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Editoriali

ARRESTO DEI FRATELLI SCHIAVONE: LA FINE DI UN'ERA CRIMINALE

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Tempo di lettura 3 minuti Tante sono state le vittime in questi lunghi anni di "impero", tanti i soprusi e le infiltrazioni nel tessuto politico nazionale

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di Christian Montagna


Con l'operazione "Spartacus Reset", anche i figli del famoso boss di Casal di Principe Francesco Schiavone detto Sandokan vengono assicurati alla giustizia o almeno, si spera che sia così. Da anni leader nella criminalità organizzata campana e nazionale, la famiglia Schiavone insieme alle famiglie Bardellino, Bidognetti e Iovine terrorizzano l'intero territorio nazionale. Se vale la regola tale padre tale figlio, ecco che anche i figli dei boss intraprendono la stessa carriera criminale. Carmine e Nicola Schiavone, figli di Sandokan, sono stati arrestati con le accuse di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, ricettazione, detenzione di armi e altri reati aggravati dalla matrice mafiosa. Un curriculum di tutto rispetto nell'ambiente criminale che per anni gli ha permesso di primeggiare sulle attività illecite di grande portata. Un'organizzazione che nel corso degli anni è riuscita a stabilizzarsi oltre che a Caserta dove ha impiantato le radici a Casal di Principe, anche nel Lazio, in Puglia, Lombardia, Spagna e America grazie alla gestione internazionale di sostanze stupefacenti provenienti dal Sud America. Ma non solo, anche in Polonia, Ungheria, Bulgaria, Germania, Regno Unito, Venzuela, kenya e Santo Domingo sono state rintracciate le loro azioni. A New York ad esempio, sono stati implicati in attività illecite riguardo la costruzione del World Trade Center; in Svizzera ricilano capitali e acquistano banche, così come in Cina, in Scozia e a Francoforte; investono quote in borsa in Portogallo, Brasile, Francia e Ungheria. Ovunque acquistano immobili, aziende agricole, alberghi, ville di lusso e negozi; smaltiscono rifiuti tossici fatturando oltre trenta miliardi di euro; stringono rapporti con le industrie internazionali segnando il destino di intere generazioni future. Proprio come hanno fatto con la Terra dei Fuochi in Campania: è a loro infatti che si devono attribuire le morti di tumore che ogni giorno nelle zone rosse si susseguono, ed è causa loro se oggi, si combatte il disastro ambientale nelle provincie campane.

Tante sono state le vittime in questi lunghi anni di "impero", tanti i soprusi e le infiltrazioni nel tessuto politico nazionale; altrettanti numerosi i pentiti che hanno raccontato e rivelato le abilità di questo gruppo di inserirsi ovunque. Il primo a pagare con la vita un tentativo di ribellione è stato don Giuseppe Diana nel 1994, colpevole di non aver obbedito agli ordini della camorra. Ma purtroppo non l'unico; dal 1985 al 2014, ben 646 sono stati i morti. Una strage la cui fine potrebbe non giungere mai. Un susseguirsi di omicidi che porta le tanto sperate sentenze del 2010 in cui vengono condannati all'ergastolo Schiavone, Bidognetti, Zagaria e Caterino. Ma il "lavoro" criminale, nonostante gli arresti non termina, passa infatti semplicemente in mano ad altri, ai successori, ai figli. Vengono pian piano arrestati tutti ma i seguaci sembrano venir fuori come funghi. Nonostante gli attacchi da parte dello Stato, riescono prontamente a rigenerarsi e tornare in vita; proprio come quando i tradimenti giungono dai loro stessi affiliati. Carmine Schiavone,in primis, fratello del boss, è stato il primo a tradire le famiglie d'onore rivelando i piani omicidi nei confronti dello scrittore Roberto Saviano autore di Gomorra e le numerose attività illecite sottaciute da tutti, politici compresi, nei confronti delle nostre terre. Ma ciò, non è bastato a smantellare un'organizzazione così forte.

La bravura, se così si può chiamare, di questi personaggi è stata quella di riuscire ad accaparrarsi il benestare del popolino in cambio di protezione e aiuti ed è così che oggi, sebbene le cronache avessero rivelato tutti i malfatti, ottengono consensi ovunque, sui social, per le strade; vengono spesso sostituiti allo Stato e identificati come salvatori della patria. Addirittura, riescono a nascondersi per anni nelle proprie abitazioni con la complicità dei vicini e l'omertà di tutti. Nel frattempo però si contano i morti, e chissà per quanti anni ancora se ne conteranno. Il colpo che ha inflitto lo stato con il quale i due fratelli Schiavone rimasti liberi sono stati arrestati, potrebbe aver segnato la fine di un'era criminale ma, ahimè, non si esclude che a breve ne possa avere inizio un'altra.
 

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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