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Cronaca

Femminicidio nel cuore della notte: marito uccide la moglie davanti ai figli

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Una lite finita in tragedia: i bambini sotto shock

Un altro tragico caso di femminicidio scuote la comunità di San Felice a Cancello, nel Casertano, dove stamattina si è consumato un terribile delitto familiare. Erano circa le 5 del mattino quando un uomo di origine albanese, 30 anni, ha strangolato sua moglie, una connazionale di 24 anni, davanti agli occhi atterriti dei loro due figli, di appena 4 e 6 anni.

Secondo le prime ricostruzioni degli investigatori, il dramma si è verificato al culmine di una lite scoppiata per ragioni ancora da chiarire. La tensione è rapidamente degenerata in violenza estrema, con l’uomo che ha afferrato la moglie fino a toglierle la vita, mentre i due piccoli assistevano impotenti alla scena. L’allarme è stato dato da alcuni vicini, svegliati dalle urla provenienti dall’abitazione.

Subito dopo il delitto, i carabinieri sono intervenuti prontamente, fermando l’omicida che non ha opposto resistenza. L’uomo è stato portato in caserma e attualmente si trova sotto custodia, in attesa dell’interrogatorio da parte del magistrato della Procura di Santa Maria Capua Vetere, che dovrà chiarire i dettagli dell’accaduto.

La vittima, una giovane madre di appena 24 anni, era arrivata in Italia insieme al marito in cerca di una vita migliore. Tuttavia, la loro relazione era segnata da tensioni e conflitti, come confermato da alcuni conoscenti della coppia. Al momento, non risulta che la donna avesse mai sporto denuncia per violenze domestiche, ma il contesto familiare verrà esaminato attentamente dagli inquirenti.

I bambini, testimoni involontari di questa brutale tragedia, sono stati presi in carico dai servizi sociali. La comunità locale è sotto shock, mentre si moltiplicano i messaggi di cordoglio e solidarietà verso i piccoli orfani e i parenti della vittima. Le autorità locali hanno già espresso l’intenzione di avviare una raccolta fondi per sostenere i bambini e garantire loro assistenza psicologica adeguata.

L’episodio si inserisce in un quadro allarmante di violenza domestica che continua a colpire il Paese. Solo nel 2024, secondo i dati del Viminale, sono stati registrati più di 80 femminicidi, un numero in crescita rispetto agli anni precedenti. Le vittime sono spesso donne giovani, con figli, che vivono in contesti di disagio e solitudine. Le istituzioni stanno cercando di intervenire con misure più incisive, ma il fenomeno resta radicato e difficile da contrastare.

Le associazioni femministe e i centri antiviolenza della zona hanno lanciato un nuovo appello affinché si rafforzino le politiche di prevenzione e protezione per le donne che vivono situazioni di pericolo. Tuttavia, casi come quello di San Felice a Cancello dimostrano che spesso le denunce non vengono fatte in tempo, o addirittura non vengono fatte affatto, per paura di ritorsioni o per mancanza di fiducia nelle istituzioni.

Il femminicidio di San Felice a Cancello ha subito riacceso il dibattito pubblico sulla necessità di azioni più concrete per prevenire la violenza di genere. Personalità politiche locali e nazionali si sono espresse sull’accaduto. Il sindaco di San Felice a Cancello ha dichiarato: “Siamo di fronte a una tragedia inaccettabile. Dobbiamo lavorare tutti insieme, come comunità, per non permettere che simili orrori continuino a ripetersi.”

Nel frattempo, la vicenda sarà seguita con attenzione nei prossimi giorni, mentre si attendono ulteriori sviluppi sul fronte delle indagini e delle decisioni giudiziarie.

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Castelli Romani

Monte Porzio Catone: la nuova rotonda sotto accusa

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Ogni mattina, all’alba, si ripete lo stesso copione.
“Esco dal cancello di casa, in via di Monte Compatri, e mi trovo subito immerso in una scena di caos – dice l’avvocato Evandro Senatra, uno dei decano tra gli avvocati di Monte Porzio Catone – Frotte di studenti affollano la fermata dell’autobus, alcuni addirittura sul manto stradale, rischiando di trovarsi in situazioni pericolose. Questo è solo l’inizio di una mattinata che si preannuncia problematica!”

La nuova rotonda, che ha fatto tanto discutere nel comune di Monte Porzio Catone, si è rivelata una benedizione per pochi, ma per la stragrande maggioranza è diventata un vero e proprio incubo.
La fila di automobili che si snoda da Monte Compatri, arrivando fino alla località Ponte Grande, è sintomatica di un ingorgo senza fine.
In molti impiegano, al mattino o nelle ore di punta, quasi mezz’ora solo per raggiungerla su di un tragitto che, un tempo, richiedeva pochi minuti.
«In certe ore di punta è peggio che a Roma!», dice uno dei tanti “arrabbiati” sui social.
Ma il problema non riguarda solo il traffico congestionato. La sicurezza è un tema sempre più impellente.


Quello che appare sempre più evidente, ci dicono molti cittadini, è la necessità di adottare un controllo più rigoroso per le auto che giungono da Frascati. Troppo spesso si assiste a veicoli che ignorano il segnale di dare precedenza, imboccando Via di Monte Compatri a velocità ben superiori al limite di 30 km/h. Questo comportamento mette a repentaglio non solo la vita degli automobilisti, ma soprattutto quella dei pedoni, e in particolare degli studenti, che ogni giorno attraversano la strada per raggiungere la fermata dell’autobus.
E se a tutto ciò aggiungiamo, sempre come dicono alcuni cittadini della zona, il “cattivo” comportamento dei mezzi pubblici, “il gioco è fatto”.
Gli autobus del Cotral, l’azienda dei trasporto regionale vengono indicati, in molti post, come “indisciplinati” e “pericolosi”.
Va da se che bisogna ricercare una soluzione rapida e veloce ma soprattutto va predisposta, a stretto termine, una banchina riparata per i tanti passeggeri che attendo il bus direzione Frascati.

la “assai discussa” fermata dei bus Cotral

Fioccano già le proposte, come quella di creare “una piccola rientranza nella proprietà alle spalle”, oppure spostando la fermata dei bus Cotral in un luogo ove i passeggeri non rischino di essere investiti dalle auto.
Inoltre, sarebbe utile, dicono sempre i cittadini sui social, installare dei semafori funzionanti durante le ore di punta per regolare il traffico, evitando di ricadere nelle insidie delle “rotonde” che, nel nostro caso, sembrano piuttosto causare un ulteriore ingorgo.
“La sicurezza e il benessere della comunità devono essere la priorità” è il filo conduttore delle dichiarazioni di molti cittadini monteporziani.

Si spera che le istituzioni ascoltino le richieste dei cittadini e trovino soluzioni efficaci per rendere vivibile il territorio.

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Cronaca

Roma criminale: aggressione e rapina in un bar di Prati: arrestati due malviventi

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Nel cuore del quartiere Prati, a Roma, la criminalità ha colpito ancora. I Carabinieri del Nucleo Radiomobile di Roma hanno arrestato un cittadino ivoriano di 26 anni e un romano di 37 anni, entrambi già noti alle forze dell’ordine, con l’accusa di rapina in concorso. Il fatto si è verificato in un bar-ristorante di viale Giulio Cesare, dove i due uomini hanno aggredito il gestore dell’attività nel tentativo di rubare una bottiglia di alcolici.

La vittima, minacciata con un oggetto tagliente, ha prontamente richiesto l’intervento dei Carabinieri chiamando il 112 NUE. Grazie all’immediata risposta delle forze dell’ordine, i due rapinatori sono stati bloccati ancora all’interno del locale, impedendo loro di fuggire.

I Carabinieri, dopo aver raccolto gravi indizi di colpevolezza, hanno arrestato i malviventi e li hanno accompagnati presso le aule dibattimentali di Piazzale Clodio. Il Tribunale ha convalidato l’arresto per entrambi, disponendo l’obbligo di firma in caserma. Un episodio che sottolinea ancora una volta la necessità di una costante vigilanza contro la criminalità che dilaga anche in zone centrali della capitale.

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Ambiente

Amianto, 30 anni di lavoro e una vita spezzata: giustizia per Giovanni Giannetto

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Il Tribunale di Messina condanna l’INAIL, riconosciuta la malattia professionale. Oltre 6.200 morti in Sicilia per la fibra killer

Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Messina ha emesso una sentenza importante, condannando l’INAIL a riconoscere la malattia professionale causata dall’esposizione all’amianto di Giovanni Giannetto, 66 anni, residente a Nizza di Sicilia (Messina). Giannetto, affetto da broncopatia cronica, microplacche del diaframma e fibrosi polmonare, ha lavorato per oltre 30 anni come manutentore in diverse centrali Enel, tra cui quelle di San Filippo del Mela, Termini Imerese, Augusta, Priolo, e Porto Empedocle.

Il caso di Giannetto è emblematico del dramma che ha colpito migliaia di lavoratori in Italia esposti alla fibra killer, l’amianto, un materiale utilizzato per decenni nell’industria per la sua resistenza al calore, ma che ha causato gravissimi danni alla salute. In particolare, la centrale di San Filippo del Mela, come quella di Milazzo, è stata classificata come Sito di Interesse Nazionale (SIN) per l’alto livello di inquinamento, che ha esposto il lavoratore sia in modo diretto, tramite l’uso di guanti anticalore in amianto, sia in modo indiretto a causa della contaminazione ambientale per il massiccio uso del minerale nelle coibentazioni e nei rivestimenti degli impianti.

La lunga battaglia legale

Nel 2018, Giannetto aveva presentato all’INAIL una richiesta per il riconoscimento della malattia professionale derivante dall’esposizione all’amianto, ma l’ente previdenziale aveva respinto la domanda. Con l’assistenza dell’Avv. Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), Giannetto ha dovuto intraprendere un lungo iter giudiziario, culminato con la sentenza del Tribunale di Messina, che ha confermato il nesso causale tra l’esposizione all’amianto e le patologie sviluppate dal lavoratore. L’INAIL è stata condannata a riconoscere la malattia professionale e a indennizzare Giannetto con 10mila euro per il danno biologico subito.

L’avv. Bonanni ha accolto con soddisfazione la sentenza, dichiarando: “Dopo questa condanna, adesso agiremo per ottenere il risarcimento del danno e coinvolgeremo l’INPS per ottenere la maggiorazione della pensione“. Bonanni ha anche ricordato i numeri drammatici relativi alla Sicilia: “Dal 1998 a oggi abbiamo censito circa 1.850 casi di mesotelioma, con un tasso di mortalità del 93% nei primi cinque anni. A questi si aggiungono 3.500 casi di tumore ai polmoni e oltre 1.000 decessi per altre malattie asbesto-correlate, per un totale di oltre 6.200 morti“.

Le aree più colpite in Sicilia

Tra i territori siciliani maggiormente colpiti dall’inquinamento da amianto spicca Biancavilla, in provincia di Catania, dove è presente la fluoro-edenite, un minerale simile all’amianto recentemente classificato ma non ancora riconosciuto nelle liste dell’INAIL. L’esposizione a questo minerale ha provocato mesoteliomi, asbestosi e altre gravi malattie nella popolazione locale.

Anche altre zone industriali della Sicilia, come Augusta-Priolo (Siracusa), Gela (Caltanissetta) e Milazzo (Messina), sono note per l’alto rischio ambientale legato alla presenza di poli industriali, soprattutto nel settore petrolchimico. A Gela, in particolare, sono stati registrati numerosi casi di tumore del sangue, cancro al colon, asbestosi e malformazioni alla nascita, portando all’avvio di programmi di monitoraggio sanitario ed epidemiologico.

Un problema ancora aperto

Nonostante l’uso dell’amianto sia vietato in Italia dal 1992, le conseguenze della sua esposizione continuano a mietere vittime, spesso senza che i responsabili vengano adeguatamente puniti o che i lavoratori ottengano il giusto riconoscimento. Il caso di Giovanni Giannetto è un esempio della lunga battaglia legale e personale che molti ex lavoratori devono affrontare per ottenere giustizia.

L’ONA e l’avv. Bonanni continuano a lavorare per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sulla gravità della situazione, sottolineando la necessità di misure più efficaci per tutelare i lavoratori esposti e per risarcire le vittime di questo “killer silenzioso”.

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