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Missili e attacchi notturni segnano l’escalation di una crisi che minaccia la stabilità globale. L’Iran Riduce l’impatto e prepara la controffensiva
In una nuova fase di escalation tra Israele e Iran, le forze israeliane hanno lanciato, nella notte di sabato, attacchi mirati contro siti militari in territorio iraniano, puntando specificamente a strutture di produzione di missili e sistemi di difesa aerea. Questa operazione risponde a un recente attacco missilistico iraniano contro Israele, segnando un nuovo picco nel conflitto che da decenni vede i due Paesi scontrarsi indirettamente attraverso azioni militari e alleati regionali.
Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno spiegato che l’attacco, condotto con grande precisione, è stato studiato per evitare infrastrutture critiche iraniane come giacimenti petroliferi e impianti nucleari, limitando così i potenziali danni a livello regionale e colpendo invece risorse militari fondamentali. Gli attacchi, riportati intorno alle 2:15 ora locale a ovest di Teheran, sono stati seguiti da ulteriori ondate prima dell’alba, con video pubblicati sui social che mostrano fuochi di traccianti ed esplosioni nel cielo della capitale iraniana.
Secondo i media statali iraniani, la maggior parte dei missili in arrivo sarebbe stata intercettata, e i danni si sarebbero rivelati “limitati”, nonostante le esplosioni iniziali avvenute nelle province di Teheran, Ilam e Khuzestan. L’esercito iraniano ha successivamente confermato la perdita di due soldati, uccisi nel tentativo di “contrastare i proiettili dell’entità sionista criminale”, come Israele viene spesso definito dai funzionari iraniani.
Questo scontro fa parte della risposta di Israele a un massiccio attacco missilistico iraniano del 1° ottobre, quando Teheran ha lanciato 200 missili contro obiettivi israeliani dopo l’uccisione del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, a Beirut. L’intensificazione delle operazioni israeliane contro gli alleati dell’Iran in Libano, Yemen e Siria riflette una strategia volta a limitare l’influenza regionale di Teheran attraverso colpi mirati contro le sue forze per procura.
Le tensioni in Libano sono ulteriormente aumentate, con gli attacchi israeliani che hanno causato più di 2.500 morti, sfollato 1,2 milioni di persone e creato una grave crisi umanitaria. Le operazioni in corso a Gaza dal 7 ottobre, scatenate dall’attacco di Hamas, hanno peggiorato la situazione, con rappresentanti delle Nazioni Unite che denunciano gravi sofferenze per i civili.
Gli Stati Uniti hanno mantenuto una posizione di non coinvolgimento diretto, esortando Israele a concentrare gli attacchi su obiettivi militari ed evitando strutture nucleari o petrolifere iraniane, per prevenire gravi conseguenze economiche e ambientali nella regione del Golfo. Pur riconoscendo il diritto alla difesa di Israele, gli Stati Uniti e altri alleati occidentali hanno chiesto moderazione, temendo che un’escalation possa coinvolgere direttamente gli Stati Uniti e i loro alleati regionali. Recentemente, il Presidente Joe Biden ha discusso con il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, consigliando una risposta mirata per evitare una guerra totale.
Rimane incerta la risposta dell’Iran a questa cauta operazione israeliana, con le autorità militari di Tel Aviv che avvertono che qualsiasi futura aggressione iraniana sarà seguita da ulteriori controffensive israeliane. Questo ciclo incessante di risposte militari sottolinea la fragilità della stabilità regionale, con entrambi i Paesi che dispongono di risorse militari significative e alleanze strategiche capaci di trasformare il conflitto in una minaccia più vasta e destabilizzante per l’intero Medio Oriente.
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