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Roma

ARICCIA: AL VIA UN FINE SETTIMANA SOTTO IL SEGNO DELLA CULTURA

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Tempo di lettura 3 minutiIl 1,2 e 3 novembre alla locanda Martorelli la presentazione del libro dell’arch. Carlo Testana “Il piacere quotidiano del disegnare” e la mostra di disegni.

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Redazione

Ariccia (RM) – Confucio diceva  che un disegno vale più di mille parole, il disegno della realtà osservata ti porta non soltanto le informazioni visive, ma anche il sentimento con cui vengono rappresentate, e le emozioni suscitate. Il disegno blocca l’immagine in quel momento e cattura l’atmosfera, che ha voluto dare il disegnatore, è come osservare il mondo con gli occhi ed i sentimenti di un altro. Sono disegni colti al volo per la strada o da immagini su cui possiamo imbatterci all’improvviso e poi ,ma non sempre, riordinati o completati.Appunti grafici della memoria in osservazione diretta che raccontano quello che vedono.

SCHEDA LIBRO
Titolo: Il piacere quotidiano del disegnare
Autore: Carlo Testana
Casa Editrice: Aracne
Anno: 2013

 Nota dell'autore Arch. Carlo Testana

Disegnare un po’ tutti i giorni fa bene alla salute, rilassa e conforta, in più affina il modo di vedere la realtà aumentando la comprensione dei fatti. E’ fuori di dubbio che nella prima infanzia i bambini, in maniera del tutto spontanea e naturale facciano largo uso del disegno; lo fanno tutti. Ricorrono alla rappresentazione grafica per esprimere quello che sentono e quello che vedono. Usano i colori come  i riflessi delle loro emozioni, gioie e paure. Questa pratica viene incoraggiata, fin dalla scuola materna dove il bambino viene lasciato libero di esprimersi come vuole, gli studiosi dell’infanzia da questa spontaneità riescono a ricavare indicazioni riguardo il carattere ed il vissuto del bambino. Dopo, nella scuola elementare e media, l’ordinamento impone via via  il disegno come materia di studio con regole e limitazioni del tempo, iniziando una selezione tra chi è più bravo e chi usa il disegno solo come mezzo spontaneo per esprimersi. Moltissimi bambini cessano di disegnare. Per sempre. Viene a mancare  loro un importante linguaggio espressivo e si sentono “non portati per il disegno”.

Tutti invece andrebbero spronati a continuare nella vita a disegnare come una normale attività  dell’esistenza che riguarda il modo di esprimersi, il ricordo di particolari emozioni provate, lo stimolo ad aumentare la propria conoscenza attraverso una migliore visione delle cose e dei fatti. Il disegno accompagna il racconto, l’evasione, il gioco.
Nella buona abitudine di fare moto passeggiando o correndo all’aria aperta, nessuno tiene conto dello stile o delle regole sportive e di competizione, si cammina e ci si muove per il piacere che ne deriva indipendentemente dal fatto di essere o meno “portati” per le discipline sportive, senza essere atleti insomma. Ognuno con il proprio incedere, con il proprio passo, tempo e ritmo. Analogamente la pratica quotidiana del disegnare dovrebbe essere vista nello stesso sano modo, descrivere, annotare, osservare, senza preoccuparsi di regole, o principi, per il solo piacere di assaporare la realtà e rafforzare nella memoria e nello spirito alcuni tratti delle esperienze vissute. A volte bastano uno o due colori. La decodifica di questo linguaggio è del tutto privata e personale.

Poi, se qualcuno volesse affinare lo stile o fare meglio, cosi come ci si  iscrive in palestra, si possono seguire insegnamenti e scuole senza cessare mai di passeggiare, correre, disegnare, cantare, scrivere, degustare come normale e spontanea  pratica quotidiana che appaga, distende e sviluppa la creatività.
Ma c’è anche l’esplorazione verso quelle esperienze che possono essere vissute con una più attenta osservazione grazie al soffermarsi, con il disegnare, il che porta verso un arricchimento continuo,  stimolatore della fantasia.
Come si consigliano, a chi corre, scarpe comode, abbigliamento specifico, progressione e cautela nello sforzo ed altri suggerimenti facili da comprendere e da mettere in pratica così da questo libro si può trarre fiducia nel proprio modo di essere e riprendere l’attività utile e spontanea interrotta del disegnare.
La prima parte è dedicata a questo tema e si sviluppa anche grazie a  molte suggestive indicazioni apprese in età matura dai testi di Liesbeth Henkemans e Betty Edwards e sperimentate, in principio da me, e poi proposte agli studenti dei corsi di disegno tenuti nelle scuole  secondarie superiori. Nonostante la mia preparazione universitaria e professionale, solo da pochi anni ho messo in pratica queste tecniche i cui risvolti si sono dimostrati utilissimi per rifare  pace con il disegno.

La seconda parte invece, è un’applicazione della prima e si riferisce al disegno finito o quasi, illustrativo, di lavoro o propedeutico ad un lavoro. Sebbene un disegno non sia mai del tutto finito, l’elaborazione sistematica dei primi schizzi verso nuove mete o finalità ad un certo punto  deve pur arrestarsi. Lo scadere del tempo a disposizione, il raggiungimento del risultato voluto o altre mille ragioni decretano la fine, a volte solo temporanea, di questo tipo di disegno. 
Secondo la Edwards in questa sintesi lavorano e “disegnano” sovrapponendosi i due emisferi destro e sinistro del cervello, tanto da far riconoscere l’influenza dell’uno nell’altro.