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Roma

ALBANO LAZIALE: ALBAFOR E QUELL'INSPIEGABILE TRACOLLO

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Tempo di lettura 5 minuti Da parte dell'azienda non sembra esserci all'orizzonte un piano di rilancio della società, ne tantomeno azioni da parte dei vertici che prevedano il coinvolgimento delle professionalità presenti

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di Alba Circari

La crisi economica di oggi sicuramente non risparmia nessuno, ma nel caso della società Formalba (ex Albafor) si palesa una netta difficoltà di gestione che non sembra direttamente proporzionale al momento contingente e alle gravi problematiche in cui versa la società.
Un' azienda che un tempo, a detta di molti, era il fiore all'occhiello della Città di Albano Laziale. La società è nata nel 2002 per un obbligo normativo dell'epoca, prendendo il testimone dal piccolo CFP (centro di formazione professionale di Albano). Negli anni è stata chiamata da Regione Lazio e Provincia di Roma per i salvataggi del personale ENFAP, IRIPA E IAL CISL. Quest' ultime erano società in liquidazione ed Albafor si rese disponibile a salvare l'occupazione in esubero delle stesse. Nel 2008 il fatturato della società era più che triplicato giungendo a circa 7 milioni di euro, assorbendo circa 100 dipendenti dai suddetti enti in sofferenza (circa il 65% del personale impiegato) e mantenendo i 30 dell'iniziale CFP, per un totale di 130 dipendenti.
La storia degli ultimi anni è semplice, nel 2009 l'Albafor chiudeva il suo bilancio annuale con oltre 9 milioni e mezzo di euro di finanziamenti e il personale era cresciuto fino a 170 dipendenti. Ci furono, in quell'anno, certamente molte assunzioni a tempo indeterminato. Di queste, molte furono stabilizzazioni di contratti a tempo determinato che duravano da anni e alcune assunzioni furono fatte attingendo dall'albo derivante da una selezione effettuata nel 2008 e ripetuta nel 2009. Quel personale costava alla società una somma compatibile con i dettami normative delle società di formazione in rapporto con gli oltre 9 milioni e mezzo di euro finanziati. Ancora nel 2010 la società sosteneva il carico occupazionale ed era la prima società pubblica del Lazio per ore erogate di obbligo formativo (oltre 1000 ragazzi formati annualmente). Fino a quell'epoca non era mai saltato uno stipendio e la società era un modello nel mondo della formazione.
Non ci è dato sapere, come sia stato possibile che, in coincidenza con il cambio dell'amministrazione comunale di Albano a maggio 2010, si sia arrivati ad un drastico dimezzamento dei finanziamenti regionali ed europei e all'avvio nel 2011, appena un anno dopo, della prima procedura di licenziamento collettivo.

Possiamo cercare di comprendere la dinamica dei fatti, snocciolando alcuni dati a partire dall'anno 2011:

Per meglio inquadrare la situazione rivolgiamo qualche domanda ad alcuni dipendenti dell'azienda che preferiscono mantenere l'anonimato.

Attualmente qual è la situazione stipendi ?

“Ad oggi l’ultimo stipendio pagato è quello di settembre 2014, malgrado sia stato incassato circa il 70% dell'anticipazione dei fondi regionali (circa 1.340.000 €). La rimanente tranche del 30% (circa 500 mila euro) é in questi giorni all’incasso. Ad oggi, oltre a quanto detto, la società dovrà incassare solo il 10% a saldo nel mese di dicembre 2015. Riflettendo sul fatto che i lavoratori debbono ricevere ancora tre mensilità per l'anno 2014 e altre 12 nell'anno in corso non si riesce a comprendere il piano finanziario di rientro sul salario arretrato che sta mettendo in campo il management societario”.

Quali azioni sono state intraprese dalla Società per garantire il lavoratore?

“Siamo stati posti in mobilità, contratti di solidarietà difensiva, CIG , tutte soluzioni momentanee che non possono rappresentare una soluzione definitiva”.

Come avete reagito a tutto questo?

“Sono stati ridotti gli stipendi, ma nonostante ciò i dipendenti hanno garantito la loro professionalità, abbiamo dovuto ascoltare inviti poco nobili da parte dei vertici quali: “cercatevi un altro lavoro”, “ancora a chiedere il pagamento dello stipendio”, “ringraziate che ancora lavorate, lo stipendio non è primario”. E magari fossero state espresse almeno con questo garbo.
All’improvviso, e fortunatamente spesso senza seguito, vengono chiamati dipendenti ai quali si comunica di imminenti trasferimenti anche a più di 50 km senza nessuna giustificazione di tipo professionale, così come se lanciando i dadi fosse uscito il proprio nome. Ricordiamo bene quando durante l'ultimo consiglio comunale in cui si parlava della società, in una riunione con i ns vertici sindacali, il Sindaco aveva detto che non avrebbe spostato il personale e qualora lo si fosse ritenuto necessario, la distanza tra la vecchia sede e quella di eventuale spostamento avrebbe dovuto essere minima. Ma con una situazione così drammatica, il Sindaco come fa a dormire la notte?”

C'è stata una revisione della pianta organica della società?

“La pianta organica dal 2011 cambia di continuo, addirittura a distanza di un anno, stesso socio unico, stesso amministratore delegato (liquidatore), stesso direttore del personale é cambiata 2 volte senza apparente motivo. In meno di 10 mesi la pianta organica viene rivista come se l’azienda avesse modificato attività o linee produttive, non riusciamo a capire cosa sia accaduto. A dicembre di un anno fa ci è stato raccontato che diminuendo i livelli degli amministrativi si sarebbe risolto ogni problema. Poi abbiamo scoperto che un nono livello è ancora a carico dell’azienda, alcuni per gli stessi motivi sono stati licenziati, ad alcuni è stato chiesto di passare dal sesto al quinto, salvo poi oggi dichiarare che i quinti non servono all’azienda.”

A questo punto abbiamo visto i bilanci dal 2009 al 2013 e vi abbiamo trovato un dimezzamento dei finanziamenti ottenuti, come se si fosse interrotto all'improvviso il rapporto tra il comune di albano, la provincia e la regione. È ovvio che un occhio malizioso potrebbe leggervi l'ascesa di un management incapace e una gestione allegra dei conti ma tant'è.

A questo punto viene da chiedersi se la società abbia provveduto a predisporre un piano di riduzione dei costi mantenendo alta l’attenzione a quei costi che invece potrebbero aumentare il fatturato se destinati ad investimenti ad esempio utilizzando tutte le varie professionalità presenti in azienda.
Viene da chiedersi inoltre:
Perché, nonostante le prerogative definite dell'art. 5 della Legge 223, l’azienda ha applicato solo i criteri al punto a) carichi di famiglia e b) anzianità, senza tener conto del punto c) esigenze tecnico-produttive ed organizzative tenendo conto delle professionalità. Inoltre anche rendendo giustamente prioritari i carichi di famiglia non è stata valutata la condizione di capofamiglia monoreddito dipendente della società.
Perché la società ha invece operato facendo dei voli pindarici e spacchettando terzi e quinti livelli un po’ qui, un po’ lì nella graduatoria?
Perché ha considerando superflui i quinti livelli considerando sufficienti i direttori anche a svolgere il loro lavoro, salvo poi stabilire che, per un solo direttore ciò non era valido e per costui bisognava salvare 2 quinti livelli?
Perché non ha considerato le attività realmente svolte in azienda da tempo (e quindi autorizzate) facendo così divenire docente chi non lo è mai stato e ha trasformato livelli operativi in amministrativi magari con il solo intento di salvare qualcuno dall'esubero?

I carichi di famiglia e l’anzianità sono criteri sicuramente importanti nella determinazione delle precedenze, ma è strano come un’azienda non riconosca il valore etico a quei dipendenti che nonostante la situazione così critica abbiano continuato a recarsi sul posto di lavoro, ormai a proprie spese visto il ritmo dei pagamenti, con abnegazione e permettendo così il prosieguo delle attività.

Molto spesso i dipendenti hanno offerto la loro collaborazione all’azienda anche fuori dalle loro competenze, inviando documentazione o impegnandosi anche al di fuori dall’orario di lavoro per riuscire ad aumentare le attività aziendali.
In tutto questo tempo oltre a guardare e riguardare i conti da pagare, che ovviamente non variavano di mese in mese, cosa faceva l’azienda? Li considerava e valutava i loro lavoro?

Per concludere appare chiaro che da parte dell'azienda non sembra esserci all'orizzonte un piano di rilancio della società, ne tantomeno azioni da parte dei vertici che prevedano il coinvolgimento delle professionalità presenti che si occupino della tessitura di una nuova rete commerciale che spinga anche sulla formazione professionale continua delle aziende private. Questa attività unita ad una ricerca di nuove linee di finanziamento regionali ed Europei fornirebbe una boccata di ossigeno e una dose di entusiasmo anche per i dipendenti che oggi sono provati, stanchi e demoralizzati e rilancerebbe il destino di una società che il Comune di Albano sembra aver deciso di liquidare.
Non vorremmo addentrarci in letture di retroscena che di fatto non si conoscono e non ci appartengono. Le dinamiche di mercato, poi, sono molteplici e risultano note ai più audaci. Spesso dietro il tracollo di una società efficiente e di ottimo livello c'è un destino già designato: non sarebbe ne la prima ne l'ultima volta che una società, lasciata sull'orlo del falimento, viene svenduta a qualche conoscente sul mercato privato. Ma questo, si auspica, non può essere il sipario dell'Albafor.

 

Costume e Società

Il magico Maestro della Pizza a Fregene: un tributo di Francesco Tagliente a un pizzaiolo straordinario

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Il Prefetto Francesco Tagliente ha recentemente condiviso sulla sua pagina Facebook una commovente testimonianza, raccontando l’incredibile esperienza culinaria vissuta al ristorante Back Flip Da Moisè di Fregene. Questo racconto non è solo un omaggio a una pizza straordinaria, ma anche un tributo a Michelangelo, il pizzaiolo settantaquattrenne la cui dedizione e passione hanno trasformato un semplice piatto in un’opera d’arte.

Seduto al ristorante con sua moglie Maria Teresa, Tagliente ha descritto la pizza come “la migliore che abbia mangiato negli ultimi cinquant’anni”. Tuttavia, ciò che ha reso questa esperienza davvero speciale è stata la scoperta della storia dell’uomo dietro la pizza. Michelangelo, un ex contadino che si sveglia ogni mattina all’alba per curare il suo orto, dedica le prime ore del giorno alla coltivazione delle piante e alla cura della famiglia. Solo dopo queste attività, si prepara per andare al ristorante e mettere tutto se stesso nella preparazione della pizza.

L’Arte di Michelangelo: Tradizione e Passione

Michelangelo non è solo un pizzaiolo, ma un vero e proprio maestro dell’arte culinaria. La sua vita semplice e laboriosa, fatta di dedizione e umiltà, è un esempio di come l’amore per il proprio lavoro possa trasformare un piatto comune in un’esperienza indimenticabile. La sua capacità di fondere la tradizione contadina con la sapienza artigianale nella preparazione della pizza è un’arte rara e preziosa.

Tagliente ha scritto: “La dedizione e l’umiltà di quest’uomo, che dalla vita contadina riesce a creare una delle migliori pizze che abbia mai assaggiato, mi hanno colpito profondamente. Il suo nome rimane anonimo, ma la sua storia di passione e impegno è qualcosa che merita di essere raccontata.”

L’Umanità di Francesco Tagliente

Il racconto del Prefetto Tagliente non solo mette in luce le straordinarie qualità culinarie di Michelangelo, ma riflette anche le qualità umane dello stesso Tagliente. Conosciuto per la sua sensibilità e il suo impegno sociale, Tagliente ha sempre dimostrato un profondo rispetto per le storie di vita quotidiana e per le persone che con il loro lavoro contribuiscono a rendere speciale ogni momento.

La sua capacità di cogliere e apprezzare la bellezza nascosta nei gesti quotidiani e nelle storie semplici rivela un’anima attenta e sensibile, sempre pronta a riconoscere il valore degli altri. Il tributo a Michelangelo è un’ulteriore testimonianza della sua umanità e del suo desiderio di dare voce a chi, con passione e dedizione, arricchisce la vita di chi lo circonda.

Un Esempio di Vita

La storia di Michelangelo, come raccontata da Tagliente, è un potente promemoria di come la passione e l’impegno possano elevare il lavoro quotidiano a forme d’arte. “La sua pizza è un capolavoro che continuerà a risuonare nei miei ricordi, così come la sua storia di dedizione e umiltà,” ha scritto Tagliente, riconoscendo il valore di un uomo che, nonostante l’età e la fatica, continua a regalare momenti di gioia e piacere attraverso la sua cucina.

Questo tributo non è solo un omaggio a un pizzaiolo straordinario, ma anche un invito a riflettere sull’importanza del lavoro fatto con passione e amore. Grazie, Michelangelo, per averci mostrato che dietro ogni grande piatto c’è una grande storia, fatta di lavoro, passione e amore per la semplicità. E grazie, Francesco Tagliente, per aver condiviso con noi questa storia ispiratrice, ricordandoci di apprezzare le piccole grandi cose della vita.

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Roma

Roma, maxi-rissa metro Barberini. Riccardi (Udc): “Occorrono misure decisive”

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Dopo l’ennesima maxi-rissa tra bande di borseggiatori che ha portato alla chiusura della stazione metro di piazza Barberini provocando, tra l’altro panico e paura tra i cittadini romani ed i tanti turisti presenti in città, la politica della Capitale non tarda a far sentire la sua voce.
“Questa ennesima manifestazione di violenza e illegalità non può più essere tollerata. Richiamo con forza il Governo ad un intervento deciso e definitivo. È inaccettabile che i borseggiatori, anche se catturati, possano tornare ad operare impuniti a causa di leggi troppo permissive, che li rimettono in libertà quasi immediatamente.
L’Italia è diventata lo zimbello del mondo a causa di questa situazione insostenibile.
È necessario adottare misure più severe e immediate per garantire la sicurezza dei cittadini e dei turisti. Proponiamo una revisione delle leggi esistenti per introdurre pene più dure e certe per i borseggiatori, rafforzare la presenza delle forze dell’ordine nei punti critici della città e migliorare la sorveglianza con l’uso di tecnologie avanzate”
.

il commissario romano UdC, Roberto Riccardi

A dichiararlo con decisione è Roberto Riccardi, commissario romano dell’UdC.
Da sempre attento ai problemi sulla sicurezza Riccardi fa notare con estrema chiarezza che tali situazioni non fanno altro che portare un’immagine della capitale sempre meno sicura agli occhi dei molti turisti che sono, per la capitale, una fonte di ricchezza economica oltre che di prestigio.
La fermata della Metro A Barberini a Roma è stata teatro di una maxi-rissa tra bande di borseggiatori sudamericani, che ha richiesto l’intervento delle forze dell’ordine e il blocco della stazione per circa 40 minuti. La violenza è scoppiata a seguito di una serie di furti e scippi ai danni dei passeggeri.
Riccardi ha poi concluso: “Non possiamo permettere che episodi come quello avvenuto alla Metro Barberini si ripetano. È ora di passare dalle parole ai fatti, con azioni concrete che ripristinino l’ordine e la sicurezza nelle nostre città. I cittadini hanno il diritto di vivere in un Paese sicuro e il dovere del Governo è garantirlo”.
Molti cittadini ci scrivono ogni giorno preoccupati da questa escalation di violenza e di insicurezza ma soprattutto preoccupati per la poca attenzione che il governo cittadino e quello nazionale stanno avendo nei riguardi di questa situazione ormai alla deriva.

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Cronaca

Roma, metro Barberini: una rissa provoca la chiusura della stazione

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Tragiche le notizie che arrivano in un torrido sabato sera romano.
La stazione metro Barberini viene chiusa per questioni di sicurezza.
All’origine del fatto, avvenuto tra le 19 e le 19,30 una rissa tra nord africani e sudamericani con almeno 15 persone coinvolte. Molti passeggeri spaventati dalla situazione si sono rifugiati nella cabina del conducente fino all’arrivo delle forze di polizia allertate dalla centrale di sicurezza di Atac Metro.
Per ora sono ancora tutti da decifrare i motivi che hanno portato a ciò.

Un’estate romana che sta diventando ogni giorno più bollente.

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