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Editoriali

Amministrazioni Comunali sotto la lente: Genzano di Roma

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Come verificare se un sindaco e la sua amministrazione rispettano le promesse fatte in campagna elettorale? Un buon metodo può essere quello di consultare il DUP (Documento Unico di Programmazione) che i Comuni devono rendere pubblico anche sul proprio sito istituzionale. Abbiamo quindi deciso di passare in rassegna questo documento per alcuni Comuni e dopo aver iniziato con quello di Albano Laziale guidato dal sindaco Nicola Marini al suo secondo mandato, oggi ci occupiamo di quello di Genzano di Roma guidato dal sindaco pentastellato Daniele Lorenzon.

Come viene subito denunciato nell’introduzione, “il DUP potrà avere una valenza solo nel momento in cui si accompagna allo schema di bilancio di previsione 2019/2021.

Essendo al momento distaccato dal documento contabile non permette di garantire la corrispondenza con le scelte di bilancio”. Tradotto: per mantenere le le iniziative inserite nel DUP bisogna aspettare di analizzare le entrate e le uscite del Comune che saranno presentate entro il 31 dicembre 2018.

Nello stesso documento il sindaco Daniele Lorenzon (M5S) fa riferimento alla riforma degli Enti del 2016 che ha permesso di ripulire i bilanci dai residui di dubbia esigibilità anche se i Comuni sono sempre i bersagli preferiti dal taglio dei finanziamenti regionali. Proprio riguardo quest’ultimi, il primo cittadino lamenta le disponibilità da dedicare alle politiche sociali. In ogni modo, il Comune di Genzano si è adoperato a stilare una rete che possa legare le associazioni presenti sul territorio e a migliorare la gestione del 5X1000. Inoltre per facilitare la fruizione dei servizi, Genzano possiede un albo degli operatori.

Ma in riguardo al settore Trasporti, la giunta Lorenzon dovrebbe dedicarsi ad un dossier sensibile per le famiglie: la condizione di sovraccarico degli scuolabus. Stessa situazione si registra nell’ambito della tutela del territorio e dell’ambiente. È divenuta famosa la transenna a via Achille Grandi che secondo un cittadino è prossima a vincere il premio longevità. Mentre Chiara Rai denunciava sulle colonne del Messaggero lo stato di degrado dei parchi (erba alta) e delle strade (circondate da immondizia) anche i consiglieri comunali area Pd rivelavano lo stato raccapricciante della stazione di San Gennaro addobbata con ingenti quantità di spazzatura.

Anche se tutti ricordano Genzano per l’infiorata, una tradizione tipica che il Comune cura nei più piccoli rivoli, la cittadina godrebbe anche di un teatro che porta il nome di Carlo Levi. Ma guardando Officina Stampa, la trasmissione in diretta di approfondimento giornalistico condotta da Chiara Rai, notiamo come quel polo culturale da ben 5 milioni di euro sia in stato di abbandono da ormai circa 30 anni.

Spostandosi sul tema istruzione, il Comune promette di continuare il processo di statalizzazione della scuola materna che gioverebbe anche ad una riduzione dei costi relativi. Mentre è esplosa la bagarre in merito alla paventata chiusura del Commissariato di Polizia di Stato di via Chatillon dopo la denuncia del consigliere comunale di “Genzano Risorge” Fabio Papalia.

I vertici comunali vorrebbero accorparlo con quello di Albano Laziale ma, nel frattempo, il Segretario Generale del Movimento autonomo di polizia si è rivolto direttamente al Ministro degli Interni e vice Premier Matteo Salvini ed il deputato Marco Silvestroni (FdI) ha deciso di ricorrere ad un’interrogazione parlamentare, sempre al Ministro degli Interni per arrivare ad un cambio di tendenza.

Gianpaolo Plini

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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