Connect with us

Editoriali

Armi in casa e strage nel Maryland, noi non siamo gli Usa

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 8 minuti
image_pdfimage_print

In Maryland, USA, l’ennesima strage compiuta con armi da fuoco, nella redazione di un giornale da parte di uno squilibrato che ne odiava i membri. E subito in Italia si sfrutta l’occasione per dimostrare, o cercare di farlo, che più armi sono in possesso dei privati, e peggio è; che più armi sono in giro e più morti ci sono; che chi vuole il famigerato ‘porto d’armi’, è praticamente già un assassino in erba. Questo cozza, in questo momento, contro la ‘deprecabile richiesta’ degli anziani – o non anziani – di avere un’arma in casa. State tranquilli, si dice da tutte le parti, i numeri della criminalità sono diminuiti, e le statistiche ne fanno fede. Ma questa notizia non può consolare chi è stato di recente rapinato, scippato, aggredito, e la sua storia non è arrivata neanche sulle pagine dei quotidiani, chissà perché. Se mi entra in casa qualcuno, posso forse convincerlo ad andarsene mostrandogli le statistiche, e dicendogli che lui non può essere in casa mia in quel momento perché non è contemplato nella media? Pare quasi che ci sia una regia occulta che impedisce a certe notizie di essere messe a conoscenza del grande pubblico. Per non creare ‘paura’. Paura sulla quale la sinistra dichiara che la destra, o il centrodestra, ha creato la propria vittoria schiacciante alle ultime elezioni.

Bisogna fare il punto su alcuni elementi

Non è vero che Salvini, come stupidamente hanno interpretato alcuni, voglia dare una pistola a tutti. Sicchè alla fine tutti – ma proprio tutti – scenderemmo in strada per affrontarci a suon di 45, o di calibro 9. L’Italia non è l’America, dove vige una legge che dice che se qualcuno entra nella tua proprietà senza autorizzazione – leggi in casa, di giorno o di notte – è legittimo sparargli addosso, nella presunzione del fatto che ivi si sia introdotto non per farti gli auguri di buon compleanno, ma per portarti via qualcosa, e se tu ti ribelli, lo fai a tuo rischio e pericolo. Chi scrive ha degli amici nella Grande Mela, e poco tempo fa, uno di essi riferiva che dopo il sindaco Rudolph Giuliani, a New York si può girare tranquillamente di giorno e di notte, senza pericolo. Ciò che prima del sindaco della ‘tolleranza zero’ era impensabile. Questo ci induce ad una riflessione: non è che da noi il controllo del territorio è insuffici9ente? Non è che da noi la tolleranza è oltre la decenza, per cui agenti di PS o carabinieri vengono sanzionati per ‘arresto violento’ e portati in tribunale per una condanna o un risarcimento a favore del delinquente? E non è che questo accade un po’ troppo spesso? Di recente un rom – ma non ha importanza l’etnia – è stato risarcito dal Ministero dell’Interno di 60.000 euro – provvisionale stabilita dal giudice, secondo noi in eccesso di garantismo – perché, avendo forzato un posto di blocco a forte velocità su di un’auto rubata, è stato colpito alla schiena dal proiettile sparato da un poliziotto che era li per fare il proprio dovere, cioè controllare le auto che fossero passate e i loro autisti. Ed è chiaro, e secondo chi scrive costituirebbe omissione d’atti d’ufficio, che se qualcuno non si ferma all’alt della polizia, va fermato, magari sparando non a lui ma alle gomme. Cosa che è regolarmente avvenuta. Di diverso parere il magistrato, che ha condannato ad otto mesi per lesioni l’agente, e a nove mesi il bandito- oltre ad averlo premiato per la sua fuga, con 60.000 euro che appartengono al popolo italiano. Fatto sta che di questi episodi se ne sono verificati tanti, e nessuno ha mai pensato di indagare i magistrati troppo … ‘generosi’. Questo modo di fare costituisce un deterrente nei confronti proprio di chi l’ordine è preposto a mantenerlo, e chi ne subisce le conseguenze è proprio il cittadino comune, il ‘sig. Rossi’, o la ‘signora Maria’, che sono a rischio quando vanno al mercato, o quando sono all’ufficio postale in attesa della pensione. Oppure al bancomat. Oppure quando aprono il portone di casa, con le mani ingombre dei sacchetti della spesa; o vanno in ascensore, e via così. Diciamo anche che la ‘tolleranza zero’ di Giuliani, anche in Italia, da parte di alcuni quotidiani appartenenti alla corrente di sinistra, è stata criticata, e diversamente non poteva accadere. Figuriamo ci se i nostri politici buonisti ed ipergarantisti – a vantaggio della parte sbagliata – si facevano sfuggire l’occasione di denigrare chi, con metodi che non sono certo i loro, era riuscito a migliorare una situazione di ordine pubblico, in una città complessa e pericolosa come New York. Sicchè hanno incominciato a fiorire su alcuni giornali – sempre gli stessi – le critiche al sistema di Giuliani. Il quale, se non altro, ha voluto mettere un freno ad una situazione che non aveva confronti con quella italiana. I fatti parlano da soli. Bisogna anche dire che la polizia di NY non ha difetti di organico, come succede invece in Italia, dove la polizia è sottorganico di circa 22.000 elementi, e quelli che sono in servizio, stante il blocco del turnover, sono anziani, e più adatti al lavoro d’ufficio. A New York la polizia è dovunque, per esperienza personale. Stessa condizione di mancanza d’organico lamentano i carabinieri della territoriale, nel numero di circa 18.000. Purtroppo molti poliziotti e carabinieri sono impegnati nelle inutili scorte a personaggi, politici e non, che della scorta non avrebbero proprio bisogno.

Tiriamo le somme

Siamo partiti dalla strage del Maryland, con cinque morti e un numero imprecisato di feriti, operata da un pazzo che aveva molti motivi d’odio nei confronti di quella redazione di giornale, una strage annunciata che avrebbe potuto essere sventata se solo qualcuno fosse andato a verificare il profilo facebook dell’assassino. Dedichiamo un pensiero ai colleghi che hanno perso la vita – come a Parigi, nella redazione di Charlie Hebdo – solo per aver fatto ciò che era il loro dovere – parola abusata – insomma, ciò per cui erano assunti al giornale e scrivevano su quelle pagine. I giornalisti morti nell’esercizio della professione ammontano a 65 nel 2017, e 29 dall’inizio del 2018, secondo le notizie del media. Il che fa ritenere che la professione di giornalista – specialmente inviato di guerra – sia una delle più pericolose. Moltissimi quelli minacciati e ancora sotto scorta. A parte questo, diciamo che l’Italia non è l’America, una nazione che è nata e cresciuta e creata con le armi. La cultura delle armi è radicata in buona parte della popolazione, come i fatti e la NRA dimostrano. La NRA, National Rifle Association, la potente lobby che non riunisce le fabbriche di carri armati o aerei F35, ma più semplicemente armi portatili. Oggetti che sono per alcuni appassionati ‘da collezione’, destinati per la maggior parte e rimanere in una bacheca con cristallo antiproiettile e antiscasso per la gioia degli occhi del loro proprietario. Esattamente come un album di francobolli, un quadro di Van Gogh, o una raccolta di monete, o di vetture d’epoca. Le armi non sono buone, ma non sono neanche cattive. Sono semplicemente degli oggetti. Quello che ne fa cattivo uso è l’uomo, che può essere buono o cattivo. Come nel caso del Maryland. Altrimenti, dovremmo sanzionare anche il possesso di coltelli da cucina, da macellaio, bisturi chirurgici, pezzi di corda o cinture di cuoio, mazze da baseball, o da golf, o da polo, o da cricket, tronchetti di legna da ardere, punteruoli, martelli, cacciavite, chiavi inglesi, tondini di ferro per edilizia, sacchetti di plastica, eccetera, tutti oggetti atti ad offendere. La strage è stata compiuta con un’arma definita ‘ da caccia’, il che fa supporre che l’assassino abbia usato uno ‘shotgun’, un fucile cal. 12. Un’arma destinata ad una attività venatoria, per chi ci si diverte. Chi scrive ha smesso più di trent’anni fa, e oggi gli uccelletti preferisce sentirli cantare. In Italia la situazione è molto diversa. Intanto incominciamo con il mettere in chiaro che quando si parla di ‘porto d’armi’ bisogna fare un distinguo. Esiste in Italia un ‘porto di pistola per difesa personale’ che, a parte il costo enorme per la concessione e per il rinnovo annuale, presuppone, oltre ad una prova d’armi, una serie di visite mediche e psichiatriche cha attestino l’idoneità – almeno in teoria – del soggetto, alla concessione della licenza. Questo tipo di licenza si rilascia con il contagocce, perché la richiesta dev’essere motivata e giustificata dall’attività della persona. C’è poi il ‘permesso di trasporto’ per uso sportivo, che non è un porto d’armi, e che dà licenza di portare con sé l’arma sportiva nel tragitto da casa al poligono di tiro, nei giorni e negli orari previsti per l’attività di tiro. In questo caso l’arma va ‘trasportata’ scarica e in custodia – leggi valigetta,- in giorni e orari ben precisi. Del porto di fucile per uso caccia non mette conto di parlare, – anch’esso oneroso economicamente – riguardando esso solo ed esclusivamente l’esercizio venatorio, mentre pare che l’oggetto del desiderio degli anziani – ma non solo loro – sia proprio la pistola. Anch’esso comporta pratiche per la concessione, esami medici e tasse per il rinnovo. Esiste poi, come ribadiva l’altro giorno in TV il prefetto Francesco Tagliente, la possibilità di ‘detenzione’ di un’arma, lunga o corta, presso la propria abitazione, cioè la possibilità di avere un’arma nel cassetto del comodino, subordinata ad un nulla osta per l’acquisto da parte della Questura, senza la possibilità di portarla in giro. Questo pare che sia l’ultimo desiderio degli italiani. I quali, nonostante le statistiche dichiarino una diminuzione dei reati, hanno una percezione insufficiente di sicurezza, sia in casa che fuori. Qui un maligno potrebbe pensare ad un tarocco dei dati dell’Istat,e, diceva qualcuno, ci azzeccherebbe con grande probabilità. Ma da cosa deriverebbe questa mancata percezione di sicurezza? Certamente da quello che è sotto i nostri occhi, cioè il mancato o insufficiente controllo del territorio da parte delle forze dell’ordine. Il vedere che esistono nelle città sacche di criminalità impunita che fa il bello e il cattivo tempo, senza remore e ostacoli. Il constatare che ogni giorno si verificano truffe e furti a carico soprattutto dei più deboli, e che gli autori, quando fossero per avventura individuati ed arrestati, non subiscono alcuna conseguenza, trattandosi di reati definiti ‘minori’ – facenti parte dell’elenco di 270 reati depenalizzati dal governo Renzi – e che quindi ognuno di noi cittadini è succube di questa gente senza potersi difendere. Difendere sé stessi e la propria famiglia, oltre che la proprietà, è un diritto civile, umano e sacrosanto, non negato dalla nostra Costituzione repubblicana. Bisogna perciò fare alcune cose. Prima di tutto reintegrare il difetto d’organico nelle Forze dell’Ordine, polizia e carabinieri. I soldati per la strada sono una presa in giro per i cittadini. Dovessero trovarsi in situazioni d’emergenza, non avrebbero alcun titolo giuridico per intervenire. In pratica, non sono ufficiali di Polizia Giudiziaria, e le armi che hanno in dotazione non sono adatte ad un teatro d’operazioni cittadino. Se poi dovessero uccidere un delinquente in fuga, quale sarebbe la loro sorte? Riteniamo che ci penserebbero più di due volte prima di sparare, e poi non ne farebbero nulla. Sentivamo una di queste mattine una esponente del PD dichiarare in TV che il suo governo avrebbe aumentato lo stipendio dei poliziotti: forse la tapina non è al corrente del fatto che, al netto, la cifra è di 9 euro lordi al mese, a cui vanno applicate le trattenute. Quindi, un controllo del territorio più capillare, che eliminasse dalle strade la piccola criminalità, quella che fa più male ai cittadini comuni. Certezza della pena, ed inasprimento delle pene, senza permessi premio – di che? – o libere uscite. Se necessario, costruire nuovi edifici carcerari. Come in USA, creare un tribunale che giudichi per direttissima i reati di strada, e che assicuri che questa gente, almeno per un buon periodo di tempo, non possa più delinquere. Pene pesantissime per i recidivi nello stesso reato, così da rendere non redditizio il ricominciare. Possibilità per il privato di detenere un’arma in casa, dopo un adeguato periodo di istruzione al maneggio: per chi la voglia ottenere, il che non è la totalità ci sono alcuni che dichiarano che le armi ‘fanno schifo’, e sotto un certo punto di vista – il loro – possiamo anche essere d’accordo. Ma costoro non possono e non devono prevaricare la libera volontà di alcuni che preferiscono armarsi. Fermo restando che le difese passive – cancelli, grate, allarmi, cani da guardia, telecamere, eccetera – vengono prima di quelle attive. Il deterrente più efficace contro un delinquente malintenzionato – ne esistono di genere diverso? – è senz’altro il sapere che se entra in una certa casa, specialmente di notte, può lasciarci la pelle, e senza lasciare eredità ai suoi parenti. Dichiarava Rita Dalla Chiesa, sempre in TV con il prefetto Tagliente, che a Palermo non ci sono scippatori, ladruncoli e piccola criminalità. Dobbiamo dire il perché? Lasciamo al lettore la conclusione. Quindi è possibile un controllo a tolleranza zero, anche nelle nostre città, se veramente questo si vuol fare, a difesa del cittadino, che non vorrebbe neanche più avere un’arma in casa. E poi, di grazia, perché ad un ladro non si dovrebbe sparare?

Roberto Ragone

Ambiente

Agenda 2030, sostenibilità ambientale: ecco come impegnarci

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print

La sostenibilità ambientale è uno dei goals previsti nell’Agenda 2030. Tale documento evidenzia obiettivi molto importanti tra cui, porre fine alla fame nel mondo, dire stop alla violenza sulle donne etc …

Nelle scuole italiane e non solo sono stati avviati progetti per arrivare ai traguardi preposti.
Negli ultimi anni, l’obiettivo della sostenibilità ambientale ha visto una maggiore consapevolezza individuale e collettiva.

All’interno di molte scuole, sono state programmate diverse attività tra cui, insegnare la raccolta differenziata, organizzare gite guidate presso inceneritori e impartire lezioni o laboratori di educazione civica e ambientale da parte dei docenti.

Ogni proposta ha rappresentato la possibilità di rendere i ragazzi e gli adulti maggiormente consapevoli di alcune problematiche legate al nostro pianeta: dalla deforestazione, alle banche di plastica che osteggiano la pulizia dei nostri mari, al riscaldamento globale fino ad arrivare alla totale trasformazione del territorio mondiale.

Molte di queste problematicità, causate principalmente dall’agire umano, vengono studiate non solo dalla scienza, ma anche dalla geografia. Siamo in un mondo globale in cui la questione ambientale e le sue possibili modifiche future preoccupano gli studiosi.
Per tale motivo il concetto di sostenibilità dell’ambiente è un argomento che sta molto a cuore agli esperti e non solo.

Tuttavia, sono nate diverse occasioni per evitare una totale inaccuratezza da parte dell’uomo. Pertanto, per sviluppare una maggiore sensibilità di fronte alla cura costante e attiva del nostro ambiente sono state previste diverse iniziative, partendo proprio dal comportamento dei cittadini stessi:

  • periodicamente si svolgono numerose campagne ambientali per sviluppare una corretta raccolta differenziata da parte dei singoli Comuni, Regioni e Stati;
  • ogni città al suo interno ha organizzato incontri in cui vengono spiegate le diverse fasi di raccolta dei rifiuti;
  • si sono definite regole precise per mantenere pulite le città;
  • di tanto in tanto ogni regione predispone seminari o incontri a tema su come incentivare l’uomo a rendere sempre più vivibile l’ambiente in cui abita;
  • molte scuole hanno sviluppato ricerche e sondaggi, tramite esperti del settore, per sensibilizzare i giovani e gli adulti a far fronte a questa urgenza di “pulizia” all’interno degli ambienti in cui si vive;
  • si organizzano, inoltre, convegni internazionali sulla sostenibilità ambientale e su eventuali nuove tecniche di intervento.

In generale, dalle scuole, alle diverse associazioni e al governo si è trattato l’argomento sulla sostenibilità, ponendo questi obiettivi come primari e improrogabili per “risistemare” il nostro pianeta.

Continua a leggere

Editoriali

Aggressione omofoba a Roma: chi ha più prudenza l’adoperi!

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print

Mercoledì due ragazzi, per un bacio, sono stati aggrediti da un gruppo di egiziani al grido: “Questa è casa nostra e voi froci qua non dovete stare” rischiando davvero grosso.


Per fortuna, invece di reagire, hanno chiesto l’intervento delle forze dell’Ordine che, prontamente, sono intervenute mettendo in salvo i due ragazzi. In queste situazioni “Ci vuole prudenza!”

È un pensiero che la mia generazione ha recepito troppe volte in malo modo e, di contro, le generazioni attuali non sanno neanche da dove provenga.

E se alla mia età arrivo a scrivere di questo è perché il clima che si respira in ogni parte del mondo predica proprio la prudenza. Assistiamo, troppe volte, a situazioni in cui le aggressioni, le violenze, i soprusi colpiscono e fanno piangere proprio perché quella virtù molto predicata e poco praticata, la prudenza appunto, viene accantonata per imporre magari le nostre ragioni di fronte a soggetti che non hanno nulla da perdere pronti a tutto e senza scrupoli.

E non mi si venga a dire “ci rivuole il manganello” perché violenza chiama violenza, aggressione chiama aggressione, sopruso chiama sopruso.

Non so “offrire” una ricetta perché i tanti “Soloni”, esperti in materia, sono decenni che “toppano”, sbagliano, predicando il “dente per dente”.

Occorre “certezza di pena” e “controllo del territorio”. E se a tutto ciò aggiungiamo un “cultura woke” che, a mio avviso, vuole imporre a colpi di “politicamente corretto” scelte sulla vita di ognuno ci ritroveremo davvero a riconsiderare vero ed attuale il pensiero di Thomas Hobbes “Homo hominis lupus”, l’uomo è lupo agli uomini.

Perché l’integrazione non si impone per legge come anche l’inclusione.
Sono processi che passano attraverso l’accettazione di entrambe le parti in modo paritetico e rispettoso ognuno dell’altro.

Quindi, “prudenza” perché, come diceva Henry de Montherlant: Bisogna fare cose folli, ma farle con il massimo di prudenza”.

l’immagine rappresenta l’allegoria della Prudenza

Continua a leggere

Editoriali

L’illusione della superiorità e l’incoscienza di chi crede di avere una coscienza superiore: Beata ignoranza!

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print

Nell’era dell’informazione e dell’autorealizzazione, sempre più individui si convincono di possedere una coscienza superiore, una sorta di illuminazione intellettuale e morale che li pone al di sopra della massa. Questa percezione, spesso priva di una reale base di merito, non solo è pericolosa, ma anche profondamente ingannevole. L’illusione della superiorità può infatti condurre a un’autocelebrazione sterile e alla svalutazione di tutto ciò che non rientra nella propria visione del mondo.

L’autocompiacimento dell’ignoranza

Uno dei fenomeni più diffusi è l’autocompiacimento dell’ignoranza. Alcuni individui, forti di una conoscenza superficiale acquisita attraverso fonti discutibili o parziali, si autoconvincono di avere una comprensione profonda e completa delle cose. Questo atteggiamento li porta a rifiutare qualsiasi opinione contraria, chiudendosi in una bolla di autoconferma. Il paradosso è che più limitata è la loro comprensione, più ferma è la loro convinzione di essere superiori.

La mediocrità travestita da eccellenza

Chi si illude di avere una coscienza superiore spesso ignora la necessità di un’autoanalisi critica e di un continuo miglioramento. Questa mancanza di umiltà e di riconoscimento dei propri limiti porta a una stagnazione intellettuale e morale. La mediocrità, in questo contesto, si traveste da eccellenza, mascherata da un velo di arroganza e presunzione. La vera eccellenza richiede infatti la capacità di riconoscere i propri errori e di apprendere continuamente dall’esperienza e dagli altri.

Il confronto con la realtà

Per smascherare l’illusione di una coscienza superiore, è essenziale confrontarsi con la realtà in modo aperto e onesto. Questo implica ascoltare opinioni diverse, accettare critiche costruttive e riconoscere l’importanza della competenza e dell’esperienza. Solo attraverso questo confronto si può sviluppare una vera comprensione e una consapevolezza autentica.

L’importanza dell’umiltà

L’umiltà è la chiave per evitare la trappola dell’illusione di superiorità. Riconoscere che la propria conoscenza è limitata e che c’è sempre spazio per migliorare è il primo passo verso una crescita autentica. L’umiltà permette di apprendere dagli altri e di riconoscere il valore della diversità di pensiero e di esperienza. Solo con questa attitudine si può sviluppare una coscienza realmente superiore, basata non sulla presunzione, ma sulla consapevolezza e sulla continua ricerca del miglioramento.

L’illusione di una coscienza superiore è un inganno pericoloso che porta all’arroganza e alla stagnazione. La vera superiorità non risiede nella convinzione di essere migliori degli altri, ma nella capacità di riconoscere i propri limiti, di apprendere continuamente e di confrontarsi con la realtà in modo aperto e umile. Solo attraverso questo percorso si può raggiungere una consapevolezza autentica e contribuire in modo significativo al proprio sviluppo e a quello della società.

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti