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Aria di elezioni, Governo in bilico. Patuanelli: “Se Draghi chiede di dimetterci lo faremo”

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A quattro giorni dal momento in cui il presidente del Consiglio Draghi riferirà alle Camere, su invito del Capo dello Stato dopo il voto di fiducia al dl Aiuti e le dimissioni presentate al Quirinale, il mondo politico è in fermento e resta per l’M5s l’ipotesi di ritirare i ministri dal governo. “Il Presidente Conte non ha mai chiesto ai Ministri di dimettersi, qualora lo chiedesse ci dimetteremmo all’istante.Non siamo degli aspiranti Di Maio” ha detto il ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli, del M5s.Sul fronte di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni fa sapere che non chiede “le elezioni soltanto adesso, per i sondaggi favorevoli: lo diciamo da tempo, quando c’erano altri numeri.

Senza una maggioranza coesa a sostenere il governo, arrivano solo compromessi al ribasso e spreco di risorse. Senza riforme. Tre governi diversi e i risultati li vediamo”.

Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi intanto è “al lavoro notte e giorno per costruire il Draghi Bis”. Per Renzi ci sono margini per ricomporre ma “la mossa adesso tocca al premier. Aver restituito centralità a quella calamità naturale che risponde al nome di Movimento Cinque Stelle è stato un errore politico compiuto da tanti a cominciare dal Pd”. I grillini “sono un disastro continuo e i danni che hanno fatto a questo Paese si trascineranno per una generazione intera. Tuttavia la palla ora è nelle mani di Draghi. Spero che accetti di rilanciare la sua leadership almeno fino al 2023 – sottolinea -. Fossi Draghi direi: questo è il mio programma, punto. Prendere o lasciare.

Per Carlo Calenda, leader di Azione, è “molto difficile ricompattare la situazione. Conte e il Movimento Cinquestelle hanno voltato le spalle all’italiano che tutta la comunità internazionale, politica e finanziaria, apprezza. Una follia – dice -. E tuttavia ritengo che Draghi si sia infastidito anche dell’atteggiamento del centrodestra che, un minuto dopo le sue dimissioni, ha cominciato a gridare al voto, al voto”. L’unico modo di tenere Mario Draghi a palazzo Chigi è che “i leader dei partiti più responsabili gli assicurino un sostegno leale su un’agenda di riforme molto precisa – spiega -.

Legislatura in bilico
Il Draghi bis si allontana, con o senza il M5s, e la legislatura appare sempre più in bilico. I partiti hanno ancora quattro giorni per trattare e rimettere insieme i pezzi della crisi che si è aperta con il non voto di fiducia del Movimento al Senato ma si tratta di un’impresa in salita. Le divisioni diventano più marcate e il movimento guidato da Giuseppe Conte continua ad essere attraversato da profonde tensioni avvicinando le urne. Ritirare o meno la delegazione al governo è la domanda che manda in tilt i pentastellati nelle stesse ore in cui Salvini e Berlusconi chiudono a qualsiasi ipotesi di poter continuare a sedere insieme ai 5S nell’esecutivo. Il Pd, che continua a sperare in un ripensamento di Draghi, resta convinto che “formato e perimetro” della maggioranza debbano rimanere inalterati. Ma se queste sono le “premesse”, osserva il sottosegretario a Palazzo Chigi Bruno Tabacci, “la legislatura è finita”. E anche il leghista Giancarlo Giorgetti ammette che “le squadre sono ormai stanche” e che la “partita sia difficile da sbloccare”. La missione in Algeria del premier Mario Draghi prevista per la prossima settimana è stata ridotta a un solo giorno: martedì sarà un giorno di pausa per ulteriori riflessioni e contatti e poi mercoledì il presidente del Consiglio si presenterà alle Camere così come richiesto dal capo dello Stato Sergio

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