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ROMA, OPERAZIONE "NUOVA ALBA": ATTERRA DALLA SPAGNA IL BOSS VINCENZO TRIASSI

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Tempo di lettura 3 minuti Triassi è ritenuto,insieme al fratello Vito, a capo di una vasta organizzazione criminale di stampo mafioso operante da anni sul litorale romano

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Redazione

Roma – Alle ore 17.20 di ieri pomeriggio è atterrato, proveniente dalla Spagna, Vincenzo Triassi, ritenuto, insieme al fratello Vito, a capo di una vasta organizzazione criminale di stampo mafioso operante da anni sul litorale romano.

L’esecuzione del provvedimento è la prosecuzione dell’operazione conclusa dalla Squadra Mobile della Questura di Roma alla fine del mese di luglio, quando furono arrestati i capi e gli affiliati appartenenti ad una vasta ed agguerrita organizzazione criminale di stampo mafioso operante nella Capitale e, in particolare, nel litorale di Ostia. Nei confronti di tale organizzazione, formata dalle famiglie Fasciani e Triassi, tra loro contrapposte, il GIP presso il Tribunale di Roma, su richiesta della locala Direzione Distrettuale Antimafia, aveva emesso  51 ordinanze di custodia cautelare in carcere.

Grazie alla collaborazione tra la Polizia italiana e quella spagnola, il boss mafioso era stato rintracciato sull’isola di Tenerife, ove stava trascorrendo un periodo di vacanza insieme alla moglie, e ristretto presso un penitenziario di Madrid in esecuzione di un Mandato di Arresto europeo emesso nei suoi confronti.

I soggetti destinatari del provvedimento cautelare sono ritenuti, a vario titolo, responsabili dei reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, usura, traffico internazionale di stupefacenti, infiltrazione nel tessuto amministrativo e corruzione.

Va preliminarmente evidenziato che le investigazioni hanno consentito, per la quasi totalità, di fare piena luce sui componenti e le attività illecite poste in essere dalle consorterie mafiose degli Spada, federati alla famiglia Fasciani, e dei TRIASSI, quest’ultima a loro contrapposta ed affiliata a “Cosa Nostra” siciliana.

Da qui il nome dell’Operazione denominata “Nuova Alba” proprio al fine di evidenziare come l’indagine ha potuto assicurare alla giustizia i capi, i reggenti ed i gregari delle famiglie mafiose più temute e potenti che insistono sul territorio della provincia di Roma ed Ostia, ridando luce ad un territorio nel quale era “calata la notte della città” – come affermato testualmente dal G.I.P. del Tribunale di Roma nell’ordinanza – liberandola dalla cappa oppressiva della criminalità organizzata, che cerca di inserire i propri tentacoli in ogni tessuto produttivo al fine di acquisire il controllo e la gestione delle relative attività.

I due schieramenti mafiosi da diversi anni gestivano ogni tipo di attività illecita in alcune zone della Capitale ed, in particolare, nell’abitato di Ostia (RM) divenuto, negli ultimi anni, il fulcro di importanti interessi connessi alle lucrose attività di ristorazione e turistiche ivi presenti. 

Nell’ambito dell’indagine sono stati raccolti univoci elementi probatori, totalmente recepiti dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, che hanno consentito di contestare, per la prima volta, il reato di associazione di stampo mafioso agli appartenenti alle famiglie Fasciani e Triassi dimostrando come le stesse, benché contrapposte tra loro, grazie alla forza intimidatrice ed al vincolo inscindibile creato nel corso del tempo, avevano esteso il proprio dominio anche in alcune zone della Capitale.

In particolare, Triassi Vincenzo, insieme al fratello Vito, arrestato invece alla fine di luglio, si ritiene abbiano fatto parte dell’associazione di tipo mafioso “Cosa Nostra”, segnatamente della famiglia di Siculiana, ricoprendo insieme funzioni direttive nel territorio di Ostia, essendo incaricati, per conto della Cosca Caruana-Cuntrera del controllo del territorio, della gestione delle attività delittuose di traffico di armi e di stupefacenti, del controllo delle attività economiche di balneazione e ristorazione nel litorale di Ostia e dei rapporti con i vertici delle altre organizzazioni criminali operanti nello stesso territorio, in qualità di luogotenenti dei Cuntrera.

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Roma

Omicidio a Roma, venti anni a chi uccise e lasciò Michelle in un carrello

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“Ho commesso un reato gravissimo e voglio pagare per quello che ho fatto”.

Una lettera, poche righe, prima che il giudice del tribunale per i minori si ritirasse in camera di consiglio, prima che gli venissero inflitti 20 anni di carcere. E’ quanto ha letto in collegamento video dal carcere di Treviso l’imputato, il giovane di origini cingalesi che nel giugno dello scorso anno ha ucciso a coltellate Michelle Causo a Roma per poi lasciare il cadavere, chiuso in una busta di plastica, in strada abbandonato in un carrello a poca distanza da un cassonetto per l’immondizia nel quartiere Primavalle.

“L’ho uccisa ma non ho premeditato l’omicidio”, ha aggiunto l’imputato, all’epoca dei fatti 17enne come Michelle, che aveva scelto di essere giudicato con il rito abbreviato che consente uno sconto di pena. I genitori della ragazza erano presenti in aula al momento della lettura del dispositivo.

Con questa sentenza – ha detto la madre – riusciamo un pochino a dare giustizia a Michelle. È la prima volta che un minore prende 20 anni, ma se li merita tutti. Adesso andiamo avanti, ho un altro figlio e mi dovrò dedicare completamente a lui”. Il tribunale ha, di fatto, recepito l’impianto accusatorio della Procura.

Le aggravanti sono legate al tentativo di sbarazzarsi del cadavere, infilandolo in una sacca nera dell’immondizia. L’aggressione avvenne in un appartamento di via Dusmet. Il minore, nel tentativo di sbarazzarsi del corpo, non si preoccupò di ripulire la scena del crimine, tracce di sangue furono trovate ovunque a cominciare dall’androne del palazzo. L’esame autoptico svolto sul corpo della ragazzina confermò il drammatico quadro emerso subito dopo il ritrovamento del cadavere.

Tra i ragazzi si consumò una prima discussione accesa con urla, percepite distintamente anche dai vicini, e poi l’aggressione. Dalle ferite riscontrate nel corso dell’esame è emerso che il giovane colpì la ragazza utilizzando un coltello da cucina. Un’azione omicida che forse era iniziata con un fendente alla schiena per poi proseguire con almeno altri cinque colpi sul resto del corpo della minorenne. Un vero e proprio massacro che si sarebbe consumato in pochi minuti.

Altra certezza è che dopo il delitto, messo in atto dal ragazzo in uno stato di alterazione dovuto all’assunzione di alcol e droga, ci fu il drammatico e velleitario tentativo di lasciare il corpo lontano dal luogo dell’aggressione, la casa dove il ragazzo viveva. La madre, infermiera di origini cingalesi, era fuori mentre il padre era in Sri Lanka.

Madre e figlio si erano trasferiti da poco nell’immobile dove nel corso di una perquisizione venne trovata della droga, sostanze utilizzate per produrre mix di stupefacenti sintetici. Nel corso dell’udienza del 29 maggio scorso l’imputato aveva fornito la sua versione di quanto accaduto in quella tragica giornata. Il giovane ha affermato di avere aggredito la ragazza con una prima coltellata perché si era sentito offeso da alcune affermazioni fatte da lei.

In merito alla ricerca su internet, effettuata il giorno prima dell’omicidio, su “come sferrare colpi letali”, l’imputato ha sostenuto di averla fatta perché doveva recarsi in una zona isolata e voleva capire come comportarsi in caso di eventuali attacchi. In base ad una perizia psichiatrica disposta dal tribunale l’imputato era, comunque, capace di intendere e di volere al momento del fatto.

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Castelli Romani

Ciampino, episodio di bullismo: la denuncia di una madre su Facebook scatena polemiche

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Un episodio di bullismo avvenuto a Ciampino ha suscitato forti reazioni e polemiche dopo che una madre ha condiviso la sua drammatica testimonianza su Facebook. La signora, madre di un ragazzo di 13 anni, ha raccontato l’incubo vissuto da suo figlio, vittima di un gruppo di coetanei.

Il post, che ha rapidamente raccolto molte reazioni e condivisioni, ha portato alla luce una realtà inquietante e ha acceso un acceso dibattito tra i residenti.

Secondo quanto riportato dalla madre del ragazzo, l’episodio è avvenuto nel parco comunale di Ciampino, dove suo figlio Alessandro stava giocando con alcuni amici. Improvvisamente, un gruppo di ragazzi più grandi si è avvicinato e ha iniziato a insultarlo e a deriderlo. La situazione è degenerata quando uno dei bulli ha spinto Alessandro a terra, facendogli perdere l’equilibrio e ferendolo al ginocchio. Il ragazzo, visibilmente scosso, è tornato a casa in lacrime e con un grande spavento.

Nel suo post, la madre ha scritto: “Mio figlio è tornato a casa oggi con il cuore spezzato e il corpo ferito. Non posso tollerare che i bambini debbano subire tali atrocità. Questo bullismo deve finire!”. Il suo appello ha ricevuto immediato sostegno da parte di molti residenti, che hanno espresso la loro solidarietà nei commenti.

Giovanna, una residente di Ciampino, ha commentato: “È inaccettabile che i nostri ragazzi non possano sentirsi al sicuro nemmeno nei parchi pubblici. Le autorità devono intervenire e prendere provvedimenti immediati”. Un altro commento, di Marco De Santis, aggiunge: “Questi atti di violenza sono vergognosi. I bulli devono essere identificati e puniti, e le scuole devono fare di più per educare i ragazzi al rispetto reciproco”.

Tuttavia, il post ha anche suscitato polemiche e divisioni. Alcuni hanno criticato i genitori dei ragazzi coinvolti, accusandoli di non educare adeguatamente i propri figli. “Dove sono i genitori di questi bulli? Perché non insegnano loro il rispetto e la compassione?”, ha scritto Francesca.

Le autorità locali non hanno tardato a intervenire condannando il gesto.

L’episodio, sebbene doloroso, ha anche sollevato un’importante consapevolezza sulla necessità di promuovere la cultura del rispetto e della solidarietà tra i giovani.

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Castelli Romani

Frascati, Libri in Osteria: appuntamento giovedì 18 luglio con Antonella Prenner

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Cosa lega Tullia, figlia di Cicerone, Servilia, madre del cesaricida Bruto, e Messalina?

Al di là di essere tre figure della Storia antica di Roma sono le protagoniste di alcuni romanzi della filologa e scrittrice Antonella Prenner, docente di Lingua e letteratura latina all’università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale.

la scrittrice Antonella Prenner

Antonella Prenner ed i suoi romanzi saranno i protagonisti giovedì 18 luglio in piazza dell’Olmo a Frascati, a partire dalle ore 18, del salotto letterario di Emanuela Bruni, Libri in Osteria assieme allo scrittore e giornalista Pino Donghi.
Le loro vite, le loro esperienze e i loro rapporti, spiega Emanuela Bruni “offrono un punto di vista non ufficiale, emotivo, disvelando pieghe e zone d’ombra di una storia sempre scritta dagli uomini e per gli uomini”.
Quindi si avrà la possibilità di cambiare la prospettiva di lettura di una storia che vede queste figure troppo spesso relegate al ruolo di comprimarie pur essendone protagoniste ed attrici principali.
Non mancherà un breve approfondimento sull’ultima fatica di Antonella Prenner “Lucano. Nostalgie di libertà” ove l’autrice descrive l’età di Nerone e di una generazione infelice, che assiste all’esercizio di un potere politico iniquo e impossibile da contrastare perché assoluto, e che vagheggia di tornare a un tempo irripetibile, quando “res publica” romana significava “libertà”.

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