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Tivoli, omicidio Alessandro Castellaccio. Svolta nelle indagini: arrestati due uomini
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TIVOLI — I Carabinieri della Compagnia di Tivoli hanno dato esecuzione a un’ordinanza di applicazione della misura cautelare in carcere a carico di 2 cittadini rumeni, indagati del reato di omicidio volontario in concorso.
La misura cautelare eseguita è l’esito dell’immediata ed efficace indagine condotta dalla Compagnia dei Carabinieri di Tivoli sotto la costante direzione della Procura della Repubblica di Tivoli che ha consentito di ricostruire con grande rapidità i fatti avvenuti nel pomeriggio di domenica 18 Giugno nel centro storico cittadino.
Un’aggressione violenta, avvenuta in un tranquillo pomeriggio estivo, dinanzi ad un bar del centro storico, Il 41 enne di origine italiana, O.S.S. presso l’Ospedale di Tivoli, facendo rientro a casa, si era recato presso il bar per chiedere di abbassare il volume della musica che alcuni avventori ascoltavano nella vicina piazza. Ne è nata una discussione, subito degenerata probabilmente a causa della consistente quantità di alcool ingerita dai clienti del bar. Il 41 enne è stato circondato dagli aggressori, cittadini rumeni, e colpito da un pugno sferrato con inaudita violenza; caduto a terra privo di sensi, è stato oggetto di ulteriori violenze fisiche da parte degli aggressori, venendo colpito ripetutamente da calci al viso da un soggetto “…come se tirasse un calcio ad un pallone… “. Alcuni dei presenti alla terribile scena si sono frapposti tra la vittima e i suoi aggressori, cercando di proteggere il corpo del 41 enne da ulteriori colpi. All’arrivo della pattuglia dei Carabinieri di Tivoli, giunta sul posto dopo pochissimi minuti, tutti i presenti si sono fugacemente allontanati. Alcuni testimoni hanno fornito la loro versione dei fatti, mentre il 41 enne veniva trasportato d’urgenza in ospedale, dove però, una settimana dopo, decedeva a causa dell’importante emorragia celebrale causata dai colpi ricevuti.
Nella settimana in cui il 41 enne italiano ha lottato tra la vita e la morte, le indagini non si sono mai fermate. Numerosissime le testimonianze raccolte dai Carabinieri che, insieme alle immagini estrapolate da telecamere presenti sul posto, hanno permesso di individuare i presunti responsabili della brutale azione.
Il GIP di Tivoli, valutando il quadro investigativo raccolto, ha emesso stamane l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di due cittadini rumeni evidenziando che: “l’esito dell’attività di indagine di cui sopra Presenta caratteri idonei alla configurazione di quel giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità di entrambi gli indagati in ordine al reato in contestazione provvisoria (ber il quale è consentita l’applicazione di misure cautelari anche di massimo rigore), necessario e sufficiente ai fini di cui all’art. 273 C.P.P. (cfr. Cass. pen. / 7247/2019), dal momento che.
IN CONSIDERAZIONE DELLA GRAVITA’ DEI FATTI E DELL’INTERESSE PUBBLICO SI RIPORTA IN GRAN PARTE L’ORDINANZA CAUTELARE :
l) le dichiarazioni rese da …omissis… in ordine alla dinamica del _fatto ha trovato pieno riscontro in quelle di …omissis. e di …omissis…e quelle rese in relazione alle condotte tenute specificatamente dai due imputati sono state Pienamente confermate da …omissis.., presente ai fatti;
2) … omissis. . . hanno fornito una descrizione dei due indagati, delle loro fattezze fisiche e dei capi d’abbigliamento indossati e li ha inequivocabilmente riconosciuti in due Persone dal sistema di video sorveglianza interno al locale. La PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE Dl TIVOLI circostanza per cui in occasione delle s.i.t. rese nelle immediatezze del fatto la predetta non abbia indicato alcunché in ordine alla individuazione dei responsabili è agevolmente giustificabile con lo stato di shock nel quale verosimilmente la stessa versava, tale da ritenere del tutto attendibile la narrazione successiva e le indicazioni da lei fornite in un secondo momento sia sui dettagli della dinamica sia sulla identificazione dei responsabili, piena ente riscontrate come si è detto;
3) a seguito di perquisizione domiciliare sono state rinvenute nella disponibilità di N.M. (indicato come colui che avrebbe reiteratamente colpito a calci Castellaccio, quando già questi era a terra) un paio di scarpe sporche di sangue nella parte superiore, espressamente indicate dal convivente di lui come quelle indossate la sera dei fatti (cfr. s.i.t. . . .omissis… in data 25.6.2023);
4) nella stessa occasione sono stati rinvenuti e sequestrati presso i due indagati capi di abbigliamento corrispondenti a quelli indicati da . . . omissis… come indossati dai due aggressori al momento del fatto.
In definitiva, ben può ritenersi che gli elementi fin qui raccolti assumano un grado di precisione e concludenza molto elevato rispetto al delitto di omicidio ascritto ad entrambi gli indagati, che in concorso ira loro (e con altre Persone allo stato non identificate) hanno brutalmente aggredito A Co, V.l. colpendolo con un violento pugno in testa, tale da farlo cadere a terra, e N.M. colpendolo ripetutamente a calci, anche sul volto, quando già Castellaccio era a terra e privo di sensi.
La reiterazione dei colpi, la loro violenza, la Prosecuzione della brutale aggressione anche quando C era esanime a terra e con colpi cos) sferrati anche alle persone che si erano frapposte, a tutela del corpo di C. , allo stato sono elementi che inducono a ritenere la condotta sorretta dalla volontà omicida in capo ad entrambi gli indagati. Nello stesso senso depone la considerazione della circostanza per cui subito dopo infatti entrambi si sono dati alla fuga (non facendosi rinvenire sul posto dalla P. G.) e N.M. risulta tuttora non reperibile, secondo le dichiarazioni da ultimo rese dal coinquilino omissis… in data 25.6.2023.
Si deve, poi, Precisare in relazione al V.l. che emerge inequivocabilmente dagli atti (e, in Particolare, dal verbale di
s.i.t. di …omissis… in data 21.6.2023) che il predetto non ha materialmente proseguito l’aggressione per essere stato bloccato da terze persone, che con difficoltà – dopo che lui aveva sferrato il primo violentissimo colpo a causa del quale Castellaccio era caduto a tema – sono riuscite a contenerlo.
Sussistono le esigenze cautelari e, nella specie, il concreto ed attuale pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie di quello per cui si Procede (peri quali è prevista una pena non inferiore nel massimo a cinque anni -ex art. 274 c. i lett c C.P.P.), come si desume dalla personalità degli indagati (la cui indole assolutamente pericolosa e spiccatamente incline alla commissione dei reati si evince dalla condotta tenuta, con valutazione che non si ritiene in nessun modo “inficiata dal loro formale stato di incensuratezza) e dalle specifiche modalità e circostanze del fatto appena descritte. A fronte della estrema gravità del fatto e degli elementi sopra esposti è evidente che la sola a senza di precedenti penali non è sufficiente ad escludere il pericolo di recidiva: ed in alti, è noto che “ai fini della valutazione in ordine alla sussistenza dell’esigenza cautelare del pericolo di recidiva ed alla scelta della misura coercitiva in concreto adeguata a soddisfarla, la pregressa a incensuratezza dell’indagato ha valenza di mera Presunzione relativa di minima pericolosità sociale, che ben può essere superata valorizzando l’intensità del pericolo di recidiva desumere dalle accertate modalità della condotta in concreto tenuta” (Cass. Pen., Sez. 5, n. 427, / 2016), come, appunto, nel caso in esame.
Il pericolo di reiterazione attiene a delitti della stessa specie di quello per cui si procede e per: tali reati è Prevista una pena non inferiore nel massimo a cinque anni, ex art. 274 C.I lett. c) c.pp. Venendo alla scelta del trattamento cautelare, appare unicamente idonea e proporzionata la misura della custodia cautelare in carcere richiesta dal Pubblico Ministero, essendo necessaria per tutelare efficacemente la collettività una misura di carattere detentivo e dovendosi ritenere del tutto inadeguata l’applicazione (pure cumulativa) di misure non custodiali ed anche quella degli arresti domiciliari, pure con il presidio dello strumento elettronico di controllo, in considerazione della gravità dei fatti, della Particolare pericolosità e della spiccata Propensione al crimine manifestata con la condotta delittuosa oggetto del presente giudizio e della assoluta impraticabilità di affidamento in favore dei due indagati sul rispetto di prescrizioni connesse a misure più miti, per l’evidente incapacità di contenimento degli impulsi etero aggressivi manifestata con la condotta in esame….. ..
I due indagati, in esecuzione del provvedimento restrittivo, sono stati tratti in arresto nella mattinata odierna ed associati presso un istituto penitenziario della capitale.
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Roma, Asl Roma 3: Formare i formatori al benessere nell’apprendimento
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25 Giugno 2024![](https://www.osservatoreitalia.eu/wp-content/uploads/2024/06/COPERTINA.jpg)
Dopo l’esperienza Covid-19 è stata compiuta, da parte delle strutture del Servizio Sanitario Regionale una riflessione sul senso di una maggiore e più adeguata formazione su tutto il personale delle Aziende Sanitarie e dei Medici di Medicina Generale.
Ieri, nella sala Tevere della Regione Lazio, la Asl Rm3, capitanata dalla dottoressa Francesca Milito, direttore generale, e orchestrata dal dottor Emilio Scalise, dirigente medico Responsabile dell’U.O.S. Formazione ed Aggiornamento del Personale, ha promosso un corso AGENAS volto a “FORMARE I FORMATORI AL BENESSERE DELL’APPRENDIMENTO”.
Una proposta attenta che comprende le necessità di una continua formazione in grado di recepire sul campo le eventualità difficoltà facendone per prima cosa prima esperienza e tramutandole poi in un valore aggiunto.
Quello che si evince, già dalle prime battute, resta fondamentale per il proseguo della narrazione della giornata odierna: la criticità genere un’esigenza. “Nel post-emergenza sanitaria mondiale da Covid-19 – ribadisce Scalise- è diventato di attualità il metodo formativo andragogico cioè la formazione rivolta agli adulti in antitesi alla pedagogia che si rivolge ai giovani senza esperienza”. Un metodo formativo applicato con successo dopo i conflitti mondiali, ad adulti già con esperienza lavorativa vittime di stress post-traumatico come attualmente tanto personale in sanità dopo l’emergenza Covid-19.
Quello che va focalizzato, dice il dottor Marco Sparvoli, psicologo dell’SPDC dell’Ospedale San Camillo, deve essere necessariamente finalizzato a fornire non solo “conoscenze” ma “competenze” e a tale situazione bisogna giungere con la consapevolezza piena di chi, aggiunge, “debba essere formato, con quali obiettivi, chi può e chi deve formare, cosa sia necessario insegnare per formare per giungere poi a come formare ed insegnare” ma poi, aggiunge, diventa rilevante e fondamentale “curare i curanti”
Un impegno forte e che presuppone, come spiega in seguito la dottoressa Norma Sardella, dirigente psicologo della Asl RM3, che “la formazione e la sicurezza non siano piegate al budget” in quanto l’investimento sul patrimonio umano resta ancora oggi la prima fonte di ricchezza di una azienda.
Focalizza poi in seguito la necessità di “realtà co-condivise” capaci, spiega nel dettaglio, di “fare gruppo, fare corpo” un’entità composta da varie membra che che si muova nella interessa di un’unica corporeità.
Nella mattinata è particolarmente toccante la narrazione della dottoressa Maria Rita Noviello, medico oncologo: “Formare chi deve accettare la morte” è il tema davvero delicato che affronta.
Ma lo fa con la serenità che la porta ad affermare con forza che “l’essere umano è di per se essere mortale” e quindi tutta la narrazione del nostro tempo che cerca di “cancellare” dapprima la morte narcotizzando la stessa paura di morire non fa altro che togliere quella naturalità che la morte stessa ha insita in sé. Un principio davvero semplice e chiaro dentro questa sua narrazione che è figlia di una esperienza diretta vissuta con i suoi pazienti “i miei migliori insegnanti sui concetti di vita e morte”, dice nella commozione. “Noi medici, aggiunge, dobbiamo avere il coraggio di valorizzare la vita” anche perché quello che va tolto dal pensiero comune è il concetto errato che fa equivalere l’arte medica, il “medicinus” con il ruolo di “aggiustatore”; tutto ciò, aggiunge, contrasta con quello che è il nostro reale ruolo: “noi medici dobbiamo essere promotori di benessere”.
Due i momenti focali della tarda mattinata
Dapprima l’intervento del dottor Pier Luigi Bartoletti, segretario provinciale della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale che ricorda come il “successo” dell’esempio delle USCAR Lazio durante la pandemia derivi principalmente, dice testualmente “dal mettere il cuore e le orecchie per ascoltare quelli che sono i bisogni formativi” capaci poi di essere esempio per tutti. “una formazione dinamica, che è stata in grado di far funzionare il sistema anche durante uno dei momenti più bui della medicina – delinea il coordinatore dei Corsi MMG Giuseppe Fucito“.
Nel concludere il suo intervento fa notare che la prima problematica che va superata, per arrivare davvero ad un Sistema Sanitario eccellente sia quella mancanza di collegamento tra territorio e l’ospedale e questo può avvenire quando i medici di medicina generale diverranno “sentinelle in grado di condividere i casi clinici e smettano di essere i cosiddetti medici della ricetta” e questo può avvenire solo difendendo con forza il sistema pubblico l’unico in grado di sopportare i bisogni reali delle persone.
Di seguito interessante il commento dell’avvocato ed ex magistrato cassazionista Italo Amorelli, uno dei decani dell’ordine romano, presidente del Lions Club Accademia, che partendo dall’inciso contenuto nell’art. 32 della Carta Costituzionale “il diritto alla salute come fondamentale diritto dell’individuo” afferma con forza la necessità che i medici tornino a comprendere, con maggiore forza, “leggendo, capendo, tenendo a mente, spiegando” quello che la loro professione ma, soprattutto, il “Giuramento di Ippocrate” impone loro e a ciò fanno eco le parole della psicologa dottoressa Maria Pia Malizia che riafferma la necessità dell’apprendimento come veicolo di sviluppo e di miglioramento.
La mattina si chiede poi con il racconto di Arianna Camilloni, PSF infermiere coordinatore UOS formazione e aggiornamento del personale: racconta i terribili giorni del Covid-19 non nascondendo la sua emozione che coinvolge l’intera sala e le più di 150 persone collegate in videoconferenza.
Due i concetti che esprime con forza: l’approccio più concreto alla salute tramite la “salutogenesi” in grado di occuparsi delle fonti stesse della salute, delle risorse generali e del senso di coerenza e poi la “patogenesi” per verificare al meglio tutte quelle alterazioni dello stato fisiologico che portano poi allo stabilirsi ed allo svilupparsi di una patologia.
Ma resta l’amarezza nelle sue parole: è pur vero che durante il periodo Covid-19 si sia parlato degli “angeli con il camice bianco” ma le troppe violenze che avvengo verso tutto il personale sanitario fanno riflettere a fondo.
Un “istrionico” ma concreto Claudio Rossi, accompagnato dal giovanissimo Davide Conforzi, ci raccontano la formazione del personale amministrativo che è, sotto alcuni punti di vista, il lato nascosto del mondo della Sanità ma nel contempo è anima stessa del Servizio.
Claudio Rossi racconta la sua esperienza ultra quarantennale nel mondo della sanità: “in ogni mio atto amministrativo ho sempre messo al centro il malato e credo che per chi oggi svolge tale attività debba essere sempre e comunque il principio base”.
Lo dice con quella forza emotiva e con la sua capacità di far comprendere come “l’ansia dell’atto amministrativo” non debba essere mai presente in chi agisce avendo la “persona al centro del proprio agire”.
“Potrà essere banale il mio pensiero ma esistono due tipi di impiegati: quello che fa l’impiegato e l’impiegato stesso” e nell’esempio della strada con buche spiega al meglio il suo concetto; “il primo le salta, il secondo costruisce a lato una strada in grado di raggiungere l’obiettivo ed una volta compiuto ciò si appresta a coprire le buche de disservizi che possono essersi generati dentro una procedura”.
Un atteggiamento che costruisce ricchezza e la sua speranza guardando negli occhi Davide Conforti è quella di poter essere riuscito a trasferire le sue esperienze e il suo modo di lavorare.
Entrambi orgogliosamente affermano di avere scelto di lavorare in ospedale con senso di responsabilità e di solidarietà.
La giornata si conclude poi con due esperienze che, apparentemente, poco legano con il mondo della sanità: la danza e l’arte figurativa.
Giorgia Celli, psicologa, psicoterapeutica e ballerina, assieme a Noemi Romana Bernardi, psicologa clinica e psicoterapeutica, raccontano le proprie esperienze di danzaterapia: “dimmi come danzi la tua vita” è il loro incipit all’intervento perché attraverso di questo si ottengo esperienze di trasformazione in grado di ricreare, attraverso i movimenti autentici e primordiali, quella armonia nei corpi che riporta, prima di tutto, stabilità alle emozioni.
Una “sana follia” che riesca a liberarci da pregiudizi, preconcetti, paure e tabù dove tutti i sensi dell’uomo vengono esaltati.
Vincenza Ferrara, docente esperta in Strategie di Pensiero Visivo dell’università La Sapienza, e Metello Iacobini responsabile di Ematologia Pediatrica presso il Policlinico Umberto I di Roma, “una apparente strana coppia” raccontano l’esperienza vissuta attraverso la sperimentazione e la ricerca VTS (Visual Thinking Strategies) ponendosi come obiettivo lo studio e l’applicazione di metodi innovativi per l’utilizzo dei patrimoni culturali come strumento per l’apprendimento, la promozione e l’inclusione sociale, il miglioramento delle relazioni interpersonali, la mediazione culturale e la salute è riuscita a ricreare una rete di rapporto umani ed lavorativi all’interno di una struttura, quella dell’Ematologia Pediatrica dell’ospedale Umberto I, “logorata” da un clima decisamente pressante trattandosi di oncologia pediatrica.
I risultati ottenuta dalla dottoressa Ferrara ed dal dottore Iacobini dimostrano come una maggiore sinergia, una miglioramento delle relazioni interpersonali hanno creato questa rete tra le diverse componenti della struttura realizzando un tangibile e concreto miglioramento.
Una giornata davvero piena di spunti e di considerazioni.
Quello a cui teniamo maggiormente è ricordare come le persone che oggi abbiamo incontrato restino, al di là del camice, al di là dello sportello, degli esseri umani capaci di comprendere e verso i quali, come utenti, abbiamo il dovere di rapportarsi con rispetto ed attenzione, la stessa che, da sempre, loro hanno nei nostri riguardi.
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San Cesareo, spara ai Carabinieri con una Smith e Wesson cal. 357: immobilizzato e arrestato
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I militari erano intervenuti a supporto di un ufficiale giudiziario impegnato nell’esecuzione di uno sfratto d’immobile
I Carabinieri della Compagnia di Palestrina hanno arrestato un 62enne, domiciliato a San Cesareo, già sottoposto alla misura alternativa della detenzione domiciliare, gravemente indiziato dei reati di tentato omicidio, porto di arma clandestina, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale.
Questa mattina, i militari della Stazione di San Cesareo sono intervenuti a supporto di un ufficiale giudiziario impegnato nell’esecuzione di uno sfratto d’immobile sito nel Comune di San Cesareo via Maremmana Terza cv. 3/A ove attualmente dimorano i parenti prossimi dell’indagato. Arrivati sul posto i Carabinieri notavano anche il 62enne che, alla loro vista, si recava all’interno di un garage di pertinenza dell’abitazione dove prelevava una pistola a tamburo (risultata essere una Smith e Wesson cal. 357 con matricola abrasa) con cui, una volta tornato in prossimità dell’ingresso dell’immobile, esplodeva due colpi di arma da fuoco verso i Carabinieri, senza colpirli. Questi ultimi bloccavano immediatamente l’uomo ponendolo in sicurezza e disarmandolo. La successiva perquisizione consentiva di rinvenire nella sua disponibilità, in particolare in un marsupio indossato nelle fasi dell’aggressione, un coltello a serramanico e 21 proiettili aggiuntivi. Su disposizione della Procura della Repubblica di Tivoli l’uomo è stato successivamente accompagnato in carcere, in attesa dell’udienza di convalida.