Connect with us

Cronaca

Boss fugge da carcere di massima sicurezza: gli affiliati festeggiano con i fuochi d’artificio

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 4 minuti
image_pdfimage_print

Si è calato con le lenzuola dal braccio di massima sicurezza del carcere di Badu’ e Carros a Nuoro e si è dato alla fuga. Marco Raduano, detto “Pallone”, originario di San Giovanni Rotondo (Foggia) di 40 anni, boss del clan dei Montanari della mafia garganica, è ora ricercato in tutta la Sardegna con posti di blocco nelle strade principali e secondarie, nei porti e aeroporti.

“Appena la Polizia penitenziaria ci ha allertato dell’evasione, intorno alle 19, abbiamo avviato il piano anticrimine in provincia di Nuoro, avvisato tutte le Questure della Sardegna e la Polizia di frontiera nei porti e negli aeroporti dell’Isola – conferma all’ANSA il questore del capoluogo barbaricino Alfonso Polverino – C’è un enorme dispiegamento di forze di Polizia e di uomini in tutta la regione, mentre la Polizia penitenziaria di Nuoro lavora sul fronte interno attraverso l’analisi di telecamere della casa circondariale e testimonianze”.

Continua la caccia all’uomo in Sardegna con un enorme dispiegamento di forze di Polizia in tutta l’isola, all’indomani dall’evasione dal braccio di massima sicurezza di Badu ‘e Carros, a Nuoro, di Marco Raduano, il detenuto pugliese di 39 anni, boss della Sacra Corona Unita che scontava l’ergastolo. I dettagli dell’evasione a mano a mano che passano le ore si fanno più nitidi: secondo le prime ricostruzioni degli investigatori dell’assenza di Raduano sarebbe stata accertata verso le 19 ma la fuga del detenuto, documentata da un video ora divenuto virale, risalirebbe alle 17.

Il detenuto avrebbe quindi avuto due ore di tempo per allontanarsi. Inoltre prende corpo l’ipotesi che l’evasione fosse programmata e agevolata da persone che lo attendevano all’esterno: “Per potersi calare dal muro ha potuto costruirsi una scala fatta con le lenzuola annodate e dei supporti per reggere il peso, una cosa che sembra difficile da realizzare senza averla programmata e studiata” ha detto all’ANSA il Questore di Nuoro Alfonso Polverino. Le immagini delle telecamere raccontano una fuga morbida: Raduano dopo essersi procurato le lenzuola e costruito una corda artigianale con delle lenzuola si cala da un’altezza di almeno cinque metri, agevolato nella caduta dalla presenza di un prato verde. Poi si guadagna l’uscita dalla casa circondariale passando sotto la recinzione metallica e sparisce dalle telecamere. Ma potrebbe esserci stato qualcuno ad attenderlo in quella periferia nuorese senza passare per il centro della città. Ora è ricercato in tutto il territorio dove sono sono stati allestiti numerosi posti di blocco.

Fuochi di artificio sono stati fatti esplodere ieri sera intorno alle 22.00 a Vieste, paese di origine di Marco Raduano, il boss 40enne ritenuto al vertice dell’omonimo clan garganico che è evaso poche ore prima dal carcere di massima sicurezza di Badu ‘e Carros a Nuoro in Sardegna. Secondo indiscrezioni, i fuochi d’artificio sarebbero stati sparati da affiliati al clan proprio per festeggiare l’evasione dell’uomo che è riuscito a fuggire calandosi con delle lenzuola annodate dal muro perimetrale. Marco Raduano è in carcere dall’agosto del 2018 quando venne arrestato in un primo filone di inchiesta nel blitz Neve di Marzo che disarticolò un sodalizio dedito al narcotraffico sul Gargano. In carcere tre condanne definitive che avrebbe finito di scontare nel 2046, poche settimane ha ricevuto una ulteriore condanna definitiva ad 19 anni di reclusione. L’uomo è ritenuto al vertice dell’omonimo clan. Scampò ad un agguato avvenuto il 21 marzo 2018 mentre stava rientrando a casa. Secondo gli investigatori, Raduano è una figura di spicco della guerra di mafia che si sta consumando nella città di Vieste e che dal 2015 conta già una decina di morti ammazzati, una lupara bianca e dieci agguati falliti.

Raduano vanta una lunga carriera criminale e ha condanne che deve finire di scontare nel 2046 per traffico stupefacenti con aggravante di mafia, omicidio, reati contro la persona, contro il patrimonio e in materia di armi e stupefacenti. Era in regime di alta sicurezza 3. Il 3 febbraio scorso gli era stata notificata una condanna diventata definitiva a 19 anni di reclusione, più tre anni di libertà vigilata, perché il ricorso in Cassazione era stato dichiarato inammissibile. Si tratta di una condanna legata alla maxi operazione antimafia ‘Neve di Marzo’, coordinata dalla Dda di Bari e svolta dai militari di Vieste a ottobre del 2019 quando fu sgominata un’associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, aggravato dal metodo mafioso, che utilizzava anche armi da guerra. Il carcere di Badu ‘e Carros è una prigione di massima sicurezza dove sono rinchiusi diversi terroristi e mafiosi e da cui nessuno è mai evaso. Ci si interroga su come sia potuto succedere che un detenuto del braccio di sicurezza abbia trovato le porte aperte tanto da riuscire a scappare. E ci sono dubbi sull’orario della fuga: la Polizia penitenziaria ha dato l’allarme intorno alle 19 ma l’evasione potrebbe risalire a qualche ora prima. 

A darne la notizia alcune organizzazioni sindacali che rilanciano l’ennesimo allarme per le scarse condizioni di sicurezza in cui lavorano gli agenti di poliza penitenziaria. “Questa evasione nel disastrato sistema carcerario, è l’ennesima conferma dell’inadeguatezza, anche dello speciale circuito definito ad alta sicurezza – denuncia Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria – Un fatto che provoca come effetto collaterale l’inflazione della restrizione al carcere duro del 41-bis. Abbiamo organici della Polizia penitenziaria carenti di 18mila unità, equipaggiamenti inadeguati, sistemi tecnologici ed elettronici inesistenti o non funzionanti. Questo mentre sin dall’insediamento del Governo siamo in attesa di essere convocati dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, o almeno dal sottosegretario Andrea Delmastro delle Vedove, che sembra preferire le gite nei territori e gli incontri ‘privati’ a quelli ufficiali dei sindacati”. “Non abbiamo notizie certe di come possa essere avvenuta l’ evasione – afferma Giovanni Villa, segretario regionale Fns Cisl – confidiamo nelle forze dell’ordine affinché l’evaso venga catturato il prima possibile”. Per il segretario generale del Sappe, Donato Capece, “quel che è successo è di inaudita gravità ed è la conseguenza dello scellerato smantellamento delle politiche di sicurezze delle carceri”. Una situazione di forte allarme. “E’ tempo di dichiarare lo stato di emergenza delle carceri – incalza il presidente dell’unione sindacati di polizia penitenziaria, Giuseppe Moretti – Che il sistema penitenziario italiano sia un carrozzone allo sbando è un fatto certo e bisogna che qualcuno ne prenda atto”. 

Continua a leggere
Commenta l'articolo

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Cronaca

In Italia primi casi di puntura letale: sono i “parenti” della Dengue

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura < 1 minuto
image_pdfimage_print

Un virus d’importazione, “parente” della Dengue e del West Nile, della famiglia delle arbovirosi che è già stato diagnosticato in Italia, intorno alla metà di luglio, nel laboratorio dedicato alle Bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano in due pazienti arrivati dal Brasile e da Cuba, e anche in Veneto, al Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell‘Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona), sempre in una paziente con una storia recente di viaggi nella regione tropicale caraibica. In tutto, i casi diagnosticati finora in Italia sono stati quattro. L’infezione provoca febbre molto alta, dolori articolari e muscolari e rash cutaneo e si trasmette all’uomo attraverso le punture di moscerini o di zanzare, principale vettore (la zanzara Culicoides paraensis) è attualmente presente solo in Sud e Centro Americhe e non è presente in Europa e ad oggi non esistono prove di trasmissione interumana del virus Oropouche.

Il segretariato di Bahia riferisce che i pazienti deceduti a causa della febbre Oropuche avevano sintomi come febbre, mal di testa, dolore retro-orbitale(nella parte più profonda dell’occhio), mialgia (dolore muscolare), nausea, vomito, diarrea, dolore agli arti inferiori e debolezza. In entrambi i casi, poi, i sintomi si sono evoluti con segni più gravi come macchie rosse e viola sul corpo, sanguinamento, sonnolenza e vomito con ipotensione, gravi emorragie e un brusco calo dell’emoglobina e delle piastrine nel sangue.

Continua a leggere

Cronaca

Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura < 1 minuto
image_pdfimage_print

Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

Continua a leggere

Cronaca

Crollo della vela a Scampia, gravi due bambine

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura < 1 minuto
image_pdfimage_print

Sono in gravissime condizioni due dei sette bimbi ricoverati all’ospedale Santobono di Napoli dopo il crollo della scorsa notte a Scampia.

Due delle sette piccole pazienti, rispettivamente di 7 e 4 anni, sono in gravissime condizioni per lesioni multiple del cranio e, attualmente, sono ricoverate in rianimazione con prognosi riservata.

Nello specifico, si legge nel bollettino dell’Ospedale Santobono, una bimba è stata sottoposta nella notte ad intervento neurochirurgo per il monitoraggio della pressione intracranica, presenta emorragia subaracnoidea, fratture della teca cranica e versa in condizioni cliniche gravissime, con prognosi riservata. L’altra, ha una frattura infossata cranica e grave edema cerebrale. È stata sottoposta ad intervento di craniectomia decompressa nella notte e impianto di sensore per il monitoraggio della pressione intracranica. Attualmente è emodinamicamente instabile e versa in condizioni cliniche gravissime con prognosi riservata. Altre tre piccole pazienti, rispettivamente di 10, 2 e 9 anni, hanno riportato lesioni ossee importanti e sono attualmente ricoverate in ortopedia. Una per un trauma maxillo facciale con grave frattura infossata della sinfisi mandibolare e con frattura di femore esposta, un’altra con frattura chiusa del terzo distale dell’omero sinistro, l’ultima con frattura dell’omero sinistro scomposta prossimale. Sono state stabilizzate e saranno sottoposte in giornata a intervento chirurgico ortopedico. Le ultime due, rispettivamente di 2 e 4 anni, hanno riportato contusioni multiple con interessamento splenico, trauma cranico non commotivo e contusioni polmonari bilaterali, ricoverate in chirurgia d’urgenza sono state stabilizzate e, al momento, non presentano indicazioni chirurgiche.

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti