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Redazione
Italia – A partire dagli inizi degli anni Novanta la criminalità registra una generale diminuzione sia per i reati contro il patrimonio che per gli omicidi. Per gli omicidi, i furti di auto e gli scippi il trend decrescente è stato continuo (dal 1992 al 2011 i tassi per 100.000 abitanti passano per gli omicidi da 2,6 a 0,9, per gli scippi da 100,2 a 29,1, per i furti di autoveicoli da 572,6 a 327,3). Per i borseggi il calo si è interrotto nel 1998 e negli anni successivi l’andamento è rimasto oscillante. Per i furti in abitazione, il trend è in crescita dal 2006 (con forte variabilità), dopo la decisa flessione registrata fino ai primi anni Duemila (da 341 nel 1992 a 296 nel 2002). Il calo delle rapine si interrompe già nel 1995 (da 55,9 del 1992 a 50,3 nel 1995) quando si evidenzia un’importante ripresa che dura fino al 2007 (86,2) e si interrompe negli anni successivi. Sulla base dei dati recenti, nel 2011 borseggi e furti in appartamento sembrano essere nuovamente in crescita.
Dal 2002 al 2009 il senso d’insicurezza aumenta in tutte le classi di età, in modo più accentuato fra le donne (la quota di persone che si sentono molto o abbastanza sicure passa da 64,6% a 59,6%). Il senso d’insicurezza della popolazione non deriva necessariamente dal livello di diffusione della criminalità, ma anche dal degrado del contesto in cui si vive: era pari al 15,6% nel 2009 la percentuale di cittadini che hanno visto spesso situazioni di degrado nella propria zona. Le donne sono particolarmente impaurite dal rischio di subire una violenza sessuale, paura che accomuna più di metà del loro genere (52,1%), in decisa crescita rispetto al 2002 (45%). D’altro canto la violenza contro le donne, anche se poco denunciata, è un fenomeno ampio e si esprime sotto varie forme: fisica, sessuale, psicologica dentro e fuori la famiglia. Mentre gli omicidi di uomini diminuiscono, ciò non accade per i femminicidi.
Adesso possiamo misurare il progresso grazie ad un nuovo strumento. questa relazione è il frutto di una nuova intesa. Il Cnel, organo di rilievo costituzionale, al quale partecipano rappresentanti di associazioni di categoria, organizzazioni sindacali e del terzo settore, e l’Istat, dove operano esperti della misurazione dei fenomeni economici e sociali, hanno unito le proprie forze per giungere alla definizione di un insieme condiviso di indicatori utili a definire lo stato e il progresso del nostro Paese. Per questo è stato costituito un comitato insieme all’associazionismo femminile, ecologista, dei consumatori e all’associazionismo in senso lato. L’obiettivo è stato quello di misurare il “Benessere Equo e Sostenibile” (Bes) analizzando livelli, tendenze temporali e distribuzioni delle diverse componenti del Bes, così da identificare punti di forza e di debolezza, differenze di genere, nonché particolari squilibri territoriali o gruppi sociali avvantaggiati/svantaggiati, anche in una prospettiva intergenerazionale (sostenibilità). Al comitato si è affiancata una commissione scientifica. La consultazione con i cittadini è stata ampia.
Il risultato è sintetizzato in questo primo rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile in Italia; gli indicatori selezionati per rappresentarlo aspirano a divenire una sorta di “Costituzione statistica”, cioè un riferimento costante e condiviso dalla società italiana in grado di segnare la direzione del progresso che la medesima società vorrebbe realizzare.
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