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Nemi, Tersigni: "Eccoci, pronti a realizzare il cambiamento"

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Tempo di lettura 5 minuti Grande partecipazione per la presentazione della lista di Insieme per Nemi che sostiene la candidatura di Stefano Tersigni

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di Ivan Galea


NEMI (RM) – Partecipato a Nemi, ieri, l’appuntamento al bar dei Pini in piazza Roma, che ha visto una sala stracolma per la presentazione della squadra di Stefano Tersigni candidato a sindaco di Nemi con la lista “Insieme per Nemi”. In apertura Tersigni ha definito come “coraggiosa” la presenza degli intervenuti a causa del particolare “clima rigido” o se vogliamo di paura o di ricatto che si è instaurato a Nemi per questa campagna elettorale, che ha assistito addirittura al ritiro di un componente della squadra di Insieme per Nemi dopo che aveva dato la propria adesione. Tersigni ha infatti ricordato che la squadra è formata ben da 11 candidati, alludendo appunto alla persona che si è ritirata, giustificandone le ragioni e ribadendo che il clima dittatoriale che si respira nel paese delle fragole avrà presto fine.

In effetti a Nemi si respira, ormai da tempo, un’aria pesante, dove chi non si “allinea” con una certa parte politica o chi si permette di criticare certi “modus operandi” o chi evidenzia ombre e aspetti che appaiono di tutta evidenza “poco chiari” agli occhi della cittadinanza finisce sotto il tritacarne di chi la domenica si fa il segno della croce in Chiesa, in bella mostra, per poi fare ben altro durante gli altri 6 giorni della settimana e che con tutta probabilità in questi momenti confida molto sull’astensionismo di una certa parte politica nemese che ora ha la grande responsabilità di prendere una decisione, seppur sofferta a causa di antichi contrasti o per divergenze di vedute politiche ormai appartenenti alla preistoria e che oggi sovente vengono utilizzate solo per creare divergenze tra i cittadini, oppure di mettere la testa sotto la sabbia e assistere inermi a una nuova stagione di vecchie dinamiche politiche ormai stranote e agli onori della cronaca. Ma di questi aspetti scriveremo in successive occasioni.


Tersigni ha parlato quindi di “tanta delusione” da parte dei cittadini riguardo il quinquennio Bertucci che ormai volge al termine. “Anche persone che 5 anni fa hanno votato il sindaco uscente sono rimaste deluse dalle tante promesse che sono state fatte e non mantenute. – Ha detto il candidato sindaco – Io personalmente– ha aggiunto – non faccio nessuna promessa”. Sempre in tema di impegni da prendere con i cittadini Tersigni ha detto che l’unica promessa che si impegna a mantenere è quella che tutti i punti di programma saranno rispettati evidenziando il fatto che se nei primi due anni non ne verranno realizzati almeno la metà presenterà le dimissioni da sindaco. “Punti programmatici – ha detto Tersigni – che non prevedono spese per le tasche del Comune di Nemi, quindi per quelle dei cittadini e che sono realizzabili in tempi brevi”.

Tersigni ha ricordato che la lista civica “Insieme per Nemi” è sostenuta da tutta l’area di centrodestra: quindi il sostegno di Noi con Salvini, di Forza Italia e di una parte di Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale perché “è spuntato fuori un nuovo fratellino”. Battuta quest’ultima, da parte del candidato, rivolta a Pietro Pazienza, assessore uscente della giunta Bertucci, iscrittosi nelle fila di FdI-AN da poco tempo, probabilmente rendendosi conto che l’intero centrodestra e non solo è compatto con la candidatura di Tersigni. Un modus di fare politica definito da Stefano Tersigni come “spicciolo” come il fatto di aver pubblicato sul sito istituzionale del Comune di Nemi la presentazione della lista Bertucci. Un episodio quest’ultimo che Tersigni ha bollato come “vergognoso” come i cantieri elettorali apparsi in questi ultimi 2 mesi che precedono le elezioni.


Tersigni ha quindi presentato i candidati che formeranno la squadra di governo in caso di vittoria della lista Insieme per Nemi.


“Ci troviamo ad essere un baluardo difensivo di quello che è un patrimonio unico rappresentato da Nemi e dai tesori custoditi nel suo territorio” Ha detto Cesare Bianchi durante il suo intervento.

“Sono il nipote di Luigi Cavaterra” Ha esordito Andrea Cavaterra, il più giovane componente della squadra di Insieme per Nemi, ricordando le origini della sua famiglia conosciuta dalla maggior parte dei nemesi. Cavaterra ha puntato il dito sulla totale mancanza di un qualsiasi tipo di attrattiva per i ragazzi di Nemi che sono costretti a dirigersi verso le altre cittadine dei Castelli Romani se non addirittura a Roma per trovare spazi e intrattenimenti adatti alle generazioni dei più giovani cittadini del paese delle fragole.


Laura Borgognoni, importante componente del gruppo di Insieme per Nemi da sempre presente sul territorio ha parlato di tradizione. “Che cos’è la tradizione? – ha detto Borgognoni – E’ la testimonianza, le notizie, le memorie storiche che appartengono al passato. – ha proseguito – E chi crea la tradizione? La crea l’uomo contemporaneo  prendendo una cosa dal passato, rielaborandola e proiettandola nel futuro. Noi abbiamo fatto questo con Insieme per Nemi.”


“Un brillante opacizzato”: così ha definito Nemi la “seconda Cavaterra” – così si è definita – della squadra di Tersigni. Masha Cavaterra ha parlato di “obbligo morale” di metterci la faccia decidendo quindi di scendere in campo per contribuire con le proprie competenze alla rinascita di Nemi. “Sento tante persone dire questo non va, questo non va bene – ha detto la candidata consigliera di Insieme per Nemi – mi hanno detto perché mai un’artista ha deciso di scendere in politica? – ha proseguito –  Ho una missione diversa e magari può essere utile per questa squadra, può essere utile per Nemi.” Masha Cavaterra quindi si prepara a dare il proprio apporto “artistico” per una Nemi ricca di angoli meravigliosi ma che ad oggi risultano “morti o spenti e che magari con un’idea potranno essere rivalorizzati per poter rifiorire.”

“Vivo Nemi più di qualsiasi altro nemese” ha detto la vulcanica Simona Castelli che è presente dalla mattina alla sera a Nemi per via dell’attività commerciale che conduce. “Si deve fare di più anche a livello turistico, mille problemi con i pulman, con i vigili che non si vedono,  i bagni pubblici poco efficienti. Noi stiamo tentando tutto poi che dire… vedete voi.”   


 E’ stata poi la volta di Denise Gagliardi: “Il mio secondo nome è Gioia e voglio portare veramente gioia a Nemi” ha detto la candidata consigliera trapiantata a Nemi cittadina che ha dichiarato di amare fin da quando ha tenuto la sua prima mostra.

 

Giovanni Piersanti nel suo lungo intervento ha toccato vari argomenti tra i quali quello di avere la forza di portare avanti le proprie idee e il proprio impegno rischiando in prima persona e riaffermando il concetto di “metterci la faccia”. Quest’ultimo, un tema ribadito più volte anche dagli altri candidati per cercare di esorcizzare quel clima pesante che si è creato a Nemi in questi ultimi tempi. “Quello che mi hanno insegnato è non chiedere niente a nessuno – ha detto Piersanti – nel momento del bisogno faccela da solo” Parole quelle di Piersanti che risuonano come macigni rispetto un certo clientelismo che purtroppo non è mai tramontato in Italia e che spesso porta a effettuare scelte in virtù di “false promesse” che ogni volta vengono fatte dai soliti trasformisti della politica e che ogni volta, puntualmente non vengono mai mantenute e che ogni volta riescono a incantare i soliti noti.  


Laura Scarpellini
e Murizio Saudelli assenti giustificati perché impegnati un due importanti incontri di campagna elettorale con i cittadini. non sono potuti essere presenti.


Nella chiosa finale il candidato sindaco ha quindi riepilogato i punti programmatici spiegando in maniera dettagliata come intende realizzarli.

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Roma, aggressioni e borseggi: intervista all’onorevole Riccardo De Corato

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In seguito all’aggressione avvenuta ieri sera a Simone Cicalone, noto youtuber impegnato a compiere riprese per mostrare i troppi fenomeni di borseggio che avvengono nella metropolitana di Roma abbiamo contattato al telefono l’onorevole Riccardo De Corato, già vicesindaco della città di Milano, assessore alla Sicurezza della Regione Lombardia ed oggi parlamentare italiano e vicepresidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera.

INTERVISTA ESCLUSIVA ALL’ONOREVOLE RICCARDO DE CORATO, VICEPRESIDENTE DELLA COMMISSIONE AFFARI COSTITUZIONALI DELLA CAMERA

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Castelli Romani

Frascati, Libri in Osteria: Riccardo Cucchi presenta i suoi libri

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Ieri sera in una piazza dell’Olmo piena all’inverosimile la “padrona di casa” l’elegantissima, come sempre, Emanuela Bruni ha dato il via alla serata, accompagnato dalla superba professionalità e simpatia di Giampiero Cacciato, facendoci ascoltare la sigla di “Tutto il calcio minuto per minuto” la trasmissione radiofonica per eccellenza che ha accompagnato le storie e le domeniche di tutti noi, donne e uomini, amanti di quello che è definito “il gioco più bello del mondo”: il calcio.
L’ospite è un sorridentissimo Riccardo Cucchi, voce storica di Radio Rai.
Anche stavolta, quasi una combinazione, “sono le 18 e 4 minuti” riprendendo la frase incipit del prologo di Radiogol, uno dei due libri presentato assieme a Un altro calcio – è possibile.
Emanuela, giornalista di razza, lo stimola immediatamente con un quesito: Oggi lo sport ed il calcio, nello specifico, sono importanti dal punto di vista sociale?
La risposta di Riccardo Cucchi diventa il filo che collega tutta la serata.

Giancarlo Ceccarelli, capitano della Lazio campione d’Italia Primavera stagione 1975/76

Ci spiega, con estrema dovizia, che già con le Prime Olimpiadi del 1896 lo sport abbia cercato di “sterilizzare”, usa proprio questo concetto, ogni forma di conflitto simulando un combattimento ma restando legato a valori alti ed etici che, purtroppo, le guerre ovviamente non prendono in considerazione.
“Il calcio è immerso nella vita, ne è parte stessa, è una delle tante attività umane. Immaginarlo isolato dal contesto sociale, politico ed economico è pura illusione” questo è il filo conduttore che lega i due libri.
Il calcio e lo sport nei due libri che ci presenta, spiega con serenità “sono il pretesto per parlare di altro”; calcio e sport, aggiunge, “sono storia dell’umanità, sono storia di rapporti umani, è cultura, è molto altro” racchiudendo poi questo concetto che lascia spazio ne “Un altro calcio – è ancora possibile” dove scrive: “il calcio è una sorta di carta assorbente che si impregna di tutto ciò di cui è impregnata a sua volta la società. Ma ha un obbligo etico, imprescindibile: deve promuovere valori”
Lo smarrimento della sua identità ma soprattutto l’avere perso il principio primo che lo sport eleva, la passione, lo sta riducendo in un qualcosa che ormai è più paragonabile ad un “bancomat” usato per fare business e fino a quando i tifosi non si renderanno conto che queste holding gestiscono “sentimenti”, tramutandole in denaro, resterà un qualcosa di assai lontano da quelle emozioni di un tempo.

Non c’è nostalgia, però nelle sue parole: il suo è un messaggio che vuole portare un cambiamento etico nei valori che il calcio può e deve mostrare perché il rischio è che “non può rinunciarvi senza pagare il prezzo di smarrire la sua stessa identità”.
Focalizza la sua attenzione sugli ultimi mondiali in Qatar dove il calcio è stato usato “per nascondere” le palesi ed evidenti violazioni dei più elementari diritti per un essere umano: “il calcio, dice, non può farsi strumentalizzare”.
8 stadi costruiti di cui oggi solo 2 restano in piedi: cita il quotidiano britannico The Guardian che raccontava in quei giorni di milioni di uomini usati come “schiavi moderni” gli venivano sequestrati i passaporti, dice con sdegno tra lo sguardo allibito dei partecipanti alla serata.
Oltre 6500 morti, la maggior parte di loro caduti da impalcature “i mondiali sono stati giocati in novembre/dicembre con un temperatura mite negli stadi ma loro – si riferisce agli schiavi moderni – hanno lavorato sotto temperature ben superiori ai 30/40 gradi”.
Quello che stasera compare in piazzetta dell’Olmo è un grido di dolore di chi, come lui, nato nella curva della Lazio dove, passati gli anni da radiocronista, è tornato per vivere la passione del calcio, vuole difenderlo dalle commistioni politiche e dai petrodollari ed invita qualunque dirigente sportivo ad assistere ad una partita di calcio direttamente in curva dove potrà riscoprire “il senso vero della passione sportiva” che non può e non deve essere confusa, dice, “né con lo spettacolo, né con l’intrattenimento”.

l’abbraccio fraterno di Riccardo Cucchi all’amico Giampiero Cacciato sotto lo sguardo attento di Emanuela Bruni

Poi Giampiero Cacciato “da Cogoleto” – ci tiene a specificare alla platea – che per anni ha collaborato con Riccardo Cucchi, “ero io a preparargli il microfono”, dice, dopo l’aneddoto dei tamburi camerunensi seguiti durante i mondiali di Francia 98 invece di recarsi allo stadio, affronta un tema assai delicato nello sport: il razzismo.
“Una cosa stupida”, dice tra gli applausi Riccardo Cucchi ed aggiunge che “se c’è qualcosa che mi ha insegnato la mia carriera giornalistica è che non c’è niente di più contraddittorio dello sport con il razzismo” e ricorda il primo caso passato alla cronaca di razzismo in Italia: cita l’acquisto, nel 1989, del giocatore di origine ebraica, Ronny Rosenthal, da parte dell’Udinese. Gli ultrà di questa squadra si sollevarono dimostrando un rigurgito antisemita generando una ingloriosa marcia indietro della socieà che non perfezionò l’acquisto adducendo come scusa banale un problema vertebrale.
Cucchi sottolinea l’atteggiamento costante di molte società che minimizzano tale problema giustificando che lo stadio rispecchia l’atteggiamento razzistico del mondo. Ma questo, dice, non può diventare una scusa e consiglia un’utopia: rovesciare il tema facendo divenire lo stadio il luogo virtuoso senza alcun atteggiamento razzistico isolando tutti coloro che lo manifestassero, sia sugli spalti che, ahimè, anche sui campi stessi.
Una idea rivoluzionaria perché il tifoso razzista è colui che contraddice ed infrange il concetto stesso di sport.
Una lezione morale, la sua, che viene accolta dagli applausi dei tantissimi presenti stasera in piazza dell’Olmo a Frascati.

E poi inizia il momento degli aneddoti: da Mario Giobbe che gli sintetizzò così il lavoro di radiocronista “Più breve sei, più bravo sei”.
All’esame in Rai con un Sergio Zavoli, presidente di commissione, che gli chiese: “Se noi decidessimo di avvalerci della sua collaborazione cosa vorrebbe fare” e la sua risposta “sfacciata”, aggiunge, fu: “il radiocronista!” Sapete come andò a finire? Fu costretto da Zavoli ad inventarsi una partita ed a commentarla: ma Zavoli non sapeva che quello era per Riccardo Cucchi il sogno che coltivava da bambino e fu davvero un’apoteosi, uno Juventus – Milan che fu il lasciapassare per l’ingresso in Rai, Mamma Rai.
All’essere stato, durante la finale dei 100 metri di Seul, il radiocronista che disse il maggior numero di parole: praticamente un record nel record.
Poi la “gavetta” in periferia, Campobasso, laddove ci si preparava alla presenza al microfono ed a presentarsi al microfono (dizione, parlare bene, lessico forbito) con un maestro d’eccezione: il grande attore Arnoldo Foà.
Ma il momento più entusiasmante le trasferte al fianco di Enrico Ameri che gli aveva stilato un regolamento e, una volta allo stadio, aveva come compito quello di segnare i calci d’angolo “ho avuto sempre il terrore di sbagliare i conti”.
E poi il racconto dello scudetto alla Lazio l’emozione incontenibile ed il dovere di essere, fino alla fine della carriera, dentro quella neutralità che contraddistingue il bravo giornalista.

Di certo, per un laziale purosangue come lui il momento più bello, ma che fa il paio con Inter – Empoli del 12 febbraio 2017 dove uno striscione della curva nord interista gli tributa un grazie immenso:
A TE IL NOSTRO APPLAUSO PER AVERCI EMOZIONATO PER DAVVERO IN UN MONDO FINTO – RICCARDO CUCCHI SIMBOLO DEL NOSTRO CALCIO

Lo striscione dedicato a Riccardo Cucchi dai tifosi neroazzurri il 12 febbraio 2017

Riccardo Cucchi ieri sera ci ha fatto scoprire quanto ancora la bellezza di questo gioco amato da milioni di italiani, ai tempi d’oro Tutto il calcio minuto per minuto raggiunge picchi di 25 milioni di ascoltatori, sia collegata alla quella passione che si vuole scippare via a noi che lo amiamo.

Una serata splendida chiusa dalla sua voce che ripete: qui da Frascati e da Riccardo Cucchi è tutto a te la linea studio centrale.

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Esteri

6 giugno 1944, operazione Neptune: il ricordo dopo 80 anni dallo sbarco in Normandia

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Don quella mattina del 6 giugno 1944 era li con tutti i suoi commilitoni.
Non sapeva, di certo, che quel giorno potesse fare la Storia,
Si, la Storia che si legge sui libri e di cui lui è stato uno dei protagonisti.
In questi giorni, dopo ottant’anni, è tornato li.
“Settemila dei miei compagni di marina sono stati uccisi. Ventimila fucilati, feriti, caricati sulle navi, sepolti in mare” ci dice Don Graves, un veterano del corpo dei Marines, con serenità e con un luccichio di lacrime negli occhi.

Nella foto Don Graves insieme al dottor Emilio Scalise

“Voglio, aggiunge, che i più giovani, le nuove generazioni sappiamo quello che noi abbiamo fatto”.
Per molti dei veterani presenti oggi qui il 6 giugno 1944 resta una pagina dolce e nel contempo amara: molti dei loro amici hanno perduto proprio su queste spiagge la loro vita.
E stamattina a Saint Mere Eglise quelli che un giorno erano “l’un contro l’altro armati” si abbracciano nel ricordo di una delle pagine più sanguinose della II Guerra Mondiale: lo sbarco in Normandia.

Cinque teste di ponte, l’operazione Neptune, per consentire agli eserciti alleati di creare quel terzo fronte determinante per la sconfitta del nazismo.
Oggi si ricorda il sacrificio di giovani, un tempo nemici, ed oggi uniti nel loro ricordo.
Una cerimonia solenne ma che diventa importante per l’abbraccio nel nome di una pace che stenta su tutto il pianeta e che vuole ricordare il coraggio e l’abnegazione di molti ragazzi che sapevano di andare a morire.

il mitico campanile di Saint Mere Eglise

Una nota leggera: come ogni anno sul “mitico” campanile di Saint Mere Eglise svetta un paracadute, assieme ad un manichino, che ricorda il fatto realmente accaduto di un soldato americano paracadutista che nel lancio sul paesino rimase impigliato con la vela del suo paracadute, rimanendo illeso ma bloccato in quella posizione.

il paracadute con il manichino svetta sul campanile di Saint Mere Eglise

In questi giorni, come già scritto in un nostro articolo (https://www.osservatoreitalia.eu/d-day-80-anni-dallo-sbarco-in-normandia/), alcune Jeep e di un Dodge Ambulanza di proprietà dei soci dell’Associazione HighWay Six Club ha raggiunto le spiagge francesi ed il dottor Emilio Scalise, uno dei soci, ci ha raccontato in presa diretta l’emozione: “Un giorno che resterà indelebile nella mia memoria”.

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