Viterbo
VITERBO, DIPARTIMENTO SALUTE MENTALE: LA BUONA GESTIO NONOSTANTE I BLITZ DENIGRATORI
Tempo di lettura 3 minutiLa risposta del Direttore del DSM viterbese dr. Alberto Trisolini al Sig. Vito Ferrante Presidente AFESOPSIT
Tempo di lettura 3 minutiLa risposta del Direttore del DSM viterbese dr. Alberto Trisolini al Sig. Vito Ferrante Presidente AFESOPSIT
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12 anni faon
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ggiardino
Angela Carretta
Viterbo – “Un'Amministrazione pubblica ha sempre il dovere di comunicare, sostenendo i rischi che questo comporta” così Nando dalla Chiesa, docente di sociologia all’Università di Milano, ha concluso un suo recente intervento in occasione di un incontro-studio.
Per una pubblica Amministrazione orientare il cittadino ai valori istituzionali, confermargli la trasparenza dell'ente e di chi lo amministra, è rendere conto.
La nota ricevuta dal Direttore del Dipartimento di Salute Mentale di Viterbo, dr. Alberto Trisolini, denota quanto la sua gestione sia di sostanza più che di “politica” o di “opinione”: le sue parole vogliono esprimere un concetto, spiegarlo in modo comprensibile, trasferirlo perché arrivi ai destinatari in modo corretto.
La buona gestio di un “tecnico” che racconta il lavoro di tutto il suo staff realizzato con competenza, esperienza, capacità, perché “Gli strumenti di cura della salute mentale sono rappresentati proprio dalle persone”.
Ecco la nota del direttore del Dipartimento di Salute Mentale di Viterbo, Alberto Trisolini:
“Avendo letto l’articolo online dell’Osservatore Laziale “Viterbo, Dipartimento di Salute Mentale: i pazienti attendono ancora risposte”, siamo rimasti profondamente stupiti perché la realtà da noi osservata è completamente diversa dagli scenari prospettati dal presidente dell’associazione Afesopsit, Vito Ferrante. Ci risulta che ci viene imputata una “scarsa capacità gestionale” come origine di tutte le difficoltà, eppure il nostro Dipartimento risulta nel Lazio tra i primi per aver assunto più personale dal 2010 a oggi. Certamente ancora siamo lontani dagli standard, ma questo,tuttavia, ha consentito di mantenere aperti tutti i servizi, nonostante la grave crisi determinata dalle ristrettezze economiche e dal blocco del turnover deciso dalla Regione. Non è affatto vero poi che “manchi la presa in carico per i pazienti e le loro famiglie”, ma ancora di più: sono stati istituiti un servizio di prevenzione e intervento precoce per il disagio giovanile fatta in collaborazione con l’Università. È stata elaborata una formazione per un servizio dei disturbi dell’alimentazione, in rete con i migliori centri nazionali; sulla base delle più recenti acquisizioni internazionali sono state elaborate e diffuse a tutti gli operatori delle linee di intervento per la prevenzione del suicidio; è stata presa in carico la psichiatria del carcere circondariale, sono stati attivati i piani assistenziali individualizzati che consentono l’attuazione del’ambizioso progetto abitare elaborato dal Dipartimento di Salute Mentale; ci sono inoltre gruppi di ascolto, informazione e sostegno per i familiari e si è costituito un gruppo di lavoro per il miglioramento continuo della qualità. Ci risulta inoltre che un sistema di rilevamento del gradimento degli utenti e dei loro familiari mediante questionari, utilizzato in particolare nel reparto ospedaliero (SPDC), ma che si sta estendendo a tutto il territorio, ha mostrato risultati molto positivi. Al di là delle sue isolate parole, i familiari, i pazienti e l’Azienda sono soddisfatti di questa gestione.
Sarebbe auspicabile non screditare, né scoraggiare gli operatori, ma rispettarli, spronandoli a dare il massimo per i cittadini disagiati. Gli strumenti di cura della salute mentale sono rappresentati proprio dalle persone; il disfattismo ha come unico risultato quello di “bruciare” e demotivare gli operatori, che invece devono potersi avvicinare serenamente ai nostri concittadini sofferenti. La fiducia negli operatori è alla base dell’adesione al progetto terapeutico, e comprometterla inutilmente e infondatamente è un atto grave contro quegli stessi pazienti che il sig. Vito Ferrante vorrebbe rappresentare.
Anche l’estate passata abbiamo assistito ad uno sgradevole “Blitz”( così titolava il giornale) presso il SPDC di Viterbo. Il sig. Vito Ferrante si è presentato per una visita in reparto psichiatrico insieme ad un politico e ad una giornalista. Nonostante l’ineccepibilità del reparto, tanto che il sig. Ferrante non ha saputo (o voluto?) rispondere alla mia richiesta formale di riscontro dei fatti da Lui rilevati in quella circostanza , pur tuttavia è uscito ugualmente sul giornale un articolo ingiustamente denigratorio nei confronti del personale. Peraltro, una lettera da me ricevuta, da parte di una madre indignata per l’ingiusto comportamento nei confronti del SPDC di Viterbo , è un elemento che ritengo significativo di quanto il Ferrante non rappresenti i familiari dei pazienti. L’attuale crisi economica è portatrice di stress e depressione e sappiamo bene quanto sia dolorosa e sofferta, per un paziente e per tutta la sua famiglia, l’accettazione del proprio disagio mentale e la decisione di affidarsi a qualcuno per ricevere aiuto; cavalcare questi sentimenti tormentati per gettare discredito sugli operatori non ci pare compatibile con il ruolo di un’associazione di familiari.
Pur presupponendo, peraltro, la buona fede degli interlocutori – come regola a priori – mi permetto di evidenziare come sarebbe buona regola una verifica delle eventuali incompatibilità – a presidio di eventuali conflitti di interesse – anche per le rappresentanze (effettive o sedicenti) degli interessi dei pazienti del SSN, specie se con gravi turbe psichiche; per esser più chiari, sarebbe opportuno che tali rappresentanze non coincidano, mai, con incarichi o interessi nelle strutture del SSN e contemporaneamente con Enti anche formalmente privati ma affidatari di servizio (Cooperative Sociali, Consorzi, Fondazioni, Associazioni, ONLUS di ogni genere…).
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