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A.D. M.
Roma – Con l'auspicio che dietro a queste parole ci sia sincera volontà di conversione, scevri da azioni poste in essere per pura utilità. «Il coraggio della conversione e della denuncia. Così il settimanale della diocesi di Nuoro, 'L'Ortobenè, riassume nel numero che uscirà domani mattina in edicola il senso della lettera che Salvatore Buzzi ha inviato al Papa dal carcere di Badu 'e Carros». Lo riferisce l'Agenzia Sir. «L'ex presidente della cooperativa '29 giugnò, aiutato nel suo percorso dal cappellano don Giampaolo Muresu e dal vescovo Mosè Marcia, afferma di aver accolto l'invito del Pontefice ai fautori o complici di corruzione contenuto nella bolla di indizione del Giubileo della Misericordia – si legge – 'Seguendo la via tracciata dalla Misericordiae Vultus – scrive Buzzi – dichiaro la mia totale adesione al Suo invito alla conversione, unita al coraggio della denuncia perché la corruzione impedisce di guardare al futuro con speranza ed è un accanimento nel peccato. Mi auguro e spero di non essere il solò.
Nella lunga missiva Buzzi racconta la sua storia personale, intrecciata a quella delle cooperativa, cresciuta a tal punto da diventare una eccellenza sociale e lavorativa. 'Dal 2010 – denuncia Buzzi in un passo della lettera – iniziammo ad avere richieste varie di utilità da parte di funzionari ed amministratori: facemmo un esposto alla Procura di Roma ma non ci fu seguito, tentammo anche la via della denuncia politica, ma anche questa via non portò risultati. Ed allora io in prima persona cedetti a queste richieste: moralmente giustificavo il mio agire con il classico fine che giustifica i mezzi. Tali richieste si sono poi accentuate con gli anni e con il crescere della cooperativa; io continuavo a giustificare il mio operato con il fatto di creare occupazione per tante persone che altrimenti non avrebbero mai trovato lavoro. Da vittima divenni pian piano complice di un sistema corruttivo cresciuto sempre di più, sia a livello politico che amministrativò. Dal carcere di Nuoro, Buzzi condanna la violenza mediatica di cui si è sentito vittima, in particolare per l'uso di una intercettazione scovata nelle 60mila pagine dell'inchiesta. Quanto all'accusa di essere braccio operativo di un'associazione di stampo mafioso, scrive: 'Sono consapevole di dover affrontare la giustizia terrena e mi adopererò per chiarire le mie colpe e contrastare per quanto è nelle mie possibilità i fenomeni corruttivi; mi difenderò dalla accusa ingiusta di mafià».
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