Albano Laziale, vendita Formalba: un maxi dissesto ai Castelli Romani

ALBANO LAZIALE (RM) – La notizia della vendita di Formalba (ex Albafor), la partecipata del Comune di Albano Laziale, per mano del curatore fallimentare del Tribunale di Velletri, ha suscitato non poche polemiche di una parte dell’opinione pubblica.

Sul processo di vendita della partecipata all’acquirente, che risulta essere l’associazione Alles Don Milani, le sigle sindacali Cgil, Cisl e Uil hanno evidenziato alcune perplessità: la prima relativa al ruolo della Regione Lazio, che, secondo le tre sigle sindacali, in passato aveva esercitato pressioni sulla partecipata del Comune al fine di fargli rilevare alcuni dipendenti dello IAL CISL, e che in seguito ha abbandonato totalmente la causa Albafor, ormai in fallimento. La seconda riguarda il prezzo stabilito per la vendita, pari a 50mila euro, al quale va necessariamente aggiunto il debito di 8 milioni di euro pari al 150% del fatturato annuo della partecipata dislocata in 7 sedi. Ultima, quella che oscura ancor più il buio processo di manovre finanziarie, è il bilancio comunale 2016.

Ad oggi, infatti, il documento contabile del Comune di Albano Laziale non è ancora disponibile, anche se gioverebbe agli inquirenti di Velletri, alla trasparenza pubblica e soprattutto al nuovo proprietario. La situazione di Formalba è difatti disperata ed angosciante e ad appesantire ulteriormente il quadro, lo scorso 6 ottobre le banche hanno negato in via categorica un qualsiasi venturo prestito ed, ergo, si era paventata l’idea di distribuire il debito nelle tasse comunali con un aggravio di 72 euro per cittadino.

Ma Alles Don Milani si spinge oltre. Non considerando probabilmente gli animi già caldi dei 160 dipendenti, annuncia loro in un comunicato dello scorso 27 settembre, 40 licenziamenti ed una riduzione dell’orario lavorativo per 36 mesi a parità di retribuzione a sconto del credito di ciascuno verso Formalba. Tralasciando il commento riguardo l’attacco gratuito nei confronti di sindacati e stampa, ci si chiede come sia possibile ridurre in concreto questa incresciosa situazione. Probabilmente si potrebbe cominciare facendo una sana autocritica ed analisi storica: 160 dipendenti non percepiscono una retribuzione adeguata da circa 10 mesi ed in passato si sono pagati affitti con un valore aggiunto di 7mila euro rispetto al costo di mercato alla Curia Vescovile di Albano Laziale. Inoltre, anche chi non ha un’adeguata esperienza imprenditoriale si potrebbe domandare come sia possibile ricavare un utile da un ente che opera nel settore scolastico e che oltretutto presenta un debito così importante.

Quello di Albafor, oltre ad essere uno dei dissesti economici più importanti nella storia dei Castelli Romani, ha causato anche un processo penale a carico di amministratori pubblici tra i quali spicca l’attuale primo cittadino Nicola Marini. Questioni di assunzioni non meritocratiche ma meramente parentali ed il caos fra dipendenti e studenti. A ciò si aggiunge anche la protesta del Partito Comunista castellano che pretende l’intervento diretto della Regione Lazio e la pubblicazione immediata del bilancio comunale del 2016.

Gianpaolo Plini