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Editoriali

Assolto per insufficienza di prove… ma non con formula piena

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L’assoluzione di un soggetto sottoposto a giudizio può, così, a spanne, avvenire ’per non aver commesso il fatto’, quindi, come si dice, ‘con formula piena’, o con formula dubitativa, appunto, ‘per insufficienza di prove’.

Può anche essere intervenuta la prescrizione del reato: ma qui non siamo di fronte ai rapporti di Andreotti con – a quanto si disse all’epoca – la mafia di Totò Riina (famoso il ‘bacio’, mai dimostrato in tribunale). Il divo Giulio, infatti, fu rimandato a casa perché il reato – non l’unico, ma quello più grave – relativo al di lui processo era stato prescritto.

Della prescrizione si sono giovati, nel tempo, altri uomini politici. Fra i tanti, anche il Berlusca

Ma non è questo il caso del nostro Guardasigilli Alfonso Bonafede. Il quale, evidentemente, non ha dovuto affrontare i rigori di una Corte d’Assise, ma il giudizio del Parlamento della Repubblica. I fatti riscontrati obiettivamente dicono che, approfittando dell’emergenza creata dalla pandemia del virus (vi prego, risparmiatemi il ‘corona’, ne abbiamo già abbastanza, come anche delle ‘droplets’ e del ’lockdown’), 376 persone condannate per mafia in via definitiva, o in attesa di giudizio, sono uscite dalla ‘buia’, e sono state mandate a casa. Fra queste, Francesco Bonura, definito mafioso ‘valoroso’ da Tommaso Buscetta, condannato a 23 anni, uno dei primi condannati al maxi-processo a Cosa Nostra. Era al 41 bis. Come al 41 bis erano mafiosi e narcotrafficanti, fra cui Leoluca Bagarella, i Bellocco di Rosarno, Pippo Calò, Benedetto Capizzi, Antonino Cinà, Pasquale Condello, Raffaele Cutolo, Carmine Fasciani, Vincenzo Galatolo, Teresa Gallico, Raffaele Ganci, Tommaso Inzerillo, Salvatore Lo Piccolo, Piddu Madonia, Giuseppe Piromalli, Nino Rotolo, Benedetto Santapaola e Benedetto Spera, tutti al 41 bis, di età superiore ai 70 anni, oltre a Vincenzino Jannazzo, ritenuto un boss della ‘ndrangheta.

Insomma, un esodo biblico, anche dove le modalità relative alla condanna hanno riguardato reati di mafia, il che, secondo la nostra legislazione, escluderebbe i soggetti condannati dai benefici di legge – come, appunto, gli arresti domiciliari: cioè l’assoluzione de facto. Ci ha provato anche Cesare Battisti, ma gli è andata male. E vorrei vedere, con i suoi trascorsi di Primula Rossa! L’antefatto è importante.

Nel 2018 Bonafede pare avesse offerto a Nino Di Matteo, magistrato poco gradito alla mafia e dintorni, il posto di capo del DAP, Dipartimento Amministrazione Penitenziaria

Successivamente, il ministro della Giustizia aveva cambiato idea, impegnando per quella stessa carica il Procuratore capo di Potenza, Francesco Basentini. La persona che pare abbia presentato a Bonafede il dottor Basentini sarebbe Leonardo Pucci, vice capo di gabinetto del ministro nel 2018 e riconfermato nel 2019. Leonardo Pucci sarebbe, secondo alcuni, amico di Luigi Spina, già magistrato a Potenza e indagato per rivelazione di segreto nella vicenda Csm-Palamara. Fatto sta che per due anni Di Matteo, deluso dal cambio di programma di Bonafede, s’è tenuto tutto in corpo, tranne poi a sbottare in diretta tv nel programma di Giletti ‘Non è l’Arena’.

Un altro fatto determinante è che alla vigilia di Natale 2019 presso la Procura Nazionale Antimafia tutti i procuratori antimafia riuniti davanti al capo del DAP si sono lamentati per la gestione del 41 bis, per il quale il DAP, cosa mai avvenuta prima, aveva dettato alcune linee guida. È risaputo insomma che alla mafia non piace il 41 bis, né Di Matteo. Già avevano tremato quando si vociferava che sarebbe stato lui il nuovo ministro della Giustizia. Né avrebbero certo gradito che divenisse il capo del Dipartimento da cui dipende, fra l’altro, la gestione proprio del 41 bis, una condizione che i mafiosi hanno più volte dimostrato di non gradire.

Da qui ad accusare Alfonso Bonafede di avere avuto una parte nella scarcerazione di 376 tra ‘ndranghetisti, mafiosi e simili, approfittando delle condizioni che consigliavano una distanza sociale anche fra i carcerati, il passo è breve. Direi anzi che Bonafede si è dimostrato inadeguato al suo ruolo, se non altro per la grande ingenuità che ha dimostrato in questo frangente. Essendo lui ministro, come si dice, ‘non poteva non sapere’, e se non avesse davvero saputo, sarebbe appunto stato inadeguato al compito che gli era stato affidato.

Il suo è un ministero di veleni, e non è certo chi, come lui, dimostra anche poca dimestichezza dialettica nelle interviste che può reggerne il timone. Ma, si sa, questo governo ha distribuite cariche e ministeri secondo una logica schiettamente politica (vedasi anche il Ministero della salute, in cui il vero protagonista, quello che conosce le risposte, è il dottor Sileri, viceministro), denunciando scarsa adeguatezza ad alcuni incarichi affidati con la logica della spartizione numerica – leggasi: voti. In uno Stato diverso da quello in cui viviamo, il Ministro della Giustizia si sarebbe già dimesso, senza le forche caudine delle mozioni di sfiducia – una poi, addirittura dalla Bonino! Ma siamo in Italia: questo governo si regge con gli stecchini, e Renzi, in penombra, ha capito la forza di un piccolo partito che può, in alcuni casi – come in questo- essere l’ago della bilancia, facendo sua la lezione di Craxi.

Italia Viva non ha appoggiato le mozioni di sfiducia, che sono andate vane

Qualcuno ha scritto, oggi, che in cambio di questo ha chiesto – e forse ottenuto – un ministero, o forse la sua promessa, o forse altre cose. Comunque è lecito supporre che il suo appoggio se lo sia fatto pagare. Se le due mozioni di sfiducia fossero andate a segno (e ce n’erano tutte le potenzialità), il governo sarebbe caduto, e il futuro di questa compagine che ha una maggioranza solo parlamentare sarebbe stato molto oscuro, visto che oramai gli Italiani si sono seccati persino del presidente Conte, ai minimi nei sondaggi. Ma, dicevo, siamo in Italia. Bonafede non s’è dimesso, tutto continua come prima. Ma non è detto che tutto sia stato chiarito. Le due mozioni sono cadute, e quindi il buon Alfonso è stato ‘assolto’: ma non con formula piena. Appunto, per insufficienza di prove.

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Ambiente

Agenda 2030, sostenibilità ambientale: ecco come impegnarci

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La sostenibilità ambientale è uno dei goals previsti nell’Agenda 2030. Tale documento evidenzia obiettivi molto importanti tra cui, porre fine alla fame nel mondo, dire stop alla violenza sulle donne etc …

Nelle scuole italiane e non solo sono stati avviati progetti per arrivare ai traguardi preposti.
Negli ultimi anni, l’obiettivo della sostenibilità ambientale ha visto una maggiore consapevolezza individuale e collettiva.

All’interno di molte scuole, sono state programmate diverse attività tra cui, insegnare la raccolta differenziata, organizzare gite guidate presso inceneritori e impartire lezioni o laboratori di educazione civica e ambientale da parte dei docenti.

Ogni proposta ha rappresentato la possibilità di rendere i ragazzi e gli adulti maggiormente consapevoli di alcune problematiche legate al nostro pianeta: dalla deforestazione, alle banche di plastica che osteggiano la pulizia dei nostri mari, al riscaldamento globale fino ad arrivare alla totale trasformazione del territorio mondiale.

Molte di queste problematicità, causate principalmente dall’agire umano, vengono studiate non solo dalla scienza, ma anche dalla geografia. Siamo in un mondo globale in cui la questione ambientale e le sue possibili modifiche future preoccupano gli studiosi.
Per tale motivo il concetto di sostenibilità dell’ambiente è un argomento che sta molto a cuore agli esperti e non solo.

Tuttavia, sono nate diverse occasioni per evitare una totale inaccuratezza da parte dell’uomo. Pertanto, per sviluppare una maggiore sensibilità di fronte alla cura costante e attiva del nostro ambiente sono state previste diverse iniziative, partendo proprio dal comportamento dei cittadini stessi:

  • periodicamente si svolgono numerose campagne ambientali per sviluppare una corretta raccolta differenziata da parte dei singoli Comuni, Regioni e Stati;
  • ogni città al suo interno ha organizzato incontri in cui vengono spiegate le diverse fasi di raccolta dei rifiuti;
  • si sono definite regole precise per mantenere pulite le città;
  • di tanto in tanto ogni regione predispone seminari o incontri a tema su come incentivare l’uomo a rendere sempre più vivibile l’ambiente in cui abita;
  • molte scuole hanno sviluppato ricerche e sondaggi, tramite esperti del settore, per sensibilizzare i giovani e gli adulti a far fronte a questa urgenza di “pulizia” all’interno degli ambienti in cui si vive;
  • si organizzano, inoltre, convegni internazionali sulla sostenibilità ambientale e su eventuali nuove tecniche di intervento.

In generale, dalle scuole, alle diverse associazioni e al governo si è trattato l’argomento sulla sostenibilità, ponendo questi obiettivi come primari e improrogabili per “risistemare” il nostro pianeta.

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Editoriali

Aggressione omofoba a Roma: chi ha più prudenza l’adoperi!

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Mercoledì due ragazzi, per un bacio, sono stati aggrediti da un gruppo di egiziani al grido: “Questa è casa nostra e voi froci qua non dovete stare” rischiando davvero grosso.


Per fortuna, invece di reagire, hanno chiesto l’intervento delle forze dell’Ordine che, prontamente, sono intervenute mettendo in salvo i due ragazzi. In queste situazioni “Ci vuole prudenza!”

È un pensiero che la mia generazione ha recepito troppe volte in malo modo e, di contro, le generazioni attuali non sanno neanche da dove provenga.

E se alla mia età arrivo a scrivere di questo è perché il clima che si respira in ogni parte del mondo predica proprio la prudenza. Assistiamo, troppe volte, a situazioni in cui le aggressioni, le violenze, i soprusi colpiscono e fanno piangere proprio perché quella virtù molto predicata e poco praticata, la prudenza appunto, viene accantonata per imporre magari le nostre ragioni di fronte a soggetti che non hanno nulla da perdere pronti a tutto e senza scrupoli.

E non mi si venga a dire “ci rivuole il manganello” perché violenza chiama violenza, aggressione chiama aggressione, sopruso chiama sopruso.

Non so “offrire” una ricetta perché i tanti “Soloni”, esperti in materia, sono decenni che “toppano”, sbagliano, predicando il “dente per dente”.

Occorre “certezza di pena” e “controllo del territorio”. E se a tutto ciò aggiungiamo un “cultura woke” che, a mio avviso, vuole imporre a colpi di “politicamente corretto” scelte sulla vita di ognuno ci ritroveremo davvero a riconsiderare vero ed attuale il pensiero di Thomas Hobbes “Homo hominis lupus”, l’uomo è lupo agli uomini.

Perché l’integrazione non si impone per legge come anche l’inclusione.
Sono processi che passano attraverso l’accettazione di entrambe le parti in modo paritetico e rispettoso ognuno dell’altro.

Quindi, “prudenza” perché, come diceva Henry de Montherlant: Bisogna fare cose folli, ma farle con il massimo di prudenza”.

l’immagine rappresenta l’allegoria della Prudenza

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Editoriali

L’illusione della superiorità e l’incoscienza di chi crede di avere una coscienza superiore: Beata ignoranza!

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Nell’era dell’informazione e dell’autorealizzazione, sempre più individui si convincono di possedere una coscienza superiore, una sorta di illuminazione intellettuale e morale che li pone al di sopra della massa. Questa percezione, spesso priva di una reale base di merito, non solo è pericolosa, ma anche profondamente ingannevole. L’illusione della superiorità può infatti condurre a un’autocelebrazione sterile e alla svalutazione di tutto ciò che non rientra nella propria visione del mondo.

L’autocompiacimento dell’ignoranza

Uno dei fenomeni più diffusi è l’autocompiacimento dell’ignoranza. Alcuni individui, forti di una conoscenza superficiale acquisita attraverso fonti discutibili o parziali, si autoconvincono di avere una comprensione profonda e completa delle cose. Questo atteggiamento li porta a rifiutare qualsiasi opinione contraria, chiudendosi in una bolla di autoconferma. Il paradosso è che più limitata è la loro comprensione, più ferma è la loro convinzione di essere superiori.

La mediocrità travestita da eccellenza

Chi si illude di avere una coscienza superiore spesso ignora la necessità di un’autoanalisi critica e di un continuo miglioramento. Questa mancanza di umiltà e di riconoscimento dei propri limiti porta a una stagnazione intellettuale e morale. La mediocrità, in questo contesto, si traveste da eccellenza, mascherata da un velo di arroganza e presunzione. La vera eccellenza richiede infatti la capacità di riconoscere i propri errori e di apprendere continuamente dall’esperienza e dagli altri.

Il confronto con la realtà

Per smascherare l’illusione di una coscienza superiore, è essenziale confrontarsi con la realtà in modo aperto e onesto. Questo implica ascoltare opinioni diverse, accettare critiche costruttive e riconoscere l’importanza della competenza e dell’esperienza. Solo attraverso questo confronto si può sviluppare una vera comprensione e una consapevolezza autentica.

L’importanza dell’umiltà

L’umiltà è la chiave per evitare la trappola dell’illusione di superiorità. Riconoscere che la propria conoscenza è limitata e che c’è sempre spazio per migliorare è il primo passo verso una crescita autentica. L’umiltà permette di apprendere dagli altri e di riconoscere il valore della diversità di pensiero e di esperienza. Solo con questa attitudine si può sviluppare una coscienza realmente superiore, basata non sulla presunzione, ma sulla consapevolezza e sulla continua ricerca del miglioramento.

L’illusione di una coscienza superiore è un inganno pericoloso che porta all’arroganza e alla stagnazione. La vera superiorità non risiede nella convinzione di essere migliori degli altri, ma nella capacità di riconoscere i propri limiti, di apprendere continuamente e di confrontarsi con la realtà in modo aperto e umile. Solo attraverso questo percorso si può raggiungere una consapevolezza autentica e contribuire in modo significativo al proprio sviluppo e a quello della società.

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