RAI, LA 7 E MEDIASET: L’INCHIESTA APPRODA ANCHE A PALAZZO CHIGI

di Cinzia Marchegiani


Roma – Continuano ad emergere notizie più dettagliate in merito all’inchiesta romana che sta coinvolgendo le sedi della RAI, Mediaset, La7 partita da un’indagine avviata tempo fa dalla Procura della Repubblica di Velletri che ha portato agli arresti domiciliari nell'aprile scorso di David Biancifiori. Il procuratore della Repubblica di Velletri, Francesco Prete ha trasmesso ai pm della capitale la documentazione, ma l'indagine sarebbe partita da una segnalazione di Viale Mazzini all'autorità giudiziaria, circa un anno fa, dopo che aveva notato delle irregolarità in alcuni appalti e per questo avrebbe avviato un audit interno che ha osservatoto fatti piuttosto gravi che vedevano coinvolti alcuni dipendenti della Rai in rapporto ad appalti che sarebbe affidati proprio a società dell'imprenditore Biancifiori. Da queste segnalazioni , raccontano alcune fonti all'AdnKronos, la magistratura avrebbe iniziato le indagini che hanno portato agli avvisi di garanzia e alle perquisizioni nelle quattro aziende Rai, Mediaset, La7 e Infront.

INCHIESTA E INDAGINI NELLE SEDI L'inchiesta è condotta dal pubblico ministero Paolo Ielo che ha attivato 60 perquisizioni nelle sedi di Rai, Mediaset e La7, affidate al Nucleo di polizia tributaria della Finanza. Si sta indagando sull’imprenditore Biancifiori, titolare di varie società per la fornitura di scenografie, gruppi elettrogeni e tutte le attrezzature per realizzare spettacoli ed eventi, che avrebbe pagato cospicue tangenti ed emesso false fatture per procurarsi fondi necessari per la corruzione. Per i dipendenti della Rai il reato ipotizzato è di corruzione, in quanto l'ente radiotelevisivo svolge un servizio di natura pubblica.

Ma il filo dell’inchiesta sulle sedi televisive sembra portare fino a Palazzo Chigi, poiché sembra che alcuni dirigenti della Presidenza del Consiglio sarebbero anch’essi coinvolti nell'inchiesta sulle tangenti che riguarda 44 persone, per presunte elargizioni dell'imprenditore David Biancifiori.

POSIZIONI RAI, MEDIASET LA7 La posizione della Rai è di estrema collaborazione con l’autorità giudiziaria e sottolinea: ''L’area interessata dalle indagini è stata peraltro oggetto di verifiche interne che hanno comportato interventi organizzativi e disciplinari". La7 in questa inchiesta dichiara di aver fornito alla Guardia di Finanza la documentazione richiesta e si riserva di costituirsi parte civile nell’eventuale processo penale per chiedere il risarcimento di tutti i danni subiti, mentre in una nota Mediaset nella sua qualità di parte lesa dichiara di aver assicurato agli inquirenti la propria collaborazione alle indagini.




FARMACO TALIDOMIDE: ARRIVA L’INDENNIZZO ECONOMICO ALLE VITTIME

di Cinzia Marchegiani

Migliaia di bambini nati malformati, senza braccia, senza gambe per colpa di un farmaco prescritto senza alcun problema per le mamme in gravidanza,  di cui nessuno se ne era fatto carico. Il 17 giugno 2015 è arrivato finalmente il voto unanime della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati che consentirà dal 1 gennaio 2016, di riconoscere un indennizzo economico anche alle vittime del farmaco Talidomide, nate negli anni 1958 e 1966. “Si tratta di una vera e propria vittoria per i pazienti, frutto dell’ottimo lavoro svolto dal Presidente Francesco Boccia e dall’intera Commissione Bilancio” commenta il dg dell’AIFA Luca Pani

La tragedia del Talidomide. I devastanti effetti correlati all’immissione in commercio della Talidomide negli anni ’50-’60 (Smithells, 1962) hanno dimostrato definitivamente il ruolo dell’ambiente nel determinare malformazioni fetali ed hanno stimolato l’interesse scientifico e dei mass-media nei confronti della teratologia clinica. La Talidomide è un farmaco con proprietà ipnotico-sedative, commercializzato per la prima volta in Germania nel 1956 per la terapia dell’influenza, e successivamente, in 46 Paesi, per la terapia dell’insonnia. È stato inoltre ampiamente utilizzato in donne in gravidanza nella terapia delle nausee mattutine grazie anche ad una pubblicità che sottolineava la “sicurezza” del prodotto. Ma i test preclinici su roditori ed i trial clinici non avevano infatti evidenziato effetti collaterali, questo ci conferma quanto gli studi sugloi animali abbianmo prodotto danni irreparabili sull’uomo che solo ora dopo tantissimi anni e tragedie umane è stato riconosciuto l’indennizzo ai sopravvissuti di questo disastro farmaceutico e del sistema sanitario, amplificato dalla pubblicità che lo consigliava sfacciatamente.  Infatti grazie alla sponsorizzazione, la vendita di Talidomide crebbe drasticamente in pochi anni; nel 1960, solo in Germania vennero prodotte circa 15 tonnellate di farmaco. In USA la Talidomide non ottenne l’autorizzazione all’immissione in commercio per una presunta associazione tra il farmaco e lo sviluppo di neuropatie periferiche.


Danni e malformazioni congenite degli arti. Fin dall’inizio degli anni ’60 si osservò un incremento di neonati con malformazioni congenite degli arti e fu ipotizzata una correlazione con l’assunzione materna di Talidomide in corso di gravidanza. Il farmaco venne pertanto ritirato dal commercio nel 1961; l’incidenza di malformazioni degli arti è ritornata nei limiti dopo il ritiro dal commercio, confermando l’effetto teratogeno della Talidomide. È stato stimato che più di 6000 bambini (senza contare i casi di aborto spontaneo e morti fetali endouterine) siano nati con un’embriopatia da Talidomide, caratterizzata da difetti di riduzione degli arti di vario grado ed altri tipi di malformazioni congenite.


Il fallimento sulla sperimentazione animale. Studi ad hoc su animali di laboratorio (conigli e primati non umani) hanno inoltre confermato l’effetto teratogeno del farmaco, osservando il medesimo pattern malformativo osservato nell’uomo; il farmaco non è tuttavia risultato teratogeno in alcune specie animali (tra cui topi e ratti).
L’effetto del Talidomide ha dimostrato che l’ambiente gioca un ruolo significativo nel determinare malformazioni congenite, ha demolito l’ipotesi che il feto sia protetto dalla “barriera placentare” rispetto ai farmaci assunti dalla madre ed ha confermato che l’effetto teratogeno è specie-specifico. Si comincio ad incrementare la ricerca di base ed epidemiologica nell’ambito della teratogenesi ambientale e dei controlli per contenere l’introduzione di nuovi agenti chimici, con possibile effetto teratogeno. Vennero definiti inoltre i criteri per dimostrare la teratogenicità dei fattori ambientali nell’uomo e si intensificò la ricerca sulle sostanze chimiche, in particolare sui farmaci, e sugli effetti embrio-fetali-neonatali correlati al loro uso in gravidanza.

 


I sopravvissuti. Nick Dobrik, sin dalla nascita ha gravissime malformazioni agli arti superiori, e lanciava il suo appello da una sala dell'Europarlamento alla Cancelliera Angela Merkel. A Bruxelles era giunto assieme ad altri sopravvissuti al Talidomide, che per circa un decennio provocò danni irreparabili a lui e ad altri circa 20000 bambini di mezza Europa, nati soprattutto in Italia, Spagna, Inghilterra e Svezia. Questi bambini sono diventati dei sopravvissuti senza alcuna assistenza o risarcimento di sorta, che da decenni si battono per avere giustizia e qualche riconoscimento pubblico del loro dramma. "La nostra campagna – prosegue Nick – non va letta come una minaccia alla Germania, ma come un'opportunità che offriamo a Berlino perché rimedi a un errore storico". Per ora s'è registrata solo qualche timida azione diplomatica. Sono stati organizzati degli incontri tra i rappresentanti delle vittime di Talidomide e gli ambasciatori tedeschi a Londra, Roma, Madrid e Stoccolma. "E' una buona notizia, ma solo un primo passo. Ci sono stati abbastanza ritardi, ora servono fatti concreti", commenta Nick. L'obbiettivo finale è ottenere da Berlino un riconoscimento ufficiale della responsabilità, anche morale, di quanto è accaduto e la creazione di un fondo per assistere i sopravvissuti, persone che nella loro vita non hanno mai ricevuto alcun sostegno finanziario.

 

La società farmaceutica tedesca Gruenenthal solo nel 2012 e dopo 50 anni di silenzio con le vittime del talidomide, chiedeva scusa. L'amministratore delegato del gruppo, Harald Stock intervenuto all'inaugurazione di una statua di bronzo che rappresenta un bambino senza arti nella città di Stolberg, dove la ditta ha sede annunciava: "Chiediamo perdono per i 50 anni nei quali non abbiamo trovato il modo di aprire un dialogo con voi da essere umano a essere umano, vi chiediamo di considerare il nostro lungo silenzio come un segno dello shock che la vostra sorte ci ha provocato”. Nel 1972 la stessa Gruenenthal ha acconsentito a pagare risarcimenti in Germania, ma l'azienda si è sempre rifiutata di ammettere le responsabilità, sostenendo di aver fatto tutti gli accertamenti clinici richiesti allora. L'amministratore delegato del gruppo ha rinnovato questa posizione nel suo discorso, insistendo sul fatto che "la sofferenza con il Contergan 50 anni fa è avvenuta in un mondo completamente diverso da quello di oggi" e che dall'incidente l'industria farmaceutica ha imparato una lezione importante. "Quando Gruenenthal ha sviluppato il Contergan, ha agito sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili in quel momento e ha rispettato tutti gli standard industriali imposti per testare nuovi farmaci negli anni '50 e '60", ha sottolineato Stock".  Talidomide è la conseguenza di una sperimentazione animale non sicura che ha arrecato danni irreversibili a migliaia di mabini che, ora, da adulti si ritrovano senza arti. Ma il tutto, era consentito dalla legge.




MAFIA CAPITALE: MARCO VINCENZI E L’EPILOGO DELLA GRANDE BUGIA

di Cinzia Marchegiani

Lo avevamo lasciato così, con le sue dimissioni da capogruppo del Partito Democratico alla Regione Lazio, Marco Vincenzi il 9 giugno 2015. Dimissioni seguite però da dichiarazioni relative la "totale estraneità" al suo coinvolgimento in merito alle notizie apparse sugli organi di stampa: “Smentisco di aver presentato in Consiglio regionale emendamenti per finanziare il comune di Roma o i suoi municipi. Non corrispondono nel modo più assoluto a verità e sono destituite di fondamento, quindi, le affermazioni di Salvatore Buzzi su un mio presunto interessamento per far ricevere al municipio di Ostia 600mila euro o qualsiasi altra cifra"- concludeva così la nota delle sue dimissioni nella quale sottolineava –di conseguenza, e lo sottolineo per evitare qualsiasi fraintendimento, non possono essere stati approvati in Consiglio regionale emendamenti del sottoscritto per elargire fondi ad Ostia agli altri municipi della Capitale o al comune di Roma. Ho visto due volte Salvatore Buzzi su sua sollecitazione – continua Vincenzi – e nel corso degli incontri mi aveva chiesto di intercedere per far ottenere fondi ad Ostia. Una richiesta alla quale non ho dato alcun seguito».
 

IL M5S HA TROVATO I DOCUMENTI CHE PESANO COME MACIGNI SU MARCO VINCENZI
Gli emendamenti, erano la prova fondamentale per dimostrare che dietro il disegno criminale vi fosse l’appoggio di un basista all’interno del Consiglio Regionale del Lazio affinché tutto il piano ben congeniato da Buzzi e Carminati andasse in porto. La firma del proponente che ha un nome e cognome, Marco Vincenzi il quale il 16 giugno 2014 ha presentando due emendamenti alla proposta di legge 147/2014, con il primo ha chiesto che al fondo regionale per il riequilibrio territoriale, oltre 33 milioni per il 2014, possano accedere direttamente i municipi della Capitale senza passare dal Campidoglio, con il secondo che una quota del fondo sia destinata in particolare proprio a progetti legati al verde pubblico e al sociale.

LE INTERCETTAZIONI DEL ROS II REPARTO TRACCIANO UN CHIARO LEGAME TRA I VARI ATTORI
Dalle intercettazione tutto era ben noto, quello che mancava era la prova dell’emendamento tanto che si legge nella documentazione dei ROS che: "allo stato delle attuali conoscenze e dal contesto delle telefonate/dialoghi intercettati, non s è in grado di se la somma di 1,2 milioni di euro, e 600 mila euro da ottenere con l'aiuto di Gramazio e Vincenzi siano stati finanziati da parte della Regione Lazio, anche se le indicazioni sopra riportate, propendono per una conclusione favorevole della vicenda…"
Dalla sequenza delle intercettazioni ottenute seguendo i movimenti di Buzzi e Carminati, emerge anche la famosa telefonata di Buzzi al Presidente del Consiglio regionale del Lazio Daniele Leodori che risulta essere in una sequenza temporale specifica alla attività del Buzzi nei giorni frenetici che lo vedevano impegnato in Regione Lazio per accedere ai finanziamenti disegnati ad hoc per le proprie società.
Si legge dalla fatti documentati dalla relazione del ROS II reparto del 22.12.2014:
Il 26.09.2014, il giorno del pranzo programmato si acquisisce:
– alle ore 08:09.2014, Luca Gramazio chiamava Testa Fabrizio e dopo i saluti gli diceva:”per me tutto estremamente bene, ma… la domanda è: tu come stai combinato stamattina? Cioè, tipo verso le 11/11 e mezza riusciresti a fa un passaggio… in Regione (Testa: “certo”)…eh? Ci vediamo verso le 11, va bene? Testa concordava
– alle 9:37 all’interno dell’ufficio in Via Pomona 63, veniva intercettato un dialogo a cui prendevano parte Salvatore Buzzi, Massimo Carminati e Giovanni Campenni. In un primo momento Buzzi riferiva che non avrebbe fatto in tempo a partecipare all’incontro conviviale previsto per quel giorno a pranzo. Buzzi illustrava a Carminati gli”emendamenti” che Fabrizio Testa avrebbe dovuto portare in originale in Regione, relativi ai nuovi finanziamenti che sarebbero stai ottenuti grazie all’intervento di Luca Gramazio (1.2 milioni di euro) e Marco Vincenzi (600 mila euro) precisando gli importi indicativa ogni singolo municipio: “noi abbiamo questa situazione qua… 1°municipio 240.ooo euro, 2° municipio 340 mila euro….” A tal proposito Buzzi, su richiesta di Carminati, precisava che la documentazione era in originale, perché tramite Testa, avrebbe dovuto essere consegnato a Luca per la successiva presentazione in sede del Consiglio. Buzzi riferiva quindi ulteriori spiegazioni su quali chiarimenti Carminati avrebbe dovuto chiedere e Gramazio nel corso del pranzo cui avrebbe partecipato poco dopo. Buzzi poi proseguiva effettuando alcuni conti, basati sugli importi elargiti a seguito dell’approvazione degli emendamenti dei Municipi di Roma e Bioparco. Dai conti fatti il Municipio di Ostia avrebbe avuto a disposizione 360.000 euro, cui andava aggiunta la somma stanziata grazie all’intervento di “Vincenzi” …”1200 meno 940 fanno 3 e 60, questo è Ostia, più la parte di Vincenzi sempre per Ostia” e “ e ci dovrà pensà Fabrizio” facendo capire che la somma rimanente, ossia 360 mila euro per l’importo messo a disposizione da Marco Vincenzi, sarebbero dovuti essere dirottati sul municipio di Ostia e tale incombenza era stata afidata dal sodalizio a Fabrizio Testa. Dopo la spiegazione della scelta dei primi tre Municipi di Roma, Buzzi mostrava qualcosa a Carminati dicendogli: “guarda Massimio, questi sono gli emendamenti perché i presidenti dei Municipi ci dicono che vogliono la ricevuta della prestazione e poi spiegava a Carminati che quelle che doveva dare a Gramazio erano gli originali degli emendamenti, che era lui che li doveva presentare., rispiegando bene le somme da destinate.
– il 29.09.2014 lo stesso Buzzi chiedeva contezza a Fabrizio Testa sulle richieste del contributo di Ostia e Testa riferiva che l’appuntamento che aveva venerdì per consegnare era a posto. M a Buzzi evidenziava la scadenza che era per il giorno dopo, ma Testa lo rassicurava che era stato spostato al 20 ottobre (2014)
– il 30.09.2014 alle ore 14:03 veniva intercettata la prima telefonata tra il Presidente del Consiglio Regionale del Lazio Daniele Leodori e Salvatore Buzzi i quali fissavano un incontro per il giorno 1.10.2014 in Via del Pisana, presso l’ufficio stesso di Leodori. Nella circostanza quest’ultimo non dava un preciso orario per l’incontro, ma escludeva la fascia dalle ore 12:30 alle 15:00.
-Il giorno seguente, 1.10.2014 al fine di documentare gli spostamenti di Salvatore Buzzi veniva predisposto un servizio o.c.p. in Via Pomina 63 nel corso del quale i Ros documentavano che:
alle ore 10:51 Buzzi fissava un appuntamento presso la Regione Lazio con Luca Gramazio alle successive 11:30, alle 13:35 Buzzi si incontrava con Franco Panzironi su Villa…. e successivamente alle 11:35 dopo aver salutato Panzironi, si dirigeva verso Via della Pisana, ove accedeva all’interno del Parcheggio alle ore 11:55. Buzzi dopo ave parcheggiato andava all’interno degli uffici della Regione Lazio. Alle 12:01 Buzzi informava Piera Chiaravalle degli icontri che aveva fissato: “ a questo punto stò alla Regione, che mi si è capovolta la cosa, invece di andare noi ai campeggi, quelli dei campeggi vengono da noi alle 14:30 e quindi mo so andato alla Pisana, vado a incontrà il Presidente e poi Luca.

– Il 18.10.2014, Alle 12:31, Buzzi giungeva in Piazza Mazzini dove alle 12: 43 giunge Marco Vincenzi e dopo un breve colloquio, Buzzi gli consegnava la documentazione cartacea, Vincenzi dopo averla letta la riponeva nella tasca interna sinistra dei pantaloni…

Grazie agli appostamenti e intercettazioni dei ROS, emerge tutto nei minimi dettagli della storia che legava Gramazio a Vincenzi e altri attori che dovranno spiegare minuziosamente la loro estraneità, ma soprattutto la cronistoria e ora i epzzi di carta dei finanziamenti che sarebbero stati messi a disposizione delle cooperative sociali riconducibili a Buzzi ma non gli emendamenti, con i quali si era realizzata questa fitta. Insomma Buzzi e Carminati erano stati intercettati mentre parlavano di emendamenti con i quali il capo gruppo del PDL, Luca Gramazio e il capo gruppo del PD avrebbero consentito il finanziamento regionale di 1.2 milioni di euro e 600 mila euro da destinare alle società di Buzzi, i quali avevano intercettato destinatari il Comune di Ostia e i primi Municipi di Roma.
Il M5S non solo hanno trovato gli emendamenti presentati da Marco Vincenzi, i quali vengono approvati e inseriti nella legge 14/2014 il 14.07.2014, ma anche il documento con cui il 22.07.2014 la giunta regionale modifica il bilancio regionale per erogare i finanziamenti previsti nella legge appena approvata.
Il M5S venuto in possesso di queste prove tangibili, ha dichiarato che presenterà oggi tutta la documentazione in loro possesso e data ai giornali che ne hanno chiesto una copia, come l’Osservatore d’Italia, alla procura della Repubblica di Roma, e tutti gli atti amministrativi continuando la loro attività di controllo e verifica dell’uso delle risorse pubbliche.
 




RAI, LA 7 E MEDIASET: 44 FUNZIONARI INDAGATI PER CORRUZIONE

di Alessandro Rosa

Roma – Bufera presso le sedi della RAI, La 7, Mediaset e Infront, 44 dirigenti sono finiti sotto indagine partita dall’inchiesta sull’affidamento di lavori e servizi in cambio di utilità, denaro o assunzioni. Per i dirigenti della Rai il reato ipotizzato è corruzione, mentre per i manager La 7, del gruppo Mediaset e Infront è impropriazione indebita. Sono circa 60 le perquisizioni in corso da parte del Nucleo di polizia tributaria delle Fiamme gialle attivate dall’inchiesta partita dalla Procura di Roma, che sta indagando sull’affidamento di appalti a un imprenditore in cambio di tangenti.

Secondo il pm romano Paolo Ielo, l'imprenditore titolare della società in questione, accusato di corruzione, avrebbe pagato le tangenti attraverso sovrafatturazioni per i lavori che gli venivano affidati. La società sarebbe quella dell’imprenditore David Biancifiori che fornisce gruppi elettrogeni, scenografie, impianti audio e regie mobili anche all'estero, la quale avrebbe ottenuto l'affidamento di lavori e servizi versando ai committenti denaro oppure offrendo loro altre utilità, come vacanze, biglietti aerei ed assunzioni. Si indaga sui fondi dell’attività che sarebbero stati realizzati attraverso sovrafatturazioni dei lavori eseguiti.

Gli indagati della Rai, che avrebbero commesso il reato nello svolgimento di un servizio pubblico, sono accusati di concorso in corruzione; gli altri indagati devono rispondere invece del reato di appropriazione indebita.




CAGLIARI, 50 DOCENTI SI INCATENANO A SCUOLA: "NO AL PRESIDE SCERIFFO"

di Cinzia Marchegiani


Cagliari (CA) – Nel primo giorno della prova di maturità la Sardegna riscatta e rivendica la propria battaglia contro la riforma della scuola. Una cinquantina di docenti si sono incatenati questa mattina ai cancelli del Liceo classico “Dettori” di Cagliari, la manifestazione è stata organizzata dal coordinamento insegnanti Cagliari. Incatenati al cancello i docenti esibivano slogan ben visibili al passaggio degli studenti e dei genitori non hanno bisogno di altre spiegazioni: “No alla scuola azienda, No alla precarizzazione istituzionalizzata degli insegnanti, No scuola privata, No al preside sceriffo, Torna a casa Renzi”. " La protesta andrà avanti per tutta la mattina, anche con la distribuzione di volantini che spiegano, anche per chi è a digiuno della nuova riforma che scardinerà completamente la scuola italiana come il disegno di legge – si legge – è stato approvato dalla Camera dei deputati senza un preliminare dibattito in aula ignorando completamente le manifestazioni di un totale dissenso di una piazza che l'80 per cento dei lavoratori e simpatizzanti della scuola ha scioperato per difendere la scuola pubblica.

Laura Parisi, docente di filosofia al Liceo classico Siotto, prima di prendere servizio a scuola per gli esami spiega il motivo della sua presenza in questa protesta, facendo luce come la nuova riforma metta in competizione fra loro gli insegnati, come appunto in una grande azienda, mentre non ci sono le condizioni per insegnare bene. Si legge: “Siamo qui per difendere la scuola statale, anche i termini usati fanno riflettere: si parla di incentivi e rimborsi per i consumi culturali".

Anche per Francu De Fabbis insegnante di sostegno all'Istituto tecnico 'Primo Levi' di Quartu, reduce da altre azioni di protesta spiega ai giornalisti che la riforma è il colpo di grazia: “Si sta chiudendo il cerchio”. 

Una scelta forte di questi insegnanti che lontani dalla grande manifestazione nazionale del 5 maggio scorso che ha invaso tutte le città d’Italia. Questi doceneti si sono messi davanti ai cancelli delle proprie scuole a chiedere al governo di ascoltare la loro voce, quella degli insegnati italiani affinché nonarrvi un colpo di grazia tanto temuto, non solo per i diretti interessati, ma anche del futuro delle nuove generazioni che si nutriranno e cresceranno  fra i banchi della "scuola statale".




MAFIA CAPITALE, PROPOSTA DI LEGGE:: DIVIETO ALLE COOPERATIVE DI FINANZIARE PARTITI

di Alessandro Rosa

Il capo gruppo di FdI Camera dei Depuati, Fabio Rampelli ha annunciato che il proprio partito ha presentato una proposta di legge affinchè venga vietato alle cooperative di finanziare i partiti: “Abbiamo presentato la proposta di legge che vieta alle cooperative di finanziare i partiti. Coloro i quali possono beneficiare di affidamenti diretti senza gara pubblica per importi fino a 200 mila euro non devono entrare nel gioco politico perché sono destinati a subire il condizionamento di chi esercita questa facoltà o viceversa a esercitare un condizionamento”.

Rampelli ne spiega anche la motivazione legata al ricorso sempre in forma più pesante all'esternalizzazione dei servizi da parte degli enti locali rende opportuno e necessario che siano impediti abusi di qualunque tipo, perché questi oltre ad incidere negativamente sulla qualità dei servizi erogati gettano discredito sulle amministrazioni e minano la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. L’On. Rampelli non vede altre soluzioni: “Bisogna perciò garantire che tutte le procedure di assegnazione avvengano in una condizione di piena trasparenza e in una cornice di completa legalità. Questa proposta di legge vuole impedire che le cooperative sociali, e quei consorzi che sono costituiti come società cooperative aventi la base sociale formata in misura non inferiore al settanta per cento da cooperative sociali, conclude il capo gruppo di FdI – possano erogare finanziamenti a qualunque titolo in favore di partiti politici”.

Fabio Rampelli annuncia che chiederà che venga immediatamente incardinata nelle commissioni di competenza affinché si proceda a un rapido esame in aula e alla sua approvazione, poiché l’obiettivo è dare un segnale di trasparenza e di legalità agli italiani e in particolare ai romani.




MAFIA CAPITALE 2: LISTA MARCHINI SI AUTOSOSPENDE FINO ALLE DIMISSIONI DI IGNAZIO MARINO

 

Alfio Marchini ha annunciato al Tg 5, che la Lista Marchini si autosospenderà fino a quando il sindaco Marino, con un sussulto di dignità sottolinea Marchini, annuncerà le sue dimissioni consentendo finalmente nuove elezioni

 

di Alessandro Rosa

Roma – E' deciso Alfio Marchini a buttare giù questo Comune  attuando ostruzionismo alle attività del Campidoglio. Mafia Capitale ha con sfregio regalato una fotografia di un’istituzione che ha perso dignità e credibilità ormai. Intervistato dal Tg5 lo stesso Marchini ricorda come un anno fa, proprrio la sua lista Marchini fece ostruzionismo durante la sessione di Bilancio per impedire l'approvazione delle spese fuori bilancio,  e invocarono il Commissario mentre tutte le altre forze politiche li accusavano di essere degli irresponsabili. Marchini è certo di questo importante passo: “Oggi è chiaro a tutti che avevamo ragione ma, a questo punto, manca l'agibilità politica per continuare a fare il nostro lavoro in un Consiglio Comunale fantasma. Non siamo stati eletti per scaldare le poltrone o per prendere gettoni di presenza e per questo, da oggi, noi della Lista Marchini ci autosospendiamo fino a quando il sindaco Marino, con un sussulto di dignità, annuncerà le sue dimissioni consentendo finalmente nuove elezioni”.

Nel frattempo Marino incassa un Commissario per il Giubileo e attende con molto nervosismo anche il parere del Predetto Grabrielli proprio sullo sciogliemnto del suo Comune per infiltrazioni mafiose. Domani il dossier segreto dei tre ispettori nominati dalla procura che da sei mesi stanno indagando sui finanziamenti e le gare d’appalto partiti proprio dentro il Comune di Roma, sarà nelle mani dello stesso prefetto Franco Gabrielli.




RICERCA CENSIS: SANITA’ SEMPRE PIU’ PRIVATA, CRESCE L’ANSIA PER LA SALUTE

 

Cresce la paura degli italiani per la copertura sanitaria nel futuro. Si allungano le attese nel pubblico e si amplia il ricorso al privato, che ormai coinvolge anche i redditi bassi: complessivamente 33 miliardi di euro di spesa sanitaria «out of pocket» nel 2014, un miliardo in più in un anno. E cresce la richiesta per un intervento rapido sulle liste di attesa, la priorità numero uno secondo le famiglie

 

di Cinzia Marchegiani

E’ stata Presentata al V «Welfare Day» la ricerca Censis-Rbm Salute sulla sanità integrativa «Oltre l'attuale welfare integrativo: rinnovare la previdenza complementare e la sanità integrativa», promossa in collaborazione con Previmedical, presentata il 9 giugno 2015  a Roma in cui sono intervenuti, tra gli altri, Giuseppe De Rita e Carla Collicelli del Censis, Roberto Favaretto, Presidente di Rbm Salute e di Previmedical, e Marco Vecchietti, Amministratore Delegato di Previmedical.

I risultati di questa ricerca fotografano una sanità pubblica ormai diventata un miraggio, e con essa cresce l’ansia per la salute. Un miliardo di euro in più in un anno uscito dalle tasche degli italiani, per un totale di 33 miliardi nel 2014 (+2% rispetto all'anno precedente). A tanto ammonta la spesa sanitaria «out of pocket». Mentre la spesa sanitaria pubblica supera i 110 miliardi di euro. Ma tutto ciò non cura l'incertezza degli italiani sulla salute. Il 63,4% si dichiara insicuro rispetto alla copertura sanitaria futura (il 77,1% al Sud, il 74,3% delle famiglie monogenitoriali, il 67% delle coppie con figli). E il 54% degli italiani indica come priorità del welfare la riduzione delle liste di attesa (il 62,6% dei 29-44enni, il 59,1% dei residenti al Sud). È quanto emerge da una ricerca Censis-Rbm Salute.

PEGGIORANO LE LISTE DI ATTESA
Mentre cresce la paura, il servizio sanitario pubblico è sempre più intasato. Nell'ultimo anno si sono allungate le liste di attesa: 20 giorni in più per una risonanza magnetica al ginocchio (da 45 a 65 giorni), 12 giorni in più per una ecografia dell'addome (da 58 a 71 giorni), 10 giorni in più per una colonscopia (da 69 a 79 giorni).

IL PRIVATO DIVENTA CONVENIENTE
Una colonscopia senza biopsia nel pubblico costa mediamente 56 euro di ticket e richiede 3 mesi di attesa (fino a un massimo di 6 mesi nel Centro Italia) oppure costa 224 euro nel privato con una settimana di attesa: il costo a carico del cittadino è di 28 euro per ogni giornata in meno di attesa. Una risonanza magnetica al ginocchio nel pubblico richiede un ticket di 63 euro e 74 giorni di attesa, 142 euro di costo nel privato con soli 5 giorni di attesa. Sono 22 milioni gli italiani che nell'ultimo anno hanno fatto almeno un accertamento specialistico (radiografia, ecografia, risonanza magnetica, Tac, elettrocardiogramma, pap-test, ecc.): 5,4 milioni hanno pagato per intero la prestazione (1,7 milioni di questi sono persone a basso reddito). E sono 4,5 milioni gli italiani (di cui 2,8 milioni a basso reddito) che hanno dovuto rinunciare ad almeno una prestazione. Pagare diventa per tutti, anche per le persone con redditi bassi, la condizione per accedere alla prestazione in tempi realistici.

IL COSTO SOCIALE ED ECONOMICO DELLE LISTE DI ATTESA
Oltre 9 milioni di italiani hanno effettuato visite specialistiche nell'ultimo anno nel privato a pagamento intero (2,7 milioni di questi sono persone a basso reddito). Puglia e Campania sono le due regioni in cui è più alto il ricorso agli specialisti privati. È questo uno degli esiti della lunghezza delle liste di attesa: 69 giorni in media per una visita oculistica con ticket di 42 euro nel pubblico contro 6 giorni di attesa nel privato con pagamento intero per 102 euro, 58 giorni di attesa per una visita cardiologica nel pubblico e 5 giorni nel privato (con un costo di 42 euro nel pubblico e di 108 euro nel privato), 48 giorni per una visita ortopedica nel pubblico e 5 giorni nel privato (32 euro di ticket e più del triplo nel privato), 38 giorni per una visita ginecologica nel pubblico e 5 giorni nel privato (31 euro di ticket e 103 euro nel privato). Chi riesce ad andare dallo specialista è soddisfatto: assegna un voto medio di 8,2 su 10 (e il 72,4% degli utenti dà una voto pari ad almeno 8).

RIABILITAZIONE IN TEMPI RAPIDI? SOLO NEL PRIVATO
Oltre 4 milioni di italiani si sono sottoposti a trattamenti di riabilitazione nell'ultimo anno. Con riferimento all'ultimo ciclo terapeutico, il 54% ha pagato per intero, il 16% ha pagato il ticket e il 30% era esentato. Anche tra le persone a basso reddito il 27,3% ha pagato per intero la prestazione. Il costo medio è di 37 euro per una prestazione di riabilitazione motoria nel privato (con soli 4 giorni di attesa) e di 7 euro di ticket (ma con un mese di attesa). Stando così le cose, 1,5 milioni di italiani hanno rinunciato a fare la riabilitazione (di questi, 934.000 perché costava troppo).

QUASI NULLE LE DIFFERENZE TRA PUBBLICO E PRIVATO PER LE ANALISI DI LABORATORIO
Per le analisi di laboratorio, pubblico o privato pari sono, perché comunque si paga e si aspetta più o meno lo stesso tempo. Per l'analisi dell'emocromo completo i tempi di acceso e i costi sono ormai quasi equivalenti: 7 euro di ticket e 10 euro di costo nel privato. Insomma, si paga sempre, ma l'accesso è molto rapido, come hanno constatato i 29,6 milioni di italiani che hanno fatto esami del sangue nell'ultimo anno.

L'INTRAMOENIA NON AIUTA
Il servizio privato all'interno delle strutture pubbliche ha costi di solito superiori al privato puro e tempi di attesa più lunghi. Una visita cardiologica costa in media 113 euro con 7 giorni di attesa in intramoenia, 108 euro e 5 giorni di attesa nel privato. Una risonanza magnetica del ginocchio senza contrasto costa in intramoenia 152 euro con 11 giorni di attesa, 142 euro con 5 giorni di attesa nel privato puro. Una prima visita oculistica costa 105 euro con 12 giorni di attesa in intramoenia, 102 euro con 6 giorni di attesa nel privato puro.

Quanti falsi miti ancora le famiglie italiane dovranno abbattere?  Per ora con questi dati allarmanti, affrontano  le proprie emergenze sanitarie e non solo di portafoglio, ma soprattutto nella lotta contro il tempo, che nella malattia o nella prevenzione rappresentano il vero mostro da sconfiggere…




GRECIA NEGOZIATI: TSIPRAS NON SI PIEGA E' FUMATA NERA

 

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Nessun accordo nei negoziati del fine settimana tra il Presidente Tsipras e i creditori internazionali. Lo spettro del grande default ha fatto crollare le borse. La Merkel annuncia che non si farà ricattare, il FMI chiede il taglio dlle pensioni e l'aumento dell'IVA che farà necesariamente impoverire ancora di più il popolo ellenico

di Cinzia Marchegiani

Atene – L'UE aveva lanciato un monito alla Grecia, un chiaro ultimatum, il paese aveva meno di 24 ore per presentare controproposte serie, che dovevano includere necessariamente le riforme sulla pensione e aumento dell’IVA, mentre il premier greco Tsipras aveva messo condizioni ferree affinché non si toccassero i portafogli dei pensionati e dei consumatori.
Nel frattempo il governo tedesco avrebbe avviato consultazioni concrete circa le misure da adottare nel caso di bancarotta di Atene.

A fine giugno, quando il 30 scadranno le quattro tranche di prestiti che Atene deve restituire all'Fmi, si prospettano tre scenari possibili, dove la meno probabile sembra essere proprio un'intesa di soldi in cambio di riforme tra i creditori internazionali e governo che consentirebbe però di rispettare le deadline. Un’altra possibilità potrebbe riguardare un'estensione ulteriore del programma di aiuti attuali, che scade questo mese, proprio quando la Grecia deve rimborsare al Fondo 1,6 miliardi. L’ultima, la più devastante, è il default delle finanze.

FUMATA NERA, PER ORA NESSUN ACCORDO SOSTENIBILE
Il fine settimana ha visto un tesissimo braccio di ferro fra la Grecia e i creditori internazionali assieme all’UE, che ha prodotto una grande fumata nera, poiché le trattative messe sul piatto e i colloqui allacciati per trovare un accordo bilaterale non hanno trovato alcun compromesso tangibile e ora l’ultimo appuntamento utile è la riunione dell’Eurogruppo in agenda il 18 giugno 2015. I delegati di Atene a Bruxelles devono per ora attendere l’ultima chance messa a loro a disposizione, una soluzione che possa allontanare lo spettro del default o addirittura del Grexit, ovvero l’uscita definitiva della Grecia dall’unione monetaria europea.
Ma la Germania sembra non si voglia far “ricattare” per trovare un accordo sul salvataggio della Grecia, la proprio posizione ferrea è stata chiarita dal ministro dell’economia tedesco e vice-cancelliere Sigmar Gabriel, in una intervista al canale tedesco Ard, aggiungendo che «la pazienza dell’Europa sta finendo», e avverte che il presidente ellenico Tsipras deve portare avanti le stesse riforme che il precedente governo di Samaras si era impegnato a fare, se vuole arrivare ad un accordo, che non sarà benevolo solo perché vi è lo spettro del Grexit, ribadendo che sono disponibili ad accettare qualsiasi cosa. Altrettanto deciso il presidente Tsipras che ha tenuto la stessa linea, quella di non accettare la riduzione delle pensioni e dei salari e contemporaneamente gli aumenti, necessariamente conseguenza dei tassi dell’Iva richiesti, dei prezzi di prodotti di prima necessità, come quelli dell’elettricità. Ma queste clausole il Fondo Monetario Internazionale le impone per ottenere i tagli per l’1% del Pil, che corrisponderebbero a 1800 milioni di euro e in cambio le nuove entrate che si otterrebbero con l’aumento dell’IVA.

CROLLO DELLE BORSE
Lo spettro del default ha fatto crollare l'indice ellenico che cede di oltre cinque punti. Incidono anche le aspettative di un aumento dell'inflazione sul rialzo del debito sovrano, che vedono gli investitori a cedere titoli di Stato alla ricerca di assetti più remunerativi.
Inevitabile quindi il crollo delle borse, Milano Piazza Affari cede l'1,7%, peggio degli altri mercati, Francoforte arretra di un punto percentuale, Parigi lima lo 0,9% e Londra lo 0,6%.

Una situazione grottesca e d grande impasse…tutto rimane sospeso, il governo Tsipras rimane fermo sulle sue posizioni definendo "irrazionali" le richieste dei creditori, soprattutto in termini di tagli alle pensioni e di avanzo primario, mentre la Germania non vuole essere ricattata dal governo di Atene, il destino del popolo ellenico è ora rimandato dall’esito del vertice di giovedì prossimo, dove l’Eurogruppo dibatteranno il presente e il futuro di un popolo già alla fame, di cui si chiedono però altri tagli e imposte oltre la loro sostenibilità,…per Tsipras è come firmare per la morte del proprio paese.




SCANDALO CASCHI BLU: SESSO IN CAMBIO DI REGALI, L’ONU OFFRE IL TEST DEL DNA

L’Onu sta mettendo a disposizione i test di DNA per l’eventuale riconoscimento dei bambini nati da abusi sessuali a donne. I Caschi blu avrebbero dato loro in cambio cibo, denaro, vestiti e telefonini

di Cinzia Marchegiani

Rapporti sessuali pretesi in modo abituale dai Caschi blu in cambio di denaro, cibo vestiti, telefonini e profumi in missioni mondiali sembrerebbe uscire dal rapporto OIOS, i servizi di investigazione interna dell'Onu. Da questi rapporti sessuali non consensuali sarebbero nati moltissimi bambini che nei loro paesi non hanno una vita serena, poiché sono paesi in situazioni economiche disperate e bisognose di molti aiuti umanitari. Lo scandalo che ha investito come uno tsunami l’ONU, ora deve fare i conti con i bambini nati da questi rapporti sessuali “pretesi” dai Caschi blu. Sono bambini già vittime di un sistema e nati in paesi poverissimi. Per questo l’ONU sta mettendo a disposizione i test per verificare la compatibilità del DNA per stabilire le eventuali paternità che darebbe accesso a loro di aiuti economici. Anche se il test per ora non è obbligatorio rappresenta un’onta difficile da metabolizzare, poiché rappresenterebbe la prova degli abusi eventualmente perpetrati. Per questo motivo sembrerebbe che l’Onu voglia adottare un metodo più snello per le eventuali rivendicazioni di paternità da parte delle donne che avrebbero avuto figli da questi rapporti sessuali, quello di istituire una banca dati del Dna di tutte le truppe Onu.
Situazione delicatissima che sembra destinata a non terminare con un semplice test per il riconoscimento dell'eventuale progenie. E lo scandalo dovrà fare i conti con responsabilità profonde che un tribunale dovrà giudicare.




MAFIA CAPITALE 2: CODACONS ALL'ATTACCO DI NICOLA ZINGARETTI E DI IGNAZIO MARINO

di Cinzia Marchegiani

Roma – Arriva la denuncia del Codacons nei confronti di Nicola Zingaretti e Ignazio Marino proprio sui rapporti tessuti con Salvatore Buzzi: “Il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti ha detto che se è vero che ha incontrato una volta Buzzi, ciò è avvenuto perché lui incontra centinaia di migliaia di persone per migliaia di questioni. – Commentano dal Codacons – Anche il sindaco Marino – proseguono – dice che i suoi assessori coinvolti non toccano il suo governo. “Come mai allora Zingaretti, dopo decine di richieste del presidente del Codacons fatte per iscritto, non ha mai voluto incontrarlo per affrontare un gravissimo problema di mancanza di fondi nel Lazio relativo alla cura e assistenza ai bambini disabili e per spiegare come mai ad alcune cooperative veniva concesso di essere accreditate e ad altre no? Come mai per i bambini sulla carrozzella non ha mai trovato il tempo di incontrare un presidente della maggiore associazione di cittadini italiana?”

IL CASO DEL PIANO DEL RECUPERO DEL PARCO MONTE MARIO
Il Codacons domanda come sia stato possibile che dopo un formale ricorso al Tar del Lazio del Codacons non ci si è accorti che un funzionario del Consiglio Regionale aveva fatto deliberare che il piano di recupero denominato “Porta del parco di Monte Mario” non si poteva più fare, facendo approvare la delibera 55 del 2008 che approvava il piano della Riserva del Parco di Monte Mario (adottato insieme all’Ente regionale Roma Natura?) Un’ironia neanche troppo velata nel comunicato del Codacons emerge e rimanda al mittente una serie di quesiti: “Per caso quei funzionari di Roma Natura, componenti del Consiglio Direttivo dell’Ente – Ivano Novelli, Fadda Amedeo, Belvisi Mirella, Blasevich Federico, Cavinato Gianpaolo, Malenotti Piero, Neri Fabio, Pietrosanti Paolo, Samperi Massimo e il Direttore pro tempore Vito Consoli – che hanno adottato il Piano della Riserva di Monte Mario, sono ancora in servizio?”

IL GIALLO DELLA REVOCA DEL DEMANIO E L’ARRESTO DI MARCELLO VISCA
Il Codacons non ci sta e chiede anche come mai l’arch. Mirella Giovine – Direttore del Dipartimento Patrimonio Sviluppo e Valorizzazione di Roma Capitale – ha scritto al Codacons con Nota datata 22 gennaio 2015, che il progetto di recupero del parco di Monte Mario non si poteva più realizzare, rifiutando di dare attuazione al piano di interventi approvato con la delibera consiliare del 2004: “Nessuno si era accorto che il demanio aveva revocato il suo assenso alla Regione e al Comune – dichiarano dal Codacons – dando in concessione la stessa area che può rendere milioni di euro al mese solo per i parcheggi alla società flora Energy srl –  per 18000 euro? E nessuno di loro pensa di revocare quelle delibere – continua e precisa il Codacons – dopo che in data 30 ottobre 2014, il componente del comitato di gestione dell’agenzia del demanio Marcello Visca è stato arrestato con l’accusa di aver influenzato la Direzione Regionale dell’Agenzia, in quanto avrebbe confezionato ad arte il bando per l’aggiudicazione della gara pubblica per la concessione dell’area intorno a Piazzale Clodio?”

Intanto la stessa associazione dei consumatori e dei cittadini chiede al Tar di annullare quella concessione e imporre al sindaco Ignazio Marino ed al presidente Nicola Zingaretti di attuare il piano di interventi di riqualificazione deliberato nel 2004 entro 30 giorni.