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Editoriali

A CENA CON VITTORIA, LA PICCOLA DI MARANO AFFETTA DA SMA 1

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Tempo di lettura 3 minuti Il resoconto di una fantastica serata

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di Christian Montagna

Marano-
Sono da poco passate le otto di sera quando mamma Sonia e papà Gerardo aprono le porte di casa per regalarmi una serata in compagnia della loro piccola Vittoria. Ancora riaffiorano le emozioni di una serata così speciale. Entro in casa, saluto e mi dirigo verso di lei che è adagiata sul tavolo a guardare il suo cartone animato preferito, “Masha e orso”. Mi avvicino, la guardo e sono felice. Vittoria questa sera non ha voglia di mangiare, i tentativi di mamma e nonna sono vani. Soltanto la pazienza di papà Gerardo e il feeling che , si sa, le femminucce hanno nei confronti dei loro papà, riescono a farla mangiare quanto basta. La serata trascorre egregiamente: sono sempre più felice di essere qui. Vittoria è stanca e vuole dormire ma prima, gioca con noi e si lascia coccolare dal suo papà.

Proprio nel pomeriggio, il caso di Vittoria diventa ufficialmente nazionale: il tg delle 18.30 sulle reti Mediaset trasmette un servizio in cui Sonia a gran voce e con grande determinazione chiede la concessione del farmaco. Ebbene, a differenza di quanto qualche collega dice, alla famiglia De Biase non è ancora arrivata nessuna comunicazione ufficiale riguardo la mobilitazione del Ministero, né tantomeno una comunicazione da parte delle case farmaceutiche. Fare lo scoop è quello a cui molti hanno ambito in questi giorni, ma vi posso garantire che, in questa vicenda ,lo scoop è l’ultima cosa utile e necessaria.

A Vittoria servono certezze, servono fatti concreti; serve una telefonata di un qualsivoglia segretario o assistente di un Ministero o dell’Aifa per comunicare almeno l’avvenuta mobilitazione sulla vicenda. Ora, non è il momento di dichiarazioni ai giornali, non servono. Vittoria non vuole più sottostare ad una maledetta burocrazia che decide la sua vita. Ma possibile che la vita di un bambino affetto da Sma 1 non possa essere liberamente gestita dai suoi genitori? Chi siamo noi per autorizzare un farmaco? Nessuno e dico nessuno può surrogarsi il diritto di decidere la vita di un’altra persona.

Io so solo che Vittoria si sta stufando di tutto ciò, me ne sono accorto guardandola negli occhi: lei vuole andare a scuola, vuole finalmente poter controllare il suo corpo, respirare senza alcun sostegno, poter dimostrare l’affetto ai suoi genitori e ai suoi parenti. Vittoria vuole cominciare a mangiare tutto ciò che i bambini della sua età mangiano; vuole indossare i vestitini alla moda e scorrazzare libera per casa facendo morire di gelosia il suo papà. Vittoria non ne può più di quella ingombrante imbracatura che le lega piedi, gambe e spesso anche il volto. Non vuole più allarmare i genitori per le improvvise crisi respiratorie, vuole andare in giro con la sua mamma; giocare al parco e divertirsi. Vittoria vuole studiare, frequentare la scuola e conoscere tanti amici; vuole un giorno poter rendere orgogliosi i suoi genitori, vuole innamorarsi; vuole far arrabbiare la mamma per le sue marachelle, vuole andare al mare, giocare sulla sabbia, proprio come tutti i suoi coetanei faranno nei prossimi giorni.

Tutto ciò adesso non le è concesso ma lei combatte, non molla, e come se combatte! Uno sguardo fisso e intenso, che vale più di mille parole, che ti attanaglia e ti ipnotizza, che ti toglie il respiro. Un corpicino che cerca di reagire, che vuole sconfiggere a tutti i costi questa brutta malattia. E’ una guerriera questa piccola ma tanto grande creatura. Vittoria ha già lottato contro il male che le si è accanito contro, sta cercando in tutti i modi di combatterlo e debellarlo, affiancata dai suoi grandi genitori. Sì, li chiamo grandi perché non tutti a questo mondo sono in grado di essere genitori. Sonia e Gerardo vivono in funzione della piccola, in attesa di risposte che nessuno vuole dargli; con il terrore e la minaccia delle crisi respiratorie che in ogni momento potrebbero sopraggiungere. Non fanno altro se non stare con Vittoria, perché in ogni caso e contro qualsiasi opinione contraria, hanno deciso di tenerla in vita.

Vittoria ha già vinto una battaglia che molti spesso abbandonano ai primi ostacoli. Quella vita alla quale, ogni giorno, molti di voi sputano in faccia, Vittoria la vuole vivere a tutti i costi. Questa storia ha dell’incredibile per la tragicità dei fatti ma vi posso assicurare che viverla in prima persona è quanto di più bello ci possa essere.

Vittoria mi ha insegnato il valore della vita, mi ha insegnato a combattere e spero possa insegnarlo anche a voi tutti.

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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