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Caso Contrada, il senatore Compagna: “L’amico Bruno, esemplare servitore dello Stato”

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Sesta parte dell’intervista rilasciata a Chiara Rai dal Prefetto Bruno Contrada quella andata in onda a Officina Stampa giovedì 6 novembre. A commentare i fatti storici che hanno riguardato la vicenda del già capo della Mobile di Palermo il Senatore Luigi Compagna (video intervista rilasciata a Gianpaolo Plini per L’Osservatore d’Italia), membro Gruppo FL (Id-PL, PLI), membro della 3ª Commissione permanente (Affari esteri, emigrazione), membro sostituto del Comitato parlamentare per i procedimenti di accusa, membro della Delegazione italiana all’Assemblea parlamentare della Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), membro della Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro.

 

CLICCARE PER GUARDARE LA VIDEO INTERVISTA AL SENATORE LUIGI COMPAGNA

 

Bruno Contrada è un ex funzionario, agente segreto ed ufficiale di polizia italiano

È stato dirigente della Polizia di Stato, numero tre del Sisde, capo della Mobile di Palermo nonché capo della sezione siciliana della Criminalpol. Il suo nome è stato associato alla cosiddetta “zona grigia” tra legalità ed illegalità, tra Stato e mafia. È stato arrestato il 24 dicembre 1992, in un primo momento assolto in appello ma, successivamente, condannato in via definitiva nel 2007 a 10 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. In tutto Contrada ha scontato 4 anni di carcere, 4 di arresti domiciliari mentre 2 anni sono stati sottratti alla pena per buona condotta. Il caso è rimasto per lungo tempo al centro del dibattito pubblico per la sua difficile interpretazione.

L’11 settembre 2014 la Corte Europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha condannato lo Stato Italiano

per la mancata concessione degli arresti domiciliari al Contrada nel 2008 a seguito delle condizioni di grave malattia (si era dimagrito di 22 kg) che lo rendevano incompatibile col regime carcerario appellandosi all’articolo 3 del CEDU riguardo il divieto di trattamenti inumani o degradanti. Nel 2015 altra condanna in ossequio al noto principio italiano del nulla poena sine lege, dato che all’epoca dei fatti (1979-1988) il reato di concorso esterno in associazione mafiosa non era previsto dal nostro codice penale. Nel 2017 si è pronunciata la Cassazione che ha dichiarato l’improduttività di sentenza penale della condanna. Per ultimo, il 14 ottobre 2017 il capo della Polizia Franco Gabrielli ha revocato il provvedimento di destituzione di Bruno Contrada, reinserendolo nel sistema pensionistico della Polizia di Stato. Tale revoca ha valenza retroattiva e inizia dal 1993.

 

È interessante analizzare come il caso Bruno Contrada appartenga ad un’epoca storica molto densa di fatti a livello politico

Gli anni 90 della storia italiana hanno segnato, irrimediabilmente, il concetto ed il modo di avvicinarsi alla politica. L’ambizione di riassumerli in poche righe sarebbe utopica, ma basti ricordare come il Pool di Mani Pulite abbia portato allo scioglimento della DC ed al ridimensionamento del PDS e soprattutto come tale intervento giudiziario abbia decretato la fine della Prima Repubblica ed il comincio della Seconda Repubblica. Il Pool era composto da Pier Camillo Davigo, Antonio Di Pietro e Gherardo Colombo incaricati di indagare sulla famosa Tangentopoli che iniziò con l’arresto del “mariuolo isolato” Mario Chiesa esponente del Partito Socialista Italiano, il quale rivelò che il sistema di tangenti era molto più esteso di come l’opinione pubblica e Bettino Craxi avevano immaginato. Di lì a poco si arrivò al crollo della partitocrazia italiana.

 

I magistrati proseguirono con l’arresto di numerosi tra politici ed imprenditori, parte dei quali si suicidarono

Il clima come racconta Davigo era però anche ironico: “molti confessavano anche al citofono”. La storia di mani pulite si dovette intrecciare indubbiamente col la Trattativa Stato-Mafia nella quale fa da chiave di volta il papello di Totò Riina e le Leghe del Sud di Provenzano. La mafia voleva entrare in politica. In questo clima di cospirazioni, di frode e di collaborazione mafiosa venne accusato Bruno Contrada che, seppur ancor fiducioso nelle istituzioni, dichiara a Chiara Rai che se quel 19 luglio del 1992 non fosse stato su una barca con 12 testimoni, sarebbe stato accusato anche della strage di via d’Amelio nella quale rimase ucciso Paolo Borsellino.

Gianpaolo Plini

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