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Armored Core VI: Fires of Rubicon, From Software colpisce ancora
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1 anno faon
Armored Core 6: Fires of Rubicon è l’ultimo capitolo della saga targata From Software che vede il combattimento fra mecha giapponesi al centro dell’esperienza. A 10 anni dall’ultimo capitolo e dopo il successo di Elden Ring, la software house nipponica ha portato su Pc e sulle console della famiglia PlayStation e Xbox un episodio del tutto nuovo che si presenta come uno fra i migliori titoli del suo genere. Ma veniamo al dunque: una volta avviato il gioco si viene subito lanciati nella storia. Sul pianeta Rubicon 3, l’umanità ha scoperto una fonte di energia, chiamata Coral, in grado di incrementare in maniera esponenziale il progresso tecnologico. Come da sempre nelle migliori produzioni mediatiche sci-fi, quando si parla della capacità di gestirsi del genere umano, la nostra razza non è mai molto capace e finisce sempre male. Infatti, in Armored Core VI l’abuso di questa sostanza ha causato un disastro naturale, il quale ha avvolto l’intero pianeta fra le fiamme, segnando la temporanea fine di Rubicon 3. Cinquecento anni dopo, però, il Coral riaffiora sulla superficie di un Rubicon 3 oramai abbandonato e in stato di perenne quarantena. Differenti fronti del genere umano, di fronte a questa scoperta, pensano che sia una buona idea ritornare sul pianeta per combattersi e quindi per avere il controllo della preziosa sostanza, dimostrando chiaramente che la storia non insegna nulla e che la razza umana brama il potere prima di tutto. In questo contesto socio-politico, il quale vede rivoluzionari, terroristi e mega-corporazioni contendersi il controllo del Coral su Rubicon 3, i giocatori vestiranno i panni di 621, un pilota al soldo della compagnia di mercenari gestita da Handler Walter, il quale prenderà incarichi da ognuno dei fronti coinvolti nella guerra per il Coral, rimanendo in una posizione neutrale rispetto al conflitto. Il passato di 621, però, nasconde dei segreti che potrebbero stravolgere tutto. L’incipit narrativo, così come la gestione della progressione della trama di Amored Core VI, sono perfettamente in linea con il passato della saga. Il gioco, infatti, si sviluppa attraverso una serie di capitoli suddivisi a loro volta in molteplici missioni di durata variabile. La storia, per lo più, viene narrata al termine delle varie missioni e durante i briefing preliminari di queste ultime. Le cutscene ci sono, e sono anche ben realizzate, ma tutto viene raccontato attraverso le comunicazioni radio che faranno da colonna sonora all’avventura di 621. Insomma, l’iter di gioco è sempre lo stesso: si avvia una missione, si ascolta il briefing preliminare, si eseguono i vari compiti nell’area di Rubicon in cui si verrà inviati, si ritorna alla base, si contano i soldi incassati e li si spende per migliorare il proprio mecha. Il tutto ascoltando le varie comunicazioni radio, le quali permettono di comprendere di più in merito alla lore del gioco e di capire quanto sia salita la reputazione di 621 come mercenario. Tutto molto classico; tutto molto in linea con il desiderio di FromSoftware di creare un capitolo che riprendesse lo spirito della serie. Se ci si aspetta un titolo open-world, con dinamiche da Souls-Like e una trama intricata, Amored Core VI non fa al caso vostro. Su Rubicon 3 si spara tanto, si legge poco e si modificano i mecha in ogni minimo dettaglio, sia estetico che tecnico. Prima di esplorare il gameplay di questo ultimo titolo targato From Software è bene sottolineare un aspetto legato alla longevità: la prima run di Amored Core VI potrebbe sembrare eccessivamente breve e, per certi versi, inconcludente. Almeno fino a quando non si comprende che per poter sbloccare tutto quello che il titolo ha realmente da offrire in termini narrativi e di contenuti è necessario concludere tre volte il gioco. Non vogliamo fare spoiler di alcuna natura a riguardo, ma sappiate che se volete godere pienamente del titolo, portarlo a termine una volta sola non basterà, ma anzi, così facendo si rischia di perdere molto. Proprio come accadeva in Nier Automata.
Parlando invece di gameplay, Armored Core VI, come già annunciato qualche riga più in alto, ruota attorno a due fattori chiave: l’azione e la personalizzazione dell’AC. Chi è già familiare con la serie sa che non si tratta esclusivamente di ritocchi estetici bensì della messa a punto di vere e proprie build che mai come in questo sesto capitolo sono fondamentali per superare le boss fight. Qui però si presenta il primo neo della produzione. A dispetto della quantità di elementi, da comprare due volte nel caso delle armi per braccia e spalle, ci si rende presto conto che pochi di essi sono realmente efficaci contro i boss di fine missione. Certo, è possibile sbizzarrirsi nel corso della storia con build stravaganti, azzardate e a volte curiosamente efficaci, salvo poi finire in mille pezzi nella battaglia conclusiva con la sua a tratti assurda curva di difficoltà. In particolare c’è un boss che richiede l’uso di una specifica configurazione dell’AC se si vuole uscirne vivi: qualunque altra significa quasi sempre morte certa. Il punto però è che un più che discreto numero di componenti cozza quando si tratta di affrontare la vera minaccia della missione; a volte ci si incastra anche nel corso della stessa ma in genere è dovuto al fatto di non sapere a cosa si vada incontro e non essere equipaggiati a dovere. Ben diverso dalla necessità di assemblare una build specifica per uscirne vincitori. Le difficoltà nelle bossfight di Armored Core VI spaziano dai tempi di cooldown assenti o estremamente ridotti, che non si arriva a eguagliare neppure con l’equipaggiamento migliore, a un consumo dell’energia altrettanto ridotto all’osso. Su quest’ultimo punto pesa di più l’utilizzo dei componenti indicati ma la differenza tra noi e loro è in ogni caso sensibile. Questo fortunatamente non vale per tutti i boss, anzi possiamo dire che succede nello specifico con uno, forse due di essi volendo estendere un po’ la questione, ma nonostante ciò il problema è che accade con quelli obbligatori a livello di trama: se Malenia poteva essere “perdonata” poiché facoltativa, sebbene poi si andasse incontro alla pessima (e obbligatoria) Elden Beast, Armored Core VI offre una serie di boss opzionali risibili laddove invece pochi principali rappresentano un assurdo picco nella difficoltà, sballandone completamente la curva. La difficoltà può concedersi di essere un po’ artificiale, se serve a dare un maggior senso di sfida, ci sono però confini che non dovrebbe superare perché altrimenti si va a vanificare gli sforzi del giocatore: si perde non perché non si è capaci abbastanza ma perché l’IA è inadeguatamente potenziata. Obbligando così a seguire un percorso a senso unico, una build che magari va persino contro lo stile di gioco del giocatore e che rappresenta tuttavia la sua unica speranza di successo. Una logica questa che a volte vanifica la quantità di elementi a disposizione per mettere a punto il proprio AC. A dar fastidio a chi gioca ci pensano poi altri due elementi, ossia: la telecamera, che persino con la sensibilità al massimo livello non riesce a stare dietro alla velocità e frequenza di spostamento di certi nemici, e la gestione dell’hard lock-on, che non sempre resta fissa sul bersaglio costringendo a riattivarla. From Software non è certo nuova soprattutto a una gestione della telecamera discutibile e, seppur vero che in questo caso il Fire Control System (FCS) è un accessorio più che indispensabile per mantenere l’obiettivo sempre sotto tiro a seconda della distanza, la telecamera riesce ancora a creare non poche difficoltà in partita. Non scordiamo inoltre che Armored Core in generale non è un gioco dove si può vincere anche senza aggancio: la mira manuale è un’opzione che si tiene in considerazione solo se si è veterani assoluti della serie e soprattutto se si utilizzano mouse e tastiera. Sperare di ottenere risultati decenti con un controller non è assolutamente consigliabile.
A parte i fattori sopra elencati, comunque, Armored Core VI ha tante belle cose da offrie: ad esempio il movimento omnidirezionale, che aiuta a inscenare battaglie frenetiche in cui la mobilità a terra e in volo risulta fluida e reattiva. Ovviamente se si opta per un Mecha che somiglia a un cingolato pesante è ovvio che esso non volerà veloce e leggiadro come una farfalla. Ne risultano scontri in cui la consapevolezza dei dintorni e la gestione degli stessi sono fondamentali per non subire troppi danni, tenendo conto del fatto che si hanno a disposizione solo tre kit di riparazione a missione (la cui efficacia può essere migliorata). Non si tratta di un aspetto tattico sempre presente, poiché la difficoltà delle missioni non è proibitiva e il giusto equipaggiamento può permettere di decimare le fila nemiche senza preoccuparsi troppo degli spostamenti, ci sono però casi in cui occorre prenderlo in considerazione. In generale, la maggiore mobilità è un aspetto graditissimo che dona agli scontri la giusta immersività limando le vecchie goffaggini. La caratteristica tuttavia migliore del gioco a nostro avviso è la presenza dell’SCA. L’indicatore in questione si riempie in base alla frequenza dei colpi inferti o ricevuti, a seconda che si parli del nemico o di noi, e una volta raggiunto il punto di rottura manda l’AC in stallo per breve tempo; sufficiente, tuttavia, a ribaltare la situazione. Come in Sekiro, l’indicatore si svuota se non si subiscono danni per diverso tempo ma la principale differenza è che “stordire” un nemico non è l’obiettivo: se il Lupo trovava forza, nonché la conclusione dello scontro, nello spezzare la guardia al nemico per mettere a segno il colpo di grazia, in Armored Core VI riempire l’indicatore SCA è una tattica fondamentale per portarsi in vantaggio, non per porre fine immediata a un combattimento. Essendo le armi a disposizione soggette a tempi di caricamento variabili, o a temporanee condizioni di surriscaldamento, è importante pianificare con estrema cura la rottura dell’SCA altrimenti il rischio è di trovarsi davanti a un nemico scoperto e non avere nessun’arma carica per riuscire a infliggere danni seri. Si configura dunque una maggiore necessità strategica, laddove in Sekiro era invece fondamentale mantenere una costante aggressività. In Armored Core VI occorre trovare il giusto bilanciamento tra le parti, poiché lo stordimento è sempre di breve durata, variabile a seconda del nemico, e persino un paio di secondi persi nel caricare le armi fanno la differenza. La questione non è dunque caricare a testa bassa scaricando tutta la potenza di fuoco a disposizione sul memico prima che apra il fuoco su di noi, ma prima di tutto scegliere se puntare sulla rottura dell’SCA e quindi armarsi di conseguenza; in secondo luogo essere sempre consapevoli dello stato del proprio equipaggiamento, così da non sprecare un’occasione che potrebbe non ripetersi. L’SCA infatti non è un indicatore semplice da riempire: ci sono armi più indicate così come nemici che lo ripristinano velocemente rispetto ad altri. Ognuno è a sé, motivo per cui bisogna capire se e in che modo occorre approfittarne, avendo in ogni caso un occhio di riguardo per il proprio: l’IA infatti non perde occasione per approfittarne, infliggendo un discreto quantitativo di danni qualora dovesse stordire il protagonista. Proprio grazie a tale sistema Armored Core è un titolo molto interessante e che spinge a dare sempre il meglio. Passando alle armi da fuoco, è necessario dire che non tutte si rivelano efficaci allo stesso contro i nemici. Ad esempio affrontare mezzi pesanti armati di magnum e mitragliette equivale a morte certa. Il fatto di poter equipaggiare quattro armi, due sulle spalle e due in mano, permette però di equipaggiarsi in modo da poter affrontare un po’ tutte le minacce. Questo è tendenzialmente il tipo di strategia che si adotta la prima volta in cui si affronta una missione, rifinendola poi una volta consapevoli di cosa bisogna affrontare. In generale, a prescindere da come si preferisce mettere a punto il proprio AC, è buona norma avere almeno un’arma per tipo e la ragione non può essere più semplice. From Software ha, per fortuna, deciso di non infierire fino in fondo inserendo la possibilità di ripartire da un punto di salvataggio nel caso si venga sconfitti, specialmente nelle boss fight, ma soprattutto di riassemblare il proprio AC: si tratta di un’opzione disponibile solo in caso di sconfitta e, se non si sta cercando di ambire al grado S, è da cogliere al volo per non dover ricominciare la missione da capo. Tuttavia, ed è logico, si può accedere unicamente all’assemblaggio dell’AC, non al negozio: ciò significa che se si è proprietari di un equipaggiamento migliore, esso può essere montato e si può riprovare lo scontro. Se invece i pezzi da sostituire non sono stati acquistati, è necessario abbandonare la missione, comprare ciò che serve e ricominciarla da capo. Sebbene a volte possa essere frustrante, non avendo alcuna idea di cosa ci sia in attesa a fine livello, giocare d’anticipo spendendo qualche soldo in più è sempre la scelta migliore. Fare in modo di accedere al negozio dopo una sconfitta sarebbe stato fin troppo semplice anche per uno studio diverso da From Software, la cui inclinazione a favorire i giocatori non è di casa. Nel complesso, tenendo in considerazione le critiche in merito alla telecamera e alla curva di difficoltà eccessiva nel corso della trama, una volta presa la mano il sistema di combattimento restituisce una piacevole sensazione di frenesia e di potenza.
Armored Core VI, oltre alla campagna offre anche una modalità multigiocatore PVP. In essa differentemente dalla modalità single player, l’enorme personalizzazione del proprio mecha assume tutto un altro spessore. Ogni giocatore delle due rispettive squadre, difatti, scende in campo con il suo mecha e questo da vita alla creazione delle più disparate build che asservano sia agli obiettivi individuali, che a quelli di squadra. Al momento, inoltre, tutto sembra molto ben bilanciato ma bisogna aspettare di vedere come si svilupperà il PVP non appena la maggior parte dei giocatori avrà accesso alla componentistica end-game. Attualmente, però, il multigiocatore competitivo di Armored Core VI risulta molto cavalleresco con un focus molto elevato sugli scontri 1V1 e con le azioni di squadra confinate ai momenti in cui è necessario sinergizzare le offensive per ottenere dei risultati efficaci. Dal punto di vista estetico Amored Core VI è davvero impressionante, non c’è che dire. Il colpo d’occhio offerto è sempre ottimo, le cinematiche sono ben confezionate e il motore di gioco risulta sfruttato a dovere. Abbiamo provato il titolo su Xbox Series X, in modalità performance, e non ho abbiamo ad alcun calo di frame rate. Artisticamente poi il titolo From Software è squisito e mostra chiaramente perché la software house nipponica, abbia aspettato di avere a disposizione i mezzi tecnici necessari per realizzare quello che aveva in mente da quasi dieci anni. Le ambientazioni reincarnano quella sensazione di solitudine, mista a malinconia, che da sempre accompagnano la serie. Spostarsi in aree desolate, che apparentemente sembrano semplici conformazioni metalliche in rovina, e notare solo successivamente che si tratta di palazzi abbandonati, oramai sommersi dalla sabbia o corrosi dal clima di Rubicon 3, è una sensazione tanto difficile da spiegare a parole, quanto capace di ammaliare quando si notano la moltitudine di piccoli dettagli disseminati qua e la dagli sviluppatori. Le dimensioni imponenti degli AC, e di tutte le altre tipologie di veicoli, vengono restituite da un notevole lavoro di level design, il quale sfrutta elementi della nostra vita quotidiana, come un banale traliccio della corrente, per far realizzare silenziosamente quanto gargantuesche siano le dimensioni del nostro mecha e di alcune delle minacce che andremo ad affrontare. Amored Core VI, infine, come da tradizione per le produzioni di FromSoftware distribuite da Bandai Namco, presenta la localizzazione in Italiano solamente per quanto concerne i testi, lasciando all’utente la possibilità di scegliere fra il doppiaggio originale in Giapponese o quello in Inglese. Tirando le somme, quest’ultimo esponente della saga ha tutte le carte in regola per diventare uno fra i titoli più apprezzati del momento. La grande versatilità dei mecha e la buona longevità fanno di questo titolo una vera chicca per gli amanti del genere, ma anche un ottimo punto di partenza per chi non ha mai messo piede a bordo di un AC.
GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 9
Sonoro: 9
Gameplay: 8,5
Longevità: 9
VOTO FINALE: 9
Francesco Pellegrino Lise