTIFICA

In merito all'eventualità che dietro questo dosastro non solo ambientale ma economico a acrico degli agricoltori si è attivato Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” che ha deciso di affidare a giorni al generale Luciano Garofano, biologo ed ex comandante del Ris di Parma, l’incarico ufficiale di eseguire un’indagine scientifica sul batterio della Xylella, che sta distruggendo migliaia di ulivi nel Salento e non solo, arrecando seri danni al paesaggio e all’economia locale. L’incarico consisterà nell'accertare se il batterio sia stato importato (la Procura di Lecce ha aperto un fascicolo d’indagine, con l’ipotesi di diffusione di una malattia delle piante) oppure no. L’inchiesta sulla Xylella mosse i primi passi nel maggio di un anno fa, dopo la morìa di centinaia e centinaia di alberi d’ulivo segnalata in tutto il Salento, a seguito di tre esposti presentati in procura da alcune associazioni ambientaliste: il sospetto è infatti che la Xylella, segnalata in Europa circa quattro anni fa, possa essere stata introdotta per la prima volta nel corso di un workshop tenutosi a Bari nel 2010.




CASO MARLETTA: L’APPELLO AL MINISTRO DELLA SALUTE E ALL'ASSESSORE LUCIA BORSELLINO

 

Arriva l’appello alle istituzioni di Irene Sampognaro, moglie dell’architetto Giuseppe Marletta in coma da cinque anni in seguito all’estrazione di 2 ferule metalliche dalla gengiva per un errore sanitario certificato da una commissione. Fu abbandonato subito dopo l’intervento senza monitoraggio

 

di Cinzia Marchegiani

Catania – A distanza di 5 anni dal tragico evento sanitario che ha colpito l’architetto Giuseppe Marletta, riducendolo in stato vegetativo dopo un banalissimo intervento di estrazione di 2 ferule metalliche dalla mascella presso l’ospedale Garibaldi di Catania, torna ad esprimere la sua indignazione la moglie, Irene Sampognaro, dopo che è avvenuto un altro caso di coma con le stesse analogie del marito e lo fa tramite il nostro giornale.

IL DRAMMA E LA BEFFA GIUDIZIARIA
Vite cambiate, distrutte. Quelle dei figli Edoardo e Eleonora e della moglie Iene, che hanno visto il proprio papà e il proprio compagno di una vita diventare un vegetale per un semplice intervento chirurgico avvenuto nel lontano giugno 2010 che doveva risolvere un problema di sinusite. Da allora Giuseppe è in coma vegetativo per un errore sanitario, che non doveva accadere, ma che ha fatto emergere come alcune procedure sanitarie siano pericolose e senza presa di responsabilità. Il 4 giugno 2015 ci sarà la prima udienza davanti alla Corte d’Appello penale perché gli imputati e l’ospedale hanno impugnato la sentenza di condanna di primo grado ritenendola ingiusta e lesiva dei propri diritti.

APPELLO DI IRENE SAMPOGNARO
Lasciamo nella sua interezza la missiva che Irene rivolge alle istituzioni sanitarie e politiche affinché sia fatta giustizia e ci sia una presa di responsabilità ancora latente nonostante sia chiaro che il danno che ha subito suo marito per un banale operazione è stato certificato e catalogato come un errore sanitario.

Ecco la missiva:

L’ospedale Garibaldi nuovo di Catania, si ostina ancora a non assumersi le proprie responsabilità, nonostante ci sia una sentenza del Tribunale penale di Catania che abbia accertato che quando mio marito ha avuto l’arresto respiratorio a seguito di un ritorno di coda dell’anestesia, era solo. Non c’era nessun sanitario che gli potesse prestare soccorso.
La commissione parlamentare sugli errori sanitari presieduta dall’on. Leoluca Orlando ha da subito definito quello di mio marito uno dei più eclatanti casi di malasanità degli ultimi anni.
Eppure l’ospedale Garibaldi si è limitato a pagare solo la provvisionale di 80 mila euro per parte civile e non ha alcuna intenzione di pagare il risarcimento danni.
Tengo a dire che non esiste nessun risarcimento al mondo che possa compensare le sofferenze patite sin’ora da mio marito, da me e dai nostri 2 bimbi. La tragedia che si è consumata presso l’ospedale del Garibaldi nuovo l’1 giugno di 5 anni fa è un danno irreparabile. Tuttavia esigo che per l’ospedale Garibaldi e tutti i responsabili coinvolti in questa vicenda non ci siano sconti di pena e che paghino tutto ciò che devono in base alla legge, sino all’ultimo centesimo. Non ho alcuna intenzione di rinunciare ai diritti miei e della mia famiglia già ampiamente calpestati nel corso di questi ultimi anni.
E’ giusto che abbia la possibilità di offrire una qualità di vita migliore ai miei figli, ma anche a mio marito Giuseppe; infatti sono tutt’ora disposta a portarlo sino all’altro capo del mondo affinché possa ricevere quell’assistenza e quelle cure che sin’ora non ha mai ricevuto e che questo paese non è in grado di offrirgli.
Il 4 giugno ci sarà la prima udienza davanti alla Corte d’Appello penale perché gli imputati e l’ospedale hanno impugnato la sentenza di condanna di primo grado ritenendola ingiusta e lesiva dei propri diritti.
In realtà ciò che stupisce della sentenza di primo grado è che, a fronte del danno immenso che è stato arrecato a mio marito, gli imputati se la sono cavata con soli 6 mesi di reclusione con condizionale.
Io mi auguro che questa vicenda giudiziaria possa concludersi al più presto con la conferma che quello di mio marito è un macroscopico caso di malasanità e che i sanitari e l’ospedale paghino quanto prima per la loro negligenza.
Rivolgo un appello alle istituzioni ed in particolare al Ministro alla salute Lorenzin e all’assessore Lucia Borsellino affinché inviino ispettori presso l’ospedale Garibaldi nuovo di Catania e facciano chiarezza sui casi di coma che si sono registrati negli ultimi anni. Sono infatti a conoscenza di un nuovo caso di coma avvenuto presso il Garibaldi che presenta delle analogie con quello di mio marito. Purtroppo appena un paio di mesi fa una giovane madre di famiglia è entrata in coma a seguito di un arresto cardio-respiratorio, sembra anche in questo caso per un effetto collaterale dell’anestesia; ad accorgersene sono stati i parenti perché pare che nemmeno questa volta fossero presenti i sanitari.
Questi casi non devono accadere, così come non dovevano accadere i casi di mio marito e di Smeraldina Camiolo, perché potevano essere benissimo evitati; sarebbe bastata un po’ più di attenzione da parte dei sanitari del Garibaldi nuovo di Catania.
E’ inoltre evidente una responsabilità degli stessi vertici dell’ospedale; infatti se costituisce una prassi abbandonare i pazienti a se stessi dopo un intervento, allora sussiste quantomeno una culpa in eligendo e/o in vigilando, cioè sono state selezionate persone inadeguate per ruoli così delicati e questo è piuttosto inquietante.
Auspico quindi che le istituzioni si facciano carico di verificare i metodi di selezione e il modus operandi dei sanitari all’interno dell’A.O. Garibaldi nuovo di Catania”.

 




EPATITE C: LA FONDAZIONE GIMBE SVELA TUTTI I FALSI MITI DEL FARMACO SOFOSBUVIR

Al fine di informare correttamente il mondo della sanità, professionisti e pazienti la Fondazione GIMBE ha pubblicato il Position Statement “Efficacia e costo-efficacia del Sofosbuvir nel trattamento dell’epatite C” da cui emergono alcune criticità metodologiche relative alla robustezza delle prove di efficacia, oltre che all’entità e alla precisione dei benefici del farmaco

di Cinzia Marchegiani

Dopo il botta e risposta tra AIFA e la Regione Toscana sul farmaco per l’epatite C, interviene la Fondazione GIMBE indispensabile riallineare aspettative dei pazienti e e mondo della sanità alle reali prove di efficacia del “super-farmaco” e definire le priorità di trattamento secondo criteri di costo-efficacia.ritenendo

L’impossibilità di garantire il trattamento con il Sofosbuvir a tutti i pazienti affetti dal virus dell’epatite C ha generato la mobilitazione della magistratura e della politica. Il 16 maggio il pm Guariniello ha aperto un fascicolo a carico di ignoti con ipotesi di reato per omissione di cure e lesioni colpose perché il Governo non avrebbe assicurato alle Regioni le somme necessarie a garantire a tutti i pazienti la costosissima terapia in grado di “cancellare la malattia”. Due giorni dopo il Governatore Enrico Rossi ha dichiarato che la Regione Toscana garantirà a tutti i cittadini toscani l'accesso gratuito alla terapia farmacologica per la cura dell'epatite C perché “bloccare la progressione del danno epatico in uno stadio precoce risolve definitivamente la malattia, riduce il rischio di diffusione ed evita tutte le spese derivanti dal trattamento della malattia”. Dal canto suo Luca Pani difende l’operato dell’AIFA che, grazie ai criteri prescrittivi identificati e ai fondi stanziati dallo Stato, garantisce oggi il trattamento a 7.000 pazienti, seppure con preoccupanti variabilità tra una regione e l'altra e rimprovera Enrico Rossi di diffondere a fini elettorali informazioni illusorie nei confronti di oltre un milione di cittadini italiani affetti da epatite C.

In un momento particolarmente critico per la sostenibilità della sanità pubblica, la Fondazione GIMBE invita tutti gli stakeholders (le parti interessate) a valutare con sano scetticismo e adeguato rigore metodologico tutte le innovazioni farmacologiche e tecnologiche evitando, sull’onda di un contagioso entusiasmo, di enfatizzare i benefici e minimizzare i rischi degli interventi sanitari.
Al fine di informare correttamente politiche sanitarie, professionisti e pazienti la Fondazione GIMBE ha pubblicato il Position Statement “Efficacia e costo-efficacia del Sofosbuvir nel trattamento dell’epatite C” da cui emergono alcune criticità metodologiche relative alla robustezza delle prove di efficacia, oltre che all’entità e alla precisione dei benefici del farmaco.

NON ESISTONO STUDI INDIPENDENTI
Quello che emerge fa riflettere molto su come un prodotto farmaceutico pubblicizzato miracoloso nasconda in realtà poca trasparenza sulla sua efficacia. Per questo GIMBE conferma come tutti gli studi che hanno valutato l’efficacia del Sofosbuvir sono stati finanziati, progettati e realizzati dall’azienda produttrice Gilead Science e, al momento, non esiste alcuno studio indipendente. Non solo ma dichiarano ci non conoscere il reale valore aggiunto del farmaco rispetto a un confronto appropriato, sia perché mancano trial di efficacia comparativa del Sofosbuvir con altri agenti antivirali ad azione diretta, sia perché tutti gli studi prevedono l’associazione del Sofosbuvir con ribavirina ± peginterferon-alfa, mentre alcuni studi presentano limiti metodologici rilevanti (controlli storici, assenza di blinding).

FRARMACO SOFOSBUVIR QUELLO CHE NON VIENE DETTO
Ed ecco che la Fondazione GIME elenca i vari punti critici su questo farmaco diventato miracoloso:
. Tutti gli studi hanno utilizzato come misura di esito un end-point surrogato, ovvero la risposta virologica sostenuta al di sotto della soglia minima identificabile a 24 o a 12 settimane dalla sospensione del farmaco.
. La risposta virologica sostenuta non garantisce l’eradicazione del virus dal sangue (che resta solo al di sotto della soglia minima identificabile), né permette di identificare la persistenza del virus nei tessuti.
. Per alcuni sottogruppi di pazienti la stima dell’effetto del trattamento è incerta a causa della loro limitata numerosità campionaria.
. Non esistono prove di efficacia dirette su outcome clinicamente rilevanti: evoluzione dell’epatite in cirrosi, scompenso della cirrosi, insorgenza di epatocarcinoma, mortalità.
. Non è nota la probabilità di re-infezione nei pazienti che hanno ottenuto una risposta virologica sostenuta.
. Non conosciamo gli effetti avversi, oltre che la compliance, nel mondo reale.

ASSENZA PROVE DI EFFICACIA NON GIUSTIFICANO IL TRATTAMENTO DI PREVENZIONE
A seguito di queste valutazioni la Fondazione GIMBE conclude che il Sofosbuvir costituisce una rilevante innovazione terapeutica, ma le evidenze disponibili documentano solo che il farmaco è efficace nel determinare una risposta virologica sostenuta in una percentuale che raggiunge il 90% in alcuni (ma non in tutti) sottogruppi di pazienti.
La storia naturale dell’epatite C e le prove di efficacia disponibili non giustificano in nessun contesto sanitario, indipendentemente dalla disponibilità di risorse, una policy che preveda il trattamento di tutti i pazienti con epatite C con l’obiettivo di prevenire l’evoluzione dell’epatite cronica in cirrosi, lo scompenso della cirrosi, lo sviluppo dell’epatocarcinoma, i trapianti di fegato e la mortalità.
Ma non solo, Gime sottolinea come in assenza di prove di efficacia dirette sulla capacità del Sofosbuvir di rallentare l’evoluzione dell’epatite C verso forme avanzate di malattia scommettere sui potenziali risparmi per l’assistenza sanitaria è puramente speculativo e non supportato da alcun dato scientifico.

SOFUSBIR NON PUO’ ESSERE ETICHETTATO FARMACO SALVAVITA
“Assimilare la risposta virologica sostenuta nel singolo paziente alla eradicazione del virus C dalla popolazione è una suggestiva, spiega GIME -ma inverosimile, strategia di sanità pubblica. Considerato che la mortalità nei pazienti con epatite C è molto bassa e che nessuno studio ha dimostrato che il Sofosbuvir riduce la mortalità , il termine ‘farmaco salvavita’ è improprio e non dovrebbe più essere utilizzato”.

Definire le priorità di trattamento in relazione alla costo-efficacia del Sofosbuvir nei vari sottogruppi di pazienti rappresenta, – la Fondazione GIME ricorda – oggi l’unica soluzione accettabile dal punto di vista clinico, etico ed economico, e i dati relativi a tutti i pazienti trattati dovrebbero essere raccolti in maniera sistematica al fine di documentare l’efficacia e la sicurezza del farmaco nel mondo reale.