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Roma

ALBANO LAZIALE: NARCOMAFIE ALBANENSI

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Tempo di lettura 2 minutiNumeri e parole di chi non vuol tacere

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Mirko Giustini

Albano Laziale (RM) – Il ricorso agli stupefacenti segna una sconfitta per i cittadini di qualunque territorio. E purtroppo Albano non è esclusa. Solo nel mese di maggio sono stati arrestati tre individui che detenevano in tutto tra hashish e marijuana più di mezzo chilo di stupefacenti. Il 2012 non si era chiuso molto meglio. Nei mesi autunnali dell’anno passato le Forze dell’Ordine hanno arrestato altre cinque persone. Ma il dato allarmante è che i principali obiettivi delle narcomafie sono i più giovani.

Pochi dati che meritano una riflessione. Il progetto della criminalità organizzata si basa sulla diffusione precoce per “allevare” le nuove generazioni come spacciatori o anche consumatori. E dato che gli stessi minori non sono imputabili per legge, i grandi trafficanti si rivolgono proprio a loro senza esporsi direttamente. Ma perché un ragazzo in buona salute, con interessi di studio o di lavoro, e circondato di amici sente il bisogno di assumere sostanze stupefacenti? I motivi sono diversi.

Una delle spiegazioni risale alle condizioni personali del ragazzo. In una società in cui il ritmo della società è sempre più veloce e disordinato, è possibile che i giovani entrino a contatto con il mondo della droga per tagliare di netto con la vita attiva. Così facendo però il drogato si rifugia in se stesso, attivando un meccanismo di autodistruzione (magari anche inconscio, ma sicuramente incosciente) che lo spinge nel programma di marketing delle organizzazioni criminali.

Finora a livello legislativo lo Stato ha risposto in maniera adeguata promulgando la cosiddetta legge Giovanardi-Fini. Il testo prevede un inasprimento delle sanzioni relative alla produzione, al traffico, alla detenzione e all’uso di sostanze stupefacenti. Parallelamente però ha preso vita una vera e propria malattia: l’antiproibizionismo. Questo morbo nasce quasi come una resa di fronte alle continue violazioni: se non si riescono a fermare le narcomafie, perché non legalizzare la droga? Così facendo si intaccherebbero i guadagni delle organizzazioni criminali e si eliminerebbe il proselitismo. Tale soluzione è appoggiata anche da buona parte del Parlamento, che riterrebbe incostituzionale il provvedimento sopracitato. Permane un dubbio: anche se le varie sostanze fossero liberalizzate, chi assicura che non continuerebbe a esistere un contrabbando parallelo?

La vera prevenzione della tossicodipendenza deve in ogni caso iniziare in casa dalle famiglie. Lasciando da parte le lotte politiche bisogna che lo Stato approvi una capillare politica di informazione, in modo da edificare una solida barriera contro le insidie e gli allettamenti, contro la dilagante involuzione culturale del carpe diem a tutti i costi e gli egoismi individuali. È necessaria una collaborazione coordinata tra genitori, forze dell’ordine e organizzazioni, ma ancor di più un attenzione analitica delle istituzioni pubbliche. Il tempo scorre e il lato oscuro della scienza progetta ogni giorno nuovi tipi di droghe sintetiche, confezionate e pronte a ledere la salute di chissà chi: forse quella di una ragazza che sorseggia un cocktail in discoteca, di qualche pirata della strada o di un “atleta” poco sportivo.

Intanto in questi giorni la legge Giovanardi-Fini è alla Consulta, che ne decreterà la definitiva legittimità, finora contestata perché il provvedimento non garantirebbe la proporzionalità della pena. Abrogazione o non abrogazione, proibizionismo o antiproibizionismo, è necessario ricordare che qui non si tratta di politica né di economia, ma della salvaguardia dei giovani e del futuro del nostro Paese.