Anzio e Nettuno, mafia: dopo gli arresti si indaga su 4 anni di appalti pubblici

Dopo l’operazione dello scorso giovedì che ha visto i carabinieri del Comando provinciale di Roma arrestare 65 persone, gravemente indiziate di far parte di un’associazione per delinquere di stampo mafioso, che si ipotizza avesse assunto il controllo del territorio nel litorale a sud di Roma, infiltrandosi nelle pubbliche amministrazioni e gestendo operazioni di narcotraffico internazionale, l’attenzione dei magistrati della Procura di Roma si concentra ora sugli appalti e sulle procedure amministrative degli ultimi 4 anni.

I militari del Nucleo investigativo hanno sequestrato nei Comuni di Anzio e Nettuno gli atti che hanno consentito di muovere milioni di euro

Atti che spiegano chiaramente che “la penetrazione negli enti locali si è ulteriormente concretizzata con l’aggiudicazione degli appalti comunali, sfruttando i rapporti con i compiacenti esponenti degli organi comunali”.

“Compare da oggi mi prendo il patrimonio, le scuole, e quello a occhi chiusi me li dà a me. Ma mo gli do’ in c…perché il patrimonio lo faccio io e le scuole le faccio io”, diceva il malavitoso con l’animo da imprenditore, Davide Perronace. Ad Anzio gli inquirenti si focalizzano sul periodo successivo alle elezioni del 2018. A Nettuno invece si indaga sugli atti firmati da quando le cosche hanno cercato di orientare le elezioni del 2019.

Città diverse e un unico sistema criminale di tipo mafioso, un malaffare così assodato e radicato che non ci sarebbe stato bisogno neanche di elargire una mazzetta per orientare le scelte della pubblica amministrazione.

Gli indagati erano convinti di poter condizionare gli amministratori pubblici e soprattutto grazie all’aiuto dei due carabinieri coinvolti nella maxi inchiesta erano sicuri di poter arginare eventuali indagini a loro carico. Ma i carabinieri del nucleo investigativo di Roma hanno lavorato in silenzio, senza poter contare sull’appoggio dei colleghi del litorale fino a quando sono scattati gli arresti e oltre ai due carabinieri finiti nel registro degli indagati, e fermati per aver rivelato notizie coperte da segreto, i militari dell’Arma hanno anche bussato alla porta di un terzo collega e di un poliziotto perquisendo i rispettivi appartamenti.