Editoriali
ancora renzi
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8 anni agoon
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ANCORA RENZI, QUESTA VOLTA DA RIMINI
DI ROBERTO RAGONE
Violando ogni più elementare regola di correttezza, di serietà e di spergiuro, e dimostrando di non avere misura, ecco di nuovo, dall'orizzonte di Rimini, appare don Matteo, in eterna campagna elettorale. Per dirla con Lucio Battisti: "Ancora tu? Ma non dovevamo vederci più?" Glissando a suo modo sull’iniziativa scissionista di Max D’Alema, attacca direttamente quello che sa essere il suo avversario più pericoloso, cioè Beppe Grillo, il ‘pregiudicato spregiudicato’. Chissà quando avranno dovuto spremersi le meningi gli estensori delle sue scalette oratorie per trovare questa definizione denigratoria, degna del più becero dei creativi pubblicitari! Secondo lui, il M5S è ‘un salto nel buio’: mentre invece già conosciamo la minestra riscaldata che ci riserverebbe il ritorno di Godzilla – pardon – di Renzi al governo, con il suo partito che obbligatoriamente deve riscuotere il famigerato 40% dei voti, già vantato in occasione di una disertata votazione europea – in cui i votanti furono il 50% degli aventi diritto – al fine di avere il premio di maggioranza contemplato non si sa bene se dal Porcellinum, dal Porcellum, dal Mattarellum o dall’Italicum bis o dal Consultellum: ce n'è tante da perdere il conto, ma tutte fanno capo ad un premio di maggioranza del 40%. Un 40% europeo che ha consentito al ragazzo di Rignano di vivere di rendita, fino a che è stato seppellito dal 60% dei NO al referendum. Ma evidentemente Matteo Renzi sa già come stanno le cose. E spinge per andare alle urne prima che il centrodestra sparpagliato si agglomeri, e che il M5S superi la burrasca di Raggi a Roma: e che di Chiara Appendino, in quota al Movimento, dichiarata il primo sindaco d’Italia, non si parli assolutamente, guasterebbe il truce panorama che don Matteo ha dipinto dal pulpito di Rimini. E soprattutto non si parli delle infiltrazioni mafiosi nell'Expo di Milano, che comprometterebbero il sindaco Sala. E che non si parli più di De Luca, governatore della Campania, abbonato a inchieste giudiziarie. In sintesi: Renzi e il ‘suo’ PD sono rimasti al governo abbastanza tempo per migliorare la nostra situazione, senza alcun risultato positivo. Parliamo della ‘nostra’ situazione, cioè di quella degli Italiani, perseguitati da un fisco di rapina, da imposte comunali assurde – dopo l’assurdo aumento delle rendite catastali di Monti; schiacciati da una disoccupazione fuori controllo, da incerti pensionistici – tranne coloro che con l’etichetta di ‘diritti acquisiti’ continuano ad incassare indegni privilegi mensili di decine di migliaia di euro, – da certezze vitalizie riservate agli appartenenti alla Casta; da malavita, malasanità, malascuola, disordine pubblico, immigrazione fuorilegge senza regole, decremento demografico dovuto alle politiche dissennate degli ultimi decenni, burocrazia fine a sé stessa – il vero ostacolo sulla strada delle riprese, tanto decantate ma mai realizzate – un’Unione Europea vampiresca e votata alle lobby. Eccetera eccetera. Con la sua solita faccia di bronzo, Renzi riparte da Rimini, appunto, attaccando direttamente Grillo, e di sponda D’Alema, il quale, da par suo, sta già muovendo le fila all’interno di un partito che afferma di voler ricostruire dopo Renzi. Il quale Renzi pensa di avere la soluzione di tutti i problemi: ma allora, perché non l’ha messa in pratica, quando poteva? E non dica che gli è stato impedito, perché il suo governo è andato bellamente avanti a colpi di fiducia, più di quello del Cavaliere. La realtà è diversa. La ritirata strategica s’imponeva, dopo il clamoroso fallimento del 4 dicembre, ma il ritorno, per un fatto di decenza, avrebbe dovuto aspettare ancora una paio di lustri, come nella migore tradizione democristiana. Oppure, più che una ritirata strategica, avrebbe dovuto essere un’abbandono delle scene politiche. Se non fosse che Renzi non smentisce mai sé stesso. Il suo ritorno, i suoi congressi, i suoi discorsi fitti di slogan e di incitamenti, oltre che di insulti per gli avversari; il suo dichiarare, mentendo, che il suo partito ‘non è quello dei grandi inciuci’; il suo evitare ad ogni costo argomenti per lui scabrosi; il suo voler apparire sempre e comunque in ogni rete televisiva e in ogni programma; la sua incapacità a governare; il suo ignorare, tutte le volte che lo chiamavano ‘buffone’, i cittadini trattenuti a stento dalle forze dell’ordine: diciamola tutta, ci hanno stufato. Imporci ancora la sua presenza fa parte di un sopruso che dobbiamo sopportare, visto che non possiamo fare come in USA, dove Trump è stato contestato, e da dove la protesta è dilagata in tutte le più importanti città del mondo. Renzi, se non altro, è apparso appesantito, invecchiato, ingrassato, grigiastro: forse per non far sfigurare il grigio Gentiloni, colui che gli tiene calda la sedia. Insomma, tutto cambi affinchè nulla cambi. Intanto i media asserviti al potere hanno messo la sordina su MPS, non si parla più di banche, Etruria, Vicenza e compagnia cantante. Si parla invece, e molto, su alcuni giornali, di Italexit, del vantaggio che potrebbe averne la nazione, circa otto miliardi di euro, a dispetto della catastrofe invece annunciata. Si parla di Padoan, lasciato solo a contrastare le pretese dell’Unione Europea in materia di sforamento del debito. Si parla di una Germania che vorrebbe uscire dall’euro per non trovarsi coinvolta nel debito pubblico italiano. Si parla dei grandi vantaggi che l’UK sta realizzando, solo con l’annuncio della Brexit, senza che sia stata ancora messa in atto. Si parla del fallimento della missione di Napolitano, Renzi & Co., cioè l’Unione Europea. Si parla, si scrive e si legge del prossimo collasso dell’euro, – già previsto da Paolo Barnard in tempi non sospetti – una moneta unica senza nazionalità e senza riserve aurifere, soltanto un accordo fra quelle banche che ancora vorrebbero impadronirsi delle nostre nazioni e delle nostre vite. Il Fatto Quotidiano pubblica domenica 29 una vignetta molto divertente, per coloro che non hanno tempo di leggere il discorso di Renzi: i punti salienti sono così riassunti: 1) sciacallata su Rigopiano; 2) banalità; 3) banalità; 4) d’Alema chi? 5) battuta su Grillo; 6) datemi il 40% e nessuno si farà male; 7) banalità; 8) banalità; 9) saluti. Dice un proverbio che non si manda un ragazzo a fare il lavoro di un uomo, e Renzi ne è la dimostrazione, a dispetto di tutti coloro che hanno creduto nelle sue vantate – ma mai dimostrate – capacità. Panorama squallido, quindi: all’orizzonte ancora lui – “Ma non dovevamo vederci più?” – atmosfera di pensione familiare; mobili vecchi, lenzuola sporche e certo non profumate, pavimenti tutt’altro che lucidi, tanfo di vecchio e muffa, un senso di trascuratezza generale, avanzi riciclati dal giorno precedente e serviti a tavola come freschi. Piatti sbreccati e scompagnati, bicchieri opachi e vino che sa d’aceto. Questo è il panorama in cui Renzi vorrebbe risorgere, ma non è Lazzaro, e Gesù non ha nessuna intenzione di chiamarlo.
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