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Roma, criminalità organizzata: in manette 15 persone a Tor Pignattara e al Pigneto

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ROMA – Arrestate 15 persone, questa mattina all’alba, tra cittadini italiani, bengalesi, romeni e tunisini (12 custodie cautelari in carcere e 3 agli arresti domiciliari). A eseguire le ordinanze di di arresto, emesse dal Giudice per le Indagini preliminari del Tribunale di Roma su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, i Carabinieri del Comando Provinciale di Roma, supportati dal Nucleo Carabinieri Cinofili di “Santa Maria di Galeria”.

I 15 sono gravemente indiziati, a vario titolo, di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, hashish e marijuana e produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope.

Le attività di indagine, durate quasi un anno e condotte dai Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia Roma Centro sotto la direzione della DDA della Procura Capitolina, hanno consentito di raccogliere gravi elementi indiziari in ordine all’esistenza di una struttura operativa di una stabile associazione criminale, principalmente costituita da cittadini italiani attivi nel traffico di stupefacenti (cocaina, hashish e marijuana), che nel popolare quartiere di Torpignattara avevano costituito una fiorente piazza di spaccio, ben delineata per compiti e obiettivi, organizzata in vedette e controlli posti a supporto e difesa della zona e con una turnazione di soggetti dediti allo spaccio tali da garantire un flusso ininterrotto di illeciti affari. Gli accertamenti effettuati dai Carabinieri hanno altresì permesso di arrestare altri cittadini italiani, non appartenenti alla predetta associazione, ma comunque operanti in ulteriori due piazze di spaccio ubicate in via Rovetti e nel limitrofo quartiere del Pigneto, ritenuti responsabili di illecite cessioni delle medesime tipologie di stupefacenti, peraltro molto richieste in un contesto densamente popolato come quello dei quartieri Pigneto e Torpignattara, da sempre protagonisti della “movida romana” e di una massiccia presenza di studenti universitari.

I servizi di osservazione e pedinamento, le riprese fotografiche e filmate nonché l’utilizzo delle intercettazioni telefoniche ed ambientali, hanno consentito ai militari di delineare i vari schemi operativi dell’associazione attiva nel quartiere di Torpignattara, delineando una struttura tipicamente piramidale, suddivisa in livelli essenziali, ciascuno con le proprie specifiche competenze: dalla gestione della contabilità degli affari e dell’individuazione di idonei luoghi ove poter custodire, confezionare e distribuire la droga fra i vari pusher, alla vigilanza costante sul corretto andamento del commercio secondo le linee guida impartite, passando per la gestione materiale dello stupefacente e alla cura dei rapporti con la rete degli spacciatori, incaricati di smerciare la droga fra i vari acquirenti sul territorio.

Tutti gli affiliati, in caso di arresto, ricevevano assistenza dal sodalizio, che provvedeva alla loro tutela legale, economica e logistica.

Uno dei principali indicatori per comprendere il livello di organizzazione ed efficienza raggiunto dal sodalizio per eludere i controlli delle forze dell’ordine era l’impiego di telefoni, convenzionalmente denominati “citofoni”, adoperati esclusivamente per comunicazioni sui luoghi d’appuntamento e per la tipologia e quantità di sostanza stupefacente richiesta, attraverso l’utilizzo di un apposito linguaggio in codice: così, con il nome “BRUNO” ci si riferiva in realtà all’hashish, con “MARIA”, “MARY”, “VERDE” o “M” alla marijuana, mentre con “LEI”, “INA” o “CRISTIANO” veniva indicata la cocaina. Con il termine “UN BIGLIETTO INTERO”, poi, in base alla tipologia di droga richiesta dall’acquirente, venivano indicate le dosi da consegnare, mentre con “CHIAVI DELLA BICICLETTA” i membri del sodalizio comunicavano tra loro riferendosi alle chiavi dei depositi dove lo stupefacente veniva di volta in volta custodito.

Le cessioni dello stupefacente venivano effettuate in base alle specifiche richieste del compratore, con appuntamenti presso la piazza di spaccio oppure direttamente con consegna all’indirizzo scelto dal cliente. Quest’ultimo, nel comunicare il suo ordinativo al pusher, poteva scegliere fra un vasto assortimento di ”prodotti”, suddivisi in varie nomenclature e marchi corrispondenti alla differente qualità disponibili: ad esempio, per la Marijuana i clienti potevano scegliere fra ’“AMNESIA WIRE” e “BLACK DOMINAL”, mentre per l’hashish vi erano vari loghi tra cui “WHATSAPP”, “BALLON D’ORO – MODRIC”, “LAND ROVER” o una tipologia con impresso il simbolo del “VIOLINO”, ad indicare materiale di ottima qualità chiamato “POLLINE”.

Pur adoperando tale linguaggio criptico, per fini precauzionali i contatti telefonici tra il pusher e l’acquirente venivano comunque ridotti al minimo, spesso limitati a fissare il solo luogo e le modalità d’appuntamento, sebbene in diverse occasioni gli stessi acquirenti contattassero comunque i pusher per essere sicuri di trovare il quantitativo necessario o per concordare modalità di acquisto diverse.

Al termine di ogni giornata di lavoro, infine, il vertice della struttura riceveva la contabilità e controllava in tal modo l’operato e l’efficienza dei singoli spacciatori.

Sono stati inoltre raccolti gravi elementi indiziari in ordine al fatto che a rifornire la piazza di spaccio, completando di fatto la struttura delinquenziale piramidale, vi era un ventinovenne romano in qualità di “fornitore ufficiale”, che a sua volta si approvvigionava da un grossista di origini pakistane, con contatti nel quartiere di Primavalle, in grado di alimentare il sodalizio con ingenti partite di hashish e marijuana, alcune delle quali sono state intercettate dai Carabinieri che, in due differenti interventi, sono riusciti a sequestrare un carico da 5 kg di hashish e un altro da più di 2 kg di marijuana, pronti per essere confezionati in dosi e successivamente distribuiti nelle piazze di spaccio. Gli accertamenti compiuti dai militari hanno permesso di appurare l’esistenza di un altro canale di rifornimento che il grossista aveva aperto verso altri soggetti attivi nel traffico di stupefacenti in una piazza di spaccio operante nel vicino quartiere Pigneto, anch’essi raggiunti dall’odierna ordinanza applicativa di misure cautelari.

A riscontro dell’attività, nel corso dell’indagine sono state già arrestate 22 persone in flagranza di reato, 5 denunciate in stato di libertà e 5 segnalate al Prefetto quali assuntori di stupefacenti. Sono stati inoltre sequestrati complessivamente circa kg. 12,5 di hashish, kg. 6,3 di marijuana, gr. 170 di cocaina e 2.460,00 € in contanti.

Gli arresti di oggi si inquadrano nell’ambito di un più ampio piano strategico messo in atto dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Roma per prevenire e reprimere reati di natura predatoria, in materia di stupefacenti e contrastare situazioni di degrado, abusivismo e illegalità nei quartieri Pigneto e Tor Pignattara e sono una rilevante risposta alle istanze di sicurezza da parte dei cittadini.

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Castelli Romani

Frascati, scuola Tudisco: sicurezza a rischio, senza palestra e con strutture degradate

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Forza Italia, Lega, Noi Moderati, UdC e Io Amo Frascati interrogano il Comune di Frascati sui fondi per riqualificare la scuola. Le famiglie chiedono interventi urgenti per garantire un ambiente sicuro e attività fisica adeguata agli studenti

La Scuola Primaria Tudisco di Frascati, situata nella località di Cisternole, ospita circa 100 alunni distribuiti su sei classi. Costruita negli anni ’70, l’istituto ha visto nel corso degli anni un solo intervento di ristrutturazione, avvenuto tra il 1997 e il 2000.
Tuttavia, ad oggi, la struttura versa in condizioni che sollevano preoccupazioni, sia in termini di sicurezza che di fruibilità. I problemi principali riguardano lo stato degli infissi, in legno e ormai “ammalorati” al quale si aggiunge l’assenza di una vernice protettiva che possa evitare, per quanto possibile, ulteriori danni.

foto inviate da alcuni genitori degli alunni

La porta d’ingresso, in legno e non complanare, presenta lacune strutturali, non adattandosi correttamente al pavimento con tutte le conseguenze in caso di pioggia.

foto inviate da alcuni genitori degli alunni

Anche il funzionamento delle maniglie e dei meccanismi di apertura delle porte, sia interne che esterne, è inadeguato e richiede interventi urgenti.

foto inviate da alcuni genitori degli alunni

Un’altra criticità è legata all’impianto elettrico, che necessita di una revisione sostanziale così come l’impianto idrico soggetto a continue perdite con bagni che risultano non idonei per i più piccoli, i quali faticano a raggiungere il rubinetto, correndo il rischio di cadere nel tentativo di arrampicarsi.

foto inviate da alcuni genitori degli alunni

L’assenza di una palestra costringe gli studenti a effettuare attività fisica all’aperto, ma solo nelle rare giornate di bel tempo, poiché l’area verde esterna non è adeguatamente attrezzata per questo scopo.

foto inviate da alcuni genitori degli alunni

In risposta a queste problematiche, è stata presentata, in questi giorni, dopo numerose segnalazioni da parte dei genitori degli alunni, un’interrogazione all’amministrazione comunale di Frascati, al fine di conoscere le misure che si intendono adottare per risolvere le criticità strutturali e le tempistiche di intervento.

foto inviate da alcuni genitori degli alunni

Forza Italia, Lega, Noi Moderari, UdC e Io Amo Frascati chiedono “di conoscere, si legge nel testo dell’interrogazione, se esistono dei finanziamenti per la palestra e l’ eventuale stato del finanziamento e come si intende intervenire affinché gli alunni possano svolgere attività motoria”.
La comunità scolastica e le famiglie degli studenti auspicano che le istituzioni si facciano carico di queste necessità e che venga avviato un percorso di riqualificazione della Scuola Tudisco, affinché gli alunni possano crescere e apprendere in un ambiente sano e stimolante.

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Castelli Romani

Scandalo a Nemi, il sindaco Bertucci e sua moglie al centro di un esposto

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Accuse di irregolarità nei lavori all’appartamento del primo cittadino

Un caso che ha il sapore dello scandalo si abbatte sul piccolo comune di Nemi. Al centro della vicenda, descritta in un esposto dettagliato presentato da un cittadino originario di Nemi e indirizzato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Velletri, ci sono accuse gravi nei confronti del sindaco Alberto Bertucci e di sua moglie.

Secondo quanto riportato, i coniugi avrebbero realizzato interventi edilizi su un immobile nel centro storico del paese arbitrariamente, senza il consenso dei proprietari delle parti comuni dell’edificio quale facciata, tetto e sottotetto.

L’edificio nel quale sono situati gli immobili del sindaco Alberto Bertucci hanno importanti parti in comune con altri immobili parimenti contenuti nello stesso edificio, dove, per altro, insiste un’attività commerciale.

L’esposto narra di lavori condotti dai Bertucci senza nessun accordo preventivo con i comproprietari e senza alcuna dichiarazione che l’intervento edilizio avrebbe interessato le parti comuni dell’edificio negli atti depositati per le pratiche edilizie che hanno interessato gli immobili. E cosa ancor più grave, si presume, senza tutte le necessarie autorizzazioni.

Questi lavori hanno comportato la demolizione di parti comuni del tetto e della facciata dell’edificio, nonché di una canna fumaria a servizio da sempre dell’attività commerciale e risalente agli anni ’50. Il tutto sempre riconducibile alle parti di proprietà di terzi.
I lavori hanno comportato la realizzazione di un balcone, interventi sui solai senza nulla osta del genio civile, oltre che di canne fumarie che, secondo quanto affermato, sarebbero di esclusiva proprietà dell’esponente. Nonché, addirittura l’annessione alla proprietà Bertucci del sottotetto, ex parte comune dell’edificio.

Ma c’è di più: pare che l’amministrazione comunale, che dovrebbe essere la prima a vigilare sul rispetto delle normative edilizie, non sia intervenuta d’iniziativa per fermare i lavori come avvenuto, invece, per numerose situazioni d’immobili ricadenti nel territorio di Nemi.

Un comportamento che, se confermato, getterebbe un’ombra molto pesante sulla gestione del Comune da parte del sindaco.

Gli atti allegati all’esposto, che la nostra redazione ha avuto modo di visionare, mostrano chiaramente come i lavori siano stati eseguiti “senza alcun accordo” tra le parti coinvolte, in violazione delle regole urbanistiche che disciplinano le modifiche agli edifici storici.

Le foto ante e post operam, allegate all’esposto, evidenziano chiaramente la trasformazione degli spazi e i danni subiti dalle parti comuni dell’immobile. Particolarmente grave è l’accusa relativa alla demolizione delle canne fumarie. Due di queste, poste sul tetto dell’edificio, sono state smantellate senza preavviso e una sola di esse è stata ripristinata. Tuttavia, il documento sottolinea come quella rimasta demolita fosse funzionale all’attività commerciale all’interno dello stabile e di esclusiva proprietà del denunciante. Questa demolizione ha generato un atto amministrativo a carico del locale.

Questi interventi edilizi operati dai coniugi Bertucci sono stati constatati dall’esponente circa un anno fa. Prima avrebbero smantellato il manto di copertura a tegole e poi proceduto a demolire il tetto stesso.

Ancora più grave, si legge nell’esposto, che “le opere edili portate avanti dai coniugi Bertucci avevano scalzato le altezze del tetto di circa 2 metri”

Non si tratta solo di un problema edilizio, ma di una questione morale. Se le accuse dovessero essere confermate, l’operato del sindaco Bertucci rappresenterebbe un clamoroso “abuso di potere”. Un sindaco dovrebbe essere l’esempio di legalità e trasparenza, e non protagonista di condotte che vanno contro la legge e danneggiano il patrimonio comune.

Il documento presentato alla Procura chiede che vengano effettuate tutte le verifiche del caso, al fine di accertare eventuali illeciti penali e, qualora se ne riscontrasse la presenza, procedere con le azioni legali del caso.

Una denuncia che potrebbe sfociare in un vero terremoto politico per il comune di Nemi. La nostra redazione ha avuto accesso non solo all’esposto, ma anche a una serie di immagini esclusive che documentano lo stato dell’immobile prima e dopo i lavori effettuati dai Bertucci.

Le immagini confermano senza ombra di dubbio le trasformazioni descritte e la portata dei lavori che, secondo l’esponente, hanno alterato la struttura originaria dell’edificio. Se confermate, queste accuse metterebbero il sindaco Bertucci di fronte a una situazione estremamente delicata, non solo dal punto di vista giudiziario, ma anche da quello politico e morale. Un “padre di famiglia” e primo cittadino che viola le leggi che lui stesso dovrebbe far rispettare rappresenta un esempio devastante per l’intera comunità.

Mentre la vicenda si sviluppa e gli organi competenti conducono le indagini, i cittadini di Nemi attendono con ansia di sapere la verità. Se le accuse dirette ai coniugi Bertucci si riveleranno fondate, ci troveremmo di fronte a un caso che minerebbe profondamente la fiducia nelle istituzioni locali e nella figura del primo cittadino.

La Procura della Repubblica è stata chiamata a fare chiarezza, e ora la palla è nelle mani della giustizia. Noi de L’Osservatore d’Italia continueremo a seguire da vicino questo caso, con la speranza che venga fatta piena luce su un episodio che rischia di travolgere l’amministrazione comunale di Nemi.

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Castelli Romani

Ariccia, investe e uccide la moglie durante una manovra con l’auto

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Un drammatico incidente si è consumato nel pomeriggio di ieri ad Ariccia, in via dei Lecci. Un uomo di 74 anni, mentre faceva retromarcia con la propria auto, ha investito e ucciso accidentalmente la moglie, una donna di 66 anni. La tragedia si è verificata in un attimo: l’uomo non si è accorto della presenza della moglie dietro al veicolo, e il destino ha voluto che un semplice errore si trasformasse in una fatalità.

Subito dopo l’incidente, la donna è stata trasportata d’urgenza in ospedale, ma purtroppo è deceduta poco dopo a causa delle gravi lesioni riportate. Sul luogo dell’incidente sono prontamente intervenuti i carabinieri della stazione di Ariccia e la polizia locale per i primi rilievi.

Secondo le prime ricostruzioni fornite dagli inquirenti, l’uomo, in evidente stato di shock, non avrebbe avuto la minima consapevolezza che la moglie si trovasse così vicino all’auto. “Erano una coppia affiatata, sempre insieme,” racconta un vicino di casa che li conosceva da tempo. “Non posso immaginare il dolore che starà provando ora. È stato solo un tragico incidente, ma il peso di questa disgrazia lo porterà per tutta la vita.”

Le indagini
Al momento, il veicolo è stato sequestrato e sono state avviate le indagini per omicidio stradale colposo, come previsto dalla legge in casi di incidenti mortali. La Procura di Velletri si sta occupando del caso e la salma della donna è stata messa a disposizione della magistratura per gli esami necessari.

Un amico di famiglia, visibilmente commosso, ha dichiarato: “Li ho visti crescere insieme, affrontare ogni momento con forza e affetto reciproco. Questa tragedia è come una pugnalata al cuore per tutti noi che li conoscevamo. Non ci sono parole per descrivere quanto siamo affranti.”

Il dolore è palpabile anche tra i residenti della zona, molti dei quali descrivono la coppia come un esempio di legame solido e affettuoso. “Si aiutavano sempre l’un l’altro,” riferisce una conoscente. “Non so come riuscirà ad andare avanti senza di lei.”

L’intera comunità di Ariccia si stringe attorno all’uomo, in un abbraccio silenzioso che cerca di colmare il vuoto lasciato da questa immane tragedia.

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