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Roma

NEMI ELEZIONI, BUFERA SUL CANDIDATO SINDACO ALBERTO BERTUCCI

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Tempo di lettura 3 minuti La Procura della Repubblica ha iscritto nel registro degli indagati l’ex vicesindaco Alberto Bertucci per il reato di turbativa d’asta in concorso con altri.

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ALLEGATO ALL'ARTICOLO COPIA DEL DECRETO DI PERQUISIZIONE E SEQUESTRO DELLA PROCURA DI VELLETRI NEI CONFRONTI DEL CANDIDATO SINDACO NEL COMUNE DI NEMI ALBERTO BERTUCCI

 

Chiara Rai

Come risulta dall’informazione di garanzia prodotta in copia, la Procura della Repubblica di Velletri ha aperto un fascicolo per turbativa d’asta e iscritto nel registro degli indagati, dallo scorso 11 Aprile, Alberto Bertucci, Riccardo Schiaffini, Mauro Cesaretti e Gianpaolo Miglietta, accusati del reato di turbativa d’asta in concorso sancito dagli tabella 353 e 110 del codice penale. I quattro risultano indagati perché in concorso tra loro, Miglietta quale responsabile del procedimento e dell’Ufficio Tecnico del Comune di Nemi e Bertucci quale vicesindaco del Comune di Nemi, mediante collusioni turbavano la gara bandita da Miglietta per il Comune di Nemi e avente ad oggetto l’acquisto di uno scuolabus al fine di far aggiudicare la fornitura alla ditta Car Ind srl di Mauro Cesaretti.

La Procura ha disposto la perquisizione, anche in orario notturno, dell’abitazione, del luogo di lavoro e di ogni altro immobile in uso anche non esclusivo degli indagati e dei veicoli in loro uso.

Ecco i fatti: Dopo aver bandito una gara per la procedura aperta per la fornitura di uno scuolabus, Miglietta, modificando la gara, formulava quattro richieste di offerta per la fornitura di uno scuolabus indirizzandole alle quattro ditte che Riccardo Schiaffini, titolare della ditta appaltatrice dei trasporti presso il Comune di Nemi, aveva indicato a Bertucci. Tra queste offerte Miglietta aggiudicava la gara alla ditta di Cesaretti al prezzo di euro 49 mila 950 Iva esclusa, sebbene tale prezzo fosse superiore a quello posto a base d’asta (euro 48 mila 126 iva inclusa). Dopo l’aggiudicazione, Cesaretti riduceva l’offerta ad euro 40 mila 105 iva esclusa ma consegnava presso il deposito dello Schiaffini un veicolo diverso da quello oggetto della gara perché avente solo 19 posti anziché i 30 indicati nell’atto di aggiudicazione.

Il delitto di turbata libertà degli incanti di cui all’art. 353 c.p. mira essenzialmente a garantire che le gare (pubblici incanti, licitazioni) in cui sia interessata la pubblica amministrazione si svolgano in modo libero e regolare consentendo una corretta concorrenza fra i partecipanti al fine di pervenire, a giuste e convenienti condizioni per la vendita di beni o l’aggiudicazione di servizi. Oggi è accaduto con uno scuolabus, ma domani potrebbe riguardare assunzioni e incarichi che per legge devono seguire un preciso e trasparente iter, in quanto la cosa pubblica non può essere gestita con comportamenti che rischiano di trascinarsi dietro un accusa grave come la collusione. La collusione è un accordo fraudolento che una parte stabilisce con un’altra parte per ottenere vantaggi.
L’art. 353 recita infatti: “Chiunque, con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, impedisce o turba la gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private per conto di pubbliche Amministrazioni, ovvero ne allontana gli offerenti, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da centotre euro a milletrentadue euro. Se il colpevole è persona preposta dalla legge o dall'Autorità agli incanti o alle licitazioni suddette, la reclusione è da uno a cinque anni e la multa da cinquecentosedici euro a duemilasessantacinque euro”.

Allora in tutta questa storia a pagarne le spese sono i cittadini, perché non solo il Comune di Nemi per la prima volta ha visto indagati degli amministratori per il grave reato di turbativa d’asta. Se quindi non si riesce a gestire nella legalità un semplice affidamento di uno scuolabus figuriamoci se si dovessero toccare argomenti più sostanziosi.

Ebbene, la posizione dei quattro indagati, ad oggi, risulta immutata. Sull’attuale candidato a sindaco Alberto Bertucci, pesa quindi un reato che è punito con la reclusione e che certamente non da lustro ad una aspirante primo cittadino che dev’essere in grado di garantire legalità e correttezza degli atti amministrativi, siano questi gare d’affidamento che qualsiasi altro atto. Certo è che essere indagato non significa essere colpevole. La presunzione d'innocenza è un principio del diritto penale secondo il quale un imputato è considerato non colpevole sino a condanna definitiva. Certo è inoltre, che essere indagato significa che si è soggetti ad indagini in ordine ad un determinato fatto che ha una rilevanza ai fini della applicazione della legge penale. Pertanto, coloro i quali si assumono la responsabilità di candidarsi ad amministratori, che hanno il dovere di gestire la cosa pubblica nella legalità e nella trasparenza, dovrebbero sentire anche la responsabilità di presentarsi agli elettori con una posizione personale integra e inattaccabile. E quindi candidarsi a sindaco soltanto quando l’intero iter giudiziario ne sentenzi l’eventuale non colpevolezza. La legge, comunque, non vieta agli indagati di candidarsi per amministrare la cosa pubblica, ma l’etica personale del “buon politico” sì.

"La questione morale esiste, pensare che fosse stata superata significa vivere fuori dalla realta'". Lo ha detto in diverse occasioni il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini che ha aggiunto "purtroppo rispetto al passato all'epoca della tanto malfamata prima Repubblica, spesse volte si ruba solo per sé, per arricchimento personale. I controlli sono la migliore garanzia per gli onesti e la Corte dei Conti svolge un lavoro encomiabile".

A tal proposito, sarà interessante conoscere che posizione prenderà l’Udc, rappresentata a livello locale da Giovanni Libanori (che sostiene la candidatura di Bertucci) in merito alla questione morale che investe il caso Bertucci.

 

Roma

Omicidio a Roma, venti anni a chi uccise e lasciò Michelle in un carrello

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“Ho commesso un reato gravissimo e voglio pagare per quello che ho fatto”.

Una lettera, poche righe, prima che il giudice del tribunale per i minori si ritirasse in camera di consiglio, prima che gli venissero inflitti 20 anni di carcere. E’ quanto ha letto in collegamento video dal carcere di Treviso l’imputato, il giovane di origini cingalesi che nel giugno dello scorso anno ha ucciso a coltellate Michelle Causo a Roma per poi lasciare il cadavere, chiuso in una busta di plastica, in strada abbandonato in un carrello a poca distanza da un cassonetto per l’immondizia nel quartiere Primavalle.

“L’ho uccisa ma non ho premeditato l’omicidio”, ha aggiunto l’imputato, all’epoca dei fatti 17enne come Michelle, che aveva scelto di essere giudicato con il rito abbreviato che consente uno sconto di pena. I genitori della ragazza erano presenti in aula al momento della lettura del dispositivo.

Con questa sentenza – ha detto la madre – riusciamo un pochino a dare giustizia a Michelle. È la prima volta che un minore prende 20 anni, ma se li merita tutti. Adesso andiamo avanti, ho un altro figlio e mi dovrò dedicare completamente a lui”. Il tribunale ha, di fatto, recepito l’impianto accusatorio della Procura.

Le aggravanti sono legate al tentativo di sbarazzarsi del cadavere, infilandolo in una sacca nera dell’immondizia. L’aggressione avvenne in un appartamento di via Dusmet. Il minore, nel tentativo di sbarazzarsi del corpo, non si preoccupò di ripulire la scena del crimine, tracce di sangue furono trovate ovunque a cominciare dall’androne del palazzo. L’esame autoptico svolto sul corpo della ragazzina confermò il drammatico quadro emerso subito dopo il ritrovamento del cadavere.

Tra i ragazzi si consumò una prima discussione accesa con urla, percepite distintamente anche dai vicini, e poi l’aggressione. Dalle ferite riscontrate nel corso dell’esame è emerso che il giovane colpì la ragazza utilizzando un coltello da cucina. Un’azione omicida che forse era iniziata con un fendente alla schiena per poi proseguire con almeno altri cinque colpi sul resto del corpo della minorenne. Un vero e proprio massacro che si sarebbe consumato in pochi minuti.

Altra certezza è che dopo il delitto, messo in atto dal ragazzo in uno stato di alterazione dovuto all’assunzione di alcol e droga, ci fu il drammatico e velleitario tentativo di lasciare il corpo lontano dal luogo dell’aggressione, la casa dove il ragazzo viveva. La madre, infermiera di origini cingalesi, era fuori mentre il padre era in Sri Lanka.

Madre e figlio si erano trasferiti da poco nell’immobile dove nel corso di una perquisizione venne trovata della droga, sostanze utilizzate per produrre mix di stupefacenti sintetici. Nel corso dell’udienza del 29 maggio scorso l’imputato aveva fornito la sua versione di quanto accaduto in quella tragica giornata. Il giovane ha affermato di avere aggredito la ragazza con una prima coltellata perché si era sentito offeso da alcune affermazioni fatte da lei.

In merito alla ricerca su internet, effettuata il giorno prima dell’omicidio, su “come sferrare colpi letali”, l’imputato ha sostenuto di averla fatta perché doveva recarsi in una zona isolata e voleva capire come comportarsi in caso di eventuali attacchi. In base ad una perizia psichiatrica disposta dal tribunale l’imputato era, comunque, capace di intendere e di volere al momento del fatto.

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Castelli Romani

Ciampino, episodio di bullismo: la denuncia di una madre su Facebook scatena polemiche

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Un episodio di bullismo avvenuto a Ciampino ha suscitato forti reazioni e polemiche dopo che una madre ha condiviso la sua drammatica testimonianza su Facebook. La signora, madre di un ragazzo di 13 anni, ha raccontato l’incubo vissuto da suo figlio, vittima di un gruppo di coetanei.

Il post, che ha rapidamente raccolto molte reazioni e condivisioni, ha portato alla luce una realtà inquietante e ha acceso un acceso dibattito tra i residenti.

Secondo quanto riportato dalla madre del ragazzo, l’episodio è avvenuto nel parco comunale di Ciampino, dove suo figlio Alessandro stava giocando con alcuni amici. Improvvisamente, un gruppo di ragazzi più grandi si è avvicinato e ha iniziato a insultarlo e a deriderlo. La situazione è degenerata quando uno dei bulli ha spinto Alessandro a terra, facendogli perdere l’equilibrio e ferendolo al ginocchio. Il ragazzo, visibilmente scosso, è tornato a casa in lacrime e con un grande spavento.

Nel suo post, la madre ha scritto: “Mio figlio è tornato a casa oggi con il cuore spezzato e il corpo ferito. Non posso tollerare che i bambini debbano subire tali atrocità. Questo bullismo deve finire!”. Il suo appello ha ricevuto immediato sostegno da parte di molti residenti, che hanno espresso la loro solidarietà nei commenti.

Giovanna, una residente di Ciampino, ha commentato: “È inaccettabile che i nostri ragazzi non possano sentirsi al sicuro nemmeno nei parchi pubblici. Le autorità devono intervenire e prendere provvedimenti immediati”. Un altro commento, di Marco De Santis, aggiunge: “Questi atti di violenza sono vergognosi. I bulli devono essere identificati e puniti, e le scuole devono fare di più per educare i ragazzi al rispetto reciproco”.

Tuttavia, il post ha anche suscitato polemiche e divisioni. Alcuni hanno criticato i genitori dei ragazzi coinvolti, accusandoli di non educare adeguatamente i propri figli. “Dove sono i genitori di questi bulli? Perché non insegnano loro il rispetto e la compassione?”, ha scritto Francesca.

Le autorità locali non hanno tardato a intervenire condannando il gesto.

L’episodio, sebbene doloroso, ha anche sollevato un’importante consapevolezza sulla necessità di promuovere la cultura del rispetto e della solidarietà tra i giovani.

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Castelli Romani

Frascati, Libri in Osteria: appuntamento giovedì 18 luglio con Antonella Prenner

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Cosa lega Tullia, figlia di Cicerone, Servilia, madre del cesaricida Bruto, e Messalina?

Al di là di essere tre figure della Storia antica di Roma sono le protagoniste di alcuni romanzi della filologa e scrittrice Antonella Prenner, docente di Lingua e letteratura latina all’università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale.

la scrittrice Antonella Prenner

Antonella Prenner ed i suoi romanzi saranno i protagonisti giovedì 18 luglio in piazza dell’Olmo a Frascati, a partire dalle ore 18, del salotto letterario di Emanuela Bruni, Libri in Osteria assieme allo scrittore e giornalista Pino Donghi.
Le loro vite, le loro esperienze e i loro rapporti, spiega Emanuela Bruni “offrono un punto di vista non ufficiale, emotivo, disvelando pieghe e zone d’ombra di una storia sempre scritta dagli uomini e per gli uomini”.
Quindi si avrà la possibilità di cambiare la prospettiva di lettura di una storia che vede queste figure troppo spesso relegate al ruolo di comprimarie pur essendone protagoniste ed attrici principali.
Non mancherà un breve approfondimento sull’ultima fatica di Antonella Prenner “Lucano. Nostalgie di libertà” ove l’autrice descrive l’età di Nerone e di una generazione infelice, che assiste all’esercizio di un potere politico iniquo e impossibile da contrastare perché assoluto, e che vagheggia di tornare a un tempo irripetibile, quando “res publica” romana significava “libertà”.

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