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Firenze: operatrice del 113 premiata dal Comune con la massima onorificenza per aver salvato 18 aspiranti suicidi

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Tempo di lettura 4 minuti Continua l’approfondimento dedicato al 113

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Tra le notizie che ci inorgogliscono sul 113 troviamo anche quella del sindaco di Firenze che conferisce il Fiorino d’oro della città alla sovrintendente Manuela Bigoni, la poliziotta addetta al centralino di soccorso pubblico 113 della questura di Firenze “per essersi prodigata, durante l’esercizio delle sue funzioni, nel salvare vite umane, dando la possibilità, a chi aveva perso ogni speranza nel futuro, di iniziare una nuova esistenza”. Alla solenne cerimonia, celebrata nel 2009 nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, erano presenti centinaia di cittadini e rappresentanti delle istituzioni tra cui il vicecapo della Polizia, il prefetto e il questore di Firenze pro tempore Francesco Tagliente.

Ecco cosa scrive della operatrice del 113 La Nazione: “Manuela Bigoni, esperta in psicologia della comunicazione, entra a far parte del Corpo della Polizia di Stato nel 1992. Nel 2002 diventa responsabile della Centrale Operativa della Sezione Volanti di una delle cinque squadre che si occupano del controllo del territorio 24 ore al giorno. Dal 2004 al 2008 la Sovrintendente Bigoni è riuscita a salvare la vita di 18 persone che avevano tentato il suicidio, non solo a Firenze ma anche in altre regioni italiane, riuscendo a rintracciarle, in molti casi con pochi dati a disposizione, prima che il gesto irreparabile e tragico fosse portato a compimento. L’operato di Manuela attraverso il servizio 113 della Polizia di Stato rappresenta un caso unico in Italia in termini di numero di vite salvate. Le sue doti umane le hanno permesso di instaurare un contatto con persone disperate in cerca di aiuto, di avvicinarsi ai loro problemi con parole che hanno ridato loro fiducia. Grazie alle straordinarie capacità professionali, Manuela non si è arresa di fronte a difficoltà che sembravano insormontabili ma ha cercato, in ogni singolo episodio, di trovare la migliore soluzione per portare a compimento il suo lavoro. I brillanti successi nelle operazioni svolte, le sono valsi significativi riconoscimenti, fra questi una Lode del Ministero dell’Interno. Il suo eccezionale contributo, la sua encomiabile dedizione all’attività che ogni giorno svolge hanno avuto un’importante eco nella stampa locale che l’ha classificata nel 2008 fra i personaggi più rappresentativi della nostra città. Ma il prezioso impegno di Manuela Bigoni va oltre l’attività professionale, proseguendo con operazioni di soccorso in strutture di volontariato. La sensibilità manifestata nel lavoro quotidiano, la passione con il quale ha svolto e svolge il proprio servizio, rendono onore al suo impegno professionale e all’intero Corpo della Polizia di Stato”.

Come informa una nota di Palazzo Vecchio dell’epoca, la richiesta del riconoscimento è contenuta in una mozione «Quanto fatto da questa poliziotta – si legge nel documento – rappresenta un caso unico in Italia in termini di numero di vite salvate. «Manuela Bigoni è stata capace di far breccia nella disperazione umana e di operare silenziosamente sapendo ascoltare i bisogni e le richieste di aiuto dei soggetti più fragili e deboli della nostra società. Il conferimento di un riconoscimento simbolico per l’operato svolto rappresenterebbe un segnale importante dell’amministrazione comunale in virtù del rilevante impatto sociale che caratterizza la tipicità del servizio». L’articolo del La Nazione inizia l’articolo sull’operatrice del 113 premiata “Manuela Bigoni, esperta in psicologia della comunicazione…”. Il perché di quell’esordio è da ricercare nelle iniziative della Questura del capoluogo toscano.

A Firenze per garantire il diritto dei cittadini ad “essere e sentirsi sicuri”, Questura e Università hanno tenuto un stage post-laurea sul tema per operatori del 113 “Aspetti psicologici nella raccolta di informazioni testimoniali e nella comunicazione”, voluto dal Questore di Firenze dell’epoca Francesco Tagliente per gli operatori di polizia, e realizzato grazie alla ormai consolidata partnership con l’Università degli Studi di Firenze. Il corso, al quale parteciparono 44 operatori della Polizia di Stato laureati ed in servizio a Firenze – come riporta una nota della Questura – rappresentava un’ulteriore tappa del percorso, avviato già nel 2007, per garantire il diritto dei cittadini ad “essere e sentirsi sicuri”.

L’approfondimento della psicologia della testimonianza mira a migliorare la gestione delle richieste di ammonimento a carico dei maltrattanti da parte delle vittime di stalking, nonché la ricezione delle denunce nei casi di reati commessi in danno di minori e donne vittime di episodi di violenze e maltrattamenti. La psicologia della comunicazione, invece, contribuisce a favorire la migliore accessibilità ai servizi di polizia (ricezione di denunce, servizio 113, ecc.) nonché la più ampia disponibilità degli operatori nel rispondere alle esigenze di sicurezza dei cittadini (gestione di esposti e delle segnalazioni, ecc.).

Tutta l’azione della Questura è modulata sull’esigenza di garantire una sempre maggiore percezione di sicurezza ed elevare gli standard di sicurezza. L’obiettivo di incrementare l’efficienza dei servizi è stato orientato ad una maggiore accessibilità al servizio “113” (riduzione al minimo dei tempi di risposta, incremento numerico degli operatori, specializzazione del personale addetto), ad una maggiore accessibilità e comfort per gli utenti degli uffici aperti al pubblico, alla realizzazione di dispositivi costantemente tecnico-operativi innovati e costantemente monitorati, di protocolli di cooperazione strategica e politiche di “sicurezza dedicata”, con riferimento a specifiche categorie di cittadini (fasce deboli, commercianti, tifosi), alla elaborazione di un sistema di analisi degli esposti, alla gestione di rapporti strutturati con i Quartieri ed i Comitati di cittadini, nonché alla attuazione di interventi mirati alla razionalizzazione del flusso informativo, originato da tutti i sensori che consentono di acquisire informazioni sulla realtà territoriale. Il potenziamento di una comunicazione multicanale con i cittadini è stato perseguito anche con la rimodulazione del sito internet della Questura e con l’organizzazione di convegni e interventi su temi calibrati per i diversi tipi di utenza, con particolare riferimento alla fasce deboli.

In questo contesto la Questura di Firenze ritiene fondamentale, a fronte di un forte interesse degli operatori della Questura alla formazione, incentivare e predisporre, di concerto con i competenti Organi centrali e con l’Università, iter formativi “dedicati”, che valorizzino le professionalità presenti nella Polizia di Stato, alimentando significativamente il “circolo virtuoso” della sicurezza e il legame tra Polizia di Stato e cittadini. L’apertura dei lavori del corso di formazione post-laurea è si tenne lunedì 19 ottobre del 2009 presso il Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, alla presenza del Sindaco Matteo Renzi, del Questore di Firenze Francesco Tagliente, del Prefetto di Firenze Andrea De Martino, del Rettore dell’Università degli Studi di Firenze Augusto Marinelli, del Preside della Facoltà di Psicologia Andrea Smorti, del Direttore Centrale di Sanità del Dipartimento della Pubblica Sicurezza Giovanni Cuomo, del Direttore del Servizio Controllo del Territorio del Dipartimento della Pubblica Sicurezza Daniela Stradiotto, del Prof. Ordinario di Psicologia sociale presso l’Università di Torino ed esperto in psicologia giuridica Guglielmo Gulotta – che nella circostanza tenne una prolusione tematica – nonché dei direttori del Corso Stefano Taddei ed Enrichetta Giannetti.

Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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Editoriali

La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Roma, aggressioni e borseggi in metro. Riccardi (UdC): “Linea più dura per garantire la sicurezza pubblica”

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“Ci troviamo ad affrontare un problema che il Governo non può più ignorare: i borseggiatori operano impuniti nelle metropolitane di Roma. Questa situazione è inaccettabile e richiede un intervento deciso e immediato. Ritengo che la sicurezza dei cittadini debba essere una priorità assoluta e che la moderazione non significhi inazione”.
È assai dura la reazione del commissario cittadino di Roma Capitale dell’UdC, il dottor Roberto Riccardi, circa le continue, ripetute aggressioni e borseggi nella Capitale.

Dottor Riccardi secondo Lei dove bisogna intervenire in fretta nella legislazione italiana in tale materia?
I recenti episodi di furto nei mezzi pubblici mettono in luce una legislazione troppo permissiva. La normativa attuale, che prevede l’intervento delle Forze dell’Ordine solo su querela dei borseggiati, è del tutto inefficace. Questo non solo rallenta l’intervento delle autorità, ma spesso disincentiva le vittime a denunciare, sapendo che le conseguenze per i borseggiatori saranno minime o inesistenti.
Le leggi attuali non sono sufficienti per contrastare efficacemente questo fenomeno. È necessario un cambio di rotta deciso.

il commissario cittadino UdC di Roma Capitale, dottor Roberto Riccardi

E cosa può fare in più, in questo frangente, l’organo giudiziario?
Bisogna smettere di essere troppo indulgenti con i delinquenti. Va adottata una linea più dura per garantire la sicurezza pubblica.
Lei rappresenta uno dei partiti di governo nazionale. Esiste una vostra “ricetta” in merito?
Ecco le misure che proponiamo; arresto obbligatorio per i borseggiatori con l’introduzione dell’arresto obbligatorio per chiunque venga colto in flagrante a commettere furti nei mezzi pubblici. Questo deterrente è essenziale per scoraggiare i delinquenti e proteggere i cittadini.
Modifica della normativa vigente; bisogna consentire l’intervento delle Forze dell’Ordine anche in assenza di querela da parte della vittima, permettendo un’azione tempestiva e decisa contro i borseggiatori.
Inasprimento delle pene ed introduzione di sanzioni più severe per i reati di furto, specialmente quando commessi in luoghi pubblici e affollati come le metropolitane.
Campagne di sensibilizzazione informando i cittadini sui loro diritti e sull’importanza di denunciare ogni atto di borseggio, contribuendo così a creare una comunità più sicura e coesa.
Ma Lei crede che con tali misure si possa mettere un argine alla questione che preoccupa non solo i romani ma le decine di migliaia di turisti che ogni giorno arrivano nella capitale?
Non possiamo più permetterci di essere indulgenti. Dobbiamo agire con fermezza per garantire la sicurezza di tutti i nostri cittadini.
Le Forze dell’Ordine devono essere messe nelle condizioni di poter agire senza ritardi e senza ostacoli burocratici.
Dobbiamo essere determinati nello spuntare le armi dei buonisti ed a ripristinare la legalità nelle nostre strade e nelle nostre metropolitane. Solo con un intervento deciso e risoluto potremo garantire una Roma più sicura e vivibile per tutti.

Risposte chiare e concrete quelle del commissario cittadino UdC di Roma Capitale Roberto Riccardi.
Ci auguriamo che questa volta la politica affronti davvero con tale determinazione questa assenza di sicurezza per i romani e per le migliaia di turisti che si apprestano a giungere nella Capitale per l’imminente apertura, il 24 dicembre 2024, dell’Anno Giubilare.

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