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Emanuel Galea
Dopo anni di tentativi diplomatici falliti, forse è arrivato il momento di sperimentare vie nuove. La richiesta di riconoscimento dello stato della Palestina all’Onu, presentata da Abu Mazen, sarà discussa il prossimo 29 novembre. Il Consiglio di Sicurezza dovrà pronunciarsi in merito all’ammissione della Palestina in quanto “paese osservatore”. La richiesta, molto probabilmente, è destinata a cadere nel vuoto. Benjamin Netanyahu già l’ha denunciata come destabilizzante per il processo di pace e New York voterà contro.
L’Europa, come al solito, ancora non ha fatto conoscere la sua posizione. Da tempo giace inascoltata la proposta dei Radicali di fare entrare Israele come membro dell’Europa Unita. La combinazione “Israele nella Comunità Europea e la Palestina nell’ONU” sarebbe garanzia per la pacifica convivenza dei due stati. L’iniziativa agirebbe da sola come un “cessato il fuoco” definitivo.
Intanto il conflitto Israeliano-Palestinese non si ferma ed i missili da Gaza continuano a partire verso i territori israeliani e quelli israeliani piovono sulla striscia di Gaza. Ogni commentatore riporta i fatti visti dal punto di vista della linea politica del suo giornale. Tracciare un chiaro quadro della situazione diventa molto difficile.
Il presidente Morsi non può essere un mediatore credibile visto che apertamente si è dichiarato pro per una parte. Non lo può fare neanche Erdogan. L’Europa tarda a decidere, eppure sarebbe questa la più credibile tra le parti. La rappresentanza diplomatica palestinese, attribuisce l’escalation del conflitto di questi giorni, dicendo che Israele vuole influenzare il Consiglio di Sicurezza per non ammettere lo stato di Palestina nel seno dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e far ottenere ai palestinesi lo status di paese osservatore.
Se per Abu Mazen, questo accendersi del conflitto, lo si spiega in vista della decisione che dovrebbe prendere il Consiglio di Sicurezza il prossimo 29 novembre, per Hamas la richiesta di venire ammessi all’Onu è una sorta di concorrenza interna.
Se per caso, il 29 novembre il Consiglio di Sicurezza si pronunciasse a favore dell’ammissione della Palestina, la posizione di Hamas cambierebbe completamente. Dovrebbe abbandonare la sua politica bellicosa, sempre che non voglia essere trattato da terrorista. Nel frattempo Israele, non avendo più pretesti, più o meno validi, sarebbe costretto a ritornare al tavolo di negoziazione. Solamente così si spera di allontanare i venti di guerra che ogni giorno soffiano sempre più forti.
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