Arrestati avvocato e Gip: erano in affari per provvedimenti “facili”

Il gip del Tribunale di Bari, Giuseppe De Benedictis, e l’avvocato penalista barese Giancarlo Chiariello, sono stati arrestati e condotti in carcere su disposizione del gip di Lecce che ha accolto le richieste cautelari della Dda. Entrambi sono accusati di aver stretto un accordo corruttivo in base al quale il giudice avrebbe emesso provvedimenti di scarcerazione in favore degli assistiti dell’avvocato Chiariello.

De Benedictis nei giorni scorsi ha presentato richiesta di dimissioni dalla magistratura. Il giudice e il penalista sono accusati di aver stretto da tempo un accordo corruttivo in base al quale, in cambio di denaro, consegnato presso l’abitazione e lo studio del legale, o anche all’ingresso di un bar vicino al nuovo Palazzo di Giustizia di Bari, il giudice emetteva provvedimenti “de libertate” favorevoli agli assistiti dell’avvocato Chiariello, tra i quali un indagato arrestato oggi. I beneficiari dei provvedimenti del gip, sono in gran parte appartenenti a famiglie mafiose o legate alla criminalità organizzata barese, foggiana e garganica.

Nell’indagine della Dda di Lecce sono indagate numerose altre persone nei confronti delle quali sono in corso perquisizioni. Le indagini si basano su intercettazioni telefoniche e ambientali, videoriprese in uffici e ambienti interni ed esterni, pedinamenti, dichiarazioni di collaboratori di giustizia, esame di documentazione, perquisizioni e sequestro di ingenti somme di denaro contante. 

Va in carcere l’avvocato Giancarlo Chiariello, legale della boss Monica Laera che ha aggredito Maria Grazia Mazzola, inviata speciale tg1 Rai, con minacce di morte e lesioni con metodo mafioso e per questo è stata condannata a un anno e quattro mesi di reclusione.

Chiarello è stato arrestato stamattina per corruzione con l’aggravante mafiosa. Secondo le accuse della DDA di Lecce era in affari con il GIP di Bari Giuseppe De Benedectis che in cambio di tangenti, emetteva provvedimenti di scarcerazioni di mafiosi.

Una vicenda devastante per la giustizia e la certezza della pena che toglie credibilità ai cittadini. Ma la DDA di Lecce ci garantisce, con la sua azione giudiziaria di oggi, che la verità prima o poi viene a galla.

“Io ho fiducia nella magistratura che non dorme. – ha detto l’inviata Rai – Perché questa indagine che accerta fatti gravissimi, durava da anni. Intercettazioni, video, prove della consegna di mazzette al bar di fronte il Tribunale di Bari. Pertanto ne vedremo delle belle sui metodi- monitorati e registrati in diversi anni dalla DDA di Lecce- dell’avvocato Giancarlo Chiariello, penalista dall’onorario d’oro che il 15 aprile nell’ultima udienza del processo che mi vede parte offesa, ha cantato le lodi della povera Monica Laera descrivendola come ‘figlia del popolo’. Ma il popolo – ha proseguito Maria Grazia Mazzola – non si può permettere l’onorario dell’avvocato Chiariello che difendeva da anni i familiari della boss, il marito Lorenzo Caldarola pluricondannato per mafia, il figlio Ivan Caldarola ora condannato per tentata estorsione e danneggiamenti con l’aggravante mafiosa e l’altro figlio in carcere per omicidio, Francesco Caldarola. Chiariello difendeva anche criminali foggiani, oltre che di Bari. Sui metodi difensivi e aggressivi dell’avvocato Chiariello ho sempre nutrito dei grandi dubbi: Laera mi ha pluri-denunciata, il suo legale ha elaborato-sulle dichiarazioni della boss- un dossier di accuse feroci e infondate contro di me, scrivendo che andavo punita e che i giornalisti esemplari erano quelli che avevano intervistato la boss Laera accreditando la sua versione dei fatti. Infatti il giudice di Bari, archiviò le denunce di Laera tramite l’avvocato Chiariello, scrivendo che ero stata corretta. E’ legittimo e costituzionale che i boss abbiano la loro difesa, ma tentare di infangare con violenza verbale la parte offesa con accuse infondate, perché? Perché la fabbrica del fango? Strategia tipicamente mafiosa, pluri-documentata nei libri di storia della mafia. A questo punto è necessario fare chiarezza. Un giudice arrestato a Bari e un noto penalista in affari per favorire l’esito processuale dei criminali. E soldi. Fiumi di soldi -un milione e trecentomila euro- trovati dai Carabinieri di Bari ai quali tutti i cittadini, compresa me, esprimono gratitudine. Di che provenienza è questo fiume di contanti trovati negli zaini? Da tre anni invoco pulizia a Bari, lancio appelli e chiedo certezza della pena e azioni severe contro la mafia pugliese. I cittadini – ha concluso Mazzola – hanno diritto a vivere la piena legalità a Bari, nei loro quartieri, hanno diritto a un’informazione vera e completa”.