MAFIA CAPITALE: IL CAMPIDOGLIO ATTENDE IL VERDETTO DI FRANCO GABRIELLI

 

Il rapporto "segreto" sull'amministazione capitolina redatto da tre ispettori sarà nelle mani del prefetto Franco Gabrielli il 16 giugno 2015. 

 

di Cinzia Marchegiani

Roma – Un destino inesorabile attende Roma capitale dopo la cloaca e la gogna internazione in cui è finita con l’inchiesta “Mondo di Mezzo”. Il prefetto Franco Gabrielli il prossimo 16 giugno avrà sulla propria scrivania la relazione sull'amministrazione del Campidoglio, e a lui spetterà la decisione di proporre entro 45 giorni al ministro dell'Interno lo scioglimento del Comune.

Il rapporto "segreto" sarà consegnato nelle mani del prefetto dai tre ispettori che in sei mesi di indagine hanno elaborato dopo aver consultato e avuto accesso agli atti del Campidoglio. Un lavoro certosino attivato da quando lo scandalo di mafia Capitale era di dominio pubblico, per verificare e documentare il livello dell'inquinamento degli uffici emerso dalle carte dell’inchiesta. Così sotto la lente d’ingrandimento sono finiti gli appalti e anche i bandi di gara del Comune di Roma.

Al prefetto Gabrielli lo attende una decisione importante e delicata, il rapporto prodotto spalancherà scenari forse ancora inediti e avrà 45 giorni per decidere, se proporre al ministro dell’Interno, dopo previo parere della procura e del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza, se proporre lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune stesso.
Se qualcuno pensava che l’inchiesta Mondo di Mezzo si fosse arenata nella prima fase, tutt’altro fanno intuire il proseguimento degli interrogatori della procura, sotto lente d’ingrandimento ora sono finiti tutti i nomi che appaiono sull’agenda di Salvatori Buzzi, il re della coop 29 giugno, che iniziò il suo business a Zagarolo e Palombara nel 1996.

Manca poco ormai al verdetto che salverà o condannerà il Campidoglio, il prefetto deciderà se da quelle carte e rapporto degli ispettori della procura esiste la necessità di proporre lo scioglimento del Comune ma sarà il ministro degli Interni a portare la questione in Consiglio dei ministri, qui il governo deciderà il destino dell’'amministrazione della Capitale e la gogna per infiltrazioni mafiose.
45 giorni per comprendere se Roma capitale dovrà macchiarsi di questa onta che già di fatto ha messo alla berlina non solo se stessa ma tutta l’Italia agli occhi del mondo intero. E molti si chiedono con forza se debba essere una proposta di un prefetto decidere non solo le sorti di una città, ma a riportare nell’alveolo dei requisiti di dignità morale, il ruolo del primo cittadino e tutti coloro che hanno reso nota la capitale del mondo ancor di più delle sue bellezze storiche e la cultura millenaria, per il malaffare e la corruzione ad ogni livello.

Arriva la sentenza morale anche da parte del segretario di benedetto XVI e prefetto della Casa pontificia, Don Georg che senza veli parla di "epidemia" contro la quale bisogna "reagire senza indugio. Il Papa parla spesso di corruzione – osserva Ganswein in un'intervista all'Adnkronos – Una corruzione dalle mille facce. Sono i vizi capitali che ritornano. Si deve fare tutto il possibile per fare pulizia. Ormai non è più una questione di appartenenza politica, ci troviamo davanti ad un'epidemia contro la quale si deve reagire senza indugio"

 




EMBARGO RUSSIA: E’ BOOM DI PRODOTTI MADE IN ITALY TAROCCATI

di Cinzia Marchegiani

Nei supermercati russi si possono trovare fantasiosi surrogati locali che hanno preso il posto dei cibi italiani originali, dalla mozzarella “Casa Italia”, dall’insalata “Buona Italia” alla Robiola, dalla mortadella Milano al parmesan, dalla scamorza al mascarpone. La Coldiretti spiega che a potenziare la produzione del falso Made in Italy non è stata però solo l’industria russa, ma anche molti Paesi che non sono stati colpiti dall’embargo come la Svizzera, la Biolorussia, l’Argentina o il Brasile che hanno aumentato le produzioni e le esportazioni dei cibi italiani taroccati nel Paese di Putin. Le sanzioni che hanno portato allo stop alle importazioni di frutta, verdura, salumi e formaggi dall’Italia insomma hanno provocato in Russia un vero boom nella produzione locale di prodotti Made in Italy taroccati, con la produzioni casearia russa di formaggio che nei primi quattro mesi del 2015 ha registrato un sorprendente aumento del 30 per cento e riguarda anche imitazioni di mozzarella, robiola o grana padano.

DENUNCIA PRODOTTI TAROCCATI ITALIANI
A denunciare questo mercato fraudolento è la stessa Coldiretti che ha divulgato un monitoraggio del mercato estero in occasione della visita del presidente Vladimir Putin in Italia in concomitanza dell’annuncio del capo dell'amministrazione presidenziale, Serghei Ivanov, che la Russia non ha intenzione di revocare l'embargo sull'import alimentare dai Paesi che hanno varato sanzioni economiche nei suo confronti: “Nei supermercati russi si possono trovare fantasiosi surrogati locali che hanno preso il posto dei cibi italiani originali, dalla mozzarella ‘Casa Italia’, dall’insalata ‘Buona Italia’ alla Robiola, dalla mortadella Milano al parmesan, dalla scamorza al mascarpone. "A potenziare la produzione del falso Made in Italy non è stata pero’ solo l’industria russa ma – sottolinea la Coldiretti – anche molti Paesi che non sono stati colpiti dall’embargo come la Svizzera, la Biolorussia, l’Argentina o il Brasile che hanno aumentato le produzioni e le esportazioni dei cibi italiani taroccati nel Paese di Putin”. "In Russia – precisa la Coldiretti – è possibile infatti trovare scamorza, mozzarella, provoletta, mascarpone e ricotta Made in Bielorussia, ma anche salame Milano e Gorgonzola di produzione Svizzera e Parmesan o Reggianito di origine Brasiliana o Argentina. "

DANNI INCOMMENSURABILI PER I PRODOTTI ITALIANI
La Coldiretti fa un bilancio anche per il futuro dell’economia italiana. Il rischio quindi è legato alla perdita di spazio sugli scaffali che sarà difficile recuperarlo, anche se le tensioni politiche saranno separate e l’embargo eliminato, perché i rapporti commerciali si consolidano ed i consumatori russi ingannati potrebbero non volere più il Made in Italy sulle loro tavole. Il rischio riguarda anche la ristorazione italiana in Russia che, dopo una rapida esplosione, rischia di essere frenata per la mancanza degli ingredienti principali. In alcuni casi i piatti sono spariti dai menu mentre in altri sono stati sostituiti da tarocchi locali o esteri senza però che ci sia nella stragrande maggioranza dei ristoranti una chiara indicazione nei menu. Secondo l’analisi ella Coldiretti si tratta di danni indiretti destinati a durare nel tempo che moltiplicano le perdite già subite dall’agroalimentare italiano che ha visto praticamente dimezzare le esportazioni in Russia (-53,8 per cento) nel primo bimestre del 2015 dopo che l’embargo iniziato il 6 agosto del 2014 aveva già comportato un calo delle spedizioni di circa 100 milioni di euro. L’impossibilità di esportare sul mercato russo frutta, verdura, salumi e formaggi dall’Italia ha peraltro provocato una situazione di eccesso di offerta sul mercato europeo con ricadute negative sui prezzi riconosciuti agli agricoltori.




PISANA CAPITALE: LA GAFFE DI NICOLA ZINGARETTI SU MARCO VINCENZI “INDAGATO!!!”

 

Nicola Zingaretti si fa sfuggire in un’intervista video che Marco Vincenzi è indagato, e corre ai ripari con una nota dove fa aggiungere tre punti esclamativi per smorzaare la gaffe appena fatta, la capogruppo M5S Corrado spiega il caso Zingaretti-Vincenzi  

 

di Cinzia Marchegiani

Roma – Arriva decisa e tagliente la nota di Valentina Corrado, capogruppo del M5S Regione Lazio che fa emergere un atteggiamento alquanto imbarazzante del Presidente Nicola Zingaretti, che prova a coprire, la sua affermazione rilasciata mezzo intervista video in cui dice che il capogruppo Pd Marco Vincenzi è indagato, con un comunicato stampa per cercare di correggere la sua gaffe.

Ricordiamo che Marco Vincenzi, Capo Gruppo del Pd si è dimesso lo scorso 9 giugno poiché ci sarebbe una ricostruzione degli inquirenti secondo cui l'approvazione di alcuni emendamenti, avrebbero favorito le cooperative di Salvatore Buzzi, sarebbe stata favorita da alcuni esponenti regionali.

LA GAFFE SPIEGATA DA VALENTINA CORRADO CAPOGRUPPO M5S PISANA
“La caduta dei regimi è spesso anticipata dalla confusione, come quella a cui stiamo assistendo oggi. Zingaretti si fa intervistare nella parte della vittima inconsapevole e si lascia scappare che Vincenzi è indagato, in seguito prova a correre ai ripari rettificando con tre puntini di sospensione in un comunicato stampa e finisce con una nota della Regione che smentisce il Presidente, nonostante la registrazione audio e video. E' evidente che la macchina propagandistica di Zingaretti, nonostante le inserzioni, si è inceppata, a questo punto solo Vincenzi può aiutarlo richiedendo alla Procura il certificato di non iscrizione nel registro delle notizie di reato ai sensi dell'articolo 335 del codice di procedura penale. E' evidente che il PD è allo sbando e che il Lazio non può continuare ad essere amministrato da un presidente che viene smentito con note stampa dai propri stessi uffici.”

Vincenzi mentre annunciava le sue dimissioni da capogruppo del PD, aveva spiegato che in merito alle notizie che lo riguardano pubblicate dagli organi di stampa, smentiva di aver presentato in Consiglio regionale emendamenti per finanziare il comune di Roma o i suoi municipi: “Non corrispondono nel modo più assoluto a verità e sono destituite di fondamento, quindi, le affermazioni di Salvatore Buzzi su un mio presunto interessamento per far ricevere al municipio di Ostia 600mila euro o qualsiasi altra cifra”. 




GRECIA: UE INSISTE PER SCONGIURARE IL DEFAULT

di Cinzia Marchegiani

UE – La Grecia è dentro l’occhio del ciclone, che decreterà le sue sorti. L’Unione Europea sembra stia valutando ormai la possibilità di un default ellenico se non si concretizzeranno presto decisioni tra Atene e i suoi creditori. Il default è un evento dato ormai per scontato tanto che sul popolare dito di bookmaker, Paddy Power, si continuano ad accettare scommesse sull'uscita della Grecia dall'area euro, data ormai 11 a 10. Si parla ormai di guerra finanziaria innescata, tanto che la FMI si è alzato dal tavolo dei negoziati tenutosi ieri. L'UE ha lanciato un monito alla Grecia,  un chiaro ultimatum, il paese ha meno di 24 ore per presentare controproposte serie, e sembra dovranno includere necessariamente le riforme sulla pensione e aumento dell’IVA, mentre il premier greco Tsipras aveva messo condizioni ferree affinché non si toccassero i portafogli dei pensionati e dei consumatori.

Il governo tedesco secondo le anticipazioni del quotidiano tedesco Bild, starebbe avviando "consultazioni concrete" circa le misure da adottare nel caso di bancarotta di Atene. In poche parole, i tedeschi non escludono più uno scenario di default della Grecia. E iniziano a correre ai ripari. L'avvicinarsi delle prossime scadenze e le difficoltà a trovare un accordo, ha messo in azione anche gli altri funzionari dell'area euro che sembrano abbiano iniziato per la prima volta a prendere seriamente in considerazione l'ipotesi di un default del debito. Le discussioni, svolte in via ufficiale, tra i rappresentanti dei governi sono avvenute ieri a Bratislava.

A fine giugno, quando il 30 scadranno le quattro tranche di prestiti che Atene deve restituire all'Fmi, si prospettano tre scenari possibili, dove la meno probabile sembra essere proprio un'intesa di soldi in cambio di riforme tra i creditori internazionali e governo che consentirebbe però di rispettare le deadline. Un’altra possibilità potrebbe riguardare un'estensione ulteriore del programma di aiuti attuali, che scade questo mese, proprio quando la Grecia deve rimborsare al Fondo 1,6 miliardi. L’ultima, la più devastante, è il default delle finanze.

Lo scenario che l’UE sta studiando insieme alla Bce, riguarda invece l'eventuale introduzione di controlli di capitali in Grecia e anche l'eventualità di ricorrere a una svalutazione del debito. Secondo un sondaggio pubblicato dalla televisione tedesca il 70% dei tedeschi si oppone all'Unione europea di concedere nuove concessioni ad Atene.

Per questo motivo i funzionari europei stanno valutando seriamente un piano di emergenza da mettere in campo nel caso non si trovi un'intesa e la Germania si starebbe attrezzandosi per affrontare un'eventuale uscita della Grecia dall’unione monetaria (Grexit). L’ ultimatum di 24 ore al governo greco ha tempo fino a questa sera per presentare ai creditori nuove proposte ai fini di un accordo, senza il quale no arriverebbero 7,2 miliardi nelle casse elleniche, senza i quali però il 30 giugno è destinato al default. Sembra che tutto sarà deciso nella riunione in agenda il prossimo 18 giugno dell’Eurogruppo, dove saranno affrontati e valutati sia il passaggio irreversibile del Grexit, o un’estensione dell’attuale piano di salvataggio, anche se sembra ormai un epilogo già scritto.
Quello che la Troika non è riuscita a fare nel primo tempo, sembra che ci stia riuscendo con questa guerra finanziaria innescata, attaccando pensioni e scelte sovrane individuali in cambio di miliardi costruiti e stampati nelle banche mondiali e una sopravvivenza fittizia. I popoli si chiedono che senso abbia rispettare certi accordi, se per rientrare nelle clausole e impegni, la gente è affamata e rimane senza lavoro, senza tutela sociale e con la povertà dilagante. 




BUFERA SUL PD: GIUBILEO A RISCHIO COMMISSARIAMENTO

Il sindaco Marino sembra dover incassare un ben servito per la gestione del grande evento del Giubileo, tanto che sembra pronta una nomina di un commissario al Giubileo, Franco Gabrielli.

di Cinzia Marchegiani

Roma – Tanto tuonò che piovve! Mafia Capitale sembra aver partorito anche il Commissario al Giubileo per l’evento mondiale che ha inizio il prossimo 8 dicembre per terminare nel novembre 2016. Il “Mondo di Mezzo” alla fine ha toccato Roma in ogni sua istituzione, fino a lacerare credibilità, certezze, responsabilità, fiducia per quei luoghi che dovrebbero in realtà essere il rifugio del cittadino. E così il sindaco Marino sembra dover incassare un ben servito per la gestione del grande evento del Giubileo che attende i cittadini romani e tutti i visitatori del mondo, tanto che sembra pronta una nomina di un commissario al Giubileo, Frango Gabrielli.
A Palazzo Chigi sembrerebbe aver confezionato un decreto della presidenza che proprio nel pomeriggio potrebbe essere varato. Insomma Ignazio Marino rimane inchiodato su quella poltrona nonostante la bufera abbia colpito in ogni maglia e poro il PD romano, ma non sarà a gestire lui questo evento planetario, o almeno non da solo. Una reazione a catena questa Mafia Capitale che sembra condizionare la cabina di regia, fino a quando non saranno prese decisioni più importanti come lo scioglimento del Comune di Roma o addirittura il suo commissariamento. Quindi il sindaco Marino molto probabilmente sarà affiancato dal Prefetto Gabrielli.

Il decreto per la nomina del commissario Gabrielli ha un sapore di sfiducia, sicuramente un attacco all’immagine del chirurgo sindaco, il commissario del Giubileo, che testimonia tra l'altro come siano labili ormai le certezze e riferimenti istituzionali che dovevano fare di Roma l’eccellenza per accogliere i pellegrini cristiani di tutto il mondo. Ma Mafia Capitale è l’immagine dell’Italia anche all’estero e per lei c’è sempre una pagina di giornale dedicata…purtroppo, che riporta incessantemente le continue evoluzioni di questo scandalo che sembra ormai senza fine. Un biglietto da visita della nostra amata Roma che sarà difficile far dimenticare anche per i turisti che ora associano Roma al simbolo della corruzione e della criminalità dentro i palazzi amministrativi e del potere.

Arriva la bufera sul Campidoglio e il cambio di regia porterà dissapori e malumori, che sembra non solo inevitabile, ma l’unica medicina per continuare la farsa innescata dalle mancate prese di responsabilità e dai repentini scandali di Mafia Capitale.




DANIELE LEODORI AMMETTE I RAPPORTI CON SALVATORE BUZZI

di Cinzia Marchegiani

Roma – Se mafia Capitale seconda edizione sta facendo pressing sui rapporti tra i politici e amministratori con Buzzi, Carminati e Monge il re del CUP e degli abiti usati, rimane evidente come le inchieste giornalistiche e tabella di giornali rappresentino uno strumento per comprendere gli atteggiamenti di taluni politici messi sotto i riflettori di un’indagine giudiziaria.

E il caso del Presidente del Consiglio della Regione Lazio Daniele Leodori emerge con tutte le sue singolari sfaccettature impresse negli tabella di giornale che come atti documentali consegnano alla comunità, ma volendo anche alla Magistratura vigile, repentini cambi di versione in merito a conoscenze e rapporti con i registi de “il Mondo di mezzo”.

Nell'ambito dell'inchiesta de l’Osservatore d’Italia su Mafia Capitale veniva pubblicato il 10 giugno 2015 l'articolo ZAGAROLO E MAFIA CAPITALE 2: QUEL FILO "ROBUSTO" TRA SALVATORE BUZZI, MARIO MONGE E DANIELE LEODORI  dove si evidenziava lo strano caso del Presidente del Consiglio regionale del Lazio Daniele Leodori.

Daniele Leodori era finito nell’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari, dott.ssa Flavia Costantini del Tribunale di Roma dove veniva trascritto il suo nome assieme a quello del senatore Pd Bruno Astorre nelle intercettazioni telefoniche che indicavano i presunti legami tra l'attuale Daniele Leodori e Salvatore Buzzi ma soprattutto con Mario Monge, quest'ultimo presidente della Sol.Co definito il re del business dei migranti e dei cassonetti gialli, arrestato pochi giorni fa, che, nella trascrizione sembra invece conoscere molto bene il presidente del Consiglio Regionale del Lazio. Monge tra l’altro era arrivato fino a Zagarolo per allargare il proprio business con il riciclo degli abiti usati.

L'articolo a firma di Alessandro Rosa, fotografava quindi situazioni e atteggiamenti meritevoli di chiarimenti da parte del presidente Daniele Leodori che sui vari giornali, raccontava di sporgere querela nei confronti di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati perché lui non li conosceva, mentre quando era vice sindaco di Zagarolo, arrivava Salvatore Buzzi con la sua cooperativa 29 giugno per gestire la raccolta dei rifiuti del centro storico del Comune.

Ma sono proprio gli tabella di giornale a scattare un’istantanea interessante nei confronti delle affermazioni e azioni di Daniele Leodori:

1) Il 7 Dicembre 2014 sul Corriere della Sera “Mafia Capitale, Buzzi si vantava: abbiamo 11 consiglieri comunali”: Daniele Leodori (Pd) sporge querela nei confronti di Buzzi e Carminati, si legge: Non c’è solo il Campidoglio, naturalmente. Anzi, nel commentare le regionali, Carminati fa cenno al fatto che 'oltre al Gramazio il sodalizio avrebbe vantato anche la conoscenza del “più votato” dello schieramento di sinistra'. Sarebbe Daniele Leodori (Pd), presidente del consiglio regionale che smentisce: "Non conosco né Carminati, né Buzzi. Ho già sporto querela".
2) Il 10 Giugno 2015 l’inchiesta de l’Osservatore d’Italia: “ZAGAROLO E MAFIA CAPITALE 2: QUEL FILO "ROBUSTO" TRA SALVATORE BUZZI, MARIO MONGE E DANIELE LEODORI” fa emergere come era alquanto improbabile che Daniele Leodori non conoscesse Salvatore Buzzi, infatti nel 1996 Daniele Leodori era vicesindaco di Zagarolo e proprio in quell’anno Salvatore Buzzi gestiva la raccolta rifiuti del centro storico della cittadina, trascinando tra l’altro una chiacchierata gestione tra la Coop 29 Giugno e la Italo Australiana, quest’ultima, si legge nei giornali, era stata estromessa dalla gestione rifiuti nel centro storico.
3) L’11 Giugno 2015, il Messaggero, dopo appena un giorno dall'articolo de L'Osservatore d'Italia:
“MAFIA CAPITALE, IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE DANIELE LEODORI: "MAI OCCUPATO DI APPALTI CUP” Qui Daniele Leodori intervistato risponde: “Quelle tre persone che parlano di me, nell'intercettazione su Mafia Capitale, non le conosco. Ripeto: non le conosco".
D: Daniele Leodori, presidente del consiglio regionale e uomo forte del Pd in provincia, è indicato da alcuni collaboratori di Buzzi – Guarany e Cardarelli – come una sponda per l'appalto del Cup. Un'accusa molto grave.
R: "Gravissima. Non ho idea perché facciano il mio nome. Io non mi sono occupato mai di quella gara, di questo sono certo".
D:Però conosceva Buzzi. Ci sono state alcune telefonate tra lei e il grande capo della 29 giugno.
R:"Ho conosciuto Buzzi nel 1996, quando a Zagarolo la sua coop si occupava per il Comune della raccolta porta a porta. Divenni vicesindaco dopo che era già stato dato l'incarico, nel 2000 venni eletto sindaco e dopo un anno non rinnovai l'appalto, affidai il servizio a Gaia, un consorzio pubblico. La 29 Giugno uscì da Zagarolo".
D:Dal 2001 non vi siete più sentiti?
"No, mai, fino a settembre 2014 quando abbiamo avuto un contatto telefonico. Mi chiede un incontro, io gli dico che se capita in Consiglio posso riceverlo ma non in una determinata fascia oraria, quando non ci sono. Lui viene alla Pisana proprio in quella fascia oraria e non mi trova. Segue un'altra telefonata: lui riceve una chiamata dalla Pisana, mi telefona e mi chiede se è un mio collaboratore, io dico che è una persona che lavora in Consiglio e la cosa finisce lì".

IL CASO DANIELE LEODORI NON FACILITA IL LAVORO DELLA MAGISTRATURA

E ora il caso del presidente del Consiglio regionale del Lazio Daniele Leodori emerge con tutti gli ossimori che la Magistratura terrà con tutta probabilità in considerazione:
Il 7 dicembre 2014 Daniele Leodori dichiara ad un giornale – per difendersi dagli attacchi ndr. –  che ha sporto querela perché non conosce né Salvatore Buzzi né Massimo Carminati. Messo sotto pressione anche dalle varie inchieste giornalistiche ritratta il tutto e smentisce se stesso, dichiarando addirittura che nel settembre 2014, quindi tre mesi prima della sua querela annunciata a mezzo stampa a Buzzi e Carminati, afferma di aver sentito telefonicamente Salvatore Buzzi e di avergli dato appuntamento alla Pisana, che a sempre a detta di Daniele Leodori non si consumerà mai.

Spiace che con Mafia Capitale, le smentite arrivino solo quando i politici vengono messi con le spalle al muro, poiché quando c’è un’indagine della Magistratura, dovrebbe essere un obbligo e un dovere etico degli stessi politici, indagati o meno, di raccontare le proprie vicende, affinché i Pm possano avere un quadro ben preciso delle dinamiche avvenute nelle stanze del potere amministrativo, invece gli stessi inquirenti sembrano dover lavorare "contro corrente".

Per ora il lettore osserva chiedendosi, quante cosa Mafia Capitale ancora nasconde? Possibile che non ci sia collaborazione tra politica e Magistratura?




MAFIA CAPITALE 2: FRATELLI D’ITALIA PUNTA IL DITO SU IGNAZIO MARINO E ANGELINO ALFANO

di Cinzia Marchegiani

Roma –Al governo Rampelli presenta l'Interrogazione sulle iniziative volte a garantire il rispetto da parte delle amministrazioni locali delle vigenti normative in materia di appalti relativi al sistema di gestione dell'accoglienza e dell'assistenza degli emigranti". In base all’accesso agli atti, chiesto da Fratelli d’Italia, è stato scoperto che il sindaco Ignazio Marino, al contrario di ciò che afferma, ha svolto soltanto 1% di gare pubbliche su 221 milioni di spesa sociale. E mentre le risorse per i servizi ai disabili sono diminuite del 30%, quelle per i servizi agli immigrati sono aumentate del 600%. Il ministro Alfano ha autorizzato la deroga per l’arrivo di 3000 immigrati a Roma, rispetto ai 250 stabiliti dal suo stesso dicastero. E quella deroga andava in perfetta coincidenza con le richieste fatte dal principale imputato di Mafia Capitale: Luca Odevaine. Grazie a lui, e al ministro Alfano, le periferie di Roma sono state letteralmente invase da immigrati aumentando le tensioni sociali in aree già fortemente a rischio, come Tor Sapienza. Questa curiosa coincidenza dimostra una responsabilità politica oggettiva del ministro Alfano e del sindaco Marino. L’unica strada d’uscita al commissariamento della Capitale d’Italia per mafia sono le dimissioni immediate.
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ZAGAROLO E MAFIA CAPITALE 2: QUEL FILO "ROBUSTO" TRA SALVATORE BUZZI, MARIO MONGE E DANIELE LEODORI

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di Alessandro Rosa
Zagarolo (RM) – Se Mafia Capitale sta passando al setaccio legami indissolubili tra amministratori, politici e i “re” delle cooperative sociali che hanno foraggiato partiti, consiglieri e assessori, giorno per giorno, ora si sta facendo luce sui rapporti di corruzione, criminalità e gestione del patrimonio pubblico.
Zagarolo, comune alle porte di Roma è stato il primo ad essere stato nominato da Salvatore Buzzi, oggi accusato di mafia, con 174 appalti in dieci anni, ha incassato un tesoretto finito nelle casse delle cooperative a lui riconducibili di ben 34 milioni di euro, grazie alla galassia di appalti minuziosamente tessuti nel cuore di Roma, ma non solo. Studiando le carte delle intercettazioni e determine della Provincia di Roma, oltre quelle dello stesso Comune di Zagarolo emerge come i rapporti tra Salvatore Buzzi, Mario Monge e Daniele Leodori siano legati da un filo robusto come l’acciaio.

INTERCETTAZIONI EMERSE NELL’ORDINANZA DI APPLICAZIONE DI MISURE CAUTELARI
Nell’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari, dott.ssa Flavia Costantini del Tribunale di Roma vengono trascritte le intercettazioni che fanno emergere i legami tra l'attuale Presidente del Consiglio regionale del Lazio Daniele Leodori e Salvatore Buzzi ma soprattutto con Mario Monge, quest'ultimo presidente della Sol.Co definito il re del business dei migranti e dei cassonetti gialli, arrestato pochi giorni fa, che sembra invece conoscere molto bene il presidente del Consiglio ewgionale del Lazio.
Monge aveva avuto l’idea di allacciare affari a Zagarolo proprio sui cassonetti gialli, dove avrebbe fatto riciclare i rifiuti tessili in un impianto localizzato a Valle Martella, di cui noi de l’Osservatore d’Italia per primi avevamo trovato il documento inedito.

Nell’ordinanza di applicazione di misure cautelari si legge:

I fatti del 9 maggio Il venerdì 9 maggio, a Piazza Tuscolo, – nel quartiere Appio Latino della capitale Ndr. – avveniva un incontro tra Buzzi, Gramazio e soggetti non individuati nelle loro generalità. Poco dopo l’incontro, Buzzi chiamava Caldarelli per un appuntamento relativo al CUP (fissato al bar Shangrillà, di lì a poco; incontro che avveniva e al quale partecipavano oltre a Buzzi, Carminati, Testa, i quali poco dopo venivano raggiunti da Gramazio e dallo stesso Caldarelli).
Alle13,23, veniva intercettato un dialogo in via Pomona 63, nel corso del quale Buzzi informava Guarany, Bolla, Bugitti e Garrone che avrebbero partecipato alla “gara” della Regione Lazio

Legenda:
CC Claudio Caladrelli
CG Carlo Guarany

CC: è D’Amato potrebbe esser.. bravo…
CG: (inc)
CC: no no D’Amato.. allora è D’Amato dai.. allora è D’Amato.. mo bisogna capì se gli hanno dato un’azienda.. capito?…se gli hanno dato un’azienda loro..
CG:invece Monge c’ha detto che Astorre (fonetico) pure se sta a muove Leodori (Daniele Leodori , ndr) l’ha chiamato…
CC: (inc) saputo un cazzo..
CG: che sarebbe contro Marotta, tutta la banda Astorre.. Leodori.. quindi, nel caso se dovessimo decide de anda’ con SOLCO, ce potremmo aggregà co… oppure quell’altra strada sarebbe quella de anda’ all’opposizione.. sceglie una strada all’opposizione..
CC: all’opposizione devi far fare l’interrogazione.. ste cose..
CG: no bhè..li fai chiama’..(inc)

CC: si e certo ma te da. .è.. la parte nostra..ehh..certo..
CG: ma dobbiamo sceglie la strada politica pure.. capito.. la strada politica son 2..o dentro il PD, che sarebbe questa de Leodori..
CC: il problema che lì c’è un lotto che è l’NTA (fonetico) che se lo vuole mantene… S: che è?
CC: è un’altra società che sta.. sta dentro la ASL.. sta già dentro…già sta dentro
CG: c’ha lo Spallanzani, me pare che c’ha?
CC: si…e praticamente il primo lotto.. il primo andrebbe all’NTA.. questo qui…e lui dice però dice queste qui lui la vorrebbe far annullare perché dice

CG: si
CC: mo andrà.. andrà accorpato con la E in futuro…dice dice e allora (inc) dice sta questione qua.. poi non son garantiti i posti di lavoro.. non son garantiti…

LA COOP 29 GIUGNO SUBENTRA NELLA GESTIONE DEI RIFIUTI DEL CENTRO DI ZAGAROLO NEL 1996 CON MOLTE OMBRE
"Nel 1996 cominciammo con i rifiuti e non abbiamo più smesso – ricorda Buzzi alla moglie Alessandra Garrone, il 17 novembre 2013 – cominciammo il 29 giugno… pensa… a Palombara e Zagarolo insieme, poi nel 1999 viene Formula Sociale, nel 2003 Eriches.. aah, i barboni li abbiamo incominciati a fà nel 2000". Un successo che il compagno Buzzi, sintetizza così: "Da due… a cinquantasei. De che stamo a parlà ? ". Due i milioni di euro che fatturava nel 1996, diventati 56 milioni nel 2013.
Ed è vero. La coop 29 giugno di Salvatore Buzzi gestiva la raccolta dei rifiuti al centro storico di Zagarolo. Ma su queste procedure si erano sollevate importanti contestazioni finite anche nel consiglio comunale del 23 dicembre 1997 poiché era stata tolta alla ditta “Italo Australiana” la gestione dei rifiuti invece assegnata alla Coop 29 Giugno. Ricordiamo che nel 1995 il sindaco eletto era Sandro Vallerotonda, tra i consiglieri di Centro Sinistra ritroviamo anche l’attuale sindaco eletto alle elezioni del 31 maggio 2015, Lorenzo Piazzai, mentre Daniele Leodori nel 1996 diventa vicesindaco e sarà in carica fino al 2000 quando poi le nuove elezioni lo incoroneranno sindaco per due mandati consecutivi.
In quel consiglio di fine dicembre 1997, si legge, Il Sindaco Vallerotonda convoca a fine consiglio i capi gruppo su richiesta avanzata della ditta Italo Americana (estromessa dalla raccolta rifiuti del centro storico) che chiedeva gli arretrati ed adeguamenti del vecchio contratto, che per l’azienda ammontavano a 1.300 milioni e poi scesi per magia a 200 milioni. Qui i Capi Gruppo decisero che la Italo Australiana andava liquidata in una sola volta in via definitiva. Ma il dubbio che emerse poi, anche messo nero su bianco nei giornali di allora, che il nuovo appalto commissionato sia alla ditta Italo Autraliana (che continuava la raccolta rifiuti forence, cioè fuori il centro storico) e la Coop 29 Giugno solo il centro storico, non aveva prodotto alcun vantaggio se non pagare quanto prima un servizio che diventava meno efficiente e senza le innovazioni della raccolta differenziata.

DANIELE LEODORI SPORGEVA QUERELA DICENDO DI NON CONOSCERE SALVATORE BUZZI

In data 7 dicembre 2014 sul Corriere della sera si leggeva: “Non c’è solo il Campidoglio, naturalmente. Anzi, nel commentare le regionali, Carminati fa cenno al fatto che «oltre al Gramazio il sodalizio avrebbe vantato anche la conoscenza del “più votato” dello schieramento di sinistra». Sarebbe Daniele Leodori (Pd), presidente del consiglio regionale che smentisce: «Non conosco né Carminati, né Buzzi. Ho già sporto querela»

Insomma Daniele Leodori con forza affermava di non conoscere Salvatore Buzzi, ma lo stesso era il primo gestore dei rifiuti proprio a Zagarolo quando era vice Sindaco, e che tra l’altro aveva sollevato un vespaio proprio con la sostituzione della Italo Australiana, infatti le due ditte spartendosi la location dei rifiuti non avrebbero né migliorato il costo per la collettività e a quanto pare, dalle affermazioni sui giornali, diminuendo invero servizi al cittadino.

MARIO MONGE DELLA SOL.CO, RE DEL BUSINNES DEI MIGRANTI, DEI CASSONENTTI GIALLI,  DEL SERVIZIO CUP
Mario Monge è stato arrestato assieme ad altri 43 personaggi in seguito all’ordinanza del 29 maggio 2015, dove si chiedeva ad ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria che gli indagati dovevano essere catturati ed immediatamente condotti in un istituto di custodia per rimanervi a disposizione dell’autorità giudiziaria, applicando la misura cautelare degli arresti domiciliari presso il luogo di loro residenza o in domicilio indicato al momento dell’esecuzione e ritenuto idoneo.
Gramazio, Scozzafava, Carminati, Buzzi, Caldarelli, Gammuto, Guarany, Monge, Testa, Bugitti, Di Ninno, Garrone, Nacamulli indagati per reato di cui agli artt. 326, 353 c.p. 7 D. L. 13 maggio 1991, n. 152, conv. nella L. 12 luglio 1991, n. 203 perché, nelle qualità indicate, in concorso tra loro, previo concerto tra Testa, Buzzi, Carminati e Gramazio, i quali elaboravano il progetto di partecipazione alla gara, assumevano le determinazioni generali in ordine alla turbativa e utilizzavano il ruolo di Gramazio, espressione dell’opposizione in Consiglio Regionale per rivendicare, nel quadro di un accordo lottizzatorio, una quota dell’appalto con l’accordo di Monge che metteva a disposizione lo strumento della cooperativa Sol. Co. con l’accordo di Caldarelli, Gammuto, Guarany, Di Ninno, Garrone, Bugitti e Nacamulli i quali partecipavano anche a riunioni intese a incidere sul regolare andamento della gara, in concorso con altri mediante intese, collusioni e accordi fraudolenti tra i partecipanti alla gara e con Angelo Scozzafava, pubblico ufficiale componente la commissione di aggiudicazione- il quale, anche violando il segreto d’ufficio al fine di garantire benefici economici, comunicava a Buzzi e a Testa lo sviluppo delle decisioni della commissione medesima, le offerte degli altri concorrenti e ogni altra notizia utile al raggiungimento dello scopo -, finalizzati a ottenere per RTI Sol.Co. l’aggiudicazione di uno dei lotti in concorso, turbavano la gara comunitaria centralizzata a procedura aperta finalizzata all’acquisizione del servizio CUP occorrente alle Aziende Sanitarie della Regione Lazio” per un importo di “91.443.027,75 EUR senza IVA, indetta dalla Regione Lazio – Direzione Regionale Centrale Acquisti, con l’aggravante per Gramazio, Scozzafava, Carminati, Buzzi, Caldarelli, Gammuto, Guarany, Testa, Bugitti, Di Ninno, Garrone, Nacamulli di aver agito al fine di agevolare l’associazione di tipo mafioso facente capo a Buzzi e Carminati.


MARIO MONGE TESSE IL BUSINESS DEGLI ABITI USATI A ZAGAROLO
Durante le indagini, noi de L'Osservatore d'Italia avevamo fatto diverse visure camerali e siamo entrati in possesso di un documento, a nostro dire, importante che porta Mario Monge e il suo business dei rifiuti fino a Zagarolo, precisamente nella zona di Valle Martella.
Ricordiamo che il rappresentante legale della Sol.co avrebbe gestito tra i vari business anche quello degli abiti usati. Sempre in una nostra inchiesta – spiegava il collega Maurizio Costa – si svelò che la cooperativa New Horizons, facente parte sempre della Sol.Co., ha gestito per anni i cassonetti gialli per la raccolta degli abiti usati, avendo tra le mani un business milionario. In quel caso, uscì la notizia che gli abiti usati, invece che essere donati ai poveri, sarebbero stati venduti all'estero o ad aziende italiane.
Mario Monge, è riuscito a trasformare il business dei cassonetti giallo con quello del trattamento dei rifiuti tessili e presenta all’ufficio SUAP della Comunità Montana dei Castelli Romani e Prenestini una istanza di Autorizzazione Unica Ambientale per l’inizio attività di recupero di rifiuti non pericolosi per l’impianto sito in Via Prenestina Nuova Km 3,500 località Valle Martella. Qui la Provincia di Roma, – oggi Città Metropolitana – con la Determinazione dirigenziale firmata dal Direttore del Dipartimento Ing Claudio Vesselli, prendendo atto che la Sol.co era iscritta al n.680 nel registro delle imprese che hanno effettuato comunicazione di inizio attività per il recupero della materia dei rifiuti non pericolosi, autorizzava la Sol.co alle operazioni di recupero nell’impianto per un quantitativo complessivo di rifiuti di 1500 tonnellate annue.
La costruzione dell’impianto invece era stata autorizzata ai sensi del Dlgs 152/06 del Servizio Tutela Aria e Energia del dipartimento Provincia di Roma.

SALVATORE BUZZI, MARIO MONGE E DANIELE LEODORI TRA INTERCETTAZIONI E ATTI AMMINISTRATIVI AL VAGLIO DELLA MAGISTRATURA
Sarà l'Autorità giudiziaria a capire le sfumature, le verità ed i legami che collegano anche Zagarolo con il “Mondo di Mezzo”. Le intercettazioni fanno emergere come Monge conoscesse il senatore Pd Bruno Astorre e il presidente del Consiglio regionale del Lazio Daniele Leodori.

La Coop 29 Giugno nello smaltimento dei rifiuti non è solo è citata nelle intercettazioni dello stesso Buzzi, ma sta agli atti dell’amministrazione di Zagarolo, che tra l’altro lascia dietro di sé una storia controversa mai approfondita. Gli amministratori locali di allora avevano tutte le possibilità di conoscere chi nel proprio paese gestiva la raccolta dei rifiuti. E ora il re del business dei migranti e dei panni usati aveva intercettato, grazie alla determinazione dirigenziale firmata dal Direttore del Dipartimento Ing Claudio Vesselli della ormai ex Provincia di Roma, nel gennaio 2014 un impianto dove portare tutti gli abiti che fruttavano con i cassonetti gialli.
 




VACCINO ANTI-PERTOSSE: ECCO COME ALIMENTA NUOVI CEPPI DI BORDETELLA PERTUSSIS

di Cinzia Marchegiani


Stanno facendo un baccano assordante le notizie che riguardano l’inefficacia del vaccino anti-pertosse. L’Osservatore d’Italia come sempre cerca di fornire strumenti d’informazioni validi per profondere concetti ed informazioni che siano più chiari e semplici possibili per i nostri affezionati lettori. Della pertosse si sa che è una malattia infettiva di origine batterica molto contagiosa, causata dal batterio Bordetella pertussis. Un altro batterio della stessa famiglia, la Bordetella parapertussis, è all’origine di una malattia simile, la parapertosse, che si manifesta però con sintomi più lievi. La pertosse viene annoverata fra le malattie infantili, come la rosolia, il morbillo, la varicella e la parotite, e colpisce prevalentemente bambini sotto i 5 anni. L’uomo è l’unico serbatoio noto del batterio, di conseguenza la trasmissione della malattia avviene solo fra esseri umani. Un adeguato e precoce trattamento antibiotico permette la guarigione in una quindicina di giorni. A differenza delle altre malattie infantili, l’immunità conferita da una prima infezione non è definitiva, ma declina col tempo. Esiste un vaccino che dovrebbe immunizzare e proteggere soprattutto i bambini da questa malattia, ma dal portale dell’Epidemiologia della sanità pubblica si apprende però che nelle popolazioni vaccinate si è osservato un ritorno della pertosse a causa della perdita progressiva di immunità e, in effetti, quando è stato introdotto il vaccino 30 anni fa non venivano utilizzate le dosi di richiamo. In Italia la pertosse viene obbligatoriamente notificata alle autorità sanitarie.

Intervistiamo il nostro affezionato dr Girolamo Giannotta, in merito al vaccino anti-pertosse che lui stesso ha presentato con una frase che non lascia incertezze: “La requiem per un defunto vaccino”.

Nell’assordante silenzio che pervade il mondo accademico e le nostre massime Autorità Sanitarie, la sua voce nell’arco di un mese si è sollevata ben tre volte per dire che questo vaccino è morto ed andrebbe sepolto al più presto prima di amplificare a dismisura i danni già prodotti. Cosa sta accadendo?
Poiché la storia ha un senso, devo preliminarmente ricordare che l’ho detto anche nel corso di un’intervista radiofonica il 30 aprile, l’ho ripetuto ad un convegno il 23 maggio, ed ora sono qui per il terzo appello. Purtroppo, per il concorso di diverse cause, questo vaccino non solo non funziona più, ma rende i vaccinati ospiti privilegiati per i nuovi ceppi di Bordetella pertussis che infettano preferibilmente i soggetti vaccinati adolescenti e giovani adulti, che, a loro volta, diffondono la malattia in seno alla popolazione della quale sono parte.

Dove risiede la causa di questo fallimento vaccinale?
La prima causa del fallimento risiede nella ridotta durata dell’immunità evocata dal vaccino. A prova e testimonianza di quello che dico, il 4 maggio 2015, Acosta et coll. del CDC affermano che: “La protezione da vaccino DTPa diminuisce entro 2-4 anni. La mancanza di protezione a lungo termine, dopo la vaccinazione, ha probabilmente contribuito all’aumento della Pertosse tra gli adolescenti”. Quindi, è lapalissiano che l’immunità, evocata dalla pratica vaccinale, svanisce abbastanza rapidamente, fino al punto da rendere gli adolescenti suscettibili alla malattia.
Il secondo elemento, che chi produce i vaccini non ha mai considerato, è il comportamento del microbo sotto la pressione selettiva esercitata dalla vaccinazione. La pressione selettiva esercitata dal prodotto vaccinale, che contiene tre antigeni della Bordetella (Pertactina, tossina della pertosse detossicata ed emoagglutinina filamentosa), ha spinto i ceppi dominanti attuali a privarsi della pertactina. Tale strategia microbica ha consentito la diffusione dei ceppi pertactina-negativi (PRN-) che ora dominano la scena mondiale. Questi ceppi trovano, per oscure ragioni, i loro ospiti privilegiati che sono i giovani vaccinati nei quali si replicano e producono la malattia. Questi stessi soggetti, attualmente sono quelli che diffondono la malattia nella comunità d’appartenenza.

Insomma ci sta dicendo che si continua a vaccinare pur sapendo della sua inefficacia e potenzialità di trasmettere i nuovi ceppi di “Bordetella pertossis” ad altri individui, il vaccino è una sorta di untore?
Purtroppo una veloce consultazione della letteratura scientifica recente consente di articolare un’analisi critica sullo stato dell’arte in cui versa il mondo scientifico, come al solito capace solo di reiterare le iniezioni vaccinali come unico ed esclusivo rimedio a tutti i mali del mondo. Però sono particolarmente felice di iniziare questo viaggio partendo da un matematico e da un biologo. Nel 2015, Riolo and Rohani, sostengono che un richiamo vaccinale (booster) non va bene per tutti. Ma non è questa la materia del contendere. In tutta coscienza questi autori si pongono il problema dell’efficacia finale dei programmi di richiamo del vaccino (boosters), invitando ad individuare correttamente le cause reali della ricomparsa della pertosse, poiché con una diagnosi errata del problema tutto diventa inefficace e costoso. Che sia costoso è lapalissiano, e che sia inefficace lo dimostrerò. Poiché il mondo della scienza in campo vaccinale ha il suo dogma centrale nel concetto di “una fiala per tutti”; non è nella concezione mentale di costoro considerare che esistono due osti con i quali fare i conti: il sistema immunitario del soggetto e la strategia di sopravvivenza del patogeno sotto la pressione selettiva determinata dal programma vaccinale.

Dr. Giannotta, il vaccino anti-pertosse ha fallito il suo obiettivo?
E’ un concetto semplice da dimostrare, il principio su cui si regge la filosofia vaccinale è quello di evocare una risposta immune adattativa di durata illimitata nel tempo (spesso con eccessiva enfasi ed ottimismo, si dice a vita), tramite la somministrazione di un preparato vaccinale; ne consegue che se la risposta evocata è evanescente o sparisce nel tempo, il vaccino ha miseramente fallito il suo unico obiettivo.

Importanti affermazioni dr. Giannotta, da quali studi ha dedotto questa importante affermazione sul vaccino antipertosse?
Un rapido cammino analizzando gli studi sulla durata dell’immunità evocata dal vaccino anti-pertosse, ci permette di comprendere meglio questo vaccino. Nel 2012, Klein et coll. affermano che l’immunità contro la pertosse diminuisce nei 5 anni successivi alla quinta dose di vaccino. Nello stesso anno, Witt e coll. si accorgono che l’immunità vaccinale dura poco e propongono una serie addizionale di dosi boosters prima dell’adolescenza. Lo studio però non ha tipizzato i ceppi in causa nell’epidemia. Come prima riferito, Acosta et coll. affermano che la protezione da vaccino DTPa diminuisce entro 2-4 anni. Come unica e sola risposta all’evanescenza dell’immunità specifica nel tempo, vengono solo proposte dose boosters a varie età. Infatti, Freitas e coll. nel 2011 affermano che una dose booster a 12 anni di età è la migliore strategia per ridurre l’impatto nei bambini più suscettibili alle complicanze della pertosse. Gli italiani Carlino e coll., nel 2013 sostenevano che per ridurre l’incidenza e le complicazioni della pertosse nei neonati e nei soggetti immuno-compromessi, erano raccomandate dosi vaccinali di richiamo. Leggermente più rassegnati, ma comunque insistenti, sono Barlow et coll., che nel 2014 affermano che i bambini vaccinati e gli adolescenti che contraggono la pertosse hanno una malattia meno lunga e meno severa. A fronte di questo evidente insuccesso vaccinale, gli autori sostengono che bisogna comunque vaccinare gli individui ad alto rischio.
Per sintetizzare queste correnti di pensiero monotematiche, potrei dire che: comunque vada vacciniamo ancora con altre dosi supplementari.

Cosa sappiamo del ceppo “Bordetella Pertussis”, responsabile della pertosse anche nei soggetti vaccinati? E’ logico continuare a vaccinare anche se i ceppi sono mutati?
La Bordetella pertussis ha adottato le sue strategie vincenti sotto la pressione selettiva operata dalla campagna vaccinale contro la pertosse. Nel 2014 Lam et coll. hanno analizzato i ceppi di B. pertussis nel corso di un’epidemia australiana di pertosse, verificatesi tra il 2008 ed il 2012. Il 30% dei ceppi isolati non contenevano l’antigene vaccinale pertactina, ed hanno dimostrato che la B. pertussis è in continua evoluzione in risposta alla pressione selettiva esercitata dal vaccino. Nel 2012, Theofiles et coll. hanno studiato i ceppi coinvolti nell’epidemia del Minnesota ed erano tutti ceppi senza pertactina. A dispetto delle evidenze, Gambhir e coll., nel 2015 dicono che l’epidemia americana del 2012 si spiega con una ridotta durata della protezione immunitaria, e lo dicono ricorrendo ad un loro modello matematico. Come risulta evidente, la vera causa dell’epidemia del 2012 nel Minnesota erano i ceppi PRN- (pertactina negativi) e non la ridotta riduzione della protezione immunitaria che è il preambolo al tema monocorde: ancora una dose di vaccino. È sempre assodato che l’immunità specifica anti-pertosse è evanescente, ma continuare a vaccinare in presenza di ceppi mutati è una vera follia, un non senso scientifico, un voler far pagare agli adolescenti futuri il prezzo delle nostre scellerate decisioni.

Seguendo i dettami di questo particolare mondo scientifico approderemo a queste conseguenze:

1. Il vaccino anti-Pertosse rimarrà inefficace.
2. Si amplierà la sub-popolazione suscettibile alla Pertosse.
3. La Bordetella pertussis troverà molto ospitali i soggetti vaccinati.
4. I soggetti vaccinati diffonderanno la Pertosse poiché ospiti privilegiati dei nuovi ceppi batterici PRN-.

Dr. Giannotta, lei invita il mondo sanitario all’obbligo e necessità di capire cosa sta accadendo con questo vaccino senza pregiudizi, ancorandosi seriamente alla deontologia del medico, che non deve nuocere al paziente
Certo, concludendo, posso dire che dal matematico e dal biologo è arrivata l’unica cosa sensata, che l’ambiente medico dimostra di non aver considerato visto com’è impegnato a promuovere dosi aggiuntive di un vaccino incamminato sul viale del tramonto. 




ROMA, MAFIA CAPITALE: BUFERA IN CAMPIDOGLIO, SI CHIUDONO LE PORTE

Il Comune di Roma ha serrato le porte e l'accesso a tutti. Neanche a la Rai è concesso entrare

di Cinzia Marchegiani

Roma – Il secondo atto di Mafia Capitale  sta facendo tremare Campidoglio e Regione insieme al cosiddetto "Mondo di Mezzo". L’Osservatore d’Italia, solo poche ore fa, aveva dato notizia in merito ad un’ordinanza di custodia cautelare che ha colpito il cuore di Roma. Infatti questa mattina il Comando Unità Speciali della Guardia di Finanza di Roma ha eseguito un'operazione di polizia giudiziaria disposta dalla Procura della Repubblica capitolina nel settore degli appalti pubblici e di contrasto alle frodi fiscali. In tale ambito, è stata eseguita un'ordinanza di custodia cautelare personale emessa dal Gip di Roma nei confronti di 6 soggetti – (tutti in stato di arresto, eccezion fatta per un soggetto recentemente deceduto), tra i quali un alto dirigente in servizio alla Sovrintendenza dei beni culturali di Roma Capitale che avrebbe favorito l'imprenditore romano Amore Fabrizio nell'iter procedurale per l'aggiudicazione di gare pubbliche. Tra le gare "truccate" scoperte dalla Finanza, vi è quella relativa al restauro dell'aula Giulio Cesare del palazzo Senatorio, aula ove si riunisce il consiglio comunale della Capitale, che è stata affidata a trattativa privata al citato imprenditore, risultato coinvolto anche nell'inchiesta "Mafia Capitale".

Ora sembra che le porte del Comune di Roma siano state serrate e chiuso l’accesso al pubblico e non solo. La notizia sta facendo un tam tam incredibile, Davide Barillari Consigliere M5S della regione Lazio ha annunciato che proprio in queste ore ‪‬ hanno chiuso la porta del comune. Fuori consiglieri comunali e regionali. Neanche la Rai è stato concesso l’accesso e Barillari incalza: “Mai successo in 2 anni. Bloccano il movimento 5 stelle…gli attivisti urlano onesta. Marino dimettiti”.

BUFERA ANCHE IN REGIONE LAZIO
Va giù pesante Valentina Corrado, consigliere del M5S Regione Lazio che scatta l’amara fotografia della Regione Lazio: “Dopo quanto raccontato da Buzzi e riportato dai quotidiani si può affermare serenamente che quella di domani sarà l’ultima seduta de Consiglio Regionale del Lazio di questa legislatura. Non so come il PD potrà giustificare la foto pubblicata oggi da un giornale nazionale in cui si vede il capogruppo Marco Vincenzi mentre riceve un foglietto da Buzzi che, secondo la ricostruzione della stampa basata sulle intercettazioni, dovrebbe essere legato ad un aumento dei finanziamenti alle Coop di Buzzi attraverso un emendamento. Non so per quanto ancora Zingaretti, con Magrini arrestato e Venafro indagato, potrà continuare a recitare la parte della principessa imprigionata in una torre che non si accorge di tutto quello che accade nel castello. Non possiamo permettere che una regione vada alla deriva per le ingerenze criminali e per le guerre di potere nei partiti degli arrestati, quindi Zingaretti rimetta domani le sue dimissioni e lasci i cittadini laziali di decidere se continuare ad essere rappresentati da indagati, arrestati e da chi svolge attività politica solo per proprio interesse e per agevolare gli amici a spese di tutti noi”.

A Roma sembra si sia scatenata la tempesta perfetta….anticipata qualche tempo fa da molti giornali, e forse sarò ricordata come la retata del secolo a Roma.




IMMIGRATI, NAVE SPIGA: MARINA MILITARE "A CACCIA" DOPO LA DENUNCIA DI COMELLINI

di Cinzia Marchegiani

Roma – Luca Marco Comellini, Segretario del partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (Pdm) lo scorso 5 giugno con un comunicato, faceva emergere una situazione alquanto pericolosa avvenuta sulla nave militare Spiga della Marina Militare mentre navigava verso porto Pozzallo  e dove poi sono sbarcati 1.019 migranti. Sulla Spiga, spiegava Comellini,  a fatica i militari sono riusciti a domare la rivolta messa in atto da un considerevole numero di stranieri che si trovavano sistemati sul ponte di volo.

Ora Marco Comellini denuncia l’operazione da lui definita “Caccia alle streghe” che la Marina militare avrebbe avviato per conoscere gli informatori “segreti” del segretario del PDM: "Mi domando se la Marina militare abbia qualche cosa da nascondere circa le modalità con cui svolge le operazioni di soccorso e sopratutto di trasporto dei migranti che a migliaia va recuperando nel canale di Sicilia o in prossimità delle coste libiche."

Marco Luca Comellini incalza: “Tra l’altro come la Marina militare non è nuova a queste operazioni di alto profilo investigativo con cui tenta di scovare chi si rivolge al Pdm per denunciare delle situazioni che mettono in pericolo la sicurezza e la salute degli equipaggi. Già lo scorso anno ci provarono obbligando l'intero equipaggio della nave Aliseo, – spiega nel dettaglio Comellini – coinvolta nella vicenda degli spari contro una imbarcazione utilizzata dagli scafisti per trainare i barconi carichi di migranti, a rispondere ad un questionario contenente domande specifiche su di me e il movimento politico di cui sono il Segretario al solo scopo di individuare chi ci avesse informato di quanto accaduto”.

Per questo il Segretario del Pdm rimanda al mittente dell’inchiesta sugli informatori segreti: “Come ho già detto in passato, invece di investigare sui simpatizzanti del Pdm, i vertici della Marina militare si dovrebbero preoccupare di impedire con ogni mezzo che la sicurezza e la salute dei membri degli equipaggi – e la sicurezza delle navi – siano messi in pericolo, come sarebbe avvenuto nel caso della nave Spica, a causa della presenza a bordo di un elevato numero di migranti ammassati uno sull'altro sul ponte di volo in condizioni simili, se non peggiori, a quelle da cui li si è voluti salvare."

Per la cronaca va comunque ricordato che proprio Frontex informò lo scorso aprile 2015 degli spari dei contrabbandieri avvenuti durante il salvataggio di un’imbarcazione, notizia che lo stesso Osservatore d’Italia aveva riportato in seguito al comunicato “ufficiale” di Frontex: "il Frontex conferma oggi tramite un comunicato ufficiale che dei contrabbandieri lunedì 13 aprile 2015 hanno sparato diversi colpi d’arma da fuoco per recuperare una barca di legno dopo che i migranti che trasportava sono stati salvati circa 60 NM dalla Libia. L'operazione di ricerca e soccorso è stata effettuata da un rimorchiatore italiano e Guardia costiera islandese con la nave Týr messo in atto da Frontex".