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Cronaca

Lecce: recuperati soldi pubblici da imprenditore salentino

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LECCE – Le Fiamme Gialle leccesi hanno confiscato beni immobili per mezzo milione di euro, consistenti in due appartamenti, un ufficio, un’autorimessa e un opificio industriale, con terreno di pertinenza, tutti di proprietà di un imprenditore cinquantenne di Supersano che ha truffato lo Stato per ottenere finanziamenti pubblici di origine nazionale e comunitaria.

Si tratta dell’epilogo di una complessa indagine dei finanzieri della Tenenza di Maglie, nei confronti di un imprenditore, rampollo di famiglia, succeduto al padre agli inizi degli anni Ottanta, operatore economico che per molto tempo ha operato nel settore della realizzazione di reti fognarie e idriche per conto dell’Acquedotto Pugliese e nella costruzione di strade nel Sud del Salento. A

gli inizi degli anni Duemila, grazie agli incentivi per le aree depresse previsti dal 18° Bando del “Settore Industria” – Bando Speciale Ambiente – della legge 488/1992, ha avanzato al MISE istanza di finanziamento per un impianto di frantumazione e recupero di materiali provenienti da demolizione e scavi, ufficialmente funzionante ma, di fatto, mai ultimato.

Il finanziamento, ammontante ad 1 milione di euro ed inizialmente richiesto da una prima ditta intestata all’imprenditore, veniva poi trasferito a una seconda impresa, una società di capitali amministrata sempre dal medesimo, la quale, nel presentare la richiesta di erogazione delle due tranches di contributo a stato di avanzamento lavori, rendicontava tra i costi anche fatture relative a operazioni inesistenti emesse da aziende compiacenti o riconducibili allo stesso imprenditore.

Le attività dei finanzieri consentivano, nel 2009, di bloccare l’erogazione della seconda tranche del finanziamento approvato dal Ministero dello Sviluppo Economico e, contestualmente, di sottoporre a sequestro preventivo beni immobili per 500 mila euro, valore equivalente all’importo che l’imprenditore aveva già incassato nell’agosto del 2006.

Le risultanze investigative acquisite venivano ritualmente comunicate all’Autorità Giudiziaria di Lecce e l’imprenditore, all’esito dei tre gradi di giudizio, veniva condannato a 4 anni di reclusione – oltre alle pene accessorie, tra le altre, dell’incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione e dell’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese – con la conseguente confisca dei beni immobili che saranno definitivamente acquisiti al patrimonio dello Stato, in esecuzione della sentenza della Corte d’Appello di Lecce.