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ROMA, GOLETTA VERDE DI LEGAMBIENTE PRESENTA IL DOSSIER “TRIVELLA SELVAGGIA”

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Tempo di lettura 6 minuti Il nuovo dossier dell’associazione ambientalista sui numeri ed i rischi della ricerca dell’oro nero per le coste italiane

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Redazione

Non accenna a fermarsi la corsa al petrolio in Italia e i pirati dell’oro nero minacciano sempre di più il mare italiano. Nei mari del Belpaese sono già attive 9 piattaforme di estrazione petrolifera ma, grazie ai colpi di spugna normativi dell’ultimo anno, a partire da quello previsto dal recente decreto Sviluppo promosso dal ministro Corrado Passera e in via di approvazione definitiva dal Parlamento, si potrebbero aggiungere almeno altre 70 trivelle. Attualmente, 10.266 km2 di mare italiano sono oggetto di 19 permessi di ricerca petrolifera già rilasciati (gli ultimi due sono stati sbloccati il 15 giugno scorso nel tratto abruzzese di Adriatico di fronte la costa tra Vasto e Ortona); 17.644 km2 di mare minacciati da 41 richieste di ricerca petrolifera non ancora rilasciate ma in attesa di valutazione e autorizzazione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico. In definitiva, tra aree già trivellate e quelle che a breve rischiano la stessa sorte, si tratta di circa 29.700 kmq di mare, una superficie più grande di quella della regione Sardegna.

Questo è lo scenario presentato ieri 30 luglio da Goletta Verde, la storica campagna itinerante di Legambiente da ventisette anni in prima linea in difesa del mare, che in sosta a Trani, punta i riflettori sulla minaccia delle estrazioni petrolifere con la presentazione di “Trivella Selvaggia”, il nuovo dossier dell’associazione ambientalista sui numeri ed i rischi della ricerca dell’oro nero per le coste italiane.  I dati del dossier, frutto delle elaborazioni di Legambiente sulla base dei numeri pubblicati sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico, indicano un quadro allarmante che rischia di ipotecare seriamente il futuro del mare italiano e delle attività economiche connesse – a partire dal turismo di qualità e dalla pesca sostenibile – con rischi di incidenti che non vale la pena di correre, a maggior ragione considerando i quantitativi irrisori presenti nei fondali marini italiani.

Legambiente da sempre afferma che continuare a puntare sull’energia fossile sia non solo rischioso per l’ambiente e la salute dei cittadini ma anche un investimento miope ed anacronistico. E poi il gioco non vale la candela, partendo proprio dalle riserve accertate nel nostro Paese confrontate con i dati relativi al consumo di petrolio che in Italia è diminuito, complice soprattutto la crisi economica, ma anche i primi effetti delle politiche di efficienza. Secondo l’Unione Petrolifera infatti, nel 2011 il consumo di petrolio è stato di 72 milioni di tonnellate, mentre nel primo semestre 2012 viene evidenziato un calo del 10% dei consumi (pari a 31,8 milioni di tonnellate) rispetto al primo semestre 2011 (oltre 35 milioni di tonnellata). Le ultime stime del Ministero dello Sviluppo Economico aggiornate a dicembre 2011 indicano come certa la presenza nei fondali marini di solo 10,3 milioni di tonnellate di petrolio che, ai consumi attuali, sarebbero sufficienti per il fabbisogno nazionale per sole 7 settimane. Non solo: anche attingendo al totale delle riserve certe, comprese quelle presenti nel sottosuolo italiano, concentrate soprattutto in Basilicata, nel complesso verrebbero consumate in appena 13 mesi. Questi dati dimostrano l’assoluta insensatezza del rilancio delle attività estrattive previsto nella nuova Strategia energetica nazionale prospettata dal ministro Passera, in cui uno dei pilastri sembra essere proprio la spinta verso nuove trivelle volte a creare 15 miliardi di euro di investimento e 25mila nuovi posti di lavoro. Un settore destinato ad esaurirsi in pochi anni, come sostenuto dallo stesso Ministero nel Rapporto annuale 2012 della sua Direzione Generale per le Risorse Minerarie ed Energetiche: «Il rapporto fra le sole riserve certe e la produzione annuale media degli ultimi cinque anni, indica uno scenario di sviluppo articolato in 7,2 anni per il gas e 14 per l’olio».

La Strategia energetica nazionale di cui si parla da tanto tempo è ancora per lo più ignota ma intanto l’impegno a snellire le procedure e facilitare l’approvazione di nuovi permessi di ricerca o di coltivazione nel mare italiano sembra essere andato avanti celermente. L’ultima pericolosa falla aperta nella rete di protezione delle coste italiane dai rischi di incidente da estrazione petrolifera è stata aperta dall’articolo 35 del decreto Sviluppo.  Un provvedimento che da una parte aumenta a 12 miglia la fascia di divieto ma solo per le nuove richieste di estrazione di idrocarburi a mare e dall’altra fa ripartire tutti i procedimenti autorizzatori per la prospezione, ricerca ed estrazione di petrolio che erano stati bloccati dal decreto legislativo 128/2010, approvato dopo l’incidente alla piattaforma Deepwater Horizon nel golfo del Messico. È proprio per questa folle novità normativa che nell’edizione 2012 di Goletta Verde Legambiente ha deciso di assegnare la Bandiera nera al ministro Corrado Passera, il poco ambito vessillo che consegniamo ai nuovi pirati del mare che mettono a rischio il futuro del mare e delle coste del nostro Paese.

“Sull’energia il ministro Passera sta portando il nostro Paese in un vicolo cieco – dichiara Stefano Ciafani, Vicepresidente nazionale di Legambiente -. Ha approvato i nuovi decreti di incentivazione per il fotovoltaico e le altre rinnovabili elettriche riempiendo il settore di burocrazia e paletti inutili e mettendo in serio pericolo un settore strategico per ridurre la dipendenza dall’estero, le emissioni di gas serra e inquinanti nonché per contribuire a far uscire il nostro Paese dalla crisi. Nel frattempo, non ha ancora approvato il decreto sulle rinnovabili termiche e non perde occasioni per dimostrarsi fautore del passato energetico fondato sulle fossili – sottolinea Ciafani -,  come ha dimostrato non solo sulla riapertura alle vecchie richieste di trivellazioni di petrolio in mare ma anche con il tentativo di tenere in vita impianti termoelettrici in stato comatoso come le vecchie centrali a olio combustibile che andrebbero invece dismesse una volta per tutte. Lo sviluppo economico e l’uscita dalla crisi passa per una strada diversa, quella fondata sullo sviluppo delle rinnovabili e di serie politiche di efficienza in tutti i settori, a partire da quello dei trasporti, primo consumatore dei derivati del petrolio nel nostro Paese, che potrebbe portare nei prossimi anni i nuovi occupati a 250 mila unità. Parliamo cioè di numeri dieci volte superiori a quelli ottenuti grazie alle nuove trivellazioni e soprattutto – conclude Ciafani – parliamo di garantire uno sviluppo futuro, anche sul piano economico, sicuramente molto più sostenibile e duraturo dei soli 14 anni che ad oggi sono propagandati con la paradossale rincorsa allo scarsissimo oro nero made in Italy” .

Ad oggi, le 9 piattaforme petrolifere attive nel  nostro Paese sono operative sulla base di concessioni che riguardano 1.786 kmq di mare situate principalmente in Adriatico, a largo della costa abruzzese, marchigiana, di fronte a quella brindisina e nel Canale di Sicilia. A queste aree marine interessate dalle trivelle se ne potrebbero aggiungere altre: attualmente le richieste e i permessi per la ricerca di petrolio in mare riguardano soprattutto l’Adriatico centro meridionale, il Canale di Sicilia e il mar Ionio (quest’ultimo è tornato all’attenzione delle compagnie petrolifere dopo che nel 2011 una norma ad hoc ha riaperto la strada alle trivelle anche nel golfo di Taranto), infine, un ultimo permesso di ricerca rilasciato riguarda anche il golfo di Oristano in Sardegna

Oltre a ciò, bisogna considerare che sui mari italiani gravano anche 7 richieste di estrazione di petrolio dove le fasi di ricerca hanno portato ad un esito positivo (3 nel canale di Sicilia, 2 davanti alle coste abruzzesi, 1 di fronte alle Marche e 1 nel mar Ionio) e 3 istanze di prospezione (si tratta della prima fase dell’iter autorizzativo, seguita da quella relativa alla ricerca di petrolio ed poi da quella che porta alla sua estrazione) che riguardano sostanzialmente tutto l’Adriatico da Ravenna al Salento, presentate nel 2011 dall’inglese Spectrum Geolimited e dalla Petroleum Geo Service Asia Pacific, con sede a Singapore, che rischiano di allargare di altri 45mila kmq l’area del mare italiano battuta dalle navi delle compagnie in cerca di petrolio. Riguardo il basso Adriatico, inoltre, si attende l’esito della sentenza del Tar Lazio che si esprimerà sul ricorso proposto dalle associazioni ambientaliste, tra cui Legambiente, discusso lo scorso 22 marzo, sull'annullamento di ben due permessi di ricerca idrocarburi al largo delle Isole Tremiti presentati dalla società Petroceltic Italia Srl.

I favori ai petrolieri non si limitano solo al via libera alle trivelle bloccate due anni fa. A questo si aggiunge anche l’irrisorio incremento delle royalties, previsto e propagandato per supportare attività di salvaguardia del mare e di sicurezza delle operazioni offshore da parte degli enti competenti. Si passa infatti dall’attuale 4% al 7%, percentuali che fanno sorridere rispetto a quelle praticate nel resto del mondo dove oscillano tra il 20% e l’80%.  Si tratta di condizioni molto vantaggiose che ovviamente richiamano nel nostro Paese molte compagnie straniere: delle 41 istanze per permessi di ricerca attualmente in valutazione, infatti, solo 3 fanno capo a compagnie italiane (2 ad Eni e 1 a Enel) mentre tutte le altre sono richieste provenienti da società straniere.

“ La Puglia dice un chiaro e secco no alle trivelle – dichiara Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia -. La nostra posizione rimane ferma, nonostante le minacce costanti, le ultime delle quali risalgono al marzo ed al giugno 2011, quando la Spectrum Geolimited e la Petroleum Geo Service Asia Pacific hanno avanzato nuove richieste di prospezione al Ministero con l’intento di estendere i loro interessi  nel nord della costa pugliese, al largo del mare della provincia di Andria, Barletta e Trani.  A questo proposito – continua Tarantini – , la  richiesta della Petroleum Geo Service Asia Pacific ha ricevuto il parere sfavorevole della Regione Puglia, formalizzato con una delibera del 3 luglio scorso, ricevendo anche il parere contrario di tutte le amministrazioni locali che si affacciano sulla costa interessata dall’istanza di prospezione. Anche se il parere degli enti locali non è vincolante ai fini del rilascio dei permessi di prospezione, ricerca o coltivazione di idrocarburi in mare – sottolinea Tarantini -, la forte opposizione è comunque un importante segnale per i ministeri competenti al rilascio delle autorizzazioni necessarie, che ci auguriamo venga preso in considerazione. Il mare è infatti un’importantissima risorsa non solo ambientale ma anche economica per le comunità costiere, per questo – conclude Tarantini –  è prioritario tener conto del loro parere nel rilascio di nuove concessioni per la ricerca e l’estrazione di petrolio.  Continueremo a manifestare il nostro dissenso e ci auguriamo che, come in Puglia, anche nelle altre regioni, il coinvolgimento e la netta opposizione a nuove trivelle in mare da parte delle amministrazioni locali diventi sempre più forte e contribuisca a fermare questi progetti irrazionali”.
 

Roma

Omicidio a Roma, venti anni a chi uccise e lasciò Michelle in un carrello

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“Ho commesso un reato gravissimo e voglio pagare per quello che ho fatto”.

Una lettera, poche righe, prima che il giudice del tribunale per i minori si ritirasse in camera di consiglio, prima che gli venissero inflitti 20 anni di carcere. E’ quanto ha letto in collegamento video dal carcere di Treviso l’imputato, il giovane di origini cingalesi che nel giugno dello scorso anno ha ucciso a coltellate Michelle Causo a Roma per poi lasciare il cadavere, chiuso in una busta di plastica, in strada abbandonato in un carrello a poca distanza da un cassonetto per l’immondizia nel quartiere Primavalle.

“L’ho uccisa ma non ho premeditato l’omicidio”, ha aggiunto l’imputato, all’epoca dei fatti 17enne come Michelle, che aveva scelto di essere giudicato con il rito abbreviato che consente uno sconto di pena. I genitori della ragazza erano presenti in aula al momento della lettura del dispositivo.

Con questa sentenza – ha detto la madre – riusciamo un pochino a dare giustizia a Michelle. È la prima volta che un minore prende 20 anni, ma se li merita tutti. Adesso andiamo avanti, ho un altro figlio e mi dovrò dedicare completamente a lui”. Il tribunale ha, di fatto, recepito l’impianto accusatorio della Procura.

Le aggravanti sono legate al tentativo di sbarazzarsi del cadavere, infilandolo in una sacca nera dell’immondizia. L’aggressione avvenne in un appartamento di via Dusmet. Il minore, nel tentativo di sbarazzarsi del corpo, non si preoccupò di ripulire la scena del crimine, tracce di sangue furono trovate ovunque a cominciare dall’androne del palazzo. L’esame autoptico svolto sul corpo della ragazzina confermò il drammatico quadro emerso subito dopo il ritrovamento del cadavere.

Tra i ragazzi si consumò una prima discussione accesa con urla, percepite distintamente anche dai vicini, e poi l’aggressione. Dalle ferite riscontrate nel corso dell’esame è emerso che il giovane colpì la ragazza utilizzando un coltello da cucina. Un’azione omicida che forse era iniziata con un fendente alla schiena per poi proseguire con almeno altri cinque colpi sul resto del corpo della minorenne. Un vero e proprio massacro che si sarebbe consumato in pochi minuti.

Altra certezza è che dopo il delitto, messo in atto dal ragazzo in uno stato di alterazione dovuto all’assunzione di alcol e droga, ci fu il drammatico e velleitario tentativo di lasciare il corpo lontano dal luogo dell’aggressione, la casa dove il ragazzo viveva. La madre, infermiera di origini cingalesi, era fuori mentre il padre era in Sri Lanka.

Madre e figlio si erano trasferiti da poco nell’immobile dove nel corso di una perquisizione venne trovata della droga, sostanze utilizzate per produrre mix di stupefacenti sintetici. Nel corso dell’udienza del 29 maggio scorso l’imputato aveva fornito la sua versione di quanto accaduto in quella tragica giornata. Il giovane ha affermato di avere aggredito la ragazza con una prima coltellata perché si era sentito offeso da alcune affermazioni fatte da lei.

In merito alla ricerca su internet, effettuata il giorno prima dell’omicidio, su “come sferrare colpi letali”, l’imputato ha sostenuto di averla fatta perché doveva recarsi in una zona isolata e voleva capire come comportarsi in caso di eventuali attacchi. In base ad una perizia psichiatrica disposta dal tribunale l’imputato era, comunque, capace di intendere e di volere al momento del fatto.

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Castelli Romani

Ciampino, episodio di bullismo: la denuncia di una madre su Facebook scatena polemiche

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Un episodio di bullismo avvenuto a Ciampino ha suscitato forti reazioni e polemiche dopo che una madre ha condiviso la sua drammatica testimonianza su Facebook. La signora, madre di un ragazzo di 13 anni, ha raccontato l’incubo vissuto da suo figlio, vittima di un gruppo di coetanei.

Il post, che ha rapidamente raccolto molte reazioni e condivisioni, ha portato alla luce una realtà inquietante e ha acceso un acceso dibattito tra i residenti.

Secondo quanto riportato dalla madre del ragazzo, l’episodio è avvenuto nel parco comunale di Ciampino, dove suo figlio Alessandro stava giocando con alcuni amici. Improvvisamente, un gruppo di ragazzi più grandi si è avvicinato e ha iniziato a insultarlo e a deriderlo. La situazione è degenerata quando uno dei bulli ha spinto Alessandro a terra, facendogli perdere l’equilibrio e ferendolo al ginocchio. Il ragazzo, visibilmente scosso, è tornato a casa in lacrime e con un grande spavento.

Nel suo post, la madre ha scritto: “Mio figlio è tornato a casa oggi con il cuore spezzato e il corpo ferito. Non posso tollerare che i bambini debbano subire tali atrocità. Questo bullismo deve finire!”. Il suo appello ha ricevuto immediato sostegno da parte di molti residenti, che hanno espresso la loro solidarietà nei commenti.

Giovanna, una residente di Ciampino, ha commentato: “È inaccettabile che i nostri ragazzi non possano sentirsi al sicuro nemmeno nei parchi pubblici. Le autorità devono intervenire e prendere provvedimenti immediati”. Un altro commento, di Marco De Santis, aggiunge: “Questi atti di violenza sono vergognosi. I bulli devono essere identificati e puniti, e le scuole devono fare di più per educare i ragazzi al rispetto reciproco”.

Tuttavia, il post ha anche suscitato polemiche e divisioni. Alcuni hanno criticato i genitori dei ragazzi coinvolti, accusandoli di non educare adeguatamente i propri figli. “Dove sono i genitori di questi bulli? Perché non insegnano loro il rispetto e la compassione?”, ha scritto Francesca.

Le autorità locali non hanno tardato a intervenire condannando il gesto.

L’episodio, sebbene doloroso, ha anche sollevato un’importante consapevolezza sulla necessità di promuovere la cultura del rispetto e della solidarietà tra i giovani.

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Castelli Romani

Frascati, Libri in Osteria: appuntamento giovedì 18 luglio con Antonella Prenner

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Cosa lega Tullia, figlia di Cicerone, Servilia, madre del cesaricida Bruto, e Messalina?

Al di là di essere tre figure della Storia antica di Roma sono le protagoniste di alcuni romanzi della filologa e scrittrice Antonella Prenner, docente di Lingua e letteratura latina all’università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale.

la scrittrice Antonella Prenner

Antonella Prenner ed i suoi romanzi saranno i protagonisti giovedì 18 luglio in piazza dell’Olmo a Frascati, a partire dalle ore 18, del salotto letterario di Emanuela Bruni, Libri in Osteria assieme allo scrittore e giornalista Pino Donghi.
Le loro vite, le loro esperienze e i loro rapporti, spiega Emanuela Bruni “offrono un punto di vista non ufficiale, emotivo, disvelando pieghe e zone d’ombra di una storia sempre scritta dagli uomini e per gli uomini”.
Quindi si avrà la possibilità di cambiare la prospettiva di lettura di una storia che vede queste figure troppo spesso relegate al ruolo di comprimarie pur essendone protagoniste ed attrici principali.
Non mancherà un breve approfondimento sull’ultima fatica di Antonella Prenner “Lucano. Nostalgie di libertà” ove l’autrice descrive l’età di Nerone e di una generazione infelice, che assiste all’esercizio di un potere politico iniquo e impossibile da contrastare perché assoluto, e che vagheggia di tornare a un tempo irripetibile, quando “res publica” romana significava “libertà”.

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