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Si apre il processo a carico dei quattro 007 egiziani accusati del sequestro e dell’omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore italiano morto in Egitto nel febbraio del 2016. Nella prima udienza, davanti alla terza Corte d’Assise, verrà subito affrontato il nodo dell’assenza in aula degli imputati: il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif.
I giudici dovranno valutare, così come già fatto dal gup nell’ambito dell’udienza preliminare, se la sottrazione degli imputati dal procedimento è stata volontaria. In tal senso il processo potrà andare avanti con i quattro in contumacia, altrimenti i giudici potrebbero chiedere una sospensione del procedimento. Il gup, su questo punto, aveva affermato nel decidere per il rinvio a giudizio che “la copertura mediatica capillare e straordinaria ha fatto assurgere la notizia della pendenza del processo a fatto notorio”. Nella lista testi presentata dai genitori di Giulio, Paola e Claudio, anche i presidenti del consiglio che si sono succeduti in Italia dal 2016, oltre che ministri degli Esteri e i sottosegretari con la delega ai servizi segreti, così come anticipato da alcuni quotidiani. Nei confronti degli imputati la Procura di Roma contesta i reati di sequestro di persona pluriaggravato, e nei confronti di un imputato i pm contestano anche il concorso in lesioni personali aggravate e il concorso in omicidio aggravato.
La presidenza del Consiglio ha deciso di costituirsi parte civile nel processo sull’omicidio di Giulio Regeni.
“Si svolgerà la prima udienza in Corte di Assise sul sequestro, la tortura e l’omicidio di Giulio Regeni. Se ci voltiamo indietro negli anni, e pensiamo alla fatica enorme che ci è voluta per arrivare fin qui, per ricostruire una trama nonostante depistaggi e resistenze di ogni tipo da parte dell’Egitto, comprendiamo quanto importante e carica di significato sia la giornata di oggi. Voglio inviare un abbraccio a Paola Deffendi e Claudio Regeni, per la loro tenacia e la loro umanità. Restiamo tutti uniti, istituzioni e comunità, per la ricerca di questa verità”. Lo afferma il presidente della Camera Roberto Fico.
Ieri alla vigilia dell’apertura del processo sulla tortura a morte di Giulio Regeni in Egitto prosegue il sostanziale silenzio sul caso osservato dai media egiziani fin dal giugno scorso, quando ci fu la trasmissione all’Italia delle inchieste del Cairo, incluso l’esito negativo di una rogatoria in Kenya. Lo stesso rinvio a giudizio, segnalato dal sito di opposizione Mada Masr e dall’anglofono Egypt Independent, aveva avuto poco risalto. Maggiore evidenza, anche sul sito del principale quotidiano egiziano, Al Ahram, era stata data invece alla chiusura delle indagini da parte egiziana annunciata dalla Procura generale del Cairo il 30 dicembre: la tesi cui erano giunti gli inquirenti era che Regeni fu soltanto monitorato, e non rapito e tantomeno ucciso, dai servizi segreti egiziani.
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