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MW3, Call of Duty non è mai stato così grande

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MW3 è il nuovo capitolo dello shooter per eccellenza, Call of Duty, disponibile per Pc, PlayStation e Xbox. Questo episodio è il reboot del terzo episodio della saga Modern Warfare, iniziato nel 2019 (qui la nostra recensione) e proseguito l’anno scorso con MW2 (qui la nostra recensione). Prima di esplorare tutto quello che il videogame di Activision ha da offrire, ci sembra più che giusto sottolineare che questo reboot di MW3 è senza dubbio l’episodio più simile al suo predecessore del franchise. Ciò significa anche che a livello grafico non è cambiato molto rispetto al gioco dell’anno scorso: in apparenza, il motore grafico del gioco non ha ricevuto alcun aggiornamento significativo, con solo lievi aggiustamenti ai controlli, al bilanciamento generale delle armi e così via. Ciò significa anche che molte funzionalità di Modern Warfare 2 sono tornate. Framerate fino a 120 fps, gioco incrociato tra tutte le piattaforme, supporto per tastiera e mouse, cursore FOV, tantissime opzioni di accessibilità, schermo diviso, configurazione audio personalizzabile e possibilità di utilizzo delle skin, delle armi e dei pacchetti estetici acquistati in MW2, compreso quello che dà la possibilità di inserire le musiche di MW2 del 2009 scritte da Hans Zimmer (Cosa a nostro parere veramente esaltante). Questo MW3 edizione 2023 offre tre principali aree di gioco: la campagna single Player, il Multigiocatore PVP e la modalità zombi. Parlando della campagna, essa riprende la storia di Modern Warfare 2 dell’anno scorso e bisogna ancora una volta impersonare gli agenti della Task Force 141, con lo scopo di fermare una catastrofe globale. I fan della vecchia scuola saranno felici di sapere che il cattivo questa volta non è altro che Makarov, l’inafferrabile quanto diabolico terrorista russo dell’edizione del 2009, che finalmente trova la sua strada in questa trilogia reinventata. Questo nuovo MW3 ha un taglio ancora più hollywoodiano dei suoi predecessori è un susseguirsi di azione senza sosta, sia essa in modalità stealth che ad armi spianate. Mentre la trilogia originale di Modern Warfare e, in misura molto minore, i due capitoli precedenti di questa serie reboot volevano approfondire alcuni aspetti della guerra come la tortura, il colonialismo, l’invasione, questo nuovo gioco si accontenta di offrire praticamente solo spettacolo e divertimento allo stato puro. Quindi è bene prepararsi ad affrontare una campagna coinvolgente, lunga il giusto (se la si gioca a difficoltà massima come noi abbiamo fatto), e che lascia anche porte aperte per il futuro. La campagna questa volta, a differenza del solito, non è un’esperienza lineare, infatti quasi la metà della storia è giocata attraverso le nuovissime missioni di “combattimento aperto”. In queste missioni il giocatore viene paracadutato in un’area di gioco aperta ma con dei confini, dove può esplorare liberamente le aree e gli edifici circostanti, saccheggiare a piacimento, uccidere gruppi di nemici e completare sotto-obiettivi per avere un quadro più completo della trama. Il completamento delle 15 missioni garantisce diversi sblocchi anche per il multiplayer come: biglietti da visita, XP bonus, nuovi operatori e altro ancora. Nelle missioni aperte possono essere anche trovati specifici nascondigli di armi segrete che garantiscono anche armi sbloccabili per la modalità multiplayer: un incentivo piuttosto ingegnoso per i fan dell’esperienza competitiva a cimentarsi in questa campagna, per quanto banale possa essere. In definitiva, possiamo definire la campagna di questo MW3 un’esperienza differente dal normale, ma comunque appagante.

Parlando della modalità multigiocatore online, MW3 offre davvero moltissimo. E’ bene sottolineare che il PvP è anche il contenuto sul quale gli appassionati trascorreranno la stragrande maggioranza del tempo, alternandolo alla futura versione di Warzone in uscita a dicembre, quindi ci aspettavamo grandi cose da questo. E che dire, siamo rimasti piacevolmente colpiti. Nonostante le 16 mappe presenti siano le stesse di MW2 del 2009, questo per gli appassionati di vecchia data è davvero un vero e proprio sogno che diventa realtà. Alcuni si sono lamentati che questo “porting” mettesse in evidenza una certa pigrizia nello sviluppare nuovi contenuti, ma vi possiamo dire che quelle arene di gioco ancora oggi funzionano davvero bene e sono senza dubbio molto più appaganti di tante nuove mappe inserite negli anni passati. Insomma, al netto della discutibilità dell’operazione, è sufficiente guardarsi intorno per rendersi conto di quanto entusiasmo ci sia da parte dei giocatori al solo pensiero di ritornare a giocare su Terminal, Rust, Highrise, Scrapyard e in tutti gli altri luoghi che hanno fatto la storia della serie. Dal punto di vista strutturale, le 16 mappe sono fedelissime alle originali e le modifiche apportate dagli sviluppatori sono davvero impercettibili. Lo studio ha prevalentemente lavorato alla veste grafica e artistica, che in questo caso si concede qualche piccola libertà al fine di colmare lo scarso quantitativo di dettagli che c’era nelle ambientazioni del 2009. Proprio a causa della conformità alle mappe originali, avviare un match di MW3 è come fare un tuffo nel passato e ci si sente sin dal primo istante a casa. Se poi si prende in considerazione il fatto che col supporto post-lancio arriveranno anche scenari come Shipment, Shoot House e le altre mappe iconiche della serie, è chiaro che questa modalità sia destinata a diventare sempre più interessante. Se giocare in queste arene è un gran piacere, non possiamo dire lo stesso dei grossi scenari di guerra pensati per le due modalità su vasta scala, ossia Guerra Terrestre e Invasione che rappresentano il vero tallone d’Achille della produzione Activision. Per quanto non ci siano dispiaciute le porzioni dell’Urzikstan che sono state utilizzate come mappe per questa componente del multiplayer, continuiamo a trovare poco adatto il gameplay di Call of Duty a modalità le cui regole si addicono molto di più ad un gameplay in stile Battlefield. Tra veicoli, serie di uccisioni e cecchini, questi match tendono a essere piuttosto caotici e poco appaganti. Discorso diverso vale per la modalità Guerra, grande ritorno dal passato della serie. Questa modalità a obiettivi che prevede che un team svolga il ruolo di attaccante mentre l’altro quello di difensore, è strutturata in tre fasi: prima si procede con la contesa di un paio di punti di controllo, poi si scorta un carro e infine, una volta scesi in un bunker, ci si scontra per conquistare una stazione di lancio missilistica. Pur essendo divertente da giocare, questa modalità offre al momento una sola arena e dopo un paio di partite inizia a risultare assai ripetitiva. Ad utilizzare invece le mappe classiche è Tagliagole, basata sul vecchio Scontro, visto per la prima volta nel capitolo del 2019. Dal momento che non vi sono poi grosse modifiche rispetto alla modalità originale, chi apprezza questo tipo di match competitivi si divertirà anche in duelli 3vs3vs3 senza respawn. L’unico elemento che ci ha fatto storcere il naso riguarda la presenza dei loadout personalizzati, visto che in Scontro le classi venivano generate casualmente, così da garantire un certo equilibrio. Insomma, le mappe di Call of Duty MW3 saranno anche le stesse del 2009, ma sul piano ludico è stato svolto un lavoro notevole da parte di Sledgehammer Games, che garantisce un’esperienza di gioco quanto più vicina possibile a quella dei primissimi Modern Warfare e che sistema alcuni passi falsi compiuti da Infinity Ward con il precedente capitolo.

Per quanto riguarda la giocabilità, gli sviluppatori hanno rimosso il tanto criticato sblocco progressivo dei perk nel corso dei match, hanno introdotto un Time To Kill più elevato che fornisce qualche istante in più per reagire al nemico e hanno infine modificato in maniera importante il movimento. Tutte le possibilità, incluso lo slide cancel, sono tornate e funzionano perfettamente. A migliorare il gameplay non è solo la reintroduzione di queste meccaniche, ma anche una serie di modifiche meno esplicite che però hanno reso ogni singolo aspetto più fluido: mirare, sparare, scivolare, arrampicarsi e muoversi sono tutte azioni che risultano più gradevoli rispetto al passato. A beneficiare di tutte queste migliorie è anche il ritmo di gioco, che in Modern Warfare 3 è più sostenuto e sembra quasi che le azioni a schermo accadano più velocemente. A sposarsi perfettamente con il rinnovato gameplay del titolo Sledgehammer è la Posizione Tattica, una meccanica inedita che permette al giocatore di alternare con la pressione di un tasto la modalità di mira. Attivando la posizione tattica, l’operatore inclina l’arma in maniera simile a quanto accadeva con alcuni mirini laser nelle campagne dei vecchi capitoli: in questo modo, è possibile far fuoco con una certa precisione quando il bersaglio è a corta/media distanza e consente al tempo stesso di muovere la telecamera con un’agilità assai superiore rispetto alla tradizionale modalità mirino. A nostro giudizio quindi l’esperienza multiplayer di questo Call of Duty MW3 è la migliore tra quelle viste negli ultimi anni, senza ombra di dubbio. Se proprio dovessimo cercare una pecca, a nostro avviso andrebbe introdotto un migliore sistema di composizione dei match in base all’abilità dei player. Molto spesso infatti ci si trova in stanze con giocatori estremamente bravi o estremamente scarsi e questo sbilancia alcuni match. Inoltre segnaliamo su Xbox (piattaforma su cui abbiamo testato il gioco) l’impossibilità di disattivare il cross-platform con il pc e con i giocatori dotati di mouse e tastiera che letteralmente rovinano le partite. Purtroppo anche impostando dalle impostazioni console il blocco del cross-platform, il gioco obbliga i giocatori a riattivarlo o a non poter giocare online. Una vera pecca per chi vuole godersi qualche partita senza frustrazione. A non averci convinto totalmente è il sistema di progressione e di sblocco. Nei vecchi giochi della serie, tutto si basava sull’accumulo di esperienza: coi gradi si sbloccavano armi, perk ed equipaggiamento, e con i livelli arma i vari accessori. In questo caso, però, solo alcuni degli oggetti citati sopra fanno parte delle ricompense che si ottengono livellando, mentre buona parte dell’arsenale si ottiene attraverso il completamento di missioni settimanali o delle cosiddette Sfide dell’Armeria. Nel primo caso si tratta dei classici obiettivi proposti settimanalmente che garantiscono l’accesso a versioni alternative delle bocche da fuoco. Le Sfide dell’Armeria sono invece più intricate, poiché ruotano tutte intorno al completamento degli incarichi giornalieri. In poche parole, stiamo parlando di una schermata in cui il giocatore può liberamente selezionare il pezzo d’equipaggiamento da sbloccare: dopo aver portato a compimento il numero di sfide quotidiane richieste, questo verrà permanentemente aggiunto alla collezione. Fortunatamente però, grazie alla modalità Zombi, livellare le armi e bloccare i componenti è più semplice che in PvP, quindi il procedimento resta comunque lungo ma meno frustrante

Per quanto riguarda la terza tipologia di gioco offerta da MW3, ossia quella zombi, essa di chiama MWZ ed è un misto fra Dmz e la classica modalità dedicata ai non morti. Per chi non lo sapesse, Zombies è un’esperienza per giocatore singolo e cooperativa immensamente popolare, originariamente immaginata da Treyarch e diventata un punto fermo del franchise per molti capitoli, specialmente nella serie Black Ops di Call of Duty. Giochi. Queste mappe, nel corso degli anni, sono state un mix geniale e avvincente di design di livelli ingegnosi ed espansivi, cacce contorte alle uova di Pasqua e alcuni dei poteri più soddisfacenti mai visti in qualsiasi videogioco tramite potenziamenti e armi aggiornabili, il tutto circondato da ciò che inizialmente potrebbe apparire come uno sparatutto infinito di orde di zombi standard. Gli Zombies di quest’anno però difficilmente possono essere affrontati come in passato. La struttura stessa del gioco infatti è totalmente differente rispetto a quanto visto in precedenza. Nel bene o nel male MWZ è DMZ con i morti viventi. A conti fatti, vi è una vera e propria fusione fra il gameplay in loop tipico della modalità PvPvE e quello di Zombies, visto che ritroviamo tutti quelli che sono gli elementi cardine di entrambe le esperienze ad eccezione della componente competitiva, qui del tutto assente. In giro per l’Urzikstan, la futura mappa di Warzone, bisogna farsi largo tra infetti, cani demoniaci e boss provenienti dalle passate iterazioni della modalità al fine di completare contratti e accumulare tutte quelle risorse utili a potenziare le bocche da fuoco e l’operatore stesso. Come accennato poco fa, i capisaldi di Zombies ci sono tutti e ancora una volta sarà possibile acquisire abilità uniche ingurgitando bevande speciali e conferire poteri alle armi grazie al Pack-A-Punch. Ad affiancare tutte queste meccaniche c’è il medesimo gameplay di DMZ, il cui sistema di looting è invariato: l’unica piccola differenza risiede nell’interfaccia, poiché gli sviluppatori hanno deciso di modificare lo sfondo di armi e oggetti e renderlo colorato, così che la comprensione della rarità del bottino sia immediata. Dopotutto i non morti spuntano di continuo e restare fermi di fronte ad un forziere per decine di secondi sarebbe assai rischioso. Ovviamente anche il meta è quello già visto e, attraverso menu che sono pressoché identici a quelli di DMZ, si possono gestire le risorse ottenute in precedenza e avviare così una nuova partita con un piccolo vantaggio, che si tratti di armi potenziate o di bevande che forniscono power-up. Sebbene il riciclo sia sotto gli occhi di tutti, dobbiamo sottolineare che questa inaspettata fusione funziona piuttosto bene. Per com’è impostata questa Zombies open world di MW3, i giocatori possono sia scendere in pista e darsi al massacro di non morti senza stare troppo a pensare agli obiettivi, sia dedicarsi alle missioni della storia (identiche ai contratti di DMZ, sebbene se ne possa attivare solo una alla volta) o al completamento dei vari easter egg. Esiste anche una sorta di progressione interna della partita, visto che più ci si addentra nel cuore dell’Urzikstan e maggiore è la resistenza dei nemici, i quali diventano estremamente pericolosi nell’area più interna, colorata di rosso sulla mappa. È chiaro, i puristi della modalità Zombies a round potrebbero storcere il naso di fronte ad una simile impostazione, ma è indubbio che fra tutte le sperimentazioni avvenute negli ultimi anni sulla modalità creata da Treyarch, questa sia la più riuscita. Per chi si stesse chiedendo: “Ma esiste una storia in questo MWZ? La risposta è si. Compiendo determinate missioni infatti si proseguirà lungo una trama suddivisa in tre atti che fa luce su come mai è esplosa l’epidemia e che porterà i giocatori a fare di tutto per fermare la piaga. Tirando le somme, oltre a quanto detto fino ad ora, MW3 offre il solito bellissimo doppiaggio in lingua italiana, musiche memorabili, un gameplay solido e rodato, ma anche una fruibilità senza pari. Insomma, Call of Duty da sempre fa parlare di se, c’è chi lo ama, chi lo odia, chi lo critica e chi lo idolatra, ma c’è sicuramente da dire una cosa: MW3 è un altro splendido capitolo del franchise che è destinato a far parlare di se e a rimanere nella storia.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 9,5

Gameplay: 9

Longevità: 9,5

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise

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Nobody Wants to Die, il videogame thriller in salsa cyberpunk

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Nobody Wants to Die, titolo sviluppato da Critical Hit Games disponibile su Pc, Xbox e PlayStation, è un’avventura di stampo noir ambientata nella città di New York del 2329. Protagonista dell’avventura è il detective James Karra che si trova a dover indagare su una serie di misteriosi omicidi. Il poliziotto però non è solo, ma dovrà affrontare le indagini assieme alla giovane collega Sara Kai, suo braccio destro nonché personaggio fondamentale nel corso della storia. Fin dai primi passi mossi in questo thriller decisamente molto curato per quanto riguarda l’aspetto grafico, siamo rimasti affascinati dall’atmosfera da detective story in stile Blade Runner, dove però il focus devia totalmente dalle dinamiche di combattimento che ci si aspetterebbe. Nel corso di tutta la durata di Nobody Wants to Die, infatti, non si incontrerà alcuna sequenza di combattimento. Un vero peccato perché a nostro avviso qualche sparatoria avrebbe sicuramente messo più pepe al tutto. Come si può intuire, quindi, i cardini della produzione sono racchiusi tutti in tre elementi: storia, personaggi e ambientazione. A livello narrativo l’avventura ha inizio con il detective James Karra che torna a lavorare in polizia dopo un recente incidente in seguito al quale sembra aver avuto delle conseguenze sulla sua salute psichica. Proprio nel suo giorno di riposo viene incaricato dal suo capo di indagare sul presunto suicidio di uno degli uomini più ricchi di New York, Edward Green. L’uomo si accorgerà ben presto però che il caso affidatogli non è quel che sembra e, in compagnia della sua collega, Sarah, si troverà invischiato in un intrigo politico estremamente pericoloso e complesso.

Fra livelli che si sviluppano in verticale man mano che aumenta il tenore di vita dei cittadini, auto volanti che affollano i cieli ed enormi insegne luminose a fendere l’oscura decadenza di una metropoli in cui piove sempre o quasi, l’ambientazione di Nobody Wants to Die si ispira in maniera palese a Blade Runner ed è ovviamente un peccato che la si possa solo ammirare da lontano. Sono presenti infatti sequenze in cui il protagonista si ritrova a contemplare il profilo della sua New York e il traffico che scorre fra i palazzi, magari mentre si affaccia dallo sportello aperto della sua stessa auto volante. Tuttavia, una volta messo in moto il veicolo, l’atto di viaggiare verso una qualsiasi destinazione viene rappresentato in maniera automatica, senza la possibilità di pilotare il mezzo. Di fatto i momenti in cui viene concesso di esplorare lo scenario sono pochi e limitati, a dimostrazione di come il contorno scenografico dell’avventura sia appunto questo: un semplice sfondo, pensato per arricchire e contestualizzare un gameplay che di fatto si limita all’analisi delle scene del crimine o ai puzzle che concludono un’indagine andando a sommare i vari elementi. A livello di giocabilità, una volta giunti sulla scena del crimine si può azionare un dispositivo in grado di “riavvolgere il tempo” e rivelare elementi da approfondire e visualizzare, ricorrendo anche ad apparecchi come la fotocamera, la lampada UV e il visore a raggi X per ricostruire di volta in volta ciò che è accaduto e chi ha fatto cosa. Questa parte dell’esperienza è piacevole e molto ben coreografata, ma come detto risulta parecchio guidata. L’interfaccia del gioco, infatti, dispensa suggerimenti in continuazione, al punto che la modalità di visualizzazione teoricamente deputata a fornire dei consigli si rivela inutile. Viene detto fino a dove far scorrere il tempo, che strumento utilizzare e quando, rendendo futile persino la ruota di selezione dei dispositivi; e così anche il gameplay stesso di Nobody Wants to Die si rivela semplicemente funzionale alla narrazione e nient’altro.

L’ambientazione oscura scelta dal team polacco è di certo la componente meglio riuscita dell’intera produzione perché, al netto delle sue evidentissime ispirazioni, riesce a far emergere una discreta personalità all’interno delle suggestioni cyberpunk grazie ad un retro-futurismo datato ma efficace: l’impatto scenografico prestato da Blade Runner è qui mescolato ad un’estetica anni Quaranta, generando una dose di malinconia mista a tristezza nell’osservare auto volanti e dal design antiquato sfrecciare tra le piogge acide di una notte perenne. La colonna sonora doom jazz accompagna le elucubrazioni di un protagonista costretto a vivere per sempre nonostante la mancanza di stimoli reali, tratteggiando i confini di un universo in cui l’immortalità non è un dono, ma una condanna a vivere con i propri rimorsi. L’Unreal Engine 5 è qui utilizzato per donare un elevato grado di dettaglio ad ambientazioni contenute e ben diverse tra di loro, con un preset “Qualità” che fa sfoggio di un ray tracing corposo e di un’illuminazione efficace, mentre quello “Prestazioni” – che mantiene stabilmente i 60 fps – smorza il colpo d’occhio facendo calare la definizione e riducendo i giochi di luce. Tirando le somme possiamo dire che questo Nobody Wants to Die è nel complesso un’avventura a base narrativa caratterizzata da un’affascinante ambientazione cyberpunk, che attinge a piene mani da alcune opere piuttosto celebri, come il già citato Blade Runner, per raccontare una storia interessante e coinvolgente, costruita interamente sui due protagonisti. È vero: il gameplay si limita all’analisi delle scene del crimine e gli sviluppatori non hanno osato sconfinare, infarcendo anzi le meccaniche investigative di suggerimenti contestuali che rendono l’esperienza parecchio guidata, ma non per questo meno piacevole. Se quello che si cerca è un titolo tranquillo, con un’ambientazione molto suggestiva e che sia privo di una componente action, allora Nobody Wants to Die è il titolo che fa per voi.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5
Sonoro: 8
Gameplay: 7
Longevità: 6,5

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise

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Threads in forte ascesa, superati i 200 milioni di utenti

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Threads, l’ultimo nato fra i social di Meta, ha superato il traguardo dei 200 milioni di utenti. Lo ha affermato con un post online Adam Mosseri, capo di Instagram, sulla cui rete Threads si basa. L’annuncio arriva un giorno dopo che Mark Zuckerberg aveva dichiarato durante una call sugli utili di Meta, che l’app stava per raggiungere i 200 milioni di utenti. In passato, il fondatore di Facebook ha più volte ipotizzato che Threads mira a diventare un social da un miliardo di iscritti. “La mia speranza è che Threads possa ispirare idee che uniscano le persone e che questa straordinaria comunità continui a crescere. Grazie a tutti per aver investito il vostro tempo e fornito feedback che rendono questo posto migliore per tutti” ha scritto Mosseri dal suo profilo su Threads. Come concorrente di X, l’app deve ancora risolvere alcune lacune che la differenziano ancora dal colosso guidato da Elon Musk. Come scrive Engadget, la stessa Meta è conscia del fatto che l’algoritmo che presenta i post in tempo reale di X sia molto più veloce di quello su Threads. “Non siamo ancora abbastanza veloci, e stiamo lavorando attivamente per migliorare” ha proseguito Mosseri. In ogni caso i numeri parlano chiaro, Threads in poco tempo sembra aver conquistato un elevato numero di utenti e sembra che il fenomeno sia destinato a crescere. Riuscirà a diventare la nuova punta di diamante di Meta? Lo scopriremo solo seguendo gli sviluppi e la crescita di questo giovanissimo social media.

F.P.L.

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Luigi’s Mansion 2 HD, il titolo icona del 3DS torna su Switch in alta definizione

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Luigi’s Mansion 2 ritorna, a più di 10 anni dalla sua uscita originale su Nintendo 3DS, in versione rimasterizzata per Nintendo Switch. Questa nuova edizione in alta definizione del piccolo capolavoro del colosso nipponico offre l’opportunità di rivivere una delle avventure più amate del fratello di Mario, con una veste grafica rinnovata e alcune migliorie tecniche. Ma come si comporta questo titolo del 2013 nel panorama videoludico attuale? Analizziamo nel dettaglio questa riedizione per scoprire se il fascino di Cupavalle resiste ancora alla prova del tempo oppure è destinato a soccombere sotto il peso degli anni. Seguendo in modo abbastanza diretto dal primo episodio, uscito su Game Cube nel lontano 2001, Luigi’s Mansion 2 HD (al tempo Luigi’s Mansion 2 o Luigi’s Mansion Dark Moon negli Usa) catapulta i giocatori nuovamente nell’avventura con un incipit decisamente semplice: dopo la vittoria dell’idraulico in verde nel primo capitolo, i fantasmi si sono acquietati e vivono in serenità con gli umani, permettendo al Professor Strambic di continuare i suoi studi con grande efficienza. Un “misterioso intervento esterno”, però, distrugge e frammenta la pietra a forma di luna che teneva sotto controllo gli spiriti, mandandoli in agitazione e costringendo lo scienziato a chiedere il soccorso del miglior acchiappafantasmi in circolazione. Così in men che non si dica quel fifone di Luigi si trova nuovamente impegnato a catturare spettri con aspirapolvere alla mano e gambe tremolanti. Questa volta però non si troverà più in una sola, vasta, magione, ma dovrà spostarsi in differenti aree per recuperare i pezzi del cristallo, scoprire chi si nasconde dietro le quinte e ripristinare tutto alla normalità, assicurandosi che nessuno dei suoi amici sia finito nei guai. Il tutto è possibile grazie al genio di Strambic, che oltre a essere il massimo esperto di fantasmi è anche riuscito a sviluppare una tecnologia chiamata “pixeltrasporto”, in grado di muovere Luigi da una parte all’altra del mondo sfruttando schermi e telecamere come veicolo. Da qui inizia un’avventura tendenzialmente in linea con gli altri episodi, che vede il buon Luigi esplorare ogni angolo delle location da lui visitate alla ricerca di tesori, chiavi, fantasmi e segreti: insomma, tutto il necessario per proseguire di livello in livello e soddisfare le richieste di Strambic. Idealmente la progressione ricorda un po’ quella di un metroidvania, in quanto c’è la libertà di muoversi in aree tutto sommato limitate, da sbloccare di volta in volta, mentre vengono mostrati al tempo stesso tanti passaggi apparentemente inaccessibili, muri misteriosi che sembrano nascondere qualcosa, stanze prive di accesso o sistemi di controllo che sembrano non rispondere alle sollecitazioni di chi gioca.

Luigi questa volta avrà insomma un bel da fare dovendo ripuloire ben cinque magioni infestate nel tentativo di ricomporre la pietra a forma di Luna e domare gli ectoplasmi aiutato dal fido aspirapolvere Poltergust 5000, versione potenziata del modello 3000 comparso in Luigi’s Mansion, e da una torcia multifunzione. Sulla carta per avere la meglio basterebbe “sparaflashare” gli evanescenti invasori per poi pescarli con l’aspirapolvere assecondando i loro movimenti. Nella pratica, però, i dispettosi fantasmi faranno di tutto per vendere cara la melma ricorrendo a trucchetti, armature o alla forza bruta: tutte cose che costringeranno i giocatori a indebolirli, aggirarli o quant’altro prima di poter procedere con la cattura. Su 3DS, come accennato, queste meccaniche soffrivano un poco i limiti del sistema di controllo, ma qui sono una vera goduria e bastano davvero pochi minuti per prenderci la mano e farsi trascinare dalla moltitudine di interazioni escogitata da Next Level Games e Nintendo per spremere fino all’ultima goccia le possibilità del Poltergust 5000 e il pensiero laterale dei giocatori. Il Poltergust 5000 nasce per aspirare i fantasmi, OK, ma nulla vieta di invertire il flusso e/o sfruttarlo per sollevare tappeti, afferrare tende, tovaglie e in generale passare al setaccio le magioni infestate svelandone i vari segreti o espugnandone le ricchezze in modo da potenziare il proprio arsenale. Sempre grazie all’aspirapolvere si può, ad esempio, afferrare oggetti congelati e trasportarli fino alla fiamma più vicina, oppure gonfiare dei palloncini e creare una piccola mongolfiera per raggiungere aree altrimenti inaccessibili; e queste sono solo alcune delle tante interazioni possibili per sfruttare o aggirare i limiti fisici del gioco. La torcia a sua volta non si limita a rendere vulnerabili gli spiriti ma consente di attivare interruttori e meccanismi, mentre l’Arcobaluce – sorta di versione “mariesca” degli ultravioletti – è in grado di svelare porte e oggetti nascosti aggiungendo di fatto una dimensione extra all’avventura, obbligando così il giocatore a prestare particolare attenzione a tubi mancanti, zerbini e persino ai complementi d’arredo apparentemente asimmetrici. Attorno a queste dinamiche gli sviluppatori hanno costruito un sistema di enigmi incredibilmente sofisticato; le missioni inizialmente appaiono circoscritte, ma col procedere del gioco diventano sempre più elaborate facendo “esplodere” il level design delle singole magioni e servendo alcune delle boss fight più creative mai viste in un videogioco Nintendo. Di contro il cuore dell’esperienza resta la caccia, e anche sotto questo aspetto dopo le prime semplici battute è necessario ricorrere all’astuzia e a tutte le opportunità offerte dai propri strumenti, senza contare le occasionali disinfestazioni da ragni, piante carnivore e altre simpatiche creaturine che infestano le aree di gioco.

Se il titolo originale ha proposto una più che discreta esperienza portatile, in questa occasione è opportuno chiedersi se e quanto abbia giovato la transizione a una nuova piattaforma. La risposta è a nostro avviso: decisamente più performante ma meno “peculiare” rispetto alla piccola console portatile della grande N. A livello puramente visivo, nulla da dire: pur non raggiungendo le vette di Luigi’s Mansion 3, questa edizione HD del secondo capitolo risulta comunque molto curata, potendo godere di modelli e texture ricreati da zero e un impatto scenico dovuto al cambio di proporzioni dello schermo decisamente più efficace. Molto bene invece per quello che concerne il lato controlli, che tornano a contemplare l’utilizzo dell’analogico destro (assente su 3DS) per rendere più agile il movimento che su portatile risultava piuttosto sacrificato. Forse il cambiamento più importante che il gioco ha vissuto in positivo. Esplorazione e combattimenti risultano quindi più fluidi e divertenti, così come tutte le prove “speciali” che vedono variare il gameplay. Dove si paga lo scotto è nella trasposizione dell’esperienza “stereoscopica” originale: in particolare basta vedere i boss, comunque tuttora apprezzabili, per cogliere come la messinscena sia frutto di un design collegato allo speciale effetto visivo offerto dallo schermo superiore di Nintendo 3DS, risultando sacrificata, se non quasi banalizzata, quando riprodotta in modo tradizionale. E’ necessario, quando si parla di Luigi’s Mansion 2 HD evidenziare due note sulla longevità e il multigiocatore. Per quanto concerne la durata, il titolo si assesta sui livelli del terzo capitolo, quindi intorno alle 10/15 ore per una partita classica, salendo se si va alla ricerca del completismo, sebbene il tutto possa risultare un po’ allungato per via del continuo “vai e vieni” dovuto alla struttura a missioni. Per quanto riguarda il multigiocatore tocca constatare come il tutto sia in linea con il titolo d’origine, mancando quindi di una modalità storia cooperativa e limitandosi invece alla Torre del Caos in cui collaborare fino a 4 giocatori, in wireless locale o online, per superare le tante e appassionanti sfide proposte. Tirando le somme, poter tornare a giocare a Luigi’s Mansion 2 HD è sempre un piacere, soprattutto perché in termini di level design, struttura degli enigmi e gestione dell’arsenale è sicuramente il capitolo più interessante della serie, persino al netto del terzo. In più il salto in avanti per quanto riguarda il sistema di controllo offerto a suo tempo da 3DS rappresenta una vera benedizione, persino più gradita del passaggio all’alta definizione. Certo, aggiornare anche il sistema dei salvataggi sarebbe stato un gradito cambiamento, ma tutto sommato non possiamo lamentarci. Tuttavia tra gioco base, contenuti extra e tutte le cose da fare per completare il titolo al cento per cento, ci sarà da spassarsela davvero per molte ore.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8,5

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise

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