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Editoriali

L’intelligenza artificiale: verso un mondo sempre più complesso

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Oggi il mondo intero utilizza a gran misura l’intelligenza artificiale sostituendola quasi all’intelligenza umana. Diversi studi hanno messo a confronto le due intelligenze, ponendo in evidenza le differenze fondamentali.

In primis, si è riflettuto sulla velocità e sull’efficienza: le macchine (es. pc) possono elaborare informazioni a velocità superiore rispetto agli esseri umani e possono eseguire compiti ripetitivi con una precisione molto elevata. Uno sguardo è stato dato anche alla creatività e all’intuizione: l’intelligenza umana eccelle in compiti di creatività, intuizione e comprensione contestuale, aspetti in cui l’intelligenza artificiale è ancora limitata.

La terza riflessione è sul concetto di apprendimento: l’uomo apprende mediante esperienze dirette e indirette, mentre l’intelligenza artificiale si serve di una certa quantità di dati.
Il fatto che l’intelligenza artificiale sta andando verso un mondo sempre più complesso è perché si è riscontrato un potenziale di rivoluzionare settori come la medicina, l’educazione, i trasporti e il lavoro, migliorando l’efficacia e creando nuove opportunità.
In ambito pedagogico ed educativo l’intelligenza artificiale sta portando ad un apprendimento adattivo e personalizzato.

Le cosiddette TIC (Tecnologie dell’informazione e della Comunicazione) stanno rivoluzionando il modo della didattica scolastica ed educativa, apportando notevoli modifiche anche nelle progettazioni per i bambini con deficit, oppure DSA e BES.
Le TIC prevedono un utilizzo scolastico molto frequente che apporta benefici rispetto alla didattica frontale. Siamo nell’era dove la tecnologia si sta sempre più espandendo non solo a scuola, ma anche nei contesti lavorativi. È continua la comparsa di terminali, di dispositivi digitali e multimediali.


Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione sono risultate essere una risorsa essenziale delle organizzazioni. Per tale motivo le TIC sono strategie utili nel mettere a disposizione dati e informazioni migliori e possono aiutare le organizzazioni a ridefinire i rapporti con gli studenti, con i clienti e con i fornitori.

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1 Comment

1 Comments

  1. Carlo S

    6 Agosto 2024 at 15:10

    Bellissimo articolo!
    Veramente esplicativo, grazie Prof.

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Editoriali

L’illusione della superiorità e l’incoscienza di chi crede di avere una coscienza superiore: Beata ignoranza!

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Nell’era dell’informazione e dell’autorealizzazione, sempre più individui si convincono di possedere una coscienza superiore, una sorta di illuminazione intellettuale e morale che li pone al di sopra della massa. Questa percezione, spesso priva di una reale base di merito, non solo è pericolosa, ma anche profondamente ingannevole. L’illusione della superiorità può infatti condurre a un’autocelebrazione sterile e alla svalutazione di tutto ciò che non rientra nella propria visione del mondo.

L’autocompiacimento dell’ignoranza

Uno dei fenomeni più diffusi è l’autocompiacimento dell’ignoranza. Alcuni individui, forti di una conoscenza superficiale acquisita attraverso fonti discutibili o parziali, si autoconvincono di avere una comprensione profonda e completa delle cose. Questo atteggiamento li porta a rifiutare qualsiasi opinione contraria, chiudendosi in una bolla di autoconferma. Il paradosso è che più limitata è la loro comprensione, più ferma è la loro convinzione di essere superiori.

La mediocrità travestita da eccellenza

Chi si illude di avere una coscienza superiore spesso ignora la necessità di un’autoanalisi critica e di un continuo miglioramento. Questa mancanza di umiltà e di riconoscimento dei propri limiti porta a una stagnazione intellettuale e morale. La mediocrità, in questo contesto, si traveste da eccellenza, mascherata da un velo di arroganza e presunzione. La vera eccellenza richiede infatti la capacità di riconoscere i propri errori e di apprendere continuamente dall’esperienza e dagli altri.

Il confronto con la realtà

Per smascherare l’illusione di una coscienza superiore, è essenziale confrontarsi con la realtà in modo aperto e onesto. Questo implica ascoltare opinioni diverse, accettare critiche costruttive e riconoscere l’importanza della competenza e dell’esperienza. Solo attraverso questo confronto si può sviluppare una vera comprensione e una consapevolezza autentica.

L’importanza dell’umiltà

L’umiltà è la chiave per evitare la trappola dell’illusione di superiorità. Riconoscere che la propria conoscenza è limitata e che c’è sempre spazio per migliorare è il primo passo verso una crescita autentica. L’umiltà permette di apprendere dagli altri e di riconoscere il valore della diversità di pensiero e di esperienza. Solo con questa attitudine si può sviluppare una coscienza realmente superiore, basata non sulla presunzione, ma sulla consapevolezza e sulla continua ricerca del miglioramento.

L’illusione di una coscienza superiore è un inganno pericoloso che porta all’arroganza e alla stagnazione. La vera superiorità non risiede nella convinzione di essere migliori degli altri, ma nella capacità di riconoscere i propri limiti, di apprendere continuamente e di confrontarsi con la realtà in modo aperto e umile. Solo attraverso questo percorso si può raggiungere una consapevolezza autentica e contribuire in modo significativo al proprio sviluppo e a quello della società.

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Economia e Finanza

Le istituzioni educative: perché si parla di crisi?

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Tutte le istituzioni educative (famiglia, scuola, servizi alla persona), oggi, stanno decadendo di fronte alla necessità di fare dei nostri ragazzi delle persone responsabili e determinate. Quello che nella società odierna sta venendo meno è il concetto di autorevolezza: dire NO quando è necessario.
I ragazzi mancano di passioni e non sanno nemmeno come e dove cercarle. Dinanzi a tali aspetti la generazione odierna dichiara che le uniche passioni sono fumare, bere alcolici, chattare con gli amici e “sballarsi” durante la notte.
Queste affermazioni molto frequenti hanno da sempre colpito l’essenza di noi adulti che, ripensando alla nostra epoca, dove i ragazzi/e avevano altre passioni come lo sport, la lettura, rimangono estraniati da quanto oggi accade.
A distanza di una ventina d’anni dai ragazzi di oggi, molti colleghi si sentono di dire che il cambiamento generazionale è avvenuto non solo nei giovani, ma anche nei genitori e nell’intera società.
Un clima quello attuale molto volubile e superficiale nei confronti di valori e passioni che si sono offuscate dallo scarso se non nullo potenziale delle nuove generazioni. Il potenziale dei giovani d’oggi è assopito, nascosto; sarebbe necessario “tirarlo fuori” e farlo germogliare.
I giovani necessitano di figure di sostegno che sappiano “scavare” in loro le parti significative per il loro sviluppo psicosociale ed emotivo. I primi, a muoversi in tal senso, dovrebbero essere le figure genitoriali e a seguire tutte le altre agenzie educative tra cui, educatori, insegnanti, amici, docenti etc …
Bisognerebbe costruire, come affermava lo studioso Bruner, una sorta di impalcatura che sorregga l’educazione e la formazione dei nostri ragazzi: il nostro domani.
Un domani che non è visto in modo roseo date le circostanze e i ruoli che molti “esperti” dell’educazione stanno adottando: scarsa autorevolezza, pochi progetti educativi volti alla comprensione dei giovani, mediocrità nel discernere ciò che è bene da ciò che è male e poca attenzione ai bisogni fisici, ma anche psicologici dei nostri ragazzi.
Una società dell’educazione abbastanza carente di idee per supportare le novità del mondo d’oggi: la globalizzazione, l’inclusione, il benessere psico-fisico di ciascun soggetto, la scarsa emancipazione culturale e l’apparenza come primo obiettivo da raggiungere.
Sarebbe opportuno un cambio di marcia per “costruire” una società migliore che dovrebbe ospitare bambini e giovani che diventeranno gli uomini e le donne del futuro.

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Editoriali

Il corpo umano è un oggetto da guardare? Consideriamo alcuni aspetti pedagogici e filosofici

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Guardare è un termine sempre molto generico e superficiale che “classifica il corpo al pari di un oggetto”. Il corpo umano in sé per sé è oggi sempre più di ieri guardato e non osservato; ciò vuol dire che la nostra attenzione è superficiale, nel senso che si limita allo stato epidermico di un corpo senza scendere nella sua profondità.

In senso pedagogico, il corpo umano non è un oggetto, ma un soggetto strettamente connesso al concetto di essere umano in carne ed ossa. Inoltre, stando nel panorama pedagogico, il corpo umano possiede un’anima che deve essere riconosciuta ancora prima di voler comunicare. Tuttavia, non limitandoci al corpo come involucro, dobbiamo saper osservare un corpo umano nella sua accezione più profonda. Il corpo umano non è un oggetto da guardare, ma un soggetto da osservare.

Nella società odierna, dove tutto si riconduce all’apparenza, è facile confondersi e limitarsi a guardare esteriormente un corpo; difatti oggi ci incontriamo con molti corpi differenti tra loro e con altrettante anime diverse, che però non sappiamo riconoscere. Pertanto, lo scopo di ognuno di noi sarebbe quello di osservare, di conoscere il soggetto di quel corpo, per poter-ci parlare, conoscere e interscambiare relazioni.

La filosofia ci conferma, già dai tempi di Cartesio, che il corpo non è distaccato dalla mente umana, ma c’è una grande affinità tra i due “elementi”: la mente non esiste senza il corpo e viceversa. Da qui i meravigliosi studi del filosofo Antonio Damasio, neurologo, neuroscienziato e psicologo portoghese che parla dell’errore cartesiano come concezione che non trova affinità con gli studi successivi tra mente-corpo. Damasio afferma, che corpo e mente non sono separati, anzi le emozioni, i sentimenti sono collegati ai movimenti del nostro corpo. Questo riferimento è per ricalcare l’importanza della connessione mente-corpo e della congiunzione dell’osservare un corpo.

Di concerto, quando noi guardiamo un corpo, in realtà lo dovremo osservare per capire, attraverso le nostre dotazioni mentali, quali sono le sensazioni che quella persona/corpo prova. È con questi riferimenti che si vorrebbe aspirare ad un mondo che non dà importanza solo all’ “oggetto” corpo, ma all’intero involucro comprensivo di anima, di sentimenti e di emotività, nonché la capacità di sviluppare la nostra intelligenza emotiva per consentir-ci con tutti i nostri sensi di connetterci all’altro.

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