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Editoriali

Caso Anna Frank: frutto marcio dell’inKultura dì una generazione in lento tramonto

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Lo scorso 21 ottobre sulle colonne di questo quotidiano veniva pubblicato l’articolo “1968: l’inizio dell’era inKulturale”. L’articolo chiudeva con una citazione dal nuovo libro di Galli della Loggia “Il tramonto di una nazione” che parlando degli italiani diceva: “Che vedono ogni giorno scomparire luoghi e figure fino a ieri familiari, svanire principi e istituti, e insieme le più varie appartenenze ideali perdere senso, illanguidirsi e spegnersi. Nel mondo che cambia a un ritmo vertiginoso l’Italia appare avviarsi a un lento tramonto”.

 

Se si intende capire qualcosa sul caso Anna Frank bisogna partire da questo contesto. Come capita spesso, si raggira il problema, si alzano polveroni, si palleggiano responsabilità, si discute di tutto e si omette di mettere a fuoco l’obiettivo, quanto in buona fede poi, non si può dire. Il gioco di calcio, con il caso degli sticker di Anna Frank nella Curva Sud dell’Olimpico del lunedì 23 ottobre 2017 non c’entra e tantomeno l’antisemitismo al quale tanti vogliono attribuire l’episodio.

 

Chiara Rai e Emilio Ammaturo durante la puntata di Officina Stampa dello scorso 26 ottobre 2017

 

Si tratta di decadenza culturale, una società nel completo sfacelo. Durante la puntata della trasmissione Officina Stampa di giovedì 26 ottobre, il web talk di approfondimento giornalistico in diretta web tv che va in onda ogni giovedì alle ore 18.00, la conduttrice e direttrice de L’Osservatore d’Italia Chiara Rai raccontava che alcuni studenti interrogati all’uscita scolastica, se conoscevano chi fosse Anna Frank, rispondevano di no, perché ancora non avevano letto i giornali. Ogni commento è superfluo!

 

 

 

L’iniziativa della Federcalcio, d’intesa con il Ministro per lo Sport e l’Unione delle Comunità Ebraiche , di leggere un brano del ‘Diario di Anna Frank’ prima dell’inizio delle partite con un minuto di riflessione su tutti i campi di gioco, sembra più che altro un’operazione di facciata, piacerà ai mass media ma non inciderà minimamente sul fenomeno. Così come la decisione di qualche giornale di rendere disponibile gratuitamente online il “Diario di Anna Frank” è senza meno cosa encomiabile, ma anche questa iniziativa non si avvicinerà minimamente alla soluzione del problema.

Le frasi offensive attribuite al presidente della Lazio Claudio Lotito, in viaggio verso Roma per mettere riparo alla situazione, una volta accertati i fatti, non farebbe altro che confermare il degrado culturale di una società e l’affermazione del rabbino capo di Roma: “Non si risolvono le cose facendo un’apparizione ai giornalisti”, incontra l’unanime condivisione dei più.

Episodi come questo della Curva Sud dell’Olimpico si sono già verificati in Usa . Il sito di e-commerce aveva messo in vendita per Halloween al prezzo di 25 dollari, un “Anna Frank Costume for Girls”. Solo dopo una forte polemica e-commerce fu costretto a cancellare l’annuncio e togliere il vestito dal mercato.

 

Il problema di fondo è la dissacrazione di tutto ciò che abbia correlazione con “il ieri” perché si vuole santificare ed osannare “l’oggi”. Questo lo si fa per svariate ragioni: per ideologia, per interessi finanziari, per scopi geopolitici e non solo. Dissacrare i segni di fede religiosi con svariate giustificazioni di forma d’arte, satirica, libera espressione ed altro, sono oggi davanti ai nostri occhi, vedi il caso Charles Hebdò, le mostre d’arte con dissacrazione del Cristo, opere teatrali che dissacrano la Madonna e le rassegne varie. Poi troviamo i casi dei profanatori delle opere d’arte, vandali che sfregiano monumenti di immenso valore artistico. A questo sfasciume presta voce la presidente della Camera Laura Boldrini che proporrebbe la demolizione dei simboli del regime con l’eco di Manuele Fiano che rispondendo a Luca Telese a 24Mattino su Radio 24 affermava: “Sono contrario all’abbattimento di monumenti, ma l’abrasione della sola scritta è giusta”. Qui Fiano si riferiva alla scritta “Mussolini dux” sull’obelisco del Foro Italico a Roma. Quanto su esposto per dimostrare che i veri responsabili sono le istituzioni e fra queste viene chiamata in causa in primis “l’istituzione della famiglia”. La nuova linea post sessantottina ordina l’occultamento della storia, l’abrasione del passato, la creazione del vuoto. La nuova generazione non dovrebbe avere alcuna memoria di guerra, nazismo, fascismo, antisemitismo,olocausto ed altre atrocità.

 

Cosa sta facendo la “buona scuola” per fermare tanto declino? Cosa sta facendo lo Stato per aiutare la famiglia per dare una buona educazione ai propri figli? Ci si domanda se lo Stato sia convinto che sulla “famiglia” si fonda la Società. Purtroppo oggi il sostegno del Ministero della pubblica Istruzione è indirizzato verso ben altra cultura. L’attuale ministro dell’educazione,Valeria Fedeli, sta considerando di mettere a disposizione degli studenti l’uso dello smartphone.

 

Al Miur interessa l’educazione al rispetto di genere in tutte le scuole di ogni ordine e grado. Se poi, come è riportato nell’articolo succitato, nella classifica mondiale delle scuole perfette condotta dall’Istituto di ricerca inglese The Economist Intelligence Unit l’Italia viene collocata al 25imo posto nella graduatoria, vuol pure significare qualcosa.

Vuole dire che l’episodio di Anna Frank è il prodotto marcio di tanta inkultura.

Emanuel Galea

 

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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