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Redazione Lazio

Italiani abbandonati

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“SONO ITALIANO, CON UNA FIGLIA INVALIDA, SENZA CASA NE’ LAVORO. AIUTATECI, SE POTETE”.
I NUOVI RIFUGIATI
DI ROBERTO RAGONE
Questa la scritta su di un cartello che un signore molto dignitoso esibiva al di fuori di un supermercato. Ne abbiamo parlato, ipotizzato, favoleggiato come un paradosso, anche se in televisione – unica mangiatoia di tutti gli italiani – sono apparsi alcuni casi di persone bisognose. La storia non ci racconta cosa ne sia successo dopo che le lucette rosse delle telecamere si sono spente. Di sicuro nelle case grande commozione, negli studi molti applausi, audience sostanziosa, in qualche caso offerte di lavoro e di aiuto in tempo reale, che poi non si sa se siano andate a buon fine. Siamo abituati al nero che ti apostrofa per la strada, con uno zaino in spalla pesante di calze da quattro un soldo, e che ti chiede, extrema ratio, un euro per un panino; e, diciamoci la verità, questa sfacciataggine ci disturba, e allunghiamo il passo per toglierci in fretta da quella presenza. Come siamo abituati a quello che, pur avendo in un canto uno zaino pieno di oggetti vari, ti chiede il carrello, per prendere la moneta che garantisce che lo stesso venga riposizionato. Tutte presenze che oramai abbiamo metabolizzato, e alle quali siamo avvezzi. Come siamo abituati ai cartelli pietosi critti in finto italiano scorretto da parte di mendicanti professionisti che invadono le grandi città; e di questi ormai conosciamo vita e miracoli, sappiamo che vengono da oltre cortina, che fanno capo ad organizzazioni mafiose e che la sera devono rendere conto di quanto hanno raccolto. Anche da costoro cerchiamo di svicolare. Ma una scena come quella di oggi non mi si era mai presentata. All'esterno del supermarket, il migliore della zona – forse pensando che i suoi clienti siano più facoltosi e quindi disposti a una maggiore generosità, mentre è l'esatto contrario – non accosto all'ingresso, ma dieci metri più in là, fermo piantato in piedi come quelle figure assurde che chiedono l'elemosina tinte di argento o d’oro  in centro di Roma, ma molto normale, un signore con un cartello sul petto, scritto in italiano corretto: "Sono italiano, con una figlia disabile, senza casa nè lavoro. Aiutatemi SE POTETE." Subito saltava agli occhi il contrasto fra chi ti tampina cercando di impietosirti e la figura, dignitosa, di chi da lontano ti lancia un messaggio di aiuto, rinunciando, per quanto necessario, al suo orgoglio, mettendo subito una condizione, SE POTETE. Riconoscendo che non tutti possono aiutare tutti. C'è chi si toglie la vita, e c'è chi cerca una soluzione nonostante tutto, soprattutto se ha una responsabilità come una figlia disabile. Ne abbiamo favoleggiato, dicevo poc'anzi, e si avverato: i mendicanti siamo diventati noi Italiani, a fronte di assistenze senza freno a chi invece italiano non è, e viene da lontano. Al di là delle speculazioni che hanno colpito le organizzazioni cosiddette 'assistenziali'  finanziate dallo Stato o dall'Europa, ci fa male vedere come i 'migranti' si comportano quando sono qui. E non parliamo dei neri che vengono in estate per vendere le loro merci, e che fanno capo a organizzazioni commerciali – l'evasione fiscale delle quali è tutta da verificare. Mi sono accertato che quel signore fosse effettivamente ciò che dichiarava di essere, dopodichè ho contribuito con quanto avevo in tasca. In un attimo ho pensato alla mia casa, modesta, dopo quarant'anni e più di lavoro, alla pensione vergognosa a fronte dei versamenti; al mio gatto, che ha una busta di croccantini da due chili tutti i mesi e una cuccia comoda, e non mi sono vergognato. Non sono io che mi devo vergognare. Purtroppo chi dovrebbe vergognarsi non ci pensa neanche. Dopo il governo cinico, più che tecnico, di Monti, teso a mettere sul lastrico tutta la nazione; dopo il timido accenno di Enrico Letta, fucilato con una pacca sulla spalla perchè indeciso; dopo le alzate d'ingegno del governo Renzi, che – non perdendo la sana abitudine di Pinocchio – dichiara che il 23 di dicembre la Salerno -Reggio Calabria sarà interamente percorribile, mentre sa benissimo che il tratto agibile è stato 'bonificato' di numerosi cantieri e tagliato nel percorso, diventando, al massimo, una Salerno-Cosenza; dopo tutto questo, posso ben dire che chi dovrebbe vergognarsi è impegnato in tutt'altre faccende, figuriamo pensare agli Italiani indigenti, pur sapendo che sei milioni e passa dei nostri compatrioti sono in miseria totale. Poi penso alla Boldrini e alle sue dichiarazioni, chiedendomi anche se sia consentito ad una figura super partes come la sua di fare politica e tenere comizi, enunciando principi sociali assolutamente personali. Cara signora Laura Boldrini, lei che vuole sostituire gli Italiani con gente purchessia venuta da dovunque perchè dice che gli italiani non fanno più figli, – metteteli in condizioni di mantenerli e vedrete –  anche lei potrebbe essere leggermente toccata da un sano senso di vergogna quando le dovesse capitare di vedere queste cose. Oppure gioirebbe, nel constatare che 'finalmente' anche gli Italiani hanno acquisito la cultura che viene da lontano, sui barconi? Nel vedere che oggi a chiedere l'elemosina non sono più i popoli di colore, ma i nostri vicini di casa? E' questa la cultura che lei si adopera per diffondere? Oggi tutta quella gente – bisognosa, degna di ogni affetto e rispetto, senza dubbio, che fugge dalla guerra e dalla miseria – non chiede più l'elemosina, perchè decine di organizzazioni vere o false no-profit se ne prendono cura, quindi loro sono a posto. Bisognerà, a questo punto, visto che il bisogno di sopravvivere si è spostato, crearne di nuove, che si prendano cura dei nostri amici, parenti, vicini di casa. No, non sono io , non siamo noi che ci dobbiamo vergognare. Ma c'è chi la vergogna, e non solo in questi casi, non sa proprio dove abita.

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Roma

Omicidio a Roma, venti anni a chi uccise e lasciò Michelle in un carrello

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“Ho commesso un reato gravissimo e voglio pagare per quello che ho fatto”.

Una lettera, poche righe, prima che il giudice del tribunale per i minori si ritirasse in camera di consiglio, prima che gli venissero inflitti 20 anni di carcere. E’ quanto ha letto in collegamento video dal carcere di Treviso l’imputato, il giovane di origini cingalesi che nel giugno dello scorso anno ha ucciso a coltellate Michelle Causo a Roma per poi lasciare il cadavere, chiuso in una busta di plastica, in strada abbandonato in un carrello a poca distanza da un cassonetto per l’immondizia nel quartiere Primavalle.

“L’ho uccisa ma non ho premeditato l’omicidio”, ha aggiunto l’imputato, all’epoca dei fatti 17enne come Michelle, che aveva scelto di essere giudicato con il rito abbreviato che consente uno sconto di pena. I genitori della ragazza erano presenti in aula al momento della lettura del dispositivo.

Con questa sentenza – ha detto la madre – riusciamo un pochino a dare giustizia a Michelle. È la prima volta che un minore prende 20 anni, ma se li merita tutti. Adesso andiamo avanti, ho un altro figlio e mi dovrò dedicare completamente a lui”. Il tribunale ha, di fatto, recepito l’impianto accusatorio della Procura.

Le aggravanti sono legate al tentativo di sbarazzarsi del cadavere, infilandolo in una sacca nera dell’immondizia. L’aggressione avvenne in un appartamento di via Dusmet. Il minore, nel tentativo di sbarazzarsi del corpo, non si preoccupò di ripulire la scena del crimine, tracce di sangue furono trovate ovunque a cominciare dall’androne del palazzo. L’esame autoptico svolto sul corpo della ragazzina confermò il drammatico quadro emerso subito dopo il ritrovamento del cadavere.

Tra i ragazzi si consumò una prima discussione accesa con urla, percepite distintamente anche dai vicini, e poi l’aggressione. Dalle ferite riscontrate nel corso dell’esame è emerso che il giovane colpì la ragazza utilizzando un coltello da cucina. Un’azione omicida che forse era iniziata con un fendente alla schiena per poi proseguire con almeno altri cinque colpi sul resto del corpo della minorenne. Un vero e proprio massacro che si sarebbe consumato in pochi minuti.

Altra certezza è che dopo il delitto, messo in atto dal ragazzo in uno stato di alterazione dovuto all’assunzione di alcol e droga, ci fu il drammatico e velleitario tentativo di lasciare il corpo lontano dal luogo dell’aggressione, la casa dove il ragazzo viveva. La madre, infermiera di origini cingalesi, era fuori mentre il padre era in Sri Lanka.

Madre e figlio si erano trasferiti da poco nell’immobile dove nel corso di una perquisizione venne trovata della droga, sostanze utilizzate per produrre mix di stupefacenti sintetici. Nel corso dell’udienza del 29 maggio scorso l’imputato aveva fornito la sua versione di quanto accaduto in quella tragica giornata. Il giovane ha affermato di avere aggredito la ragazza con una prima coltellata perché si era sentito offeso da alcune affermazioni fatte da lei.

In merito alla ricerca su internet, effettuata il giorno prima dell’omicidio, su “come sferrare colpi letali”, l’imputato ha sostenuto di averla fatta perché doveva recarsi in una zona isolata e voleva capire come comportarsi in caso di eventuali attacchi. In base ad una perizia psichiatrica disposta dal tribunale l’imputato era, comunque, capace di intendere e di volere al momento del fatto.

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Castelli Romani

Ciampino, episodio di bullismo: la denuncia di una madre su Facebook scatena polemiche

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Un episodio di bullismo avvenuto a Ciampino ha suscitato forti reazioni e polemiche dopo che una madre ha condiviso la sua drammatica testimonianza su Facebook. La signora, madre di un ragazzo di 13 anni, ha raccontato l’incubo vissuto da suo figlio, vittima di un gruppo di coetanei.

Il post, che ha rapidamente raccolto molte reazioni e condivisioni, ha portato alla luce una realtà inquietante e ha acceso un acceso dibattito tra i residenti.

Secondo quanto riportato dalla madre del ragazzo, l’episodio è avvenuto nel parco comunale di Ciampino, dove suo figlio Alessandro stava giocando con alcuni amici. Improvvisamente, un gruppo di ragazzi più grandi si è avvicinato e ha iniziato a insultarlo e a deriderlo. La situazione è degenerata quando uno dei bulli ha spinto Alessandro a terra, facendogli perdere l’equilibrio e ferendolo al ginocchio. Il ragazzo, visibilmente scosso, è tornato a casa in lacrime e con un grande spavento.

Nel suo post, la madre ha scritto: “Mio figlio è tornato a casa oggi con il cuore spezzato e il corpo ferito. Non posso tollerare che i bambini debbano subire tali atrocità. Questo bullismo deve finire!”. Il suo appello ha ricevuto immediato sostegno da parte di molti residenti, che hanno espresso la loro solidarietà nei commenti.

Giovanna, una residente di Ciampino, ha commentato: “È inaccettabile che i nostri ragazzi non possano sentirsi al sicuro nemmeno nei parchi pubblici. Le autorità devono intervenire e prendere provvedimenti immediati”. Un altro commento, di Marco De Santis, aggiunge: “Questi atti di violenza sono vergognosi. I bulli devono essere identificati e puniti, e le scuole devono fare di più per educare i ragazzi al rispetto reciproco”.

Tuttavia, il post ha anche suscitato polemiche e divisioni. Alcuni hanno criticato i genitori dei ragazzi coinvolti, accusandoli di non educare adeguatamente i propri figli. “Dove sono i genitori di questi bulli? Perché non insegnano loro il rispetto e la compassione?”, ha scritto Francesca.

Le autorità locali non hanno tardato a intervenire condannando il gesto.

L’episodio, sebbene doloroso, ha anche sollevato un’importante consapevolezza sulla necessità di promuovere la cultura del rispetto e della solidarietà tra i giovani.

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Castelli Romani

Frascati, Libri in Osteria: appuntamento giovedì 18 luglio con Antonella Prenner

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Cosa lega Tullia, figlia di Cicerone, Servilia, madre del cesaricida Bruto, e Messalina?

Al di là di essere tre figure della Storia antica di Roma sono le protagoniste di alcuni romanzi della filologa e scrittrice Antonella Prenner, docente di Lingua e letteratura latina all’università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale.

la scrittrice Antonella Prenner

Antonella Prenner ed i suoi romanzi saranno i protagonisti giovedì 18 luglio in piazza dell’Olmo a Frascati, a partire dalle ore 18, del salotto letterario di Emanuela Bruni, Libri in Osteria assieme allo scrittore e giornalista Pino Donghi.
Le loro vite, le loro esperienze e i loro rapporti, spiega Emanuela Bruni “offrono un punto di vista non ufficiale, emotivo, disvelando pieghe e zone d’ombra di una storia sempre scritta dagli uomini e per gli uomini”.
Quindi si avrà la possibilità di cambiare la prospettiva di lettura di una storia che vede queste figure troppo spesso relegate al ruolo di comprimarie pur essendone protagoniste ed attrici principali.
Non mancherà un breve approfondimento sull’ultima fatica di Antonella Prenner “Lucano. Nostalgie di libertà” ove l’autrice descrive l’età di Nerone e di una generazione infelice, che assiste all’esercizio di un potere politico iniquo e impossibile da contrastare perché assoluto, e che vagheggia di tornare a un tempo irripetibile, quando “res publica” romana significava “libertà”.

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