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Assassin’s Creed Mirage, Ubisoft torna alle origini con un gioco dall’effetto nostalgia

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Assassin’s Creed Mirage è il nuovo titolo della serie videoludica di Ubisoft per Pc, Xbox e PlayStation. Questa volta la software House Francese mette il giocatore nei panni di Basim Ibn Ishaq, un volto già noto a chi ha già giocato a Valhalla. Le avventure del protagonista infatti sono ambientate vent’anni dopo le vicende narrate nell’episodio ambientato nell’epoca dei vichinghi. Il titolo, c’è da dire prima di passare all’analisi vera e propria, non gode di una longevità paragonabile ai primi episodi in quanto da principio era stato pensato come espansione di Valhalla. Divenuto in seguito il capitolo che oggi andiamo a recensire, Assassin’s Creed Mirage rappresenta un vero e proprio flashback per gli amanti della saga in quanto abbandona lo stile open world di Origins, Odissey e Valhalla, per abbracciare una giocabilità più simile a quanto visto fino ad Assassin’s Creed Syndacate. Evitando spoiler a coloro i quali non hanno ancora vissuto la lunga epopea di Eivor in prima persona, possiamo dire che Mirage funge da classica storia di origine per un personaggio che i giocatori hanno già conosciuto nel pieno della sua maturità, quando già rivestiva un ruolo prominente all’interno dell’organizzazione degli Occulti, precursori degli Assassini. L’incipit di Assassin’S Creed Mirage, invece, lo vede giovane e scapestrato, sbruffone dal cuore tenero, a barcamenarsi tra piccoli furti, raggiri e lavoretti di giornata tra i vicoli polverosi di un sobborgo di Baghdad nel IX secolo. Invaghitosi della nomea di rivoluzionari e dell’aura di mistero che circonda gli Occulti, il giovane protagonista decide così di sfruttare la prima occasione che gli si presenta per farsi notare da questi ultimi. Purtroppo per lui, e nonostante i consigli contrari della sua compagna d’infanzia, la sua decisione si rivela a dir poco avventata, e porta a conseguenze terribili per tutte le persone che gravitano attorno a Basim, l’unico che riesce a fuggire lasciandosi dietro morte e distruzione. Spogliato dei suoi pochi averi, privato degli unici amici che gli rimanevano e di un rifugio dove nascondersi, Basim si arruola nella confraternita degli Occulti, sotto la tutela della sua ombrosa mentore Roshan, per mettere fine al dominio di una misteriosa setta che influenza tantissimi ambiti della vita economica, sociale e religiosa del califfato abbaside, uno dei regni più lunghi e prosperosi della millenaria storia del Medio Oriente. Nonostante la storia rappresenti, sotto multi punti di vista, una versione riveduta e corretta di quella che Ubisoft ha già narrato diverse volte durante i quindici anni di vita del franchise Assassin’s Creed, il fascino dell’ambientazione, delle motivazioni dei personaggi, del culto degli Occulti sono innegabili, e rimangono costanti per tutta la durata della campagna, con qualche frangente di stanca nella fase centrale, dopo un incipit scoppiettante ed un finale davvero niente male. A rendere la narrazione più fluida del solito ci sono tempistiche narrative assai più concentrate rispetto agli ultimi episodi del franchise, dove il plot veniva diluito su decine e decine di ore e finiva per annacquarsi, ed uno stile più diretto e conciso, senza troppi fronzoli e senza divagazioni eccessive. La durata stessa della campagna, completabile in una ventina di ore circa, al netto della discreta quantità di contenuti opzionali, favorisce la focalizzazione del giocatore su storia e personaggi assai più delle immense uscite precedenti, e il risultato finale è che, nonostante la generale mancanza di originalità, le avventure di Basim riescono a catturare l’interesse del giocatore. Non che in questo Assassin’s Creed Mirage tutto sia perfetto, beninteso: manca un antagonista capace di attirare l’attenzione, e molti dei bersagli del protagonista si riveleranno cattivi per il puro gusto di esserlo, ma la scrittura generale è apprezzabile e la grande attenzione riposta nei dettagli, dalla lingua parlata dagli NPC per strada ai riferimenti alla storia reale della regione, aiutano a calarsi nelle vicende controbilanciando la sensazione di già visto causata dal comparto tecnico di cui parleremo qualche riga più giù.

Nel ricercare le proprie origini a seguito della svolta ruolistica che ha caratterizzato i precedenti tre capitoli della serie, Assassin’s Creed Mirage non poteva che ricalcare le orme del primo capitolo, capace di gettare le basi di un franchise che, negli anni, ha portato i “seguaci del credo” a viaggiare tra le epoche storiche di maggiore rilievo. L’assassinio di bersagli di alto rango torna così a essere il cuore pulsante dell’esperienza di gioco, facendo avvicinare la serie al capostipite del 2007 di cui Mirage rappresenta una naturale evoluzione, sebbene in questo lungo lasso di tempo la proprietà intellettuale dell’azienda abbia scelto di allontanarsi sempre più dalle idee di gameplay del primo episodio. Per quello che concerne il gameplay a emergere in maniera più lampante sono i momenti investigativi che si ricollegano alla struttura delle missioni, organizzate per spingere Basim a svolgere tutta una serie di incarichi al fine di raccogliere informazioni e svelare l’identità dei membri dell’Ordine degli Antichi, anche mediante alcune eliminazioni secondarie e quest mediamente variegate. Nel tempo necessario per completare l’avventura abbiamo preso parte a pedinamenti, assassinii furtivi, borseggi e indagini portate avanti origliando conversazioni o leggendo documenti sparsi in giro. Azioni del genere si calano bene in un gioco che predilige sempre e comunque la furtività, al di là di una manciata di situazioni in cui si è chiamati inesorabilmente a sguainare la spada contro gruppi di mercenari piuttosto agguerriti. Forse avrebbe giovato di più una maggiore varietà generale in termini di missioni, poiché a lungo andare il senso di noia può sopraffare il giocatore, soprattutto quando si è chiamati a dover ripetere più e più volte azioni come la lettura di documenti contenenti informazioni rilevanti o l’appropriarsi indebitamente di un determinato oggetto. La musica non cambia più di tanto avviando uno dei contratti disponibili nei covi degli Occulti, visto che si parla di compiti secondari che vanno dall’eliminazione di un bersaglio al dover scortare un personaggio in una zona sicura, anche se i requisiti opzionali di ciascuna missione aggiungono un pizzico di brio e offrono delle ricompense aggiuntive evitando, ad esempio, di spargere del sangue o di farsi avvistare da un nemico. La natura investigativa delle quest principali offre degli aspetti positivi, specie quando si tratta di far assaggiare la propria lama agli affiliati di spicco dell’Ordine, in virtù di molteplici e variabili approcci da intraprendere per portare a termine l’assassinio. Assassin’s Creed Mirage offre la possibilità di scegliere almeno un paio di soluzioni differenti per infiltrarsi in palazzi ben sorvegliati e per sbarazzarsi del bersaglio designato, scoraggiando un assalto diretto per la netta inferiorità numerica con cui fare i conti qualora si decida di mandare a carte quarantotto la furtività. L’uso della forza è comunque contemplato, ovviamente, a patto di essere pronti a correre tutti i rischi del caso, ma vi assicuriamo che risulta molto più semplice e gratificante corrompere mercanti per trovare dei punti di infiltrazione in strutture all’apparenza impenetrabili, usare travestimenti per passare inosservati oppure ingaggiare dei mercenari per generare quel marasma ideale a sgattaiolare all’interno di aree interdette al pubblico.

Assassin’s Creed Mirage, insomma, è un’avventura che rimbalza continuamente tra azioni furtive e fughe tra gli stretti vicoli della “Città della pace”, dove la verticalità degli scenari si sposa perfettamente con il funambolismo di Basim, che non ha assolutamente nulla da invidiare ad altri protagonisti famosi della serie del calibro di Altair, Arno ed Ezio. Proprio in correlazione ai capitoli passati, il parkour non ha subito rivoluzioni ma si è arricchito di qualche mossa scriptata qua e là capace di regalare momenti di grande atletismo, sebbene in alcuni casi i comandi non siano sempre reattivi e puntuali. Darsi alla macchia saltando da un tetto all’altro, nascondersi in un cumulo di paglia o mimetizzarsi tra la gente sono invece parte del repertorio classico del franchise, tirato a lucido per l’occasione e supportato da un sistema di notorietà che prova a rendere più interessante la solita routine. Le azioni illecite del personaggio principale infatti faranno progressivamente salire la sua notorietà, suddivisa in tre livelli che ne indicano il grado di “infamia”, con Basim che potrà essere riconosciuto dagli abitanti e segnalato alle autorità con maggiore frequenza, trovandosi di fatto ad affrontare un maggior numero di vedette appostate sui tetti o a vedersela con una sorta di cacciatore di taglie incredibilmente impegnativo da mandare al tappeto. Per ridurre il grado di notorietà è necessario strappare i poster segnaletici affissi sui muri, oppure corrompere un araldo per ripristinare la propria fedina penale e ritrovare il piacere di muoversi tra la folla senza dover più scappare quando ci si imbatte in una pattuglia. L’amalgama tra nuove e vecchie dinamiche di gioco è dunque promossa, anche per quel che riguarda l’abilità di Basim di borseggiare i passanti per rubare gioielli da rivendere, manufatti o speciali monete da utilizzare come merce di scambio per assoldare un musicista per distrarre i nemici, oppure per abbassare i prezzi degli oggetti venduti da mercanti. La storia del personaggio principale, che ricordiamo essere stato uno scaltro ladruncolo di strada, trova così spazio in un minigame che richiede di premere un tasto nel momento giusto. Oltre alla lama celata che garantisce un’eliminazione furtiva di un nemico ignaro della presenza di Basim, quest’ultimo può contare su alcuni “gadget” extra, come coltelli da lancio per colpire dalla distanza, petardi per distrarre gli avversari, granate fumogene per svanire in una fitta coltre colorata e dardi soporiferi per mettere K.O. le guardie per pochi secondi. La presenza di strumenti simili va inquadrata nell’ottica di situazioni che richiedono spesso un’attenta pianificazione, da attuare attraverso una ricognizione aerea da parte dell’aquila Enkidu o sfruttando l’abilità del protagonista “Occhio di falco” per evidenziare le minacce o gli obiettivi di missione. Essere furtivi infatti eviterà tante rogne con i mercenari che si aggirano per le strade di Baghdad. Quando però l’approccio stealth fallisce o lo scontro si rivela inevitabile poiché previsto da una missione, entra in gioco un sistema di combattimento che si basa su di una sorta di “stamina” che regola le schivate e gli attacchi leggeri e pesanti, battagliare contro sfilze di mercenari inscenando il solito balletto di affondi, parate e scatti laterali, alla lunga, non offre le medesime soddisfazioni di un’incursione silenziosa portata a termine senza lasciare tracce come un vero assassino dovrebbe fare.

A livello prettamente estetico una delle critiche più diffuse che hanno accompagnato in questi mesi l’avvicinamento ad Assassin’s Creed Mirage è legata al comparto grafico, definito addirittura vecchio e non all’altezza di quanto visto in Assassin’s Creed Valhalla. La verità sta come sempre nel mezzo, perché sebbene il gioco faccia fatica a mettere in scena la stessa maturità tecnica che invece è stata raggiunta da altre esperienze open world, la Baghdad del IX secolo riesce a rapire con quel suo fascino da “Le mille e una notte” e un level design mai così attinente a un gameplay che sposa in pieno la verticalità degli scenari. Il lavoro svolto da Ubisoft Bordeaux va ben oltre la sufficienza e nel complesso il colpo d’occhio c’è tutto, soprattutto per i meriti dell’urbanistica dell’antica città mediorientale. Anzi, durante la nostra prova non abbiamo riscontrato nemmeno tutti quei bug che di solito infestano le versioni finali e persistono anche nei mesi successivi alla pubblicazione. Osservando il titolo con attenzione, non abbiamo notato grossi miglioramenti rispetto all’epopea vichinga, ellenica ed egizia. Ci riferiamo in particolare alla modalità grafica “Qualità”, che nel rinunciare ai 60 fps non ci ha regalato una resa visiva di notevole impatto come ai tempi di Assassin’s Creed Origins. Anche per quel che riguarda la modellazione dei volti e il livello di dettagli relativi agli elementi scenici la sensazione che si ha è quella di esclamare “bello si, ma si poteva fare di più”. In maniera quasi paradossale, invece, la modalità che privilegia il frame-rate mi ha restituito un quadro tecnico generale più coerente. Insomma, tirando le somme, questo nuovo Assassin’s Mirage si propone come un titolo che vuole riabbracciare le dinamiche divertenti di un tempo, concentra la trama in un lasso di tempo meno lungo e gode di un’ambientazione a nostro avviso “magica”. Poteva essere fatto di più sicuramente, ma nel complesso l’avventura proposta da Ubisoft è in grado di divertire come sempre. Se si è appassionati della saga, ma soprattutto delle avventure dei protagonisti più “vecchietti” del franchise allora questo Mirage non bisogna lasciarlo perdere. Sarà come vivere un meraviglioso flashback.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8

Longevità: 7,5

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise

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